Corte di Cassazione, sezione III, sentenza n. 19736 del 27 settembre 2011.
Il “fatto” del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1955[1] cod. civ. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire una precisa violazione di un dovere giuridico, imposto dalla legge o nascente dal contratto, integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, con conseguente sottrazione al fideiussore di concrete possibilità, esistenti nella sfera del creditore al tempo della garanzia, che gli avrebbero consentito l’attuazione dell’obbligazione garantita. Il pregiudizio deve, inoltre, essere giuridico, non solo economico, e concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 cod. civ., o di regresso ex art. 1950 cod. civ.), e non già nella sola, maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il commissario liquidatore della soppressa USL n. (OMISSIS) impugnò dinanzi alla corte di appello di Trieste la sentenza del locale tribunale che ne aveva rigettato la domanda di corresponsione della cauzione prestata dalla società V. (mandataria, poi fallita, di una ATP cui erano stati appaltati i lavori di costruzione di un complesso edilizio all’interno dell’ospedale) mediante polizza assicurativa stipulata con la s.p.a S. (S. I. C.): il giudice di prime cure aveva, difatti, ritenuto applicabile alla fattispecie non già il disposto dell’art. 1957 c.c. (così come eccepito dalla convenuta, che si era dichiarata lesa nel proprio di diritto di regresso nei confronti del debitore garantito per avere il creditore proposto domanda di insinuazione al passivo del relativo fallimento senza poi coltivare tale opposizione L. Fall., ex art. 98, a seguito del rigetto dell’istanza del GD) bensì quello di cui l’art. 1955 c.c. (disciplina mai evocata, viceversa, dalla SIC nei suoi scritti difensivi).
Altra speculare impugnazione venne poi introdotta dalla stessa S.I.C. – con eccezione pregiudiziale di (non rilevata in prime cure) litispendenza – dinanzi alla medesima corte di appello giuliana avverso altra sentenza del medesimo tribunale resa, all’esito dell’introduzione della medesima lite avente ad oggetto il medesimo credito, dalla ASL di Udine nella veste di gestione liquidatoria della soppressa USL (OMISSIS) (già attrice nel primo giudizio), sentenza che, specularmente a quella poi impugnata da quest’ultima, aveva invece accolto la domanda di garanzia, condannando la SIC (contumace in quel secondo giudizio) al pagamento in favore dell’attrice della somma di L. 1.228.533.317.
La corte di appello di Trieste, investita dei gravami hic et inde proposti, previa riunione dei procedimenti, accolse l’appello SIC e rigettò quello del commissario liquidatore della USL (OMISSIS), ritenendo (in consonanza con il dictum del giudice della prima sentenza, di rigetto della pretesa della USL) integrata la fattispecie estintiva dell’obbligazione di garanzia prevista dall’art. 1955 c.c., senza che ciò comportasse alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. rispetto all’originaria eccezione della convenuta (sollevata ex art. 1957 c.c.), versandosi in tema di diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto storico (onde di. mera emendatici, e non di vera mutatio libelli, era lecito discorrere).
La sentenza è stata impugnata dal commissario liquidatore della USL n. (OMISSIS) con ricorso per cassazione sorretto da 3 motivi e integrato da memoria illustrativa.
Resiste con controricorso, corredato da ricorso incidentale condizionato (cui resiste il Commissario liquidatore) e da memoria la A. C. I. (già S. I. C.).
Resiste altresì con controricorso corredato da ricorso incidentale avente ad oggetto la disciplina delle spese in grado di appello la E. s.p.a. (nuova denominazione della E. Zamissi, società partecipe della ATI insieme con la capofila V., evocata in giudizio in prime cure e poi estromessa in appello per mancata riproposizione, nei suoi confronti, della domanda di manleva da parte della SIC con appello incidentale condizionato).
Motivi della decisione
Il ricorso principale è fondato, quello incidentale della A. infondato, quello incidentale E. inammissibile.
IL RICORSO PRINCIPALE.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c. con riferimento agli artt. 1955 e 1957 c.c..
Il motivo è fondato.
Non condivisibile appare, difatti, l’iter argomentativo seguito dalla corte di appello giuliana, poichè affetti da irredimibili vizi logico-giuridici risultano i presupposti in fatto e in diritto che lo sorreggono.
Le fattispecie di cui, rispettivamente, all’art. 1955 c.c. e art. 1957 c.c. constano, difatti, di elementi costitutivi morfologicamente e funzionalmente dissimili (onde l’impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggerne l’applicazione alternativa) , prevedendo, in particolare, la prima delle norme citate, da un lato, come suo elemento imprescindibile, la colpa del creditore, dall’altra, la esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all’uopo, che il creditore abbia omesso un’attività dovuta per legge o in forza di contratto. Come questa corte regolatrice ha già avuto modo di affermare, difatti, il “fatto” del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1955 cod. civ. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire una precisa violazione di un dovere giuridico, imposto dalla legge o nascente dal contratto, integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, con conseguente sottrazione al fideiussore di concrete possibilità, esistenti nella sfera del creditore al tempo della garanzia, che gli avrebbero consentito l’attuazione dell’obbligazione garantita. Il pregiudizio deve, inoltre, essere giuridico, non solo economico, e concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 cod. civ., o di regresso ex art. 1950 cod. civ.), e non già nella sola, maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (Cass. 9634/03, ex multis). Non erra, pertanto, il ricorrente nel sottolineare (specie al folio 7 dell’atto di impugnazione dinanzi a questa corte) che tali, imprescindibili presupposti, costitutivi della fattispecie estintiva di cui all’art. 1955 c.c., non sono stati neppure allegati dall’odierna intimata (in guisa di irredimibile conseguenza della scelta di una linea difensiva diversamente qualificante i fatti di causa, e ab initio volta ad invocare la diversa fattispecie decadenziale di cui all’art. 1957, norma in seno alla quale nessuna rilevanza sono destinate ad assumere la colpa, e il danno, conseguendo la invocata decadenza ipso facto al mancato, diacronico esercizio del diritto).
Sostanzialmente diversi i temi di indagine (il dies a quo del termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c.; la compatibilità degli oneri che tale norma introduce a carico del creditore garantito con la natura della garanzia a prima richiesta; la colpa e il danno contra ius dell’art. 1955 c.c.), il giudice di appello non poteva, se non illegittimamente, sovrapporne i relativi piani onde giungere, sostanzialmente in via officiosa, a predicare una violazione di legge mai invocata nè eccepita dalla parte interessata a tanto onerata.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1955 e 1223 c.c. – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per difetto di motivazione in relazione alla clausola n. 5 delle condizioni generali di polizza.
Il motivo è anch’esso palesemente fondato, alla luce della più recente giurisprudenza di queste sezioni unite che, con la sentenza 3947/010, hanno risolto il contrasto di giurisprudenza da tempo perpetuatosi in subiecta materia affermano il principio di diritto secondo il quale l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sè a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale.
A tale principio il collegio intende dare senz’altro continuità.
Con il terrzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1955 c.c. con riferimento agli artt. 1949, 1950 c.c., L. Fall., rtt. 52 e 55.
Il motivo è fondato – vero essendo che, mentre la mancata domanda di insinuazione al passivo avrebbe comportato la assoluta inesperibilità dell’azione di surroga da parte della SIC, l’avvenuta proposizione della relativa domanda (benchè rigettata dal GD) avrebbe consentito comunque alla compagnia di instaurare la causa di opposizione allo stato passivo in via surrogatoria -, ma deve ritenersi assorbito nell’accoglimento delle due censure che lo precedono. Infondato, viceversa, risulta IL RICORSO INCIDENTALE ATRADIUS, che lamenta con unico motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 346 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la corte di appello (al di là ed a prescindere dalla connotazione in termini di garanzia propria oggi – del tutto erroneamente -evocata dalla ricorrente incidentale) fatto buongoverno della regola processuale di cui al combinato disposto degli artt. 343, 346 c.p.c. ritenendo correttamente gravata la Atradius (ex SIC) dell’onere di proporre, in termini, appello incidentale condizionato per salvaguardare le proprie pretese nei confronti delle terze chiamate in garanzia (Cass. 2706/04, ex permultis).
Inammissibile, infine, deve essere dichiarato
IL RICORSO INCIDENTALE E., che omette del tutto, in spregio alla consolidata giurisprudenza di questa corte sul tema dell’autosufficienza del motivo di ricorso relativo alle spese di giudizio, l’indicazione specifica delle voci di cui si invoca la liquidazione.
La sentenza impugnata deve essere cassata in conseguenza dell’accoglimento del ricorso principale, con rinvio del procedimento alla corte di appello di Trieste che, in altra composizione, provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale E., accoglie quello principale – in esso assorbito il ricorso incidentale A. – cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Trieste in altra composizione.
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