Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 1 settembre 2015, n. 17386
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, come da mandato in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato che per legge la rappresenta e difende;
– intimata –
avverso il decreto n. 2146/2012 della Corte d’appello di Roma, depositato il 19 marzo 2012;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
udito il difensore del ricorrente, Raffaella Nardi per delega;
Udite le conclusioni del P.M., Dott. SALVATO Luigi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Roma ha confermato il rigetto della richiesta di esdebitazione presentata il 28 gennaio 2010 da (OMISSIS) dopo la chiusura per definitiva ripartizione dell’attivo del suo fallimento in data 6 giugno 2009.
Hanno ritenuto i giudici del merito che, benche’ sussistano i requisiti soggettivi dell’esdebitazione, la domanda di (OMISSIS) non possa essere accolta, per “la (oltremodo esigua) percentuale dei crediti soddisfatti”, risultando il totale dei pagamenti effettuati “complessivamente pari a euro 56.878,00, a fronte di un totale dei crediti ammessi al passivo di euro 3.884.494,92”, vantati per lo piu’ “dal ceto chirografario e rimasti totalmente insoddisfatti”. Sicche’ non si puo’ “ritenere verificato un adeguato bilanciamento di interessi tra le ragioni del reclamante e quelle del ceto creditorio”.
Contro il decreto ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di tre motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso l’ (OMISSIS) s.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione della L.F., articolo 142, lamentando che i giudici del merito abbiano negato l’esdebitazione sulla base di valutazioni estranee al dettato normativo della L.F., articolo 142, destinato in realta’ a favorire il fallito onesto ma sfortunato, indipendentemente da qualsiasi accertamento sull’entita’ dei pagamenti ottenuti dai creditori concorsuali.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 12 preleggi, nella interpretazione della L.F., articolo 142.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione della Legge n. 80 del 2005, articolo 1, comma 6, n. 13, in relazione all’articolo 12 preleggi, lamentando che l’interpretazione della L.F., articolo 142, proposta dai giudici del merito sia in contrasto con gli specifici criteri della legge delega per la riforma della disciplina del fallimento, cui era rimasta estranea qualsiasi esigenza di bilanciamento tra le ragioni del fallito e le ragioni del ceto creditorio.
2. Il ricorso e’ infondato.
La L.F., articolo 142, prevede al secondo comma che “l’esdebitazione non puo’ essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali”.
Il riferimento alla “soddisfazione”, almeno parziale, dei creditori concorsuali attribuisce evidentemente al giudice un ambito di valutazione discrezionale quanto alla portata effettivamente satisfattiva, almeno parziale, delle ripartizioni. E infatti la parzialita’ puo’ essere riferita non solo al numero dei creditori soddisfatti, sul totale di quelli ammessi, ma anche alla percentuale di pagamento dei singoli crediti; con la conseguenza che si sconta una inevitabile valutazione appunto discrezionale sulla idoneita’ della percentuale ottenuta dai creditori.
Sicche’, chiamate a chiarire il significato di questa norma, le Sezioni unite hanno riconosciuto “sufficiente che, con i riparti almeno per una parte dei debiti esistenti, oggettivamente intesi, sia consentita al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, una valutazione comparativa di tale consistenza rispetto a quanto complessivamente dovuto” (Cass., sez. un., 18 novembre 2011, n. 24214, m. 619470).
Non v’ e’ dunque nell’interpretazione recepita dai giudici del merito alcuna violazione dei criteri dettati dall’articolo 12 preleggi.
Quanto ai criteri della legge delega, essi indicano le condizioni minime per la disciplina della esdebitazione, non precludendo al legislatore di porre condizioni ulteriori nell’esercizio della delega per la disciplina del procedimento e dei presupposti del beneficio. Sicche’ non e’ ipotizzabile ne’ un eccesso di delega, peraltro neppure dedotto dal ricorrente, ne’ una preclusione al riconoscimento di poteri discrezionali del giudice ai fini dell’ammissione.
Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi euro 7.200, di cui euro 7.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Leave a Reply