Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 29 luglio 2015, n. 16026
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI BLASI Antonino – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25576/2010 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DI BIELLA in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 39/2009 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 27/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/06/2015 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’inammissibilita’ e il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilita’ e in subordine il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Biella, con avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzioni notificato in data 2/2/2008, accertava che la contribuente (OMISSIS) aveva indebitamente usufruito delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, in quanto non aveva trasferito la propria residenza nel comune in cui si trovava l’immobile acquistato e, pertanto, procedeva alla revoca delle agevolazioni illegittimamente godute applicando interessi e sanzioni.
Avverso l’avviso di recupero d’imposta la contribuente proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Biella che lo respingeva con sentenza appellata dalla contribuente davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Piemonte.
I giudici di secondo grado respingevano l’appello proposto dalla contribuente ritenendo che la revoca delle agevolazioni era legittima in quanto la (OMISSIS) non aveva partecipato alla stipula dell’atto notarile di acquisto e non aveva trasferito la propria residenza nell’immobile acquistato dal marito (OMISSIS) per cui non poteva pretendere di avvalersi delle agevolazioni concesse per la prima casa solo in virtu’ della circostanza che si trovava in regime di comunione legale dei beni con il coniuge.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha proposto ricorso per cassazione la contribuente (OMISSIS) con un motivo e la l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso la ricorrente (OMISSIS) lamenta omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR non ha motivato in ordine al rilievo esposto dalla ricorrente secondo la quale alla contribuente spetta il beneficio prima casa per l’acquisto effettuato dal marito della casa di
residenza della famiglia solo perche’ in regime di comunione di beni con il coniuge a prescindere dal trasferimento della propria residenza nella casa coniugale e della sua partecipazione alla stipula dell’atto di compravendita.
Infatti secondo la ricorrente, conformemente alla circolare 12/8/2005 n. 38, dell’Agenzia delle Entrate, l’agevolazione fiscale prevista per l’acquisto della prima casa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, spetta anche se solo uno dei coniugi ha trasferito la propria residenza nell’immobile acquistato in quanto rappresentante della famiglia intesa come entita’ autonoma distinta dai coniugi singolarmente.
Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto.
A riguardo, giova premettere che la nota 2 bis della Tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, nel testo vigente a seguito del Decreto Legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito il Legge 19 luglio 1993, n. 243, subordina il godimento dei benefici “prima casa”, tra l’altro, alle seguenti condizioni: a) che l’acquirente dichiari – e si tratta di dichiarazione da rendere a pena di decadenza nell’atto di acquisto – di voler stabilire la residenza nel Comune ove e’ ubicato l’immobile acquistato; b) che l’acquirente dichiari nell’atto di acquisto di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprieta’, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui e’ situato l’immobile da acquistare; e) che l’acquirente dichiari nell’atto di acquisto di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprieta’, usufrutto, uso e abitazione e nuda proprieta’ su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa previste dalla stessa legge oppure da leggi precedenti.
Cio’ premesso, in tema di perdita dell’agevolazione fiscale sul pagamento dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa, in fattispecie relativa a coniugi in regime di comunione di beni dei quali uno solo ha trasferito la propria residenza nell’immobile acquistato questa Corte ha affermato che Sez. 5, Sentenza n. 16355 del 28/06/2013 “In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l’acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, ai sensi della Legge 4 maggio 1985, n. 118, articolo 2, il requisito della residenza nel Comune in cui e’ ubicato l’immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva e’ che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e cio’ in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’articolo 177 cod. civ., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso.
In particolare, e’ stato precisato che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (articolo 143 cc), quindi una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000, cit.), in quanto cio’ che conta “non e’ tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia. Pertanto, anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entita’, quale la famiglia (cfr. Cass. n. 2109 del 2009, cit.)”. In virtu’ di tali principi, va, dunque, affermato che, ai fini della fruizione dei benefici fiscali in questione, il requisito della residenza nel Comune in cui e’ ubicato l’immobile debba essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva e’ che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale Comune, e cio’ in ogni caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex articolo 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in quello di acquisto congiunto del bene stesso.
La sentenza impugnata, che non si e’ attenuta al suddetto principio, va, in conseguenza, cassata, e, non ravvisandosi la necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto (essendo incontroverso che l’immobile e’ stato acquistato in regime di comunione legale ed e’ stato destinato a residenza familiare), la causa puo’ essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo.
Le spese del giudizio di merito e di legittimita’ vanno compensate tra le parti stante la complessita’ delle questioni trattate.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso della ricorrente, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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