Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 28 luglio 2015, n. 15845
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio – Presidente
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28051/2011 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 832/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 22/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/06/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A seguito della cassazione con rinvio della precedente sentenza, oggetto di impugnazione davanti a questa Corte (che ha deciso con la pronuncia n. 10996 del 2007), la Corte d’appello di Bari, in sede di riassunzione, ha accolto l’appello, proposto da (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), avverso la sentenza del Tribunale di Bari che aveva – a suo tempo – respinto la domanda del primo, avente per oggetto, innanzitutto, l’accertamento della simulazione della cessione delle proprie azioni (pari al 33% del capitale sociale) della societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) SpA (d’ora in avanti solo (OMISSIS)), fatta in favore del cognato (OMISSIS), allo scopo di facilitare l’uscita dalla compagine del terzo socio (tale (OMISSIS), pure detentore del 33% del sodalizio), in modo che l’intero capitale rimanesse diviso paritariamente (ossia al 50%) tra i due cognati.
1.1. La Corte territoriale pugliese ha dichiarato, da un lato, simulata la cessione del 33% delle azioni (OMISSIS), effettuata dal (OMISSIS) in favore del (OMISSIS) e, dall’altro lato, che il (OMISSIS) era titolare, dalla data della cessione fittizia, delle azioni cedute “nonche’ della meta’ delle azioni” acquistate dal (OMISSIS), “nella stessa data, da (OMISSIS)” e, quindi, nel complesso di un numero di azioni pari al 50%, condannando il (OMISSIS) al pagamento delle spese dei giudizi di primo grado e di quella del giudizio di riassunzione.
2. Secondo il giudice distrettuale, la sentenza di prime cure doveva essere riformata, anche sulla base dei limiti al nuovo giudizio, indicati dalla Corte di cassazione con la menzionata sentenza n. 10996 del 2007, e consistenti: a) nella sicura modifica della domanda originaria di simulazione, avanzata nel corso del primo giudizio di appello, ove il (OMISSIS) aveva introdotto la domanda di accertamento dell’interposizione reale di persona, sulla base di un patto fiduciario; b) nell’indagine, affidata al giudice del rinvio, circa l’avvenuta sostituzione della domanda originaria con la nuova, ovvero del mantenimento anche della prima, proposta in alternativa all’altra.
2.1. Infatti, per quello che ancora interessa in questa sede, secondo la Corte territoriale, si doveva escludere l’abbandono della domanda originaria da parte dell’appellante, il quale non avrebbe affatto voluto sostituire la vecchia con la nuova richiesta, desumendosi la persistenza di quella anteriore da una pluralita’ di elementi di fatto processuale: a) dalla forma dell’esposizione dell’ipotizzata interposizione, che sarebbe stata indicata dalla parte come profilo non nuovo, ma come aspetto non considerato dal Tribunale; b) dal quarto motivo di appello, che avrebbe reiterato, sia pure in via subordinata, la richiesta di ammissibilita’ della prova testimoniale, per l’esistenza di un principio di prova scritta (ex articolo 2724 c.c., n. 1) e, quindi, con riferimento alle richieste vertenti sulla simulazione della cessione azionaria; c) dalle conclusioni dell’atto d’impugnazione, ove erano stati sollecitati i mezzi istruttori dedotti nel quarto motivo; d) dalle comparse conclusionali delle due parti, che avevano affrontato il merito della discussione relativa alla simulazione della cessione azionaria; e) dalla stessa decisione di appello cassata, che aveva espressamente escluso l’abbandono della domanda originaria.
2.2. Il giudice distrettuale, anzitutto, esaminando il complesso documentale prodotto dal (OMISSIS), ha affermato l’esistenza del principio di prova scritta (ex articolo 2724 c.c., n. 1), che in quanto tale autorizzava il ricorso alla prova testimoniale, individuandolo nell’intervista rilasciata dal (OMISSIS) al giornalista (OMISSIS), il quale l’aveva pubblicata in un’opera a stampa.
2.2.1. Secondo la sentenza, l’intervista, analizzata nel dettaglio, si risolveva in una chiara ammissione di un ruolo effettivo svolto dal cedente all’interno della compagine sociale, anche se non ufficializzato, e rendevano plausibile il fatto che la vendita delle azioni fosse stata solo apparente, anche se il documento non conteneva un preciso riferimento al fatto controverso, bastando l’esistenza del nesso logico tra lo scritto ed il fatto (nella specie, giudicato come verosimile e probabile). Inoltre, gli indizi acquisiti sarebbero stati numerosi, gravi, precisi e concordanti (anzitutto, il mantenimento in possesso del venditore delle cambiali firmate dal cessionario, mai riscosse ne’ messe in circolazione; poi la mancata allegazione delle modalita’ di pagamento del prezzo, da parte dell’acquirente; la conservazione dei certificati azionari da parte del cedente; una serie cospicua di pagamenti effettuati dal (OMISSIS) per debiti scaduti della (OMISSIS), nonostante non fosse piu’ socio della stessa; ecc.) e sarebbero stati confermati dai testi escussi (tutti valutati come pienamente attendibili). Si sarebbe trattato, cioe’, di “una serie massiccia di elementi, ciascuno dotato di per se’ di una forte carica indiziaria e ciascuno convergente verso la identica plausibile spiegazione, quella della simulazione della operazione di vendita delle azioni”.
2.3. Percio’ la Corte territoriale ha accolto la domanda di simulazione e quella, fuoriuscente dall’ambito dell’azione di simulazione e tesa a conseguire la declaratoria della contitolarita’ delle azioni vendute dal (OMISSIS) al (OMISSIS), anche al (OMISSIS), sulla base di “un ulteriore accordo” di cessione la cui prova era desunta dalle dichiarazione dei testi e dalle stesse circostanze indiziarie dalle quali era stata tratta la prova presuntiva della simulazione(a cominciare dalla circostanza del pagamento, da parte del (OMISSIS), di una parte delle cambiali rilasciate dal (OMISSIS) in favore del (OMISSIS), a fronte della cessione delle azioni possedute da quest’ultimo).
3. Avverso tale pronuncia ricorre il (OMISSIS), con ricorso affidato a undici mezzi, illustrati anche con memoria con la quale ultima chiede la cancellazione, perche’ sconvenienti ed offensive, delle espressioni contenute alle pp. 2, 5 e 8 del controricorso.
4. Il (OMISSIS) resiste con controricorso e memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo mezzo (Violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 111 Cost., articoli 112, 345 e 394 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), il ricorrente chiede se, avendo l’appellante (OMISSIS) articolato uno specifico motivo di gravame con cui censurava la qualificazione giuridica (in termini di simulazione) data dal Tribunale alla sua pretesa, assumendo di aver proposto ab origine solo ed esclusivamente la domanda basata sull’intestazione fiduciaria dei beni, il giudice del rinvio abbia o meno violato l’articolo 112 c.p.c., in connessione con l’articolo 111 Cost., escludendo che sia intervenuta la detta sostituzione della domanda originaria di simulazione con quella, proposta in appello, di nuova acquisizione delle azioni, in base alla loro intestazione fiduciaria.
2. Con il secondo (omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), si chiede la censura della decisione perche’ il giudice distrettuale non avrebbe considerato le conclusioni dell’atto di appello (espressive della sua volonta’) ne’ la specifica censura contenuta nel primo motivo.
3. Con il terzo motivo (Violazione degli articoli 112, 324, 329 e 342 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), si lamenta la mancata rilevazione dell’esistenza di un giudicato interno al processo in esame, formatosi sull’accertamento del Tribunale che, con la sua sentenza, aveva escluso la possibilita’ di ravvisare gli estremi della confessione stragiudiziale nell’intervista resa dal (OMISSIS) al giornalista (OMISSIS), il cui accertamento avrebbe ricavato da quella non gia’ la prova di una partecipazione sociale ma solo quella di un’attivita’ di sostegno economico.
4. Con il quarto (Violazione e falsa applicazione degli articoli 24 e 111 Cost., articoli 101, 115, 116, 342 e 345 c.p.c., articoli 2724 e 2735 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), il ricorrente lamenta la violazione del principio dispositivo nella considerazione, fatta dal giudice distrettuale, dell’intervista resa dal (OMISSIS) al giornalista (OMISSIS), come principio di prova scritta non gia’ della interposizione fiduciaria (cosi’ come chiesto dal (OMISSIS) nel suo appello) ma della simulazione.
5. Con il quinto mezzo (Violazione e falsa applicazione degli articoli 1417 e 2724 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), il ricorrente si duole della violazione dei principi enunciati dalla Corte di cassazione, con riferimento all’individuazione del principio di prova scritta nella intervista resa dalla parte (OMISSIS), avendo la corte regolatrice affermato la necessita’ che tali documenti siano necessariamente muniti della sottoscrizione del dichiarante.
6. Con il sesto (Violazione e falsa applicazione degli articoli 2730 e 2735 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), il ricorrente si lamenta della violazione dei principi regolanti l’istituto della confessione stragiudiziale al terzo che esigerebbero un elemento soggettivo (consapevolezza e volonta’ di ammettere un fatto a se’ sfavorevole e favorevole all’altra parte) ed uno oggettivo (ammissione del fatto obiettivo).
7. Con il settimo motivo (omessa, o quantomeno insufficiente e contraddittoria, motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), si chiede la riforma della sentenza che, in relazione all’applicazione dell’istituto della confessione stragiudiziale al terzo non avrebbe motivato circa la sussistenza di un elemento soggettivo (consapevolezza e volonta’ di ammettere un fatto a se’ sfavorevole e favorevole all’altra parte) ed uno oggettivo (ammissione del fatto obiettivo).
8. Con l’ottavo (Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), il ricorrente lamenta la violazione dei principi relativi alle presunzioni che, al contrario di come valutati dalla Corte territoriale, avrebbero presentato inferenze probabilistiche plurime, consentendo di pervenire, con identico grado di plausibilita’ e verosimiglianza, alla conclusione dell’esistenza di un accordo fiduciario anziche’ a quello simulatorio.
9. Il nono mezzo (Violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., articoli 101, 112, 115, 116, 342 e 345 c.p.c., articoli 2724 e 2735 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), lamenta la violazione del principio dispositivo nella considerazione, fatta dal giudice distrettuale, delle dichiarazioni testimoniali che, riferendosi sovente a circostanze facenti riferimento al predicato “fiduciario”, riferito a termini come “rapporto”, “accordo”, “patto”, sarebbero poi state valutate in una diversa prospettiva, quella dell’accordo simulatorio.
10. Il decimo (omessa, o quantomeno insufficiente o contraddittoria, motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), si duole della mancata valutazione dell’attendibilita’ dei testi, specie in relazione alla circostanza inveridica relativa alla intestazione di alcune azioni a due cittadini greci.
11. Con l’undicesimo ed ultimo motivo (Violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 342, 345 e 394 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4), il ricorrente si duole dell’accoglimento della domanda tesa a conseguire la declaratoria di titolarita’ della meta’ delle azioni vendute dal (OMISSIS) al (OMISSIS), secondo l’ulteriore accordo intercorso tra i due odierni contendenti. Essa, secondo la denuncia, fuoriuscirebbe dall’ambito dell’azione di simulazione, avente ad oggetto esclusivamente il negozio di trasferimento delle azioni da (OMISSIS) al (OMISSIS), la sola che sarebbe compatibile con il dictum rescindente della Corte di cassazione.
12.Preliminarmente, deve essere disattesa la richiesta di cancellazione delle espressioni, ritenute sconvenienti od offensive (“artificio che sottende la macchinosa iniziativa”, “il tentativo.. di architettare.. una speculazione”, “macchinosita’ ed artificiosita’ inconsistenza”), contenute nel controricorso (in base alla facolta’ prevista dall’articolo 89 c.p.c., e che puo’ essere esercitata anche nel giudizio di legittimita’: Cass. n. 3525 del 2005; rientrando tra i poteri officiosi del giudice: Cass. n. 12309 del 2004), in quanto le richiamate espressioni, per quanto vivaci, non sono dettate da un passionale ed incomposto intento dispregiativo e non rivelano, percio’, un intento offensivo nei confronti della controparte ma conservano pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, e non eccedono dalle esigenze difensive, ne’ risultano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento dell’avversario, la scarsa attendibilita’ delle sue affermazioni.
13. Quanto al merito del ricorso, i primi due motivi di ricorso sono in parte inammissibile, perche’ con essi non si censura completamente la ratio decidendi contenuta nella sentenza, e comunque infondati.
13.1. Come ha ben osservato il resistente, la censura muove da una premessa incompleta, in quanto considera, per la formulazione del suo quesito e delle sue critiche, solo il primo mezzo d’impugnazione (e il contenuto delle conclusioni, cosi’ come da lui interpretate), trascurando del tutto il quarto motivo di appello, pure tenuto in notevole evidenza nella sentenza oggetto dell’odierno ricorso.
13.2. Eppure – come dice la Corte territoriale – con quest’ultimo mezzo, l’appellante (OMISSIS) aveva richiesto “in via subordinata”, l’accoglimento della domanda “con ammissione dei mezzi istruttori dedotti nel quarto motivo di gravame, con chiaro riferimento, quindi, alla impostazione originaria della domanda stessa” (sent., p. 10), elementi che il giudice del rinvio ha considerato come decisivi anche in rapporto agli altri, contenuti negli atti difensivi (opposte comparse conclusionali, ecc.).
13.3. Il primo mezzo del ricorso per cassazione non colpisce questa parte del ragionamento svolto dalla sentenza e, percio’, non si sottrae al vizio che lo rende non decisivo, secondo il principio di diritto per il quale le censure proposte contro argomentazioni della sentenza che non esauriscono la ratio decidendi sono inammissibili.
13.4. Tuttavia, poiche’ la censura nel suo complesso, attiene ad un error in procedendo, e’ dovere del giudice di legittimita’ che sia investito della relativa critica (e che, in parte qua, e’ anche giudice del fatto), compiere un esame dell’atto che si assume – come male interpretato dalla Corte territoriale, verificandone il contenuto.
13.5. Ebbene, dall’esame dell’atto di appello a suo tempo notificato dal (OMISSIS), ed in particolare con riferimento al quarto mezzo di gravame, risulta – sia pure in modo non esemplare – l’avvenuta proposizione della domanda di simulazione del trasferimento azionario da parte dell’uno in favore dell’altro socio (e cognato), sia perche’ – come ha osservato il giudice distrettuale nella sentenza impugnata – la parte con tale mezzo richiedeva l’ammissione della prova testimoniale per far valere l’effetto simulatorio tra i contraenti, senza che il patto fosse illecito (e, quindi, con i limiti generali della prova testimoniale) sia perche’, nella proposizione del motivo, l’appellante ha fatto espresso richiamo all’articolo 1417 c.c., in ordine alla volonta’ di provare l’esistenza di un patto simulato.
13.6. A tale proposito, infatti, va ricordato che, nella specie, si versa in una ipotesi negoziale in cui le parti non si sono premunite in ordine alla possibilita’ di far valere la simulazione della cessione azionaria, utilizzando la consueta controdichiarazione: di qui la richiesta del simulato alienante di ammissione della prova testimoniale che, essendo rivolta a dimostrare l’esistenza e la consistenza di un contratto dissimulato lecito, incontra le note limitazioni stabilite dalla legge per la prova testimoniale.
13.7. Infatti, l’articolo 2722 c.c., vieta di provare con testimoni i patti contrari al contenuto di un documento, ma poiche’ la prova testimoniale e’ ammessa, oltre che nell’ipotesi (che qui non ricorre) in cui si deve svelare l’illiceita’ del contratto dissimulato (articolo 1417 c.c.) anche quando (tra le altre ipotesi) vi sia un principio di prova per iscritto, la parte interessata a far valere il vizio simulatorio potra’ supplire alla mancata formazione (o allo smarrimento) della controdichiarazione con la prova per testimoni della controdichiarazione mancante (“La prova per testimoni della simulazione di un contratto risultante da atto scritto e’ ammissibile tra le parti quando ricorra una delle ipotesi indicate nell’articolo 2724 c.c., e nel caso previsto dall’articolo 2724, n. 3, (principio di prova per iscritto) tale principio di prova puo’ desumersi dallo stesso atto impugnato per simulazione“: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1438 del 1962 ed altre conff.).
13.8. Si comprende, percio’, il perche’ ed il percome il quarto motivo di appello proposto dal (OMISSIS) mirasse proprio a recuperare l’azione di simulazione, in aggiunta alla domanda proposta (in via chiaramente alternativa e nel caso dell’insuccesso dell’altra domanda) con gli altri tre mezzi di gravame.
14. Il terzo mezzo e’ infondato alla luce del principio di diritto (cfr. per tutte, Sez. 3, Sentenza n. 6757 del 2001) secondo cui costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato (anche) interno, quello che risolva una questione controversa, avente una propria individualita’ ed autonomia, si’ da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia non solo manca nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verta in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorra a formare un capo unico della decisione.
14.1. Nella specie, si chiede di considerare come avente individualita’ ed autonomia, quasi si trattasse di una capo della sentenza di primo grado (idonea a passare in cosa giudicata), una valutazione giudiziale di una “informazione probatoria” (cfr. Cass. sez. 1, sent. n. 10749 del 2015) posta a base, assieme ad altre, dell’accertamento (positivo o negativo) di un fatto giuridico rilevante (nella specie, la presunto valore di una dichiarazione come confessione stragiudiziale).
14.2. Senza dire che, in realta’, la valutazione di quello stesso elemento probatorio da parte della Corte territoriale non e’ consistito, sic et simpliciter, nell’affermazione del valore di prova legale della dichiarazione stragiudiziale resa dall’intervistato ad un giornalista (terzo estraneo) ma nella sua considerazione di elemento indiziario (anche se fortemente tale) da valutarsi assieme ad un ulteriore compendio di elementi (esposti a p. 16 e ss. della motivazione).
14.3. In tal modo, il giudice distrettuale si e’ mostrato rispettoso del principio di diritto piu’ volte affermato da questa Corte (cfr, Sez. L, Sentenza n. 29316 del 2008) e secondo cui “La confessione stragiudiziale fatta ad un terzo non ha valore di prova legale, come la confessione giudiziale o stragiudiziale fatta alla parte, e puo’, quindi, essere liberamente apprezzata dal giudice, a cui compete, con valutazione non sindacabile in cassazione se adeguatamente motivata, stabilire la portata della dichiarazione rispetto al diritto fatto valere in giudizio“.
15. La doglianza contenuta nel quarto mezzo di ricorso e’ infondata perche’ non viola il principio dispositivo la valutazione di un fatto, che l’appellante abbia riferito ad una sola parte della sua domanda, se lo stesso abbia proposto anche una domanda alternativa, in tal modo – anche se non espressamente – riferendo, com’e’ possibile fare, il compendio fattuale complessivamente allegato a sostegno di ogni parte dell’impugnazione e delle sue articolate richieste.
15.1.La mancanza di connessione tra la domanda subordinata ed i fatti esposti a sostegno di quella principale non possono comportare la perdita del loro valore, una volta che siano stati esposti allo scopo precipuo di conseguire il bene della vita posto al centro del processo e che, come tali, sono entrati nel processo, dal quale non possono essere esclusi, ne’ considerati estranei al dibattito processuale complessivo, per il semplice difetto dell’enunciazione del detto collegamento anche con il mezzo di gravame proposto come subordinato.
16. Il quinto mezzo non risulta fondato alla luce della necessita’ d’interpretazione evolutiva del concetto riassunto nell’espressione “principio di prova per iscritto”, di cui all’articolo 2724 c.c., n. 1, che gia’ la lettera della legge individua “in qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale e’ diretta la domanda (…) che faccia apparire verosimile il fatto allegato”.
16.1. Infatti, la veloce interconnessione dei rapporti interpersonali rendono sempre piu’ “liquide” anche le relazioni giuridiche, che non sempre riescono a munirsi della documentazione, che pure ne renderebbe piu’ solida la dimostrazione in giudizio.
16.2. In tal senso ha correttamente interpretato la disposizione richiamata (in senso opposto a quanto opina il ricorrente) Cass. Sez. 1, nella sentenza n. 2212 del 1968, nell’affermare il principio di diritto secondo cui “puo’ costituire principio di prova scritta anche una scrittura non firmata, purche’ espressamente o tacitamente accettata dall’autore e perfino uno scritto altrui, purche’ colui contro il quale e’ fatto valere lo abbia fatto proprio e ne abbia dato incarico, anche verbale, all’autore dello scritto” (se ne veda il testo corretto riportato sulla rivista (OMISSIS), 1969, I, col. n 646, diversamente che nella massima ufficiale del CED Rv. 334434, ove per errore non compare il “non” pocanzi sottolineato).
16.3. Percio’ non c’e’ violazione degli articoli 1417 e 2724 c.c., come sostiene il ricorrente, nell’individuazione, operata dalla Corte territoriale, del principio di prova scritta in quell’intervista resa dalla parte (OMISSIS) al giornalista (OMISSIS), avendo questa corte regolatrice escluso la necessita’ che tali documenti (costituenti semplice principio di prova, atti a scremare le richieste palesemente infondate da quelle che hanno un qualche fondamento) siano necessariamente muniti della sottoscrizione del dichiarante.
17. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso debbono essere trattati congiuntamente, attenendo alla stessa questione: l’applicazione corretta dell’istituto della confessione stragiudiziale resa al terzo, nella parte in cui esigono l’esistenza di un concreto elemento soggettivo (consapevolezza e volonta’ di ammettere un fatto a se’ sfavorevole e favorevole all’altra parte) ed uno oggettivo (ammissione del fatto obiettivo).
17.1. I due mezzi vanno respinti, in quanto basati sul falso presupposto che la Corte d’appello abbia deciso, in senso sfavorevole alle tesi del ricorrente, sulla base del valore legale della confessione stragiudiziale, mentre e’ vero che essa ha conclusivamente affermato (a p. 23) che “la prova della simulazione deve pertanto ritenersi acquisita per mezzo di presunzioni. Le risultanze della prova testimoniale vanno prese in considerazione solo come elementi confermativi di una realta’ gia’ emersa in base alla prova logica”. E la prova logica non e’ stata acquisita sulla base della intervista, ritenuta – certo – un elemento importante del percorso probatorio valutato dal giudice, ma pur sempre solo un principio di prova scritta, contenente rilevanti connessioni logiche con la tesi del (OMISSIS), pero’ necessitanti di trovare il loro riscontro logico, ottenuto soltanto sulla base delle dichiarazioni testimoniali, valutate (alle pp. 17-22) anche in rapporto a fatti acquisiti aliunde e riepilogati alle pp. 16-17 della motivazione. Sicche’, il giudice distrettuale ha potuto concludere di essersi trovato di fronte “ad una serie massiccia di elementi, ciascuno dotato di per se’ solo di una forte carica indiziaria, e ciascuno convergente verso la identica plausibile spiegazione, quella della simulazione della operazione di vendita delle azioni”. Indizi che sono stati valutati “dapprima singolarmente e posti poi in correlazione tra di loro nel contesto di una valutazione complessiva”, che ha permesso di portare alla conclusione, enucleata sul piano logico, circa il carattere apparente della vendita (p. 22).
18. L’ottavo mezzo di cassazione e’ inammissibile, in quanto con esso il ricorrente, con riferimento alla “massiccia” componente indiziaria (valutata come di tipo presuntivo dal giudice di merito e come prova diretta dal resistente) mira ad ottenere un riesame di quelle valutazioni che non appaiono, affatto, manifestamente irrazionali o illogiche, cosi’ da comportare la loro censura e la conseguente cassazione della sentenza.
19. Il nono mezzo (profilo di ulteriore violazione del principio dispositivo in riferimento alla prova testimoniale) e’ infondato per quanto gia’ affermato sopra, esaminando analoga censura.
20. Il decimo, riguardante i pretesi vizi motivazionali relativi alla valutazione di attendibilita’ dei testimoni, in relazione alle circostanze indicate, e’ inammissibile, in quanto nuovo e privo del riferimento al se, come, dove e quando esso sia stato proposto nella fase di merito.
21. Anche l’undicesimo mezzo di ricorso e’ infondato, in quanto il dictum rescindente della Cassazione, in forza del quale la causa e’ stata decisa in sede di rinvio con la sentenza in questa sede impugnata, si riferiva esclusivamente alla parte relativa alla domanda principale proposta (secondo l’alternativa: azione per il riconoscimento dell’interposizione reale ovvero dell’interposizione fittizia) con riferimento all’accordo relativo alla cessione delle azioni della (OMISSIS) dal (OMISSIS) al (OMISSIS), non anche con riguardo all’ulteriore accordo riguardante le azioni cedute dal (OMISSIS) al (OMISSIS). Accertamento che poteva essere definitivo solo una volta decisa la questione principale, come tale condizionante anche quella accessoria e logicamente successiva alla prima.
21.1. Del resto la stessa Cassazione ha considerato assorbiti ben tre mezzi di ricorso, essendosi limitata, come essa stesso ha statuito, a cassare la sentenza impugnata “con rinvio alla Corte di Appello di Bari per la decisione in ordine alle eventuali ulteriori questioni di merito prospettate, nonche’ sulla avvenuta sostituzione o meno della domanda di simulazione con quella proposta nel giudizio di impugnazione”.
22. In conclusione, il ricorso si palesa infondato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali forfettarie ed accessori di legge.
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