Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 29 gennaio 2015, n. 1669

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13179/08) proposto da:

(OMISSIS) s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to (OMISSIS) in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonche’ sul ricorso incidentale (R.G. n. 16229/08) proposto dalla controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 925 depositata il 27 marzo 2007.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 2 ottobre 2014 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l’Avv.to (OMISSIS), per parte resistente e ricorrente incidentale;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio Juanito, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti motivi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15 gennaio 1994 la (OMISSIS) s.n.c. evocava, dinanzi al Tribunale di Napoli, la (OMISSIS) s.r.l. esponendo di avere avuto dalla convenuta mandato di rappresentanza per la vendita dei veicoli marca Nissan per i paesi dell’agro (OMISSIS) e dintorni, pattuita una commissione del 12%, ad esclusione dei prodotti di marca giapponese, per i quali la percentuale era del 18%; aggiungeva che dal 1989 al marzo 1993 aveva venduto veicoli per complessive lire 2.514.934.426, maturando provvigioni per complessive lire 301.792.132, ricevute provvigioni in conto per lire 67.996.418, per cui residuava un credito per lire 233.934.426; proseguiva che dal marzo 1993 la (OMISSIS) aveva venduto nella zona di pertinenza dell’attrice ben 21 autoveicoli in proprio, decidendo successivamente, unilateralmente, di revocarle il mandato; tanto premesso, chiedeva la condanna della societa’ convenuta alla corresponsione del saldo delle provvigioni maturate, oltre a lire 40.661.760 a titolo di risarcimento dei danni per ingiustificata revoca del mandato.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della (OMISSIS), la quale assumeva che il contratto di rappresentanza intercorso fra le parti non prevedeva alcuna esclusiva a favore dell’attrice, oltre a non esservi stata alcuna disdetta del contratto, spiegata domanda riconvenzionale per la restituzione di presunte somme versate in eccedenza, nonche’ per danni dovuti ad assistenza non professionale prestata dall’attrice che aveva determinato una pessima immagine della Concessionaria ed un calo nelle vendite, quantificati in lire 800.000.000, il giudice adito, respingeva sia la domanda attorea sia quella riconvenzionale, con compensazione delle spese processuali.
In virtu’ di rituale appello interposto dalla (OMISSIS) s.n.c., con il quale lamentava l’erroneita’ della decisione di primo grado per avere invertito l’onere probatorio quanto alla dimostrazione della mancata corresponsione delle provvigioni, assumendo che la revoca del mandato era avvenuta per facta concludenza, dopo il marzo 1993, con la vendita di 21 vetture da parte della stessa (OMISSIS) nelle zone di pertinenza dell’appellante, la Corte di appello di Napoli, nella resistenza della societa’ appellata, la quale proponeva anche appello incidentale in ordine al rigetto della riconvenzionale, ammessa ed espletata c.t.u. contabile, in parziale accoglimento dell’impugnazione principale, dichiarata inammissibile quella incidentale, ed in parziale riforma della decisione impugnata, condannava l’appellata al pagamento di euro 25.000,00 a titolo di risarcimento dei danni, oltre ad interessi dalla pronuncia, confermata nel resto la sentenza del giudice di prime cure.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava, quanto al mancato riconoscimento degli importi richiesti a titolo di provvigioni maturate, che la critica rivolta dall’appellante alla decisione del giudice di prime cure, di inversione dell’onere probatorio, pur corretta in astratto, non consentiva la riforma della sentenza sul punto, giacche’ dalla c.t.u. espletata in secondo grado risultava che dall’esame dei documenti si evinceva che l’appellata “all’atto della vendita delle auto, praticava lo sconto del 10% sul prezzo di listino, che concide(va) in termini percentuali con la provvigione del 10% richiesta dall’appellante”, con la conseguenza che il prezzo pagato dalla (OMISSIS) per l’acquisto delle autovetture risultava in effetti scontato del 10% rispetto al prezzo di listino pubblicato dal costruttore NISSAN, per cui la provvigione doveva ritenersi gia’ corrisposta in contanti dall’appellata, costituita per l’appunto dallo sconto del 10%. Inoltre rilevava che dalle scritture contabili esibite dall’appellata non risultava annotato alcun debito verso l’appellante principale, la quale a sua volta non aveva esibito le proprie scritture contabili, limitandosi a produrre le fatture emesse nei confronti della controparte, di nessun valore probatorio perche’ documenti di formazione unilaterale ad opera della parte che intendeva giovarsene.
Aggiungeva che quanto alla seconda doglianza, relativa al risarcimento dei danni per revoca senza giusta causa, punto nodale non era costituito dalla legittimita’ o meno della revoca del mandato di vendita, circostanza peraltro negata dalla societa’ preponente, piuttosto il fatto che nel vigore del contratto di rappresentanza, la preponente avesse concluso direttamente gli affari nell’ambito della zona di esclusiva dell’agente con violazione dell’articolo 1743 c.c. e conseguente applicazione dell’articolo 1748 c.c., comma 2. Essendo rimasto accertato dalle dichiarazioni di vendita la circostanza che la preponente dal marzo al luglio 1993 aveva provveduto alla alienazione diretta di n. 21 veicoli nella zona riserva all’appellante, andava riconosciuto all’agente il diritto alla provvigione anche per detti affari, quantificata in euro 21.000,04, attualizzata in euro 25.000,00, in quanto trattandosi di debito risarcitorio per illecito contrattuale, era suscettibile di rivalutazione monetaria, liquidabile anche d’ufficio, oltre ad interessi legali dalla sentenza al saldo. Concludeva per l’inammissibilita’ del ricorso incidentale non soddisfacendo i motivi di appello la esigenza di specificita’ richiesta dall’articolo 342 c.p.c., limitandosi a prospettare la semplice erroneita’ della sentenza impugnata per essere fondata la propria domanda, senza fornire alcun argomento volto a contrastare le ragioni addotte dal giudice di prime cure.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.n.c., affidato a tre motivi, al quale ha replicato la (OMISSIS) con controricorso, contenente anche ricorso incidentale affidato a sette motivi, illustrato anche da memoria ex articolo 378 c.p.c..
Fissata pubblica udienza al 13.2.2014, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo perche’ comunicato il decreto di fissazione dell’udienza alla parte ricorrente in violazione del termine di cui all’articolo 377 c.p.c., comma 2.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno preliminarmente riuniti, a norma dell’articolo 335 c.p.c., in quanto attengono al medesimo provvedimento.
Con il primo motivo del ricorso principale la societa’ ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2697 c.c. e articoli 115 e 116 c.p.c., oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione, per non essere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di appello per suffragare la accertata infondatezza del primo motivo di gravame, quello relativo al mancato riconoscimento del diritto a percepire le provvigioni maturate e non corrisposte. In particolare, il ragionamento della Corte di merito sarebbe errato – ad avviso della ricorrente – laddove ha ritenuto raggiunta la prova del pagamento delle provvigioni sul presupposto che sul prezzo pagato dalla (OMISSIS) per l’acquisto dei veicoli veniva effettuato uno sconto del 10% sul prezzo di listino, senza considerare che la societa’ non acquistava alcun mezzo, fungendo da intermediaria tra la (OMISSIS) s.r.l. e gli acquirenti dei veicoli NISSAN, per cui le vetture venivano direttamente cedute agli acquirenti dalla (OMISSIS). Aggiungeva che era priva di qualunque fondamento la circostanza che nelle scritture contabili della preponente non fosse stato annotato il credito della ricorrente, oltre ad un equivoco riferimento alla non valenza delle fatture redatte dalla stessa pretesa creditrice. L’illustrazione del mezzo e’ conclusa con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se, in relazione al contratto di rappresentanza, la prova ex articolo 2697 c.c. del pagamento della provvigione puo’ ritenersi raggiunta sulla base di mere affermazioni del CTU esorbitanti il mandato ricevuto e sulla base delle mancate annotazioni del credito e del debito sulle scritture contabili”.
Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1224 e 1226 c.c. per avere la corte di merito attualizzato il valore delle provvigioni dovute a titolo risarcitorio in euro 25.000,00 al 27.3.2007 (data di pubblicazione della sentenza), quantificate in euro 21.000,04 alla data della domanda (15.1.1994), senza dare conto del criterio utilizzato, anche al fine del computo degli interessi legali. A corollario del mezzo e’ posto il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se la liquidazione del danno da illecito contrattuale determinata in misura inferiore agli adeguamenti ISTAT e la determinazione della decorrenza degli interessi sulla somma erroneamente rivalutata dalla data di decisione della sentenza al saldo, e non sulla somma mediamente rivalutata dalla data della domanda, costituisca violazione degli articoli 1223, 1124 e 1226 c.c..
Con il terzo motivo il ricorrente principale, in via subordinata, deduce la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in quanto la corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciare sulla sua espressa richiesta di corresponsione degli interessi dalla domanda e non gia’ dalla pronuncia.
Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo la (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c. in relazione alla qualificazione del contratto oggetto del giudizio quale contratto di agenzia anziche’ come mandato irrevocabile con rappresentanza, non tenendo conto dello stesso tenore letterale della convenzione, del tutto conforme alla schema contrattuale del mandato e a tal fine riporta le clausole contrattuali. Insiste la ricorrente incidentale nel sostenere che l’esclusiva era prevista solo con riferimento ad altri contratti di mandato, non gia’ per quelli stipulati direttamente dalla stessa mandante. A cio’ il giudice di merito avrebbe fatto conseguire l’applicazione del tutto errata nella specie degli articoli 1743 e 1748 c.c.. A conclusione de mezzo e’ formulato il seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se la Corte di appello di Napoli abbia errato non tenendo conto, come invece prescrive l’articolo 1362 c.c., della comune intenzione delle parti quale risultante non solo dagli articoli 3 e 6 del contratto, ma dal loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto, cosi’ ritenendo erroneamente applicabile al contratto di “rappresentanza” stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), la disciplina del contratto di agenzia; e con essa l’articolo 1743 c.c. e articolo 1748 c.c., comma 2, anziche’ quella del contratto di mandato che tali norme non contempla”.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale lamenta la nullita’ della sentenza per omessa motivazione circa la qualificazione giuridica del contratto in violazione delle norme processuali contenute nell’articolo 111 Cost., comma 6, articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c. non contenendo la sentenza impugnata una sola considerazione circa le ragioni che avrebbero indotto la corte di merito a stabilire che si trattasse di contratto di agenzia. A corollario del mezzo e’ posto il seguente quesito di diritto: “Dica la Ecc.ma Corte se sia viziata da nullita’ per omessa motivazione la sentenza impugnata che, nel qualificare il contratto come contratto di agenzia difformemente dalla qualificazione esplicitamente data ad esso da tutte le parti del giudizio (come contratto di mandato), abbia omesso la motivazione sul punto essendo tale qualificazione decisiva per la decisione del giudizio a causa dell’applicazione di una norma (nella specie l’articolo 1748 c.c.) inapplicabile qualora la qualificazione del contratto sia conforme a quella data (da una o) da tutte le parti”.
Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1748 c.c., comma 2, giacche’ sancendo espressamente la norma che essa e’ applicabile “salvo che sia diversamente pattuito”, non trattandosi di disposizione imperativa, ma dispositiva, (per cui ben puo’ essere derogata dalla volonta’ delle parti), nella convenzione stipulata erano previste pattuizioni in contrasto con la norma de qua. In particolare l’articolo 3 del contratto prevedeva esclusivamente che il (OMISSIS) si impegnava a non coprire le zone con altri punti vendita, con la conseguenza che non era limitata la facolta’ della (OMISSIS) di effettuare la vendita diretta; l’articolo 6 dello stesso contratto prevedeva le provvigioni per le sole vendite effettuate dal mandatario. A conclusione del mezzo e’ posto il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se in presenza di disposizioni contrattuali (arti 3 e 6 del contratto di ‘rappresentanza’ stipulato tra la (OMISSIS) e (OMISSIS)) che derogano il dettato di una norma esplicitamente dispositiva – quale e’ l’articolo 1748 c.c., comma 2, – abbia errato la Corte di merito ad applicare la disciplina di tale norma e quindi ritenere dovute le provvigioni sulle vendite direttamente effettuate dalla (OMISSIS), liquidando per tale ragione una somma a titolo di risarcimento del danno per mancata corresponsione, senza tenere conto di quanto disposto dalle parti e cioe’ da un lato che l’impegno della (OMISSIS) (e per essa del (OMISSIS)) era, ex articolo 3 del contratto, solo quello di non aprire altri punti vendita e dall’altro che, ai sensi dell’articolo 6 del contratto, la provvigione doveva essere versata dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) per le sole “vendite…effettuate dalla Ditta”.
Con il quarto motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1748 c.c., comma 2, sotto diverso profilo: in particolare, per avere la corte di appello pronunciato una condanna al risarcimento dei danni conseguente all’inadempimento contrattuale dell’obbligo di pagare le provvigione per gli affari conclusi dalla preponente direttamente non richiesta dalla (OMISSIS), che si era limitata a chiedere il risarcimento dei danni conseguente alla revoca del contratto di mandato. A corollario del mezzo e’ formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se l’articolo 1748 c.c., comma 3, presupponga una domanda di adempimento contrattuale, non essendo invece applicabile qualora la domanda proposta dalla parte abbia, come nel caso di specie quella proposta dalla (OMISSIS), ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti ad affermata risoluzione contrattuale”.
Il quinto motivo – con il quale e’ dedotta la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione per erronea interpretazione della domanda, oltre che per extra petizione – indica quale fatto controverso e decisivo per il giudizio il seguente: “la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che non esplicitati “aspetti sostanziali”, ove correttamente interpretati (manca pero’ non solo l’indicazione di tali aspetti, ma anche una qualsiasi motivazione circa una tale “corretta interpretazione”), consentano la riqualificazione della domanda di condanna al risarcimento dei danni per illegittima revoca del mandato in domanda di condanna al risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale”. A conclusione del mezzo espone, altresi’, il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se sia omessa, insufficiente e contraddittoria la motivazione della sentenza nella parte in cui, a fronte della domanda di risarcimento del danno fondata sul fatto costitutivo della revoca del contratto di mandato irrevocabile (il cui oggetto e’ ovviamente un diritto etera determinato), ritenga inclusa nel thema decidendum la diversa domanda di risarcimento dei danni derivanti dal mancato pagamento delle provvigioni e cosi’ condanni parte convenuta al risarcimento del danno subito dall’attrice in ragione dell’inadempimento della obbligazione di pagare le provvigioni, obbligazione derivante dall’articolo 1748 c.c., comma 2, senza, peraltro, indicare gli “aspetti sostanziali” da porre alla base della domanda e senza motivare in alcun modo sulla loro “corretta interpretazione””.
Con il sesto motivo la ricorrente incidentale denuncia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4 per vizio di extra petizione in ragione della violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in quanto pur avendo la corte di merito riconosciuto che la domanda di risarcimento del danno proposto dalla (OMISSIS) aveva il suo fondamento nella asserita illegittima revoca del contratto, tuttavia ha ritenuto di prescindere dall’esistenza di tale revoca per essere violato il dettato dell’articolo 1748 c.c., comma 2, per cui da tale violazione scaturirebbe una diritto al risarcimento del danno, liquidato pero’ – ad avviso della ricorrente – in assenza di domanda e in presenza di un diritto, quale quello al risarcimento del danno, etero determinato. A conclusione dell’illustrazione del mezzo viene posto il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se sia viziata da ultrapetizione – trattandosi, nella specie, di diritti etero determinati – la sentenza che, a fronte della domanda di risarcimento del danno fondata sul fatto costitutivo della revoca del contratto di mandato irrevocabile proposta dalla (OMISSIS), condanni, invece, la (OMISSIS) al risarcimento del danno subito dalla attrice in ragione dell’inadempimento della obbligazione di pagare le provvigioni, obbligazione derivante dall’articolo 1748 c.c., comma 2 “.
Il settimo motivo, con cui e’ censurata la nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 342 c.p.c. circa la specificita’ dei motivi di appello, nonostante alle pagine da 8 a 10 della comparsa fossero indicati, pone il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se nel caso di specie, ove con l’appello sono state dedotte le ragioni, gia’ articolate in primo grado, che inducono a ritenere erronea la pronuncia giudiziale impugnata, possa dirsi rispettato il dettato dell’articolo 342 c.p.c., ovvero se esso imponga, ai fini dell’ammissibilita’ del motivo di appello, che si contestino specificamente le motivazioni contenute nella sentenza impugnata”.
In ordine logico, va esaminato innanzitutto il primo ed il secondo motivo del ricorso, con i quali e’ denunciata la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., oltre che degli articoli 1743 e 1748 c.c., nonche’ vizio di motivazione, attenendo essi alla pregiudiziale questione della esatta qualificazione del rapporto intercorso tra le parti. Preliminare, infatti, alla ricognizione dell’intero plesso normativo rilevante in parte qua, appare la qualificazione del rapporto dedotto in giudizio. Essi sono fondati.
Occorre premettere che non e’ contestato che tra le parti sia intercorso un accordo avente ad oggetto la vendita di autoveicoli Nissan, e’, invece, controverso se detto rapporto sia da riferire allo schema del contratto di agenzia – come dedotto dalla ricorrente – ovvero del mandato alla vendita – come asserito dalla resistente/ricorrente incidentale – in mancanza di una pattuizione scritta.
Osserva il collegio che la sentenza impugnata non ha fornito alcuna spiegazione, se non contraddittoria, circa le ragioni per le quali, alla stregua della documentazione fornita dalla ricorrente e in assenza di un contratto scritto, sia da ritenere concluso fra le parti un contratto di agenzia; per di piu’ in taluni passi della decisione e’ fatto esplicito riferimento ad un contratto di rappresentanza per la vendita (cfr pag. 5 della sentenza), per essere la (OMISSIS) concessionaria di autoveicoli Nissan.
Secondo la costante e condivisibile giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, in tal senso, Cass. 23 giugno 2014 n. 14160), in tema di interpretazione del contratto l’accertamento della volonta’ degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice del merito, con la conseguenza che detto accertamento e’ censurabile in sede di legittimita’ solo nel caso in cui la motivazione sia cosi’ inadeguata da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione di norme ermeneutiche. Nella specie sussistono i dedotti vizi: infatti – in disparte il rilievo che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 6 maggio 1996 n. 4167) il contratto di agenzia richiede la forma scritta, pur se stipulato prima dell’entrata in vigore della modifica dell’articolo 1742 c.c., introdotta con Decreto Legislativo 10 settembre 1991, n. 303, di attuazione della direttiva Cee n. 86/653, modifica consistita nell’aggiunta di un 2A comma all’articolo suddetto, a norma del quale ciascuna parte ha il diritto di ottenere dall’altra una copia del contratto dalla stessa sottoscritto, atteso che tale forma era stata prevista dalla contrattazione collettiva (puo’ aggiungersi: fin dall’accordo economico collettivo 20 giugno 1956 che disponeva che all’atto della stipulazione del contratto di agenzia dovessero essere precisati per iscritto gli elementi essenziali del contratto) – c’e’ da considerare che la Corte di appello ha esaminato la documentazione prodotta dall’originaria ricorrente pervenendo al convincimento dell’esistenza della prova dell’asserito mandato di agenzia in favore della societa’ (OMISSIS) senza porre in evidenza alcun elemento significativo rispetto a quelli che sono i caratteri distintivi del contratto di agenzia, quali la continuita’ e la stabilita’ dell’attivita’ dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealta’, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo (ex multis: Cass. 23 luglio 2012 n. 12776; Cass. 23 aprile 2009 n. 9696). Seppure e’ vero che tale vincolo deve essere apprezzato, in concreto, con riguardo alla specificita’ dell’incarico conferito e al modo della sua attuazione (gia’ Cass. n. 5989 del 2001), non sembra motivazione sufficiente il sintetico rilievo della Corte di appello, secondo cui, in difetto di una specifica previsione pattizia, la (OMISSIS), concessionaria degli autoveicoli Nissan per (OMISSIS) e provincia, aveva concesso alla (OMISSIS) la rappresentanza dei predetti mezzi limitatamente ai paesi dell’agro (OMISSIS) e dintorni. Risulta evidente il denunciato vizio di motivazione (secondo motivo), in quanto la Corte d’appello non ha in alcun modo esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto detto rapporto qualificabile come di agenzia, che sarebbe stata del tutto necessaria ove si consideri che, secondo quanto affermato da questa Corte, “caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuita’ e la stabilita’ dell’attivita’ dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealta’, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella piu’ limitata attivita’ di chi, senza vincolo di stabilita’ ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente e’ stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attivita’ di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore e’ occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa. Conseguentemente, al rapporto di procacciamento d’affari possono applicarsi in via analogica solo le disposizioni relative al contratto di agenzia (come le provvigioni) che non presuppongono un carattere stabile e predeterminato del rapporto e non anche quelle – di legge o di contratto – che lo presuppongono (come nella specie l’indennita’ di mancato preavviso, l’indennita’ suppletiva di clientela e l’indennita’ di cessazione dei rapporto) (Cass. n. 13629 del 2005).
Alla luce di tali principi, dunque, non puo’ predicarsi, cosi’ come ha fatto la Corte d’appello, parzialmente riformando la decisione di primo grado, la indifferenza della qualificazione di un rapporto in termini di agenzia in assenza di prova scritta dell’accordo, senza tenere conto dell’affine figura di procacciamento di affari, giacche’ dalla qualificazione del rapporto in termini di procacciamento di affari discende l’applicabilita’ allo stesso delle norme in tema di agenzia nei limiti della compatibilita’, diversamente dall’accertamento di un vero e proprio rapporto di agenzia. L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso incidentale determina l’assorbimento degli altri mezzi, oltre che del ricorso principale, concernenti le diverse questioni della quantificazione delle provvigioni, con relativi accessori, ed esercizio del diritto di revoca e/o recesso.
In conclusione, i primi due motivi del ricorso incidentale vanno accolti, assorbiti i restanti motivi ed il ricorso principale e la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, la quale procedera’ a nuovo esame dell’atto di gravame emendando gli accertati vizi della sentenza impugnata, tenendo altresi’ conto dei richiamati principi di diritto. Al giudice di rinvio e’ demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie i primi due motivi del ricorso incidentale, assorbiti i restanti, nonche’ il ricorso principale;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli

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