Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 2 dicembre 2014, n. 25433
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 17.08.2011 il Tribunale di Palermo – decidendo sull’opposizione proposta da S.E. avverso il precetto notificatole ad istanza di T.G. in data 02.09.2009 per il pagamento della somma di Euro 2.361,54, in forza di decreto emesso dalla Corte di appello di Palermo, contenente statuizione di condanna della Sparti al rimborso di spese processuali – ha rigettato l’opposizione, qualificata come opposizione agli atti esecutivi e condannato l’opponente al pagamento delle spese processuali.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.E. , svolgendo tre motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.
Motivi della decisione
1. Il Tribunale – richiamato in diritto, il principio del raggiungimento dello scopo dell’atto, in forza del quale l’eventuale nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto doveva ritenersi sanata dalla stessa proposizione dell’opposizione – ha ritenuto infondate le censure in punto di irritualità della notificazione, osservando che il decreto della Corte di appello di Palermo in data 16.07/01.08.2009, azionato come titolo esecutivo per la parte relativa alla condanna alle spese, era stato notificato nel pieno rispetto degli artt. 139 co. 2 e 479 co. 2 cod. proc. civ. alla S. mediante consegna alla figlia convivente, così come rituale era la notificazione del precetto avvenuta in data 02.09.2009 presso il luogo di lavoro dell’intimante, mediante consegna a collega di ufficio ai sensi dell’art. 139 co.2 cod. proc. civ.; per altro verso, ha ritenuto inconferenti le deduzioni dell’opponente in ordine all’assenza di requisiti del precetto, osservando, quanto alla mancata indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo e della menzione dell’apposizione della formula esecutiva, che le ulteriori indicazioni contenute nello stesso atto, consentivano, comunque, di comprendere a quale titolo l’intimante facesse riferimento e rilevando, altresì, che la chiara conferma che la debitrice aveva piena contezza di quale fosse il titolo esecutivo emergeva dalla circostanza, che, appena due giorni dopo la notifica del precetto, la stessa aveva provveduto al pagamento della somma Euro 1.591,20 in esecuzione della condanna di cui al decreto della Corte di appello di Palermo.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 156, 160 e 479 e 480 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente deduce che il principio del raggiungimento dello scopo dell’atto è stato malamente applicato nel caso di specie, vertendosi in una situazione di inesistenza della notificazione del titolo esecutivo; inoltre il Tribunale avrebbe violato anche gli artt. 479 e 480 cod. proc. civ. “non rispettando la sequenza temporale imposta da detti articoli”.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 156 cod. proc. civ. e norme correlate. Al riguardo parte ricorrente osserva che l’opposizione al precetto potrebbe dimostrare il raggiungimento dello scopo della notifica del precetto e non già della notifica del titolo esecutivo, che giuridicamente e cronologicamente deve precederlo.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 479 e 617 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente, da un lato, lamenta che il Tribunale sia andato ultra petita, dal momento che la regolarità della notificazione del precetto non sarebbe stata posta in contestazione (discutendosi della sola notificazione del titolo esecutivo) e, dall’altro, osserva che, proprio per l’inesistenza della notificazione del titolo esecutivo e per l’equivocità delle relative indicazioni in precetto, l’atto doveva ritenersi inidoneo allo scopo.
2. I motivi di ricorso richiedono una trattazione congiunta, attesa la stretta connessione delle censure, sostanzialmente focalizzate sul rilievo dell’insanabilità del difetto di notificazione del titolo esecutivo e della conseguente inidoneità del precetto al raggiungimento del suo scopo.
2.1. In via di principio si rammenta che, secondo principi acquisiti nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 22 marzo 2007, n. 6957; Cass. 17 marzo 2006, n. 5906; Cass. 1 giugno 2004, n. 10495), la disciplina dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere coordinata con le regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli. A fronte del contrario argomento, secondo cui i vizi di notificazione del precetto e del titolo esecutivo non sarebbero sanati dall’opposizione agli atti esecutivi, essendo essa lo specifico mezzo per fare valere le irregolarità formali del precetto e del titolo esecutivo, le suddette decisioni hanno chiarito che le disposizioni relative alle opposizioni agli atti esecutivi non possono privare di efficacia le norme generali relative alla nullità degli atti processuali e alla loro sanatoria e che, con l’opposizione formale ex art. 617 cod. proc. civ., il legislatore ha inteso apprestare un mezzo idoneo a fare valere le nullità assolute dei singoli atti d’esecuzione, non anche quei vizi che possono considerarsi sanati con la proposizione della stessa opposizione.
È ben vero che si è avuto cura di precisare che il principio per cui i vizi della notificazione del precetto e del titolo esecutivo, che devono considerarsi sanati per raggiungimento dello scopo ex art. 156, ult. co., cod. proc. civ., in virtù della proposizione dell’opposizione al precetto – siccome costituente la prova evidente del conseguimento della finalità di invitare il debitore ad adempiere, rendendolo edotto del proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata in suo danno – si riferisce alle ipotesi di nullità e non ai casi in cui il vizio della notificazione per la sua gravità si traduce nell’inesistenza della medesima (Cass. 21 dicembre 2012 n.23894). Tuttavia, per quanto qui rileva, è assorbente la considerazione che la notificazione del titolo esecutivo non è affatto inesistente (come preteso da parte ricorrente) e neppure nulla, posto che le modalità riferite in sentenza ne attestano, con evidenza, la sua ritualità.
Si prende atto, poi, che la ricorrente non pone in discussione la regolarità della notificazione del precetto, osservandosi che – proprio in ragione del difetto di contestazioni – la medesima parte non ha alcun interesse a dolersi del positivo riscontro della ritualità della notifica da parte del Giudice a quo.
2.2. Le assertive deduzioni in senso contrario di parte ricorrente, secondo cui “è pacifico che la notificazione del titolo esecutivo alla sign. S. non ci sia stata, e comunque non abbia preceduto la notifica del precetto”, per un verso, confliggono con i contenuti della decisione impugnata, laddove si da atto in maniera circostanziata dell’esistenza e ritualità della notificazione del titolo esecutivo e, per altro verso, contengono un’implicita ammissione che la notificazione del titolo esecutiva vi è stata. Mentre l’altra questione dell’inosservanza della “sequenza temporale” prevista dagli artt. 479 e 480 cod. proc. civ. – nel senso, cioè, che la notifica del titolo esecutivo (siccome avvenuta in data 11.09.2009, per quanto dedotto dallo stesso opposto e riportato a fl. 3 della sentenza impugnata) è successiva alla notificazione del precetto avvenuta in data 02.09.2009 (fl. 5 della stessa sentenza) – non attiene all’esistenza della notificazione del titolo esecutivo, quanto, piuttosto, ai requisiti del precetto, per la mancanza nello stesso dell’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo: problema, questo, in relazione al quale risulta applicabile il principio del raggiungimento dello scopo sopra richiamato.
2.3. Costituisce invero ius receptum che l’opposizione al precetto, ex art. 617 c.p.c., sana la nullità del precetto stesso, derivante dalla mancata indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo in virtù del principio di ordine generale, sancito dall’art. 156 c.p.c., secondo il quale la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato (Cass. 12 marzo 1971, n. 700). È stato, altresì, affermato che se è vero che l’esatta indicazione nel precetto del titolo esecutivo è richiesta a pena di nullità dal secondo comma dell’art. 480 cod. proc. civ., in quanto requisito formale indispensabile perché il precetto possa raggiungere lo scopo suo proprio, che è quello di assegnare al debitore un termine per adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo e di preannunciare, per il caso di mancato adempimento, l’esercizio dell’azione esecutiva (Cass. n. 11412/1992), è pur vero che non può pronunciarsi la nullità del precetto, qualora l’esigenza di individuazione del titolo risulti comunque soddisfatta attraversi gli altri elementi contenuti nel precetto medesimo (Cass. n. 3321/1992).
Ed è ciò che, nella specie, il Tribunale ha ritenuto essersi verificato, attraverso una valutazione di stretto merito (non sindacabile in questa sede e, comunque, neppure attinta sotto il profilo motivazionale), ancorata ad un elemento sintomatico decisivo, quale il comportamento della debitrice, la quale – per avere pagato prontamente l’importo in precetto – ha dimostrato implicitamente, ma inequivocamente di aver ben compreso cosa le si richiedeva di pagare.
In definitiva il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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