Palazzo-Spada

CONSIGLIO DI STATO

sezione VI

sentenza 17 marzo 2014, n.1312

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4287 del 2013, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Sisma s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Erik Furno, con domicilio eletto presso l’avv. Dorina Furno Guerriero in Roma, viale dei Colli Portuensi 187;

e con l’intervento di

ad adiuvandum: Com Metodi s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Cristina Carnielli e Francesco Versaci, con domicilio eletto presso l’avv. Giulia Ceratti in Roma, via Famiano Nardini, 1/C;

per la riforma della sentenza del t.a.r. campania – napoli, sezione iv, n. 01965/2013, resa tra le parti, concernente esercizio del diritto di recesso unilaterale da un contratto stipulato dall’amministrazione;

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Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Sisma Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2014 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Furno e Versaci, nonché l’avvocato dello stato Basilica;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
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FATTO e DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio riguarda una fattispecie di applicazione dell’art. 1, comma 13, del d.-l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che attribuisce alle amministrazioni pubbliche, “che abbiano validamente stipulato un autonomo contratto di fornitura o di servizi […] il diritto di recedere in qualsiasi tempo dal contratto, previa formale comunicazione all’appaltatore, con preavviso non inferiore a quindici giorni e previo pagamento delle prestazioni già eseguite, oltre al decimo delle prestazioni non ancora eseguite”; quanto sopra, quando “i parametri delle convenzioni stipulate da Consip s.p.a., ai sensi dell’art. 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, successivamente alla stipula del predetto contratto, siano migliorativi rispetto a quelli del contratto stipulato e l’appaltatore non acconsenta ad una modifica delle condizioni economiche, tale da rispettare il limite, di cui all’art. 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488”. Nella medesima disposizione è anche precisato che il diritto di recesso di cui trattasi “si inserisce automaticamente nei contratti in corso, ai sensi dell’art. 1339 del codice civile”.
Nella situazione in esame detta rescissione veniva applicata ad un contratto di appalto, concluso fra la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei e la Sisma s.r.l., per un servizio di assistenza medica per il personale: servizio, che si intendeva sostituire in base alla convenzione Consip per la Gestione integrata della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, approvata con D.D.G. in data 8 febbraio 2012.
Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, sez. IV, n. 1965/13 del 15 aprile 2013 veniva accolto il ricorso, al riguardo proposto dalla società Sisma, previo riconoscimento della sussistenza di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendosi esercitato un potere autoritativo di recesso e non un diritto potestativo di natura civilistica. Nel merito, la citata sentenza riteneva erroneo il raffronto fra il singolo contratto da valutare e i parametri Consip, riferiti alla spesa complessivamente sostenuta dall’Amministrazione per tutti i contratti aventi un determinato oggetto, mentre nel caso di specie il servizio sarebbe peggiorato e reso più costoso del 26%, peraltro senza il previsto preavviso per l’eventuale adeguamento dell’appaltatore alle presunte condizioni migliorative.
In sede di appello (n. 4287/13, notificato il 22 maggio 2013) il Ministero per i beni e le attività culturali insisteva, in via pregiudiziale, affinché venisse riconosciuta in materia la giurisdizione del giudice ordinario, a norma dell’art. 244 del Codice dei contratti pubblici e dell’art. 133 del Codice del processo amministrativo, riguardando la controversia la fase esecutiva dell’appalto.
In attuazione degli obiettivi pubblicistici della cosiddetta spending review, infatti, sarebbe stata attribuita all’Amministrazione una facoltà, già riconosciuta per il committente privato a norma dell’art. 1671 Cod. civ..
L’impugnativa di primo grado, inoltre, avrebbe dovuto essere ritenuta inammissibile, per omessa notificazione alla società controinteressata (RTI COM, nuova aggiudicataria in base alla convenzione Consip). Nel merito, si sottolineava come la disamina del giudice di primo grado fosse stata circoscritta ad un “gretto ambito aritmetico”, senza considerare come – attraverso il sistema Consip – fosse stata avviata una gestione integrata della sicurezza nei luoghi di lavoro, con coordinamento centrale e specialistico. Con la convenzione unica nazionale, basata su un’indagine capillare circa i costi sostenuti, sarebbero state rese possibili ingenti economie di scala, con immediato contenimento di spesa di 5 milioni di euro nel triennio: i contratti sostituiti dalla convenzione Consip, pertanto, avrebbero dovuto essere valutati nel loro insieme.
La società SISMA, costituitasi in giudizio, faceva presente che l’appalto sarebbe comunque cessato ad ottobre 2013 e sottolineava l’estraneità alla controversia della nuova aggiudicataria. Circa la natura del potere esercitato dall’Amministrazione, inoltre, veniva appoggiata la tesi del carattere pubblicistico e autoritativo dello stesso.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene fondata ed assorbente l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione, sollevata dal Ministero appellante.
Infatti, in via generale, l’Amministrazione, come soggetto giuridico, può agire non solo in forma autoritativa, ma anche in base ai modelli interprivati, restando soggetta in quest’ultimo caso alle medesime regole vigenti per i privati nei loro rapporti.
Tale dualismo emerge in modo evidente nella materia contrattuale, che vede l’Amministrazione soggetta a regole dettate nell’interesse pubblico per la scelta dell’altro contraente, con applicazione però delle norme di diritto privato dopo l’instaurazione del rapporto negoziale, fonte di diritti soggettivi e di correlativi obblighi fra le parti; a tale differente linea concettuale corrisponde il riparto di giurisdizione, che assegna al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di “affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, svolti da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale [….]”(cfr. art. 244 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché art. 133, comma 1, lettera e), n. 1 Cod. proc. amm.), mentre spetta al giudice ordinario la cognizione su controversie, attinenti alla fase esecutiva del contratto (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 691; IV, 2 febbraio 2010, n. 469; Cass. SS.UU. 22 agosto 2007, ord. n. 17829).
Nell’ambito di detta fase esecutiva, è stata ritenuta espressione di un irrinunciabile potere autoritativo di valutazione discrezionale dei requisiti del contraente, il recesso dell’appaltatore ai sensi dell’art. 11, commi 2 e 3 d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia), per sospetto di infiltrazioni mafiose nell’impresa appaltatrice, con conseguente cognizione del giudice amministrativo (Cass., SS.UU., 11 gennaio 2011, n. 391; 29 agosto 2008, n. 21928; 17 dicembre 2008, n. 29425), ma non anche il recesso effettuato nella fase esecutiva, da considerare paritetica e rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. SS.UU., 28 novembre 2008, n. 28345; Cons. Stato, V, 7 gennaio 2009, n. 8; Cons. Giust, Amm. Reg. Sic. 28 settembre 2007, n. 883; Cons. Stato, V, 14 maggio 2010, n. 2959 e 10 febbraio 2010, n. 691; Cons. Stato, IV, 2 febbraio 2010, n. 469). Al medesimo giudice ordinario si ritiene affidato ogni atto successivo all’aggiudicazione ed alla stipula del contratto, ivi compresa la revoca dell’aggiudicazione stessa per sopravvenuti motivi di opportunità (cfr. in tal senso Cass., SS.UU., 11 gennaio 2011, n. 391).
Così, il Collegio non ritiene che il citato art. 1, comma 13, del d.-l. n. 135 del 2012 possa corrispondere all’attribuzione di una potestà, che consenta all’Amministrazione – già parte di un rapporto contrattuale a regolazione civilistica – di intervenire ab extra sul rapporto stesso in forma e modalità autoritativa, in modo tale da svincolarsi dagli obblighi contrattuali assunti per affermate esigenze di interesse pubblico. Non confermano tale indirizzo, infatti, né il testo, né la ratio della norma in esame: il primo, in quanto assegna in modo esplicito all’Amministrazione un “diritto” di recesso e la seconda (coincidente con la possibilità di ottenere prestazioni “migliorative”, in base ai parametri delle convenzioni stipulate da Consip), poiché detta finalità viene perseguita con una fattispecie di recesso unilaterale del contratto, che costituisce mera specificazione di quanto comunque consentito al committente, nell’ambito dei contratti di appalto, a norma dell’art. 1671 Cod. civ..
Sono già assicurate dalla norma ricognitiva del diritto in questione (lex specialis rispetto al citato art. 1671 Cod. civ.), pertanto, le finalità di interesse pubblico al perseguimento di economie di scala ed alla omogeneità dei costi delle forniture e dei servizi, commissionati da pubbliche amministrazioni tramite un centro specializzato per i loro approvvigionamenti con inerente contrattazione centralizzata, in capo a una figura, organizzativa (oggi la Consip s.p.a.) istituita per un tale scopo.
Una volta formalizzate le convenzioni, che dovrebbero assicurare detti parametri di maggiore convenienza, ogni altra forma di contrattazione è dichiarata nulla (art. 1, comma 1, d.-l. n. 95 del 2012) e solo in via transitoria – per i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del ricordato d.-l. n. 95 del 2012 (convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 135) – si attribuisce appunto al contraente pubblico il diritto di recesso in questione, con successiva adesione alla convenzione Consip, ove l’appaltatore non acconsenta a modificare in senso conforme le condizioni contrattuali (con pagamento comunque, in caso di non adesione di detto appaltatore, delle prestazioni già eseguite e di un decimo di quelle da eseguire: art. 1 cit., comma 13).
Costituisce, pertanto, esercizio di un potere a carattere contrattuale dell’Amministrazione – in forza di una clausola contrattuale inserita ex lege, a norma dell’art. 1339 Cod. civ. – e non espressione di una potestà pubblica, che sarebbe in sé estrinseca al sinallagma contrattuale, l’esercizio del diritto di recesso, che la legge riconosce nella situazione anzidetta.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 del Codice del processo amministrativo, con declaratoria della cognizione del giudice ordinario sulla questione prospettata. Quanto alle spese giudiziali, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della relativa novità della questione sottoposta a giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara il proprio difetto di giurisdizione sulla questione dedotta in giudizio, nei termini precisati in motivazione e con gli effetti di cui all’art. 11, comma 2 del d.lgs. 2.7.2010, n. 104 (codice del processo amministrativo).
Compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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