Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e la modifica della domanda da parte del creditore opposto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 febbraio 2024| n. 4007.

Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e la modifica della domanda da parte del creditore opposto

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è sempre ammessa la modifica della domanda da parte del creditore opposto, sia con riguardo al petitum che alla causa petendi, purché la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non si determini né una violazione dei diritti di difesa della controparte né l’allungamento dei tempi del processo.

 

Sentenza|13 febbraio 2024| n. 4007. Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e la modifica della domanda da parte del creditore opposto

Data udienza 30 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento monitorio – Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo – “Petitum” e “causa petendi” – Modifica della domanda da parte del creditore opposto – Limiti

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Rel. Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso 24054-2021 proposto da:

Pi.De., elettivamente domiciliato in (…), presso lo studio dell’avvocato Gi.Mu., che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Vi.;’ COOPERATIVA, elettivamente domiciliata in Sassari, via (…), presso lo studio degli avv.ti An.Se. e Pa.Se. che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 77/2021 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI, depositata il 19/02/2021.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30/01/2024 dal Consigliere LUCA VARRONE;

Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. ROBERTO MUCCI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e la modifica della domanda da parte del creditore opposto

FATTI DI CAUSA

1. La Cooperativa (…) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale le era stato ingiunto di pagare in favore di Pi.De. la somma di euro 49.235,48 quale corrispettivo per il conferimento alla cooperativa di uve nelle annate 2011, 2012, 2013 e 2014 a saldo delle rispettive fatture.

1.1 La cooperativa eccepiva in particolare che tali fatture erano state interamente pagate con assegni e bonifici bancari di cui depositava la relativa documentazione.

1.2 L’opposto assumeva l’invalidità dei suddetti pagamenti sul presupposto che la cooperativa li aveva imputati a sua insaputa ed assumeva che al contempo il credito era comunque sussistente perché riferibile a rapporti pregressi tra le parti e comunque riportato anche nel partitario fornitori depositato in sede monitoria.

1.3 La cooperativa eccepiva la prescrizione ex articolo 2949 c.c. di qualsiasi credito antecedente ai cinque anni la notifica del decreto ingiuntivo.

2. Il Tribunale accoglieva l’opposizione proposta dalla Cooperativa Viticoltori e per l’effetto revocava il decreto ingiuntivo ma condannava la medesima Cooperativa a pagare in favore della controparte la somma di euro 49.844, 88. In particolare il giudice di primo grado, premesso che l’opponente aveva dimostrato l’avvenuto pagamento del debito portato dalle fatture azionate con il procedimento monitorio riguardante il conferimento delle uve negli anni dal 2011 al 2014, valutava comunque ammissibile l’ulteriore domanda avanzata dall’opposto in relazione a crediti preesistenti a quelli oggetto del procedimento monitorio relativi agli anni 2009 e 2010, conseguentemente esclusa l’eccepita prescrizione degli stessi perché relativi a diritti attinenti solo allo svolgimento dell’attività imprenditoriale della società e non al rapporto sociale, riconosceva in favore del Pi.De. l’importo complessivo sopra indicato.

3. La Società (…) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

4. Pi.De. resisteva al gravame.

5. La Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, accoglieva l’appello. In particolare, la corte territoriale, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, riteneva che non fossero ammissibili ai sensi dell’articolo 183 c.p.c. le domande aggiuntive rispetto a quella proposta nell’atto introduttivo, ma solo quelle modificative. Nella specie la domanda di pagamento di crediti diversi da quelli originariamente fatti valere in giudizio rappresentava un’aggiunta alla domanda iniziale e non una sua mera sostituzione. Solo dopo che era stato provato in giudizio il fatto estintivo della pretesa azionata il creditore domandava il pagamento di ulteriori pretese in aggiunta a quelle precedenti. Non poteva neanche utilmente sostenersi che le diverse pretese creditorie azionate in giudizio relative alle diverse fatture emesse dal creditore fossero tutte riconducibili alla medesima situazione giuridica sostanziale, vale a dire al rapporto di scambio “uva contro prezzo” in essere tra le parti come sostenuto nella sentenza impugnata, in quanto in realtà all’interno del contratto di scambio ogni fattura aveva per oggetto uno specifica ed autonomo rapporto obbligatorio. In sostanza, una volta domandato il pagamento delle fatture di cui al decreto ingiuntivo, a fronte del dimostrato pagamento, l’opposto non poteva ampliare la domanda chiedendo il pagamento di crediti relativi a diverse fatture per gli anni precedenti neanche ai sensi dell’articolo 183, quinto comma, c.p.c.

Inoltre, era fondato anche il secondo motivo di appello in relazione alla affermata inapplicabilità del termine quinquennale di prescrizione di cui all’articolo 2949 c.c. Infatti, trattandosi di diritti che derivavano da rapporti sociali, veniva in considerazione il credito vantato dal socio in adempimento del suo obbligo di conferimento dei prodotti previsto nel contratto sociale. Rientravano nell’ambito di tale previsione tutti i crediti relativi ai conferimenti di uva antecedenti al quinquennio rispetto alla notifica del decreto ingiuntivo del febbraio 2017 e, quindi, antecedenti al febbraio 2012, tra cui anche quelli relativi alle fatture relative agli anni 2010 e 2009.

6. Pi.De. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.

7. La Cooperativa (…) ha resistito con controricorso.

8. All’adunanza camerale del 17 marzo 2022 il collegio, vista la proposta di decisione formulata ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta fondatezza del ricorso, riteneva che non vi fosse evidenza decisoria e rimetteva la decisione alla pubblica udienza.

9. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

10. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: falsa ed erronea applicazione, dell’art.183, commi 5 e 6, cod. proc. civ. per avere ritenuto inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata dal Pi.De. in sede di opposizione in quanto fondata su fatture non azionate e non prodotte nel giudizio monitorio.

Il ricorrente, richiamati i principi di cui alle Sezioni Unite, sentenza n. 12310 del 2015, ritiene erronea la declaratoria di inammissibilità essendo possibile modificare le domande o le eccezioni e conclusioni già formulate se collegate alla domanda principale. Sulla base della suddetta sentenza, la domanda azionata non poteva ritenersi nuova essendo svolta in replica all’eccezione dell’opponente di adempimento dell’obbligo di pagamento delle fatture essendo, quindi, connesse ad un unico rapporto continuativo tra le parti e non essendo modificato il nucleo dei fatti causalmente collegati con l’oggetto della domanda originaria.

1.1 Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: “Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è sempre ammessa la modifica della domanda da parte del creditore opposto, sia con riguardo al petitum che alla causa petendi, purché la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non si determini né una violazione dei diritti di difesa della controparte né l’allungamento dei tempi del processo” (Sez. 1, Ordinanza n. 9668 del 13/04/2021, Rv. 661065 – 01).

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D’altra parte, anche nel giudizio ordinario le Sezioni Unite citate dal ricorrente hanno ritenuto che: “La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015, Rv. 635536 – 01). Dopo la pronuncia delle Sezioni unite il principio è stato applicato in numerose occasioni, si riportano, a solo titolo esemplificativo, in quanto oggetto di recente massimazione, gli estremi delle seguenti pronunce:: Sez. 3, Sent. n. 30455 del 2023 (Rv. 669490); Sez. 3, Ord. n. 4031 del 2021 (Rv. 660594); Sez. 3, Ord. N.3127 del 2021 (Rv. 660591); Sez. 3, Ord. n. 3127 del 2021 (Rv. 660591).

Nella specie la domanda formulata dal creditore opposto era certamente collegata a quella azionata con il decreto ingiuntivo trattandosi di un rapporto continuativo con la Cooperativa di cui era socio e, inoltre, nessuna potenzialità difensiva di quest’ultima è stata compromessa, tanto che la medesima cooperativa ha potuto tempestivamente eccepire la prescrizione dei crediti fatti valere con la domanda modificata.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 2949 cod. civ.,

Il ricorrente evidenzia che l’articolo 2949 c.c. è suscettibile di applicazione ristretta riferendosi espressamente ai diritti che derivano dei rapporti sociali ed è, dunque, applicabile unicamente a quei diritti che derivano da rapporti inerenti all’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto sociale, nonché da rapporti relativi alle situazioni propriamente organizzative determinate dal successivo svolgimento della vita sociale. Dovrebbe essere escluso pertanto quanto attiene in modo diretto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.

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In altri termini, il credito per il prezzo dovuto da una società cooperativa al proprio socio quale corrispettivo dell’apporto di beni è soggetto all’ordinario termine decennale di prescrizione non attenendo direttamente al contratto sociale o situazioni propriamente organizzative ma vertendo su un rapporto di natura sinallagmatica attinente allo svolgimento dell’attività imprenditoriale che la cooperativa può contrarre con chiunque. Sarebbe ormai pacifico che in casi analoghi si è fatto riferimento a contratti di scambio e non a contratti che hanno il loro titolo nel contratto sociale.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.

La Corte d’Appello ha dapprima ritenuto inammissibile perché nuova la domanda dei crediti del Pi.De. non azionati con il decreto ingiuntivo e, poi, ha ritenuto comunque fondato anche il motivo di appello relativo alla prescrizione dei crediti maturati per gli anni 2009 e 2010 trattandosi di diritti che derivavano da rapporti sociali e venendo in considerazione il credito vantato dal socio in adempimento del suo obbligo di conferimento dei prodotti previsto nel contratto sociale ex art. 2949 c.c.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, la prescrizione quinquennale, che viene dettata nel comma 1 dell’art. 2949, ha portata ristretta. La stessa riguarda unicamente, cioè, i diritti che derivano da rapporti inerenti all’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto sociale, nonché da rapporti relativi alle situazioni propriamente organizzative determinate dal successivo svolgimento della vita sociale. Con esclusione, pertanto, di quanto legato solo occasionalmente all’organizzazione dell’ente e di quanto attinente in modo diretto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale. In questo suo riferirsi agli atti e vicende specificamente attinenti alla struttura organizzativa dei rapporti sociali, la norma trova la sua ragione di regime diverso da quello comune, come ordinariamente dettato per il correre della prescrizione, di cui all’art. 2964 cod. civ. (Sez. 1, Sentenza n. 6561 del 2017 in motivazione).

In tal senso questa Corte ha già avuto modo di affermare che: “I rapporti sociali, ai quali si applica il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2949 cod. civ., si riferiscono a quei diritti che derivano dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, mentre ne restano esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d’essere negli ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto. Il termine di prescrizione previsto dall’art. 2949 cod. civ. si applica, quindi, anche al diritto della società cooperativa a ricevere dai soci i versamenti di denaro disposti a loro carico, quali prestazioni accessorie previste dallo statuto per far fronte alle spese di normale funzionamento della società, determinate dalla delibera assembleare e con decorrenza del termine dalla stessa” (Sez. 1, Sentenza n. 21903 del 25/09/2013, Rv. 628216 – 01).

Più in generale, si è anche ribadito che: “I contratti societari si caratterizzano non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo, sicché i rimedi invocabili sono quelli del recesso e dell’esclusione del socio, mentre nelle società cooperative, il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all’organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo” (Sez. 2, Sentenza n. 23606 del 02/08/2023, Rv. 668409 – 01).

La sentenza della Corte d’Appello non ha chiarito in alcun modo se il rapporto dedotto in giudizio trovi la sua causa nella partecipazione alla organizzazione alla vita sociale e sia connotato dalla comunione di scopo o se piuttosto abbia natura contrattuale e corrispettiva (sia pure originata all’interno di un rapporto di natura associativa).

La Corte d’Appello si è limitata ad affermare genericamente che si tratta di un credito vantato dal socio in adempimento del suo obbligo di conferimento dei prodotti previsto nel contratto sociale. Dalla motivazione della sentenza non risulta in alcun modo indagato cosa preveda tale contratto e quali siano i reciproci obblighi intercorrenti tra socio e cooperativa. In altri termini, non vi è alcun riferimento alla causa e all’oggetto degli ulteriori crediti vantati dal Pi.De. rispetto alle fatture già emesse e sulla base di quale titolo siano stati domandati, se in base al contratto sociale o in base ad accordi che, se pure riconducibili al contratto sociale, trovano la loro causa in un rapporto di scambio.

3. La Corte accoglie i due motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i due motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione civile in data 30 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2024.

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