Il difetto di giurisdizione deve essere dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 aprile 2023| n. 9324.

Il difetto di giurisdizione deve essere dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata

Nel giudizio di impugnazione, il difetto di giurisdizione deve essere dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione. In difetto si forma il giudicato interno in punto di giurisdizione senza possibilità di ripresentare successivamente la questione (nel caso di specie la pronuncia di merito di primo grado, dalla quale risulta implicitamente la sussistenza della giurisdizione del giudice contabile adito, non è stata oggetto di gravame con il ricorso in appello quanto alla giurisdizione del giudice contabile sulla quale si è pertanto formato il giudicato).

Ordinanza|4 aprile 2023| n. 9324. Il difetto di giurisdizione deve essere dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata

Data udienza 4 aprile 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Ricorso contro decisioni di giudici speciali – Corte dei Conti – Trattamento di quiescenza – Indennità di funzione operativa – Non pensionabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Primo Presidente f.f.

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez.

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 11328/2022 proposto da:
(OMISSIS), nella qualita’ di coniuge superstite e titolare del trattamento di reversibilita’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 459/2021 della CORTE DEI CONTI – III SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 5/11//2021;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 4/04/2023 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

Il difetto di giurisdizione deve essere dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 227/2019 (non notificata), la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Campania rigettava la domanda proposta dai ricorrenti indicati in epigrafe diretta al riconoscimento del loro diritto a veder compresa nella base di calcolo per il trattamento di quiescenza l’indennita’ di funzione od operativa prevista dal D.P.C.M. n. 8 del 1980, articolo 18, corrisposta durante il servizio.
2. Decidendo sull’appello formulato dai soccombenti ricorrenti e nella costituzione della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Corte dei conti – Terza Sezione giurisdizionale centrale di appello lo rigettava con sentenza n. 459/2021 (pubblicata il 5 novembre 2021).
A sostegno dell’adottata pronuncia, il citato giudice contabile di appello, soprassedendo sull’eccezione pregiudiziale avanzata dalla difesa erariale relativa alla supposta tardivita’ del gravame e ritenendo di decidere in base al criterio della ragione piu’ liquida stante l’evidente infondatezza dell’impugnazione, rilevava la correttezza della sentenza del giudice di primo grado reiterando il principio affermato dalla Sezioni riunite della stessa Corte dei conti che, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, aveva statuito che la L. n. 335 del 1995, articolo 2, comma 9, non aveva abrogato del citato D.P.C.M. n. 8 del 1980, articolo 18, nella parte in cui – per l’appunto – prevedeva la non pensionabilita’ dell’indennita’ di funzione od operativa.
Al riguardo, il giudice di secondo grado – nel ravvisare l’inidoneita’ delle ragioni prospettate dagli appellanti con le loro censure – riconfermava che la disciplina di cui al ricordato D.P.C.M. n. 8 del 1980, doveva ritenersi caratterizzata da evidenti e non contestati connotati di specialita’, resi del resto evidenti dalla stessa fonte della potesta’ regolamentare (ovvero dalla L. n. 801 del 1977, articolo 7, comma 2), con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri della Difesa, dell’Interno e del Tesoro erano stati autorizzati ad emanare un apposito regolamento “anche in deroga ad ogni disposizione vigente”, dovendosi, peraltro, escludere l’ipotesi dell’abrogazione per incompatibilita’, alla stregua dell’applicabilita’ del principio generale secondo cui “lex posterior generalis non derogat priori speciali”.
Proprio sulla scorta della piena condivisibilita’ dell’approdo raggiunto dalle Sezioni riunite con la richiamata sentenza, il giudice di appello riteneva irrilevanti le richieste istruttorie formulate dagli appellanti, rilevando anche l’inammissibilita’ dell’eccezione di illegittimita’ costituzionale relativa alla norma regolamentare applicata, siccome non avente quest’ultima natura di legge o di atto avente forza di legge. In ogni caso, il giudice di secondo grado ravvisava la manifesta infondatezza di detta eccezione sul presupposto della considerazione che l’eventuale sussistenza di deroghe rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego non comporta, comunque, una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza in virtu’ della peculiare natura della normativa di settore.
3. Avverso la indicata sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione dinanzi a queste Sezioni unite (recante l’intestazione di “ricorso per regolamento facoltativo di competenza”) gli appellanti soccombenti, sulla base di un unico motivo.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il formulato motivo, i ricorrenti (la sig.ra (OMISSIS) nella qualita’ specificata nell’intestazione) denunciano il difetto di giurisdizione del giudice contabile, sostenendo che – pur rilevandosi come rientrino nella giurisdizione esclusiva di tale giudice le controversie che concernono la misura, il sorgere ed il modificarsi del diritto a pensione, con riferimento tanto alla liquidazione del trattamento pensionistico, quanto alla determinazione della base pensionabile inerenti ai trattamenti pensionistici a favore dei pubblici dipendenti – tuttavia, in merito alla rideterminazione del trattamento di fine rapporto, vada ritenuta sussistente, “ratione temporis”, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Cio’ sul presupposto che le predette indennita’ costituiscono trattamento che, anche se erogato alla cessazione dell’attivita’ lavorativa, trova la sua causa generatrice nella prestazione resa in costanza di servizio, trattandosi, pertanto, di materia estranea al trattamento pensionistico e, in quanto tale, non rientrante nella giurisdizione contabile.
Con tale motivo, i ricorrenti deducono, in particolare, la violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 174 del 2016, articoli 1 e 14 (cod. giust. cont.), nonche’ la violazione del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 63 (T.U.P.I.).
Essi (compreso il sig. (OMISSIS), per il quale risulta costituito in questa sede il coniuge superstite (OMISSIS)), tutti gia’ dipendenti dello Stato provenienti dai ruoli delle Forze Armate e di Polizia, trasferiti, su loro consenso, nei ruoli istituiti con la L. 24 ottobre 1977, n. 801, articolo 7, lamentano che la sentenza impugnata resa dalla terza sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei conti avrebbe erroneamente circoscritto l’oggetto del giudizio di appello, rilevando come la sua cognizione non potesse estendersi ad ulteriori doglianze alla luce della decisione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti 29 gennaio 2018 n. 2/QM, mentre il giudizio di revocazione era fondato sul rinvenimento di nuovo documento, costituito dalla Circolare del Segretario Generale del CESIS N. 325-26/3136 del 23 gennaio 1998, dalla quale, si evincerebbe, secondo i ricorrenti, che l’Amministrazione avrebbe sempre operato, in virtu’ del riferimento al D.P.C.M. n. 8 del 1980, articolo 56, un rinvio recettizio alla disciplina pensionistica generale del pubblico impiego.
Chiedono, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata, rilevando che le predette indennita’ costituiscono trattamento che, anche se erogato alla cessazione dell’attivita’ lavorativa, trova la sua causa generatrice nella prestazione resa in costanza di servizio, trattandosi di materia estranea al trattamento pensionistico e, quindi, estranea alla giurisdizione della Corte dei conti, concludendo nel senso che la giurisdizione in materia debba radicarsi in capo al giudice amministrativo, dopo avere peraltro, contraddittoriamente, nell’esposizione del motivo di ricorso, prospettato la devoluzione della controversia al giudice ordinario.
1.1. Ritengono queste Sezioni unite che il motivo, cosi’ come il ricorso su di esso esclusivamente basato, e’ inammissibile.
1.2. Va premesso che, seppur erroneamente rubricato come regolamento facoltativo di competenza ai sensi dell’articolo 43 c.p.c., il ricorso deve essere correttamente qualificato come proposto ai sensi dell’articolo 362 c.p.c., del Decreto Legislativo 26 agosto 2016, n. 174, articolo 207, All. 1, e articolo 111 Cost., comma 8, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice speciale che ha reso la pronuncia impugnata.
1.3. Orbene, dall’esposizione del fatto processuale come riportato dagli stessi ricorrenti, non e’ assolutamente revocabile in dubbio – a fronte di una vicenda il cui nucleo essenziale, quanto alla questione di diritto ivi affrontata, imperniata sul rapporto tra il D.P.C.M. n. 8 del 1980, articolo 18 e la L. n. 335 del 1995, articolo 2, e’ rimasto sostanzialmente lo stesso, sin dalla proposizione della domanda originaria, passando attraverso il ricorso in appello avverso la sentenza sfavorevole nel merito resa in primo grado e quindi al successivo giudizio di revocazione avverso la sentenza resa in grado d’appello – che mai sia stato dai ricorrenti denunciato, prima del ricorso ora in esame, il difetto di giurisdizione del giudice contabile.
1.3.1. Cio’ comporta che – applicando i noti principi di cui a Cass. SU 9 ottobre 2008, n. 24883 (tra le molte successive conformi si vedano Cass. SU, ord. 13 giugno 2011, n. 12905; Cass. SU, 27 aprile 2018, n. 19782; Cass. SU, ord. 20 luglio 2022, n. 22687; Cass. SU, 29 novembre 2017, n. 28503, quest’ultima con specifico riferimento ad impugnazione di sentenza resa dal giudice contabile) recepiti nella formulazione dell’attuale All. 1, Decreto Legislativo n. 174 del 2016, articolo 15, che, stabilita al comma 1 la rilevabilita’ d’ufficio in primo grado del difetto di giurisdizione, al comma 2, prevede che “nel giudizio di impugnazione, il difetto di giurisdizione e’ rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione” – avendo la pronuncia di primo grado, che ha pronunciato nel merito rigettando la domanda dei ricorrenti, implicitamente ritenuto la sussistenza della giurisdizione del giudice contabile adito, senza che detta statuizione implicita fosse stata oggetto di gravame con il ricorso in appello, quanto alla giurisdizione, in materia, del giudice contabile, dinanzi al quale doveva essere conseguentemente radicato anche il successivo ricorso per revocazione, deve ritenersi formato pertanto il giudicato interno, cio’ determinando l’inammissibilita’ del presente ricorso. Alla medesima conclusione sono pervenute le ordinanze di queste Sezioni Unite nn. 36052, 36053, 36054 e 36055 del 2022, nonche’, da ultimo, l’ordinanza n. 5513 del 2023 rese in analoghe controversie.
2. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Infine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore della controricorrente Presidenza del Consiglio dei Ministri dei compensi del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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