Contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam ” e l’oggetto del contratto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 marzo 2023| n. 8731.

Contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam ” e l’oggetto del contratto

Nei contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam “, l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi ricorso ad elementi estranei ad esso. Ne consegue che se le parti di una compravendita immobiliare hanno fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all’atto, è necessario che essa non solo sia sottoscritta dai contraenti, ma anche espressamente indicata nel contratto come parte integrante del contenuto dello stesso.

Ordinanza|28 marzo 2023| n. 8731. Contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam ” e l’oggetto del contratto

Data udienza 9 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Proprietà – Comproprietà – Servitù di passaggio – Accertamento – Rimozione ostacoli – Risarcimento danni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8944/2022 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avv. (OMISSIS), e domiciliate presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 122/2022 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 21/01/2022;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/03/2023 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam ” e l’oggetto del contratto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 24.10.2012 (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Pistoia, rivendicando la comproprieta’ di un portico ed una corte e la condanna del convenuto alla rimozione di una staccionata realizzata all’uscita del portico ed il ripristino dello stato originario dei luoghi. In subordine, invocava l’accertamento del suo diritto di passaggio, lungo il portico, con conseguente rimozione dell’ostacolo frapposto dal (OMISSIS).
Quest’ultimo, nel costituirsi, chiamava in manleva le sue danti causa, (OMISSIS) e (OMISSIS), le quali a loro volta si costituivano resistendo sia alla domanda principale che a quella di manleva.
Con sentenza n. 920/2017 il Tribunale accoglieva la domanda, riconoscendo alla (OMISSIS) la comproprieta’ delle porzioni oggetto di causa ed ordinando la rimozione della staccionata posta in essere dal (OMISSIS).
Con la sentenza impugnata, n. 122/2022, la Corte di Appello di Firenze riformava la decisione di prime cure, accogliendo i gravami proposti dal (OMISSIS) e dalle (OMISSIS) e rigettando la domanda formulata dalla (OMISSIS).
Quest’ultima propone ricorso per la cassazione della decisione di seconde cure, affidandosi a tre motivi.
Resistono con separati controricorsi (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altra parte.
La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimita’ dell’adunanza camerale.

Contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam ” e l’oggetto del contratto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c., nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato le risultanze delle clausole contenute nella scrittura privata autenticata del 29.12.2003, con la quale le (OMISSIS) avevano venduto al (OMISSIS) la porzione oggi di sua proprieta’, e nell’atto pubblico del 23.12.1993, con le quali le stesse (OMISSIS) avevano alienato alla (OMISSIS) altra porzione dell’immobile. In ambedue i titoli, infatti, le corti comuni del fabbricato sarebbero state indicate come pertinenze degli immobili rispettivamente ceduti alla (OMISSIS), prima, ed al (OMISSIS), poi.
La censura e’ inammissibile.
Dalla sentenza impugnata emerge che la Corte di Appello ha ricostruito lo stato dei luoghi partendo dall’atto di divisione del 14.5.1961, intercorso tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed esaminando poi il contenuto degli atti successivi, con i quali i (OMISSIS) avevano via via ceduto porzioni del fabbricato di loro proprieta’, con particolare riferimento al rogito del 23.12.1993, con il quale l’odierna ricorrente aveva acquistato la sua proprieta’, ed alla scrittura autenticata del 29.12.2003, dalla quale invece aveva tratto titolo il (OMISSIS). All’esito di tale esame, la Corte distrettuale ha ritenuto che sia l’atto del 1993 che la scrittura del 2003 prevedessero l’attribuzione, alla (OMISSIS), non gia’ del diritto di comproprieta’, ma soltanto il diritto di passaggio, sul portico e sulle aree cortilizie oggetto di causa (cfr. pag. 9 della sentenza).
La Corte ha altresi’ evidenziato che il C.T.U., nel ricostruire i vari passaggi di proprieta’ intervenuti nel tempo, aveva dato atto che in nessuno di essi era stata prevista la cessione della proprieta’ del portico, ad eccezione dell’ultimo, del 2003, dal quale il (OMISSIS) traeva titolo (cfr. pag. 11 della sentenza).

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Il giudice di merito ha poi esaminato anche le planimetrie allegate all’atto del 23.12.1993, con il quale la (OMISSIS) aveva acquistato la sua proprieta’, affermando che la dicitura “portico comune” in essa contenuta si riferiva alla data di redazione e presentazione al Catasto dell’elaborato grafico (8.5.1991) e non anche alla data dell’atto, e precisando, comunque, che l’oggetto della compravendita va individuato sulla base delle clausole contrattuali, e non anche degli allegati planimetrici, ancorche’ sottoscritti dalle parti (cfr. pag. 12).
L’interpretazione fornita dalla Corte di Appello non e’ implausibile ed e’ coerente con gli insegnamenti di questa Corte. Merita infatti di essere ribadito il principio secondo cui “Nei contratti in cui e’ richiesta la forma scritta ad substantiam, l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi ricorso ad elementi estranei ad esso. Ne consegue che se le parti di una compravendita immobiliare hanno fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all’atto, e’ necessario che essa non solo sia sottoscritta dai contraenti, ma anche espressamente indicata nel contratto come parte integrante del contenuto dello stesso” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21352 del 09/10/2014, Rv. 632609; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5028 del 05/03/2007, Rv. 596773). Nel caso di specie, la ricorrente non evidenzia che il contratto del 23.12.1993, con il quale essa aveva acquistato la sua proprieta’, contenesse il richiamo esplicito alle planimetrie allegate, e dunque non si confronta con il principio di diritto appena richiamato. Le doglianze contenute nel primo motivo di ricorso, pertanto, si risolvono nella proposizione di una ricostruzione alternativa del fatto, senza confrontarsi con il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui il motivo di ricorso non puo’ risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Ne’ e’ possibile proporre, in sede di legittimita’, una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, posto l’ulteriore principio, che merita esso pure di essere ribadito, secondo cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonche’ la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 817, 818, 819, 2644 c.c., nonche’ della Circolare del Ministero Finanze n. 2 del 20 gennaio 1984, e l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato la prevalenza del titolo del (OMISSIS) su quello della (OMISSIS), in funzione del fatto che il primo sarebbe stato trascritto, a differenza del secondo. Ad avviso della ricorrente, anche il titolo del 1993 era stato trascritto, con nota del 20.1.1994, nella quale era stato indicato il diritto di comproprieta’ sulle parti comuni del fabbricato ed il diritto di passaggio sul portico.
La censura e’ inammissibile per carenza di interesse all’impugnazione.

Contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam ” e l’oggetto del contratto

L’inammissibilita’ del primo motivo, infatti, implica la stabilita’ della statuizione con la quale la Corte fiorentina ha escluso che con l’atto del 23.12.1993, dal quale la (OMISSIS) trae titolo, fosse stato trasferito alla stessa anche il diritto di comproprieta’ sulle aree oggetto di causa. La questione relativa alla trascrizione del titolo, dunque, e’ del tutto ininfluente, essendo pacifico che la proprieta’ delle aree predette e’ stata trasferita soltanto con la scrittura del 29.12.2003 in favore del (OMISSIS).
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe rigettato l’appello incidentale con il quale la (OMISSIS) aveva comunque invocato la demolizione della staccionata oggetto di causa, sulla sola base della valutazione del mero dato testuale emergente dalla C.T.U., senza considerare le risultanze delle fotografie allegate all’elaborato peritale.
La censura e’ inammissibile.
Dalla sentenza impugnata risulta che la Corte toscana ha rigettato l’appello incidentale della (OMISSIS), in punto di demolizione della staccionata oggetto di causa, poiche’ dalla C.Testo Unico risultava soltanto la presenza di un portone atto a condizionare l’esercizio del diritto di passaggio pacificamente riconosciuto alla (OMISSIS) sul portico e sul cortile, e non anche di una staccionata atta ad impedire l’esercizio del predetto diritto reale minore (cfr. pag. 16 della sentenza). La Corte di merito ha poi escluso che la (OMISSIS) avesse fornito la prova di un compossesso dei predetti beni utile ai fini dell’usucapione del diritto di comproprieta’, ritenendo che l’uso degli stessi per transitare, parcheggiare la vettura ed accumulare cataste di legna, fosse compatibile con l’esercizio del diritto reale minore di servitu’ pacificamente appartenente alla stessa (cfr. pag. 17). La censura in esame, nell’attingere questa articolata statuizione della Corte distrettuale, non si confronta con la ratio della decisione, ma si limita ad offrire una ricostruzione alternativa del fatto, fondata in ultima analisi su una valutazione delle risultanze della C.Testo Unico diversa da quella fatta propria dal giudice di appello. Ne deriva l’inammissibilita’ della doglianza per le stesse ragioni gia’ esposte in occasione dello scrutinio del primo motivo di ricorso.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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