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In una controversia in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il giudice ordinario se accerta l’illegittimita’ del procedimento amministrativo di valutazione negativa di un dirigente per mancato raggiungimento degli obiettivi da perseguire – nella specie per l’illogicita’ derivante dalla avvenuta indicazione degli obiettivi stessi con un abnorme e immotivato ritardo rispetto al periodo nel quale gli stessi avrebbero dovuto essere raggiunti – non puo’ certamente sostituirsi all’organo deputato ad effettuare la verifica dei risultati che condiziona la corresponsione dell’indennita’ di risultato e, quindi, commisurare automaticamente la condanna dell’ente datore di lavoro a risarcire i danni richiesti I all’indennita’ di risultato non percepita dal dirigente. Tuttavia, in base al principio consolidato secondo cui la perdita di chance e’ dimostrabile anche per presunzioni e la relativa liquidazione e’ necessariamente equitativa, il giudice non puo’ neppure escludere in radice la sussistenza del diritto al risarcimento dei danni per perdita di chance, ritualmente richiesto

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 12 aprile 2017, n. 9392

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17668/2011 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, DIREZIONE REGIONALE VENETO, AGENZIA DEL TERRITORIO;

– intimate –

avverso la sentenza n. 729/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/06/2010 r.g.n. 785/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 24 giugno 2010), in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Venezia n. 900/2007, dichiara l’illegittimita’ della procedura amministrativa conclusasi con la valutazione professionale per l’anno 2003, di (OMISSIS), Direttore dell’Ufficio provinciale di Belluno dell’Agenzia del Territorio, dall’8 febbraio 1999 al 3 agosto 2003 e conferma il rigetto di tutte le ulteriori domande proposte nel ricorso di primo grado.

La Corte d’appello di Venezia, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la dirigente ha rilevato di avere avuto conoscenza degli obiettivi da raggiungere per l’anno 2003, per i quali era stata effettuata la valutazione negativa dell’attivita’ svolta a (OMISSIS), soltanto nel gennaio 2005 in sede di colloquio per tale valutazione;

b) diversamente da quanto affermato dal primo giudice, non si deve confondere il merito del giudizio sull’operato del dirigente con il rispetto delle regole procedurali previste per addivenire a tale giudizio, che il giudice ordinario puo’ sindacare;

c) da questo ultimo punto di vista la procedura di cui si tratta e’ del tutto illegittima, non essendo dato comprendere per quale ragione vi sia stato un cosi’ considerevole ritardo nell’assegnazione degli obiettivi, visto che e’ pacifico che la (OMISSIS) ha regolarmente prestato servizio a Belluno dall’i gennaio al 3 agosto 2003;

d) peraltro non e’ condivisibile l’assunto secondo cui dall’illegittimita’ del provvedimento nasca automaticamente il diritto al risarcimento del danno in quanto il danno va concretamente dimostrato, tanto piu’ che, nella specie, per la situazione di conflittualita’ certamente creata a (OMISSIS) la (OMISSIS) e’ stata “premiata” con il conferimento di un incarico di maggior rilievo presso la Direzione Regionale di Venezia, con migliore retribuzione.

2. Il ricorso di (OMISSIS), illustrato da memoria, la cassazione della sentenza per tre motivi; l’Agenzia del Territorio, Direzione Regionale per il Veneto e l’Agenzia del Territorio non svolgono attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi dei motivi di ricorso.

1. Il ricorso e’ articolato in tre motivi.

1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1218 c.c. e ss., nonche’ articolo 2043 c.c..

Si sostiene che, dalla accertata mancata tempestiva assegnazione degli obiettivi da raggiungere, la Corte d’appello avrebbe dovuto desumere l’automatica sussistenza dell’obbligo della Agenzia datrice di lavoro di risarcire alla (OMISSIS) la perdita di chance subita per causa della Agenzia stessa, non avendo potuto la dirigente ottenere la retribuzione di risultato che e’ oggettivamente connessa con gli obiettivi assegnati e non con la presenza in ufficio del dirigente.

1.2. Con il secondo motivo si denunciano, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione dei principi di diritto relativi alla prova documentale e omesso esame del nesso causale.

Si sostiene che se la Corte territoriale avesse valutato la documentazione allegata dalla (OMISSIS) “in modo equitativo” avrebbe potuto, anche sulla base dell’analisi approfondita svolta in sede penale dal GIP del Tribunale di Belluno, reputare sussistente il diritto ad ottenere il risarcimento in misura corrispondente alle indennita’ di risultato non riscosse, considerando che la dirigente, dato il suo curriculum e i risultati positivi sempre conseguiti, avrebbe con molta probabilita’ ottenuto tale indennita’ se avesse conosciuto gli obiettivi da raggiungere, come era sempre accaduto negli anni precedenti e come si e’ verificato anche in quelli successivi.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, insufficiente ed errata motivazione su punto controverso e decisivo per il giudizio.

Si rileva che la motivazione relativa al rigetto della domanda di risarcimento del danno e’ insufficiente specialmente laddove si e’ escluso “a priori” che un atto illegittimo possa automaticamente produrre dei danni.

Si aggiunge che la motivazione sarebbe sbagliata ed insufficiente anche ove si e’ fatto riferimento al rinvio a giudizio della (OMISSIS) in sede penale, perche’ non si e’ poi precisato che il relativo procedimento si e’ concluso con l’assoluzione con formula piena per tutti i reati ascritti.

A tale proposito si specifica che anzi il giudice penale, nel pronunciare l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste, ha di fatto certificato che le denunce subite erano strumentali ad una lotta sindacale di dipendenti che si sono opposti ad un nuovo tipo di organizzazione in quanto, in sostanza, “non avevano voglia di lavorare”.

3 – Esame delle censure.

3. L’esame congiunto di tutti i motivi di censura – reso opportuno dalla loro intima connessione – porta all’accoglimento del ricorso, nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.

4. Deve essere, in primo luogo, precisato che dalla stessa sentenza impugnata, oltre che dal ricorso risulta che la (OMISSIS) ha chiesto il risarcimento del danno da perdita di chance non l’indennita’ di risultato non percepita per il 2003, ne’ ha configurato la liquidazione del danno richiesto come equivalente “automaticamente” a tale ultima indennita’. La ricorrente, infatti, ha soltanto sostenuto e sostiene nel presente ricorso che dalla illegittimita’ – accertata dalla Corte veneziana – della mancata tempestiva indicazione degli obiettivi per l’anno 2003 derivi la sussistenza del danno da perdita di chance.

Ebbene, questa tesi e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte e questo porta al parziale accoglimento del ricorso.

5. Per una maggiore chiarezza espositiva va ricordato che dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, nella sue varie versioni si desume che, in linea generale, ai fini del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, e’ necessaria l’indicazione specifica all’atto di conferimento e poi annualmente dell’oggetto, degli obiettivi e della durata dell’incarico (vedi, per tutte: Cass. 9 gennaio 2014, n. 289). In particolare:

a) secondo il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 19, tutti gli incarichi di direzione degli uffici delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti a tempo determinato e, per ciascun incarico, sono definiti contrattualmente, tra l’altro, gli obiettivi da conseguire e la durata dell’incarico;

b) in base al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 16, tra i compiti dei dirigenti di uffici dirigenziali generali comunque denominati vi e’ quello di curare l’attuazione dei piani, programmi e direttive generali definite dal Ministro e di attribuire ai dirigenti gli incarichi e la responsabilita’ di specifici progetti e gestioni, definendo gli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e attribuendo le conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali;

c) il mancato raggiungimento degli obiettivi puo’ essere fonte di responsabilita’ dirigenziale (articolo 21, comma 1, Decreto Legislativo cit.) da valutare sulla base anche di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicita’ e di comparazione dei costi, rendimenti e risultati che ogni Amministrazione e’ tenuta ad elaborare periodicamente e comunque annualmente (vedi L. n. 59 del 1997, articolo 17, e s.m.i.).

6. Ne deriva che perche’ venga effettuata una valutazione negativa dell’operato di un dirigente per non aver raggiunto degli obiettivi, da cui derivi la mancata corresponsione dell’indennita’ di risultato, e’ necessario che l’interessato sia stato posto in condizione di conoscere tempestivamente gli obiettivi da raggiungere, periodicamente e/o anno per anno.

Pertanto, nella specie, la Corte d’appello, dopo aver riconosciuto l’illegittimita’ della procedura di valutazione negativa della dirigente – con riguardo all’attivita’ svolta dalla (OMISSIS) a Belluno, ove la Corte territoriale considera, oltretutto, pacifico che la (OMISSIS) abbia regolarmente prestato servizio dall’i gennaio al 3 agosto 2003 – perche’ basata sul mancato raggiungimento per l’anno 2003 degli obiettivi da perseguire, obiettivi che, senza alcun motivo, sono stati indicati all’interessata soltanto nel 2005, in sede di colloquio per tale valutazione, non poteva escludere in radice la sussistenza del diritto della ricorrente a conseguire il danno patrimoniale da perdita di chance, da liquidare in via equitativa, come richiesto dall’interessata.

7. Infatti, in base ad orientamenti consolidati e condivisi di questa Corte:

a) il danno patrimoniale da perdita di chance e’ un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilita’ di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilita’ in termini di conseguenza dannosa potenziale. (vedi, per tutte: Cass. 17 aprile 2008, n. 10111; Cass. 12 febbraio 2015, n. 2737;

b) al giudice del merito spetta l’accertamento e la liquidazione necessariamente equitativa della suddetta perdita, considerando che essa e’ dimostrabile anche per presunzioni (arg. ex Cass. 14 gennaio 2016, n. 495).

8. Detto questo, va anche precisato che l’indennita’ di risultato ha carattere premiale, visto che la relativa attribuzione dipende dalla positiva valutazione dei risultati delle attivita’ svolte dal dirigente (vedi: Cass. 9 luglio 2015, n. 14292; Cass. 16 luglio 2015, n. 14949; Cass. 14 giugno 2016, n. 12206).

Si tratta, quindi, di un emolumento che certamente non e’ suscettibile di corresponsione “automatica”, non preceduta cioe’ dalla suddetta verifica, come emblematicamente dimostrano i molteplici provvedimenti di condanna emanati dalla Corte dei conti per la avvenuta attribuzione della indennita’ di risultato in assenza del raggiungimento e/o della indicazione degli obiettivi (vedi, per tutte: Corte conti Basilicata Sez. giurisdiz., 16 dicembre 2016, n. 48).

E’ pertanto evidente che la Corte veneziana pur avendo rilevato la scorrettezza del comportamento dell’Amministrazione e, in particolare, pur avendo dichiarato l’illegittimita’ della procedura amministrativa “de qua” – per l’illogicita’ derivante dalla formulazione di una valutazione negativa per il mancato raggiungimento di obiettivi indicati con un abnorme e immotivato ritardo rispetto al periodo nel quale gli stessi avrebbero dovuto essere raggiunti – non poteva certamente sostituirsi all’organo deputato ad effettuare l’anzidetta verifica dei risultati e, quindi, commisurare “tout court” – cioe’: “automaticamente” – la condanna al risarcimento del danno dell’Agenzia datrice di lavoro all’indennita’ di risultato che la (OMISSIS) non ha percepito.

9. Tuttavia, secondo un indirizzo espresso da questa Corte in controversie analoghe alla presente, cui il Collegio intende dare continuita’, la Corte territoriale non avrebbe potuto escludere la sussistenza del diritto al risarcimento dei danni per perdita di chance, ritualmente richiesto (arg. ex Cass. 5 settembre 2003, n. 13001; Cass. 19 dicembre 2015, n. 24833).

Cio’ ancor meno sulla base dell’immotivato rilievo secondo cui il danno “de quo “non sarebbe stato “concretamente” dimostrato – osservazione che, nella sua genericita’, sembra non tenere conto della richiamata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la perdita di chance e’ dimostrabile anche per presunzioni e la relativa liquidazione e’ necessariamente equitativa – nonche’ aggiungendo osservazioni del tutto ultronee e incomplete in merito alla situazione di conflittualita’ venutasi a creare nell’Ufficio provinciale di Belluno dell’Agenzia del Territorio nel periodo della direzione affidata alla (OMISSIS) e sui successivi sviluppi della vita professionale della dirigente.

4 – Conclusioni.

10. In sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni dianzi esposte e con assorbimento di ogni altro profilo di censura.

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, che si atterra’, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente:

“in una controversia in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il giudice ordinario se accerta l’illegittimita’ del procedimento amministrativo di valutazione negativa di un dirigente per mancato raggiungimento degli obiettivi da perseguire – nella specie per l’illogicita’ derivante dalla avvenuta indicazione degli obiettivi stessi con un abnorme e immotivato ritardo rispetto al periodo nel quale gli stessi avrebbero dovuto essere raggiunti – non puo’ certamente sostituirsi all’organo deputato ad effettuare la verifica dei risultati che condiziona la corresponsione dell’indennita’ di risultato e, quindi, commisurare automaticamente la condanna dell’ente datore di lavoro a risarcire i danni richiesti I all’indennita’ di risultato non percepita dal dirigente. Tuttavia, in base al principio consolidato secondo cui la perdita di chance e’ dimostrabile anche per presunzioni e la relativa liquidazione e’ necessariamente equitativa, il giudice non puo’ neppure escludere in radice la sussistenza del diritto al risarcimento dei danni per perdita di chance, ritualmente richiesto”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

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