In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 febbraio 2023| n. 4752.

In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto

In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto, trova tutela con diritto al risarcimento danni anche il coniuge del soggetto direttamente interessato che a causa del fatto che sia stata reso pubblico l’indirizzo di residenza della casa familiare abbia visto ledere la serenità di vita e familiare sia e dei propri figli, divenuti tutti bersaglio di attacchi pubblici nella propria sfera privata, che hanno determinato una crisi coniugale, problemi psichici e portato ad un trasferimento.

Sentenza|15 febbraio 2023| n. 4752. In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto

Data udienza 14 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile generale – Diffamazione a mezzo stampa – Direttore responsabile quotidiano – Risarcimento danni – Prova – Nesso di causalità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23595-2020 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante, (OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati presso lo studio della seconda in (OMISSIS);
pec: (OMISSIS);
(OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) e domiciliata ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
pec: (OMISSIS);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2902-2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 03/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/12/2022 dal Cons. ANNA MOSCARINI;

 

In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), con atto di citazione del 15 marzo 2011, lamentando la diffamatorieta’ e la lesivita’ nei propri confronti dell’articolo dal titolo “(OMISSIS)” a firma del giornalista (OMISSIS) pubblicato sul quotidiano (OMISSIS) e dell’informativa di Polizia Giudiziaria effettuata dai Carabinieri di (OMISSIS) pubblicata sulla testata telematica (OMISSIS), entrambi contenenti dati e riferimenti relativi al marito dell’attrice (OMISSIS), all’epoca dei fatti coinvolto nell’inchiesta giudiziaria denominata “(OMISSIS)”, convenne davanti al Tribunale di Siena il (OMISSIS), il Dott. (OMISSIS), in qualita’ di direttore responsabile del quotidiano e del sito, e (OMISSIS), autore dell’articolo, per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti a causa della portata diffamatoria dell’articolo e della lesione della riservatezza, conseguente in particolare alla pubblicazione dell’indirizzo di residenza del (OMISSIS), coincidente con quello della residenza familiare.
Istituitosi il contraddittorio con tutti i convenuti, il Tribunale di Siena dichiaro’ il difetto di legittimazione attiva della attrice a far valere la portata diffamatoria degli articoli in ragione del fatto che l’unico soggetto ivi menzionato era il marito (OMISSIS), e rilevo’ anche l’assenza di un danno riflesso ritenendo rispettati i limiti di utilita’ sociale, veridicita’ oggettiva e uso civile dell’informazione.
La Corte d’Appello di Firenze, adita dalla (OMISSIS), con sentenza del 3 dicembre 2019, ha accolto il gravame, ritenendo che le pubblicazione dell’indirizzo di residenza del (OMISSIS), coincidente con quello della famiglia, non funzionale alla rilevanza sociale dell’articolo, aveva permesso lo svilupparsi di atti intimidatori nei confronti della (OMISSIS) e della sua famiglia da parte della tifoseria, determinando circostanze di fatto inidonee ad una pacifica convivenza e generatrici della necessita’ di effettuare un trasferimento, sia pur transitorio, della stessa (OMISSIS) e dei figli, e di cercare rimedi all’insorgere di una crisi nei rapporti personali tra i coniugi e ad uno stato di forte perturbamento psichico dell’attrice.
Conseguentemente la Corte del gravame, ravvisata la prova dei danni patrimoniali e non patrimoniali, condanno’ i convenuti appellati in solido a risarcire alla (OMISSIS) la somma di e 12.832,59 oltre interessi e spese.
Avverso la sentenza (OMISSIS) SpA, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Ha resistito (OMISSIS) con controricorso.
La causa e’ stata assegnata per la trattazione in Adunanza Camerale la quale, con ordinanza interlocutoria, ha disposto la rimessione della causa in pubblica udienza, non ritenendo sussistere i presupposti per la definizione in adunanza camerale. La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, pur in assenza di ogni riferimento alla persona della (OMISSIS), la pubblicazione del luogo di nascita e residenza del di lei consorte fosse lesiva e foriera di danni. Ad avviso dei ricorrenti tale statuizione sarebbe nulla in violazione della Cost, articoli 111, comma 6, Cost. 117, con riferimento all’articolo 6 CEDU, 132 comma 1 n. 4 e 118 disp. att. c.p.c. nonche’ dei principi ex Cass. S.U. n. 8053/14, per motivazione apparente o contraddittoria o incomprensibile e contenente affermazioni tra loro inconciliabili. Non si comprenderebbe, nella prospettazione dei ricorrenti, come dall’accertata pubblicazione dell’indirizzo di residenza del (OMISSIS), potesse derivare un danno risarcibile nei confronti della moglie, alla quale gli articoli incriminati non farebbero alcun riferimento.
Il motivo e’ infondato.
E’ principio affermato e ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte che la sentenza e’ nulla perche’ affetta da error in procedendo quando la motivazione e’ solo apparente cioe’ quando, anche se graficamente esistente, essa non renda percepibile il fondamento della decisione perche’ recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., n. 7090 del 3/3/2022, Cass., n. 13248 del 2C20, Cass., n. 20414 del 2018). Il vizio ricorre quando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., articolo 111, comma 6) e dell’articolo 132, comma 2 n. 4 c.p.c., omette di esporre concisamente i motivi in fatto e in diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta e cioe’ di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni e’ pervenuto alla propria determinazione in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probara (Cass., n. 1461 del 2018, Cass., n. 4448 del 2014).
E’ pertanto nulla la sentenza la cui motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perche’ pere âEuroËœ:essa ed obiettivamente incomprensibile.

 

In caso di violazione nell’utilizzo dei dati personali di un soggetto

Nel caso di specie, al contrario, la corte territoriale non e’ caduta in alcuna contraddizione nel rilevare che, nonostante fossero stati pubblicati nome ed indirizzo di residenza del solo (OMISSIS), cio’ ha determinato un danno anche in capo alla moglie la quale ha visto sconvolta la propria serenita’ familiare e personale in conseguenza della pubblicazione dell’indirizzo di residenza della casa familiare, con la conseguente esposizione alla reazione violenta di tifoserie calcistiche, la necessita’ di un trasferimento, per se’ e per i figli, la cric del rapporto coniugale, l’emergere di disturbi psichici.
La motivazione non solo dunque non e’ meramente apparente ma e’ del tutto adeguata ad illustrare le ragioni per le quali il contenuto degli articoli ha determinato un danno risarcibile, allegato e provato dalla attrice.
Ne consegue l’insussistenza del lamentato vizio.
Con il secondo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 4 – ratione temporis applicabile – e dell’articolo 99 e 100 c.p.c. – i ricorrenti lamentano che la corte territoriale non abbia rilevato la carenza di legittimazione attiva e di interesse al ricorso della signora (OMISSIS). A parere dei ricorrenti, infatti, il dato pubblicato relativo al domicilio di (OMISSIS) non avrebbe portato all’identificazione ne’ dell’attrice ne’ del domicilio famiiliare non essendo la stessa mai citata o richiamata nell’ambito delle intercettazioni pubblicate da (OMISSIS). La Corte avrebbe mal interpretato la disciplina di cui all’articolo 4 lettera i) del Codice per la Protezione dei Dati Personali ritenendo che la tutela possa essere estesa a soggetti diversi dal titolare dei dati sensibili.
Il motivo e’ inammissibile.
I ricorrenti assumono che la Corte d’Appello abbia violato il Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 4 ipotizzando una ratio decidendi che” invece, la corte del gravame ha espressamente escluso (Nessuna altra voce di danno puo’ essere riconosciuta perche’ non provata: non quella della violazione della privacy, non essendovi stata pubblicazione del nome della (OMISSIS) negli articoli pubblicati). I ricorrenti dunque hanno attribuito al giudice d’appello un’attivita’ interpretativa del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 4 che invero non solo non costituisce ratio decidendi, ma che e’ espressamente esclusa dal giudice, il quale ha esclusivamente ricondotto lo svilupparsi di attivita’ lesiva nei confronti dell’attrice, da parte dei tifosi, alla possibilita’ loro concessa di individuare la persona coinvolta nell’inchiesta “c:alciopoli” e le persone a lei vicine, senza che l’informazione fosse necessaria alla corretta espressione della notizia.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articoli 1223, 2043, 2050, 2697, 2729 c.c. e 15 per avere la corte erroneamente ritenuto provata la sussistenza del danno biologico in via presuntiva pur in assenza di specifiche deduzioni da parte dell’appellante e senza svolgere alcuna indagine in ordine alla gravita’ del pregiudizio e della lesione subita oltre che della sussistenza del nesso di causalita’ tra la violazione e il danno lamentato.
Ad avviso dei ricorrenti la corte d’appello avrebbe ritenuto dimostrata in via presuntiva la sussistenza del danno biologico subito dalla attrice, omettendo di considerare, secondo il cons:lidato orientamento di questa Corte, che i danni cagionati per effetto del trattamento dei dati personali in base al D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196, articolo 15 sono assoggettati alla disciplina di cui all’articolo 2050 c.c. con la conseguenza che il danneggiato e’ tenuto a provare il danno e il nesso di causalita’. Dunque la corte del gravame avrebbe omesso di considerare che il danno risarcibile non si sottrae alla verifica della “gravita’ della lesione” e della “serieta’ del danno” e deve essere dunque provato quale “danno conseguenza”. E’ infatti indispensabile non solo che il presunto danneggiato abbia offerto la prova della sussistenza del lamentato danno o quantomeno abbia allegato indici specifici obiettivi e univoci per provarne l’esistenza ma ancne che abbia preliminarmente dato rigorosa prova dell’esistenza di un nesso di causalita’ immediato e diretto tra il pregiudizio lamentato.
Il motivo e’ infondato.
La Corte del gravame ha fatto esplicito riferimento alle testimonianze assunte, ai certificati medici prodotti e alla relazione medica sicche’ la decisione si e’ basata su elementi di prova certi non solo circa il nesso causale delle conseguenze dannose rispetto alla pubblicazione dei dati ma anche circa l’entita’ dei danni-conseguenza che ne sono derivati.
La decisione della Corte e’ del tutto conforme alla giurisprudenza di legittimita’ la quale, se ha individuato per il danno biologico il ricorso all’accertamento medico-legale, ha altresi’ precisato che il giudice non e’ obbligato a fare ricorso a tale accertamento e puo’ ben porre a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze), avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni, cosi’ come puo’ far ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva per gli altri preglidizi di natura non patrimoniale (Cass., U, n. 26972 dell’1.1/11/2008; Cass., 6-3, n. 8861 del 31/3/2021; Cass., 3, n. 3L-026 del 18/11/2022).
Conclusivamente il ricorso va rigettato ed i ricorrenti sono condannati alle spese in favore della parte resistente, liquidate come in dispositivo.
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per ii versamento, da parte dei ricorrenti, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese in favore della parte resistente, che liquida in Euro 2.200, oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma Ibis del citato articolo 13, se dovuto.

 

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