Violazione di domicilio e la titolarità dello “ius excludendi alios”

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 novembre 2020| n. 31276.

Violazione di domicilio, ai fini della titolarità dello “ius excludendi alios” vanno distinte le relazioni di convivenza e di coabitazione, la prima caratterizzata da legami affettivi stabili e da impegni reciproci di assistenza morale e materiale, in virtu` dei quali il consenso espresso da uno dei conviventi sottintende quello tacito degli altri, la seconda da ragioni di mera opportunità e convenienza, in cui, accanto alla condivisione di spazi comuni, per i quali si applica il medesimo criterio, ciascuno dei coabitanti dispone di uno spazio esclusivo, per l’accesso al quale è necessario il consenso espresso dell’avente diritto. (Nella specie la Corte ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva ravvisato il reato di violazione di domicilio aggravata, di cui all’art. 614, commi 1 e 4, cod. pen., nella irruzione nella camera da letto della vittima, posta in essere da un ospite del fratello con la stessa coabitante, al fine di esporla ad atti lesivi della dignità e del decoro, videoregistrati e, poi, divulgati in “chat”).

Sentenza|9 novembre 2020| n. 31276

Data udienza 14 settembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa – Violazione di domicilio – Diritto all’inviolabilità – Spettanza ai conviventi dell’abitazione – Differenza tra convivenza e coabitazione – Dissenso – Aggravante dell’art. 61 n. 2 cp – Querela della persona offesa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 23/12/2019 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRINA TUDINO;
lette/sentite le conclusioni del PG ELISABETTA CENICCOLA;
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio, in assenza di condizione di procedibilita’ (insussistenza dell’aggravante);
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza impugnata del 23 dicembre 2019, il Tribunale di Catanzaro ha, in riforma dell’ordinanza del Gip di Castrovillari, annullato la misura degli arresti domiciliari applicata a (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 613-bis c.p. contestato al capo 1) e sostituito la medesima con quella del divieto di avvicinamento alla persona offesa, (OMISSIS), in relazione al reato di cui all’articolo 614, comma 4, c.p. sub 2).
Ritenuto insussistente il delitto di tortura, il Tribunale ha, invece, ravvisato gli elementi costitutivi del reato di violazione di domicilio, in considerazione della finalita’ perseguita dagli agenti e dell’inidoneita’ dell’ammissione nella comune abitazione di uno dei conviventi, peraltro dedito al consumo di alcolici ed affetto da ritardo mentale, ad escludere la materialita’ del fatto, ravvisando il concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato, tenuto conto della gravita’ dei fatti, della leggerezza mostrata in sede di interrogatorio e della diffusione del video relativo all’incursione.
2. Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, con atto a firma del difensore di fiducia, Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure ad un unico motivo, con il quale deduce vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 614 c.p., comma 4, ed omessa valutazione di elementi decisivi introdotti con il riesame.
2.1. Con un primo punto, deduce il ricorrente la mancata verifica dell’esistenza della condizione di procedibilita’ in riferimento al reato di cui all’articolo 614 c.p., in conseguenza del parziale annullamento pronunciato dal riesame e della necessita’ della querela, in ipotesi di esclusione dell’aggravante ritenuta.
2.2. Con un secondo argomento, censura il ricorrente tanto la ritenuta introduzione nel domicilio invito domino, che l’impiego di violenza successiva, risultando sul punto ingiustificatamente svalutata la perizia allegata al riesame, dalla quale risulta che lo (OMISSIS) ha impedito l’uso di violenza da parte dei coindagati in danno di (OMISSIS), trattandosi di uno scherzo degenerato e non potendo ritenersi configurata la ritenuta aggravante solo alla stregua di siffatta finalita’.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato.
1.Alla disamina del ricorso va premesso come il ricorrente non abbia dedotto la insussistenza della condizione di procedibilita’, ma abbia censurato l’omessa verifica ex officio dell’esistenza della querela, in conseguenza della proposizione della relativa questione con il riesame.
1.1. Fermo restando l’obbligo del giudice di verificare, in ogni stato e grado del procedimento, che la condizione di procedibilita’ sussista effettivamente (per tutte Sez. 3, n. 16470 del 28/02/2020, P., Rv. 279006; Sez. 5, n. 14629 del 16/01/2018, Cinquia, Rv. 272849), reputa il Collegio come la questione s’appalesi, nel caso in esame, irrilevante, avendo il Tribunale della liberta’ proceduto alla corretta qualificazione giuridica dei fatti ex articolo 614 c.p., comma 4.
In riferimento all’ammissione nel domicilio comune da parte del fratello convivente della persona offesa, il Tribunale ha, da un lato, ritenuto irrilevante il consenso, in conseguenza della condizione di assuntore di alcolici di (OMISSIS), affetto da ritardo mentale con disturbi comportamentali tali da comprometterne la consapevole autodeterminazione; dall’altro, ha correttamente rilevato come, in caso di convivenza, lo ius excludendi spetti a ciascuno dei coabitanti e che le finalita’ illecite perseguite dagli agenti avrebbero senz’altro superato, in senso contrario, la presunzione di consenso della vittima, (OMISSIS), all’accesso nella propria stanza da letto.
Trattasi di apprezzamento che non evidenzia i vizi denunciati.
1.2. In tema di coabitazione, invero, il diritto all’inviolabilita’ del domicilio spetta a ciascuno dei conviventi e dunque il dissenso, espresso o tacito e, comunque, presunto in ipotesi di finalita’ illecita, di uno solo di essi e’ sufficiente ad integrare la volonta’ contraria all’introduzione e, quindi, il divieto la cui inosservanza da parte di altri costituisce il delitto di violazione di domicilio (Sez. 5, n. 8574 del 19/04/1982, Pace, Rv. 155332).
A tanto aggiungasi come la latitudine del consenso prestato solo da uno dei conviventi si scandisca diversamente a seconda del tipo di relazione abitativa, dovendo distinguersi la convivenza dalla coabitazione.
Mentre la convivenza va intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtu’ del quale siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale (V. Cassazione civile Sez. 3, n. 9178 del 13/04/2018, MOSSINI contro S., Rv. 648590 che ha specificato come la coabitazione costituisca mero indizio della convivenza), la coabitazione e’, invece, una mera situazione di fatto, consistente nella condivisione del medesimo alloggio, ispirata da ragioni di opportunita’ e convenienza, in cui vengano a definirsi, pur nel domicilio comune, ambiti personali ed inviolabili di godimento. Trattasi di una relazione limitata alla comunione nell’uso abitativo, che enuclea – per le parti non destinate alla comune fruizione – tante unita’ quanti sono i soggetti coabitanti, tutte oggetto della tutela declinata dall’articolo 614 c.p..
Nella delineata prospettiva, il consenso all’eccesso prestato da uno solo dei coabitanti non puo’ che limitarsi agli spazi comuni ed a quelli di esclusiva pertinenza del medesimo, mentre riguardo alle parti in godimento esclusivo spetta solo all’avente diritto la facolta’ di ammettervi la presenza di terzi. Ne viene che la presunzione di consenso non puo’ configurarsi nei casi in cui venga a definirsi un ubi consistam individuale ed esclusivo.
Deve, pertanto, affermarsi che, in tema di violazione di domicilio, debbono essere tenute distinte le situazioni di convivenza e di coabitazione: mentre per le prima – caratterizzate da legami affettivi stabili e duraturi, in virtu’ dei quali siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale – il consenso di uno dei conviventi esprime il consenso tacito degli altri, nelle seconde – connotate da una mera situazione di fatto – viene a definirsi per ciascuno dei coabitanti uno spazio esclusivo, che richiede, al fine di consentirne l’accesso a terzi, il consenso dell’avente diritto.
In altri termini, quando il domicilio e’ comune a piu’ persone, alla inviolabilita’ del medesimo hanno diritto tutti i coabitanti e che il dissenso, espresso o tacito, di uno solo di essi e’ sufficiente ad integrare la volonta’ contraria all’introduzione e, quindi, il divieto la cui inosservanza da parte di altri costituisce il delitto di violazione di domicilio. Il consenso puo’ essere anche presunto, ma la presunzione e’ tanto piu’ rilevante quanto piu’ il rapporto di coabitazione si fondi su comunione di intenti, mentre viene meno quando, invece, il rapporto di coabitazione sia fondato su mere ragioni di opportunita’ e convenienza.
1.3. Nel caso in esame, da un lato non risulta dedotto che tra i fratelli (OMISSIS), adulti, sussistesse una relazione di qualificata convivenza, tanto da potersi ritenere che il consenso all’ingresso prestato da (OMISSIS) consentisse all’indagato l’accesso nella stanza da letto in uso esclusivo alla persona offesa; dall’altro, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio per cui integra il reato di violazione di domicilio la condotta di colui che si introduce nel domicilio altrui con intenzioni illecite, in quanto, in tal caso, deve ritenersi implicita la volonta’ contraria del titolare dello ius excludendi, non assumendo rilievo, invece, la mancanza di clandestinita’ nell’agente o l’assenza di violenza sulle cose (Sez. 5, n. 30742 del 12/04/2019, Guglione, Rv. 276907, N. 19546 del 2013 Rv. 256506, N. 35166 del 2005 Rv. 232566). Finalita’ illecite che – quantomeno sotto il profilo dello scherno e della violenza morale – neppure il ricorrente finisce per contestare, non assumendo, peraltro, portata decisiva neppure la prova di cui si deduce la sottovalutazione, indicativa – al piu’ – di una dissociazione postuma dello (OMISSIS), quando gia’ l’irruzione e l’esposizione della vittima ad atti lesivi della dignita’ e del decoro erano stati consumati; atti che sarebbero stati, successivamente, reiterati dall’indagato mediante la divulgazione in chat dei video ritraenti l’incursione.
1.4. Ne’ s’appalesa risolutivo – in punto di procedibilita’ – il principio per cui ai fini della configurabilita’ dell’aggravante prevista dall’articolo 614 c.p., u.c. (fatto commesso con violenza su persone o cose o da soggetto armato) non e’ sufficiente un rapporto occasionale tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma occorre un nesso teleologico tra le due azioni, con la conseguenza che se la violenza e’ usata non per entrare o intrattenersi nell’altrui abitazione, ma per commettere un altro reato, la violazione e’ aggravata ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 2 e il reato e’ procedibile a querela (Sez. 6, n. 9084 del 19/01/2018, B, Rv. 272339. N. 27542 del 2010 Rv. 247709, N. 11746 del 2012 Rv. 252260).
Ed invero, allo stato, tenuto conto che la vittima e’ stata colta nel sonno, s’appalesa del tutto plausibile che gli agenti abbiano esercitato una violenza anche fisica – rispetto alla quale il ricorrente ha prestato un apporto agevolatore (Sez. 5, n. 43569 del 21/06/2019, P., Rv. 276990), sorretto quantomeno dal dolo eventuale – atta a vincere lo ius excludendi della medesima nella propria stanza da letto, e non gia’ posto in essere atti violenti successivi all’illecita introduzione.
Non sussiste, pertanto, la violazione di legge denunciata.
2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente ex articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.
3. Va disposto l’oscuramento delle generalita’ e degli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in caso di diffusione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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