Violazione dell’art. 256 d.lgs. n. 152/2006

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 29 maggio 2020, n. 16450.

Massima estrapolata:

Integra violazione dell’art. 256 d.lgs. n. 152/2006 l’effettuazione concreta di una delle attività ivi contemplate. Il d.lgs. n. 4 del 2008 ha segnato l’abbandono della previgente ampia definizione di “scarico” e il ritorno alla più restrittiva impostazione, la quale implica che possa parlarsi di scarico unicamente quando la immissione sia effettuata direttamente tramite condotta, nozione che viene arricchita con il riferimento a un sistema stabile di raccolta che collega il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore, e ulteriormente precisata nel senso che il collegamento non deve presentare soluzioni di continuità. Nel caso di specie, la condotta posta in essere dall’imputato, concretizzata nell’immissione, senza autorizzazione, di rifiuti liquidi speciali sul suolo tramite un semplice tubo in PVC che collegava le vasche di stoccaggio del suo stabilimento al corpo recettore, non risultava in alcun modo qualificabile come sistema stabile di collettamento, presentandosi come soluzione del tutto improvvisata e rudimentale, inidonea a rendere la condotta attività di scarico delle acque piuttosto che di smaltimento di rifiuti.

Sentenza 29 maggio 2020, n. 16450

Data udienza 11 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Acqua – Inquinamento idrico – Immissione sul suolo rifiuti liquidi – Definizione di “scarico” – Sistema di collettamento non stabile – Fattispecie – D.lgs. n. 4/2008 – Artt. 137, 256 d.lgs. n. 152/2006

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. ANDRONIO A. M. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari del 08/01/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alessandro Maria Andronio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Barberini Roberta Maria, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito il difensore, avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8 gennaio 2019, la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia, con la quale l’imputato era stato condannato a mesi tre di arresto ed Euro 2.000,00, di ammenda per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a), perche’, nella qualita’ di amministratore dell’industria enologica ” (OMISSIS) s.r.l.”, immetteva senza autorizzazione sul suolo di proprieta’ di tale (OMISSIS), acque reflue industriali classificabili come rifiuti liquidi speciali non pericolosi, provenienti dalla vasca di stoccaggio annessa al predetto stabilimento (il (OMISSIS)).
2. Avverso la sentenza l’imputato, a mezzo di difensore, ha proposto ricorso in cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con una prima doglianza, si deducono la violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a), e vizi di motivazione. A parere della difesa, sia il primo giudice sia la Corte d’appello avrebbero erroneamente ritenuto l’imputato responsabile del reato di cui al richiamato articolo 256, non considerando che la condotta posta in essere dal medesimo, essendo consistita nell’immissione di rifiuti liquidi, tramite un tubo in PVC, direttamente nel corpo recettore senza soluzione di continuita’, andava sussunta sotto la diversa fattispecie contravvenzionale di cui all’articolo 137 stesso decreto e che la corretta qualificazione del fatto di reato avrebbe consentito al ricorrente di essere ammesso all’oblazione ex articolo 162-bis, richiesta in sede di opposizione al decreto penale. Si richiamano, sul punto, talune pronunce della giurisprudenza di legittimita’ che, nel delineare i confini tra la disciplina sullo smaltimento di rifiuti liquidi e quella sullo scarico delle acque, individuano il criterio discretivo tra le due fattispecie proprio nell’esistenza o meno di un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore.
2.2. Con un secondo motivo, si lamenta violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a), relativamente all’erronea irrogazione della sanzione ivi prevista, in quanto i giudici di prima e seconda istanza hanno applicato congiuntamente la pena dell’arresto e dell’ammenda, laddove la disposizione incriminatrice, per il caso di rifiuti aventi natura non pericolosa, prevede alternativamente l’una o l’altra sanzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, data l’impossibilita’ di giungere ad una pronuncia di immediata declaratoria di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2. Invero, il requisito dell’evidenza richiesto dalla norma presuppone che emergano dagli atti, in modo incontestabile, circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato o la sua rilevanza penale, cosi’ che la valutazione che il giudice e’ chiamato a compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento, presentandosi come mera “constatazione”. La formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di estinzione del reato soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attivita’ ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato, ovvero la prova positiva della sua innocenza. L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilita’ vale anche in sede di legittimita’, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. E cio’, anche in presenza di una nullita’ di ordine generale che, dunque, non puo’ essere rilevata nel giudizio di legittimita’, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilita’ della causa estintiva (ex plurimis, Sez. 4, n. 8135 del 31/01/2019, Rv. 275219; Sez. n. 46050 del 28/3/2018, Rv. 274200).
1.1. Nel caso di specie non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, in considerazione del fatto che, quand’anche si ritenesse fondata la prima censura proposta dal ricorrente, relativa all’erronea applicazione dell’articolo 256 in luogo della fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 137 la sussistenza della sua responsabilita’ penale per tale ultimo reato sarebbe comunque incompatibile con una pronuncia di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p., comma 2. E cio’, a prescindere dall’ulteriore considerazione che si tratta di una censura manifestamente infondata, essendo corretta la qualificazione giuridica data al fatto dalla Corte d’appello, la quale ha evidenziato che integra violazione dell’articolo 256 richiamato l’effettuazione concreta di una delle attivita’ ivi contemplate; viceversa, il diverso reato di cui l’imputato chiedeva applicazione, consistendo nella violazione dell’obbligo di munirsi dell’autorizzazione allo scarico, a prescindere dal fatto che vengano in concreto immessi rifiuti liquidi e dalla potenzialita’ inquinante dello scarico, ha natura di reato formale (Sez. 3, n. 11419 del 22/02/2012, Rv. 252494; Sez. 3, n. 3199 del 02/10/2014, Rv. 262005). Inoltre, il Decreto Legislativo n. 4 del 2008 ha segnato l’abbandono della previgente ampia definizione di “scarico” e il ritorno alla piu’ restrittiva impostazione, la quale implica che possa parlarsi di scarico unicamente quando la immissione sia effettuata direttamente tramite condotta, nozione che viene arricchita con il riferimento a un sistema stabile di raccolta che collega il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore, e ulteriormente precisata nel senso che il collegamento non deve presentare soluzioni di continuita’. Nel caso di specie, atteso che la condotta posta in essere dall’imputato si e’ concretizzata nell’immissione, senza autorizzazione, di rifiuti liquidi speciali sul suolo tramite un semplice tubo in PVC che collegava le vasche di stoccaggio del suo stabilimento al corpo recettore, e’ evidente che il meccanismo adottato per disfarsi dei rifiuti non risultava in alcun modo qualificabile come sistema stabile di collettamento, presentandosi come soluzione del tutto improvvisata e rudimentale, inidonea a rendere la condotta posta in essere dall’imputato attivita’ di scarico delle acque piuttosto che di smaltimento di rifiuti. Ne’ risulta idonea a confutare tale assunto la pronuncia richiamata dallo stesso ricorrente (Sez. 3, n. 47038 del 07/10/2015, Rv. 265554) la quale, dopo aver definito lo “scarico” accogliendo la summenzionata interpretazione restrittiva, ha ritenuto applicabile a quella particolare ipotesi la disciplina dello scarico delle acque e non quella sullo smaltimento dei rifiuti, in quanto, diversamente dal caso in esame, si era riscontrato che l’immissione del liquidi fosse stata effettuata esclusivamente attraverso un sistema stabile di collettamento che direttamente collegava il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore.
1.2. Il ricorso, comunque, non puo’ essere dichiarato inammissibile perche’ l’ultima censura, con la quale si contesta l’erronea applicazione della sanzione penale, e’ fondata. Infatti, nonostante la stessa Corte d’appello abbia qualificato i materiali oggetto dell’attivita’ di smaltimento quali rifiuti liquidi non aventi natura pericolosa, ha erroneamente applicato all’imputato la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, laddove il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a), dispone per questa categoria di rifiuti l’applicazione alternativa dell’una o dell’altra sanzione.
1.3. Dall’esame degli atti, in ogni caso, risulta che il termine di prescrizione del reato e’ gia’ decorso in data (OMISSIS), data precedente alla pronuncia della presente sentenza, dovendosi applicare il termine quinquennale complessivo previsto per le contravvenzioni, a partire dalla data del commesso reato ((OMISSIS)). L’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, pur non essendo stata espressamente dedotta dal ricorrente, puo’ essere rilevata d’ufficio in quanto solo l’inammissibilita’ del ricorso in cassazione ne impedisce la declaratoria, costituendo ostacolo all’istaurazione stessa di qualunque rapporto processuale.
2. La sentenza impugnata deve, percio’, essere annullata senza rinvio, perche’ il reato e’ estinto per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

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