Violazione del divieto d’intermediazione di manodopera

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 7 dicembre 2018, n. 31720.

Le massime estrapolate:

Nell’ipotesi di violazione del divieto d’intermediazione di manodopera, occorre distinguere il regime antecedente all’abrogazione della l. n. 1369 del 1960, nel quale deve essere escluso l’interesse ad agire dell’Agenzia della Entrate a richiedere il pagamento delle ritenute d’acconto al datore di lavoro interponente, ove quello interposto le abbia già versate, non essendo tale versamento suscettibile di rimborso o di ripetizione, da quello successivo all’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003, poiché l’obbligo di ritenuta sui redditi di lavoro dipendente postula, da un lato, l’instaurazione del rapporto di lavoro su domanda del lavoratore, e dall’altro, i mancati pagamenti del somministratore, l’omessa costituzione del rapporto di lavoro su iniziativa dei lavoratori, nei casi prescritti dall’art. 27 del detto decreto, impedisce comunque l’insorgenza in capo all’interponente dell’obbligo di operare le ritenute.

Sentenza 7 dicembre 2018, n. 31720

Data udienza 12 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 20056 del ruolo generale dell’anno 2011, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia.
– ricorrente –
contro
s.p.a. (OMISSIS) in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in (OMISSIS).
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata in data 48 aprile 2011, n. 87/01/11;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 12 novembre 2018 dal consigliere Perrino Angelina-Maria;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Federico Sorrentino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, rimettendosi alla Corte quanto alla richiesta di rinvio a nuovo ruolo formulata dal difensore della contribuente;
sentiti per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato (OMISSIS) e per la societa’ l’avv. (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate notifico’ alla (OMISSIS) otto avvisi di accertamento, con i quali, in relazione agli anni d’imposta dal 2000 al 2003, recupero’ iva, irap e ritenute irpef.
Gli avvisi erano scaturiti, nella prospettazione dell’Agenzia, dalla ricostruzione dei rapporti intercorsi tra la societa’ in questione e le imprese (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., Cooperativa sociale (OMISSIS), (OMISSIS) d.o.o., (OMISSIS) d.o.o. e (OMISSIS) non gia’ come riconducibili a contratti di appalto, bensi’ come intermediazioni vietate di manodopera; sicche’ si escluse la detraibilita’ dell’iva portata dalle fatture emesse dalle sedicenti appaltatrici, e si affermo’ l’inosservanza dell’obbligo di versamento delle ritenute irpef sui compensi corrisposti dagli imprenditori interposti ai lavoratori che, in realta’, erano da considerare alle dipendenze dell’interponente, ossia, appunto, della (OMISSIS). Per l’anno d’imposta 2003, inoltre, l’Agenzia recupero’ a tassazione, ai fini irap, le somme figuranti come compensi corrisposti per taluni dei contratti denominati di appalto (quelli intercorsi con le imprese croate (OMISSIS) e (OMISSIS)) e dedotti dalla contribuente.
La contribuente impugno’ gli avvisi ottenendone, previa riunione, l’annullamento totale di sei e parziale dei restanti due, quanto all’irpef e all’irap, con riguardo alle societa’ croate, alla cooperativa sociale (OMISSIS) alla 2(OMISSIS) s.r.l. e alla (OMISSIS) s.r.l.; in particolare, in relazione ai casi in cui escluse la sussistenza di appalti, comunque la Commissione tributaria provinciale di Udine respinse i ricorsi con riferimento all’iva.
Quella regionale del Friuli Venezia-Giulia ha respinto il successivo appello proposto dall’Agenzia.
Al riguardo il giudice d’appello ha preliminarmente condiviso la qualificazione operata dal giudice di primo grado dei rapporti intercorsi, convenendo che, ad eccezione di quelli con le s.r.l. 2(OMISSIS) e (OMISSIS), gli altri rispondano alla sostanza dell’appalto. Anche per i rapporti riconducibili al mero affitto di manodopera, ha peraltro soggiunto, l’ (OMISSIS) non puo’ rispondere delle ritenute d’acconto, poiche’ non e’ stata essa a corrispondere le retribuzioni ai lavoratori. Quanto all’iva, invece, ha sottolineato che non puo’ essere detratta un’imposta non dovuta, soltanto perche’ indicata in fattura.
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a dodici motivi, cui la societa’ replica con controricorso, che illustra con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va respinta l’istanza di rinvio a nuovo ruolo proposta dal difensore della contribuente al fine di consentire alla propria assistita, ammessa alla procedura di concordato preventivo, di valutare la possibilita’ di accedere alla definizione agevolata prevista dal Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119, articolo 6.
E cio’ sia perche’ il comma 10 di questa norma stabilisce che “Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”, laddove nel caso in esame nessuna richiesta e’ stata avanzata; sia perche’ dalla stessa documentazione esibita dal difensore emerge che la societa’ e’ stata ammessa alla procedura di concordato preventivo sin dall’ottobre 2011, di modo che la circostanza di per se’ non integra una ragione speciale di rinvio.
2.- Vanno altresi’ respinte le eccezioni d’inammissibilita’ e d’improcedibilita’ proposte dalla contribuente, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto in controricorso, l’Agenzia ha adeguatamente indicato i fatti controversi sui quali ha calibrato la deduzione dei vizi di motivazione e ha indicato gli atti sui quali ha fondato le ragioni di ricorso, allegando i contratti sui quali le ha basate, concernenti il rapporto con la cooperativa sociale e con le tre imprese croate.
3.- Col gruppo di motivi dal terzo al sesto, da esaminare preliminarmente rispetto ai primi due, perche’ logicamente a questi prodromici, l’Agenzia denuncia l’omessa o comunque gravemente insufficiente motivazione della sentenza relativamente alla ricostruzione dei rapporti intrattenuti dalla (OMISSIS) rispettivamente con la Cooperativa sociale (OMISSIS) e con le imprese croate (OMISSIS) d.o.o., (OMISSIS) d.o.o. e (OMISSIS) d.o.o., giacche’, sostiene, l’inadeguatezza della struttura delle societa’ e della cooperativa, nonche’ dei materiali da esse acquistati, l’oggetto sociale del tutto diverso delle imprese croate, la mancanza di direttori di cantiere, inducono a ritenere che non di rapporti contrattuali di appalto si sia trattato, sibbene di mere intermediazioni di manodopera, senz’altro vietate sino a quando e’ stata vigente la L. n. 1360 del 1969 e poi comunque scaturenti da contratti di somministrazione di manodopera nulli a norma del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, per il periodo successivo al 24 ottobre 2003.
3.1.- Questo gruppo di motivi si salda ai motivi dal nono al dodicesimo, coi quali l’Agenzia torna sui medesimi fatti per denunciare l’omessa motivazione in ordine alla circostanza che essi fondassero il ragionevole sospetto che i contratti stipulati con le imprese in questione non fossero in realta’ appalti, bensi’ intermediazioni di manodopera vietate o somministrazioni di manodopera nulle, a seconda del regime normativo rispettivamente vigente (la L. n. 1369 del 1960 prima e il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 poi).
3.2.- Questo complesso di motivi, sempre in relazione ai rapporti intercorsi con la cooperativa sociale (OMISSIS) e con le imprese croate gia’ indicate, va poi esaminato congiuntamente al settimo e all’ottavo motivo, coi quali, rispettivamente l’Agenzia denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 19 (settimo motivo), nonche’ ancora dell’articolo 2697 c.c. e del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 11 (ottavo motivo), la’ dove il giudice d’appello ha ritenuto che spettasse al fisco provare che i contratti in questione avessero a oggetto l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro, ai fini della detrazione dell’iva operata dall’ (OMISSIS) in relazione alla cooperativa sociale e alle imprese croate, nonche’ ai fini della deduzione dall’imponibile irap per l’anno 2003 dei costi documentati dalle fatture emesse dalla imprese croate (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.- Erronee sono le statuizioni della sentenza impugnata che fanno gravare sull’Amministrazione l’onere probatorio, sia in relazione all’iva, sia con riguardo all’irap.
Quanto all’iva, tocca all’acquirente di beni o al committente di prestazioni di servizi che invochi il diritto di detrazione dell’iva assolta o dovuta provare che ricorrono i presupposti per fruirne (tra varie, Corte giust. 18 luglio 2013, causa C-78/12, “Evita-K” EOOD, punto 37).
4.1.- E’ dunque sulla contribuente che grava l’onere di provare che quelli intercorsi con la cooperativa sociale e con le imprese croate sopra indicate fossero rapporti contrattuali di appalto. E’ in tal caso, difatti, che potrebbe vantare il diritto di detrarre l’imposta assolta o dovuta, attraendo l’intero corrispettivo degli appalti della base imponibile dell’iva.
5.- Questa Corte (tra varie, Cass., ord. 5 ottobre 2018, n. 24457; 2 agosto 2017, n. 19206; 26 luglio 2017, n. 18476) ha gia’ avuto occasione di chiarire che la L. n. 1369 del 1960, articolo 1, u.c., secondo cui i lavoratori sono considerati alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, comporta che solo sull’appaltante, recte, sull’interponente gravano tutti gli obblighi, anche fiscali, scaturenti dal rapporto di lavoro. Il che non puo’ che riverberarsi in tema di iva e di irap: quanto all’iva, perche’ non e’ configurabile operazione resa a committente avente a oggetto le prestazioni lavorative dei propri dipendenti; in relazione all’irap, per nullita’ del titolo giuridico dal quale scaturiscono i costi dedotti dal relativo imponibile.
5.1.- Per il periodo successivo all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, peraltro, resta il divieto d’intermediazione di manodopera (sub specie di somministrazione irregolare) in armonia con i principi costituzionali volti a collegare al rapporto di lavoro subordinato e soltanto a esso una serie di posizioni di vantaggio (Cass., sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910, che si riferisce, in motivazione, appunto alla disciplina introdotta nel 2003), e cio’ in base anche ai criteri fissati dalla L. delega n. 30 del 2003 (Cass. 26 ottobre 2018, n. 27213; 15 febbraio 2013, n. 3795 e, quanto alla giurisprudenza penale, Cass. 2 luglio 2015, n. 27866, Cardaci).
5.2.- Al cospetto di appalto non genuino, dunque, opera il divieto di dissociazione tra imputazione formale del rapporto di lavoro e utilizzazione effettiva della prestazione lavorativa (Cass. n. 27213/18, cit.); il che ridonda nella nullita’ del contratto, che conforma anche la sorte di quello fra lavoratore e somministratore e incide ai fini dell’iva e dell’irap (in termini, Cass., ord. 28 luglio 2017, n. 18808; conf., ordd. 17 gennaio 2018, n. 938; 27 luglio 2018, n. 19966 e 12 novembre 2018, n. 28953).
5.3.- Irrilevante, in particolare, e’ la richiesta del lavoratore, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 c.p.c., di costituire il rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione.
6.- Non puo’ quindi essere condiviso, per quest’aspetto, il diverso orientamento espresso da questa Corte (con sentenza 11 dicembre 2015, n. 25014; conf., ord. 15 marzo 2017, n. 6722), la quale, facendo leva sul Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 27 (richiamato, in tema di appalto, dall’articolo 29, comma 3-bis, del medesimo decreto), ha sostenuto che, poiche’ non e’ piu’ prevista per legge l’instaurazione del rapporto di lavoro fra lavoratore e committente/appaltante o utilizzatore, la fatturazione delle prestazioni rese da parte della ditta intermediaria, in mancanza d’instaurazione del rapporto su domanda del lavoratore, sia sufficiente a legittimare la detrazione dell’iva relativa; parimenti, l’efficacia della fatturazione consentirebbe la deduzione dei costi fatturati ai fini delle imposte dirette e dell’irap.
6.1.- Il ricorso che il lavoratore propone “quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1″ (articolo 29, comma 3-bis) mira a ottenere la conversione nel contratto di lavoro con chi si e’ giovato delle sue prestazioni; e la conversione, di per se’, postula la nullita’ dei contratti che ne sono oggetto, in particolare di quello tra interponente e interposto, che puo’ essere fatta valere da chi ne abbia interesse, quindi anche dal fisco, nonche’ rilevata d’ufficio. Benche’ il legislatore discorra di costituzione del rapporto, la circostanza che l’azione possa essere esperita anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore esclude in radice che quella prevista sia un’ipotesi di annullabilita’ anziche’ di nullita’ (Cass. 1 agosto 2014, n. 17540).
D’altronde l’azione di accertamento del fisco, terzo rispetto
ai rapporti scaturenti dall’appalto stipulato in violazione di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 276/03, articolo 29, comma 1, nel testo vigente all’epoca dei fatti, non puo’ dipendere dalla scelta, individuale e imponderabile, del lavoratore di promuovere, o no, l’azione per la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del datore di lavoro interponente, almeno nei casi in cui l’instaurazione del rapporto e dei correlativi obblighi non si atteggi a presupposto impositivo.
7.- Se l’appalto non si distingue dalla somministrazione giusta l’articolo 29, comma 1, del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, non e’ configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini iva, in relazione all’esecuzione della quale la contribuente ha detratto l’imposta assolta o dovuta e sulla configurabilita’ della quale insiste in controricorso. Di qui l’esclusione del diritto di detrazione, che scaturisce dall’effettiva realizzazione della prestazione di servizi. Sicche’, mancando questa, esso non sorge (Corte giust. 27 giugno 2018, cause C-459-460/17, SGI e Valeriane snc, punto 35); ne’ l’esercizio di esso si estende a un’imposta dovuta esclusivamente perche’ e’ menzionata su una fattura (Corte giust. 4 luglio 2013, causa C-572/11, Menidzherski biznes reshenia, punto 20).
7.1.- A non diverse conclusioni si perviene riguardando la prestazione come di somministrazione irregolare, e quindi nulla.
Difatti, benche’ in generale il principio di neutralita’ fiscale osti a una distinzione generalizzata tra contratti leciti e illeciti (Corte giust. 28 maggio 1998, causa C-3/97, Goodwin e Unstead), al principio fa eccezione il caso in cui per le caratteristiche particolari dell’oggetto della cessione o della prestazione sia esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito e uno illecito (Corte giust. in causa C-3/97, cit., punto 12).
Ed e’ questo il caso, giacche’ il divieto di dissociazione tra imputazione formale del rapporto di lavoro e utilizzazione effettiva del rapporto comporta che, di la’ dalle ipotesi di somministrazione regolare, la fornitura di mere prestazioni di lavoro e’ esclusa dal circuito economico.
8.- Anche quanto alla pretesa per irap, si diceva, v’e’ violazione dell’articolo 2697 c.c.
Cio’ perche’, nella fattispecie, la pretesa scaturisce dall’esclusione della deducibilita’ dei costi sostenuti dalla contribuente per le prestazioni dei lavoratori formalmente dipendenti dalle tre societa’ indicate in narrativa, facendo leva sulla configurazione come appalto del rapporto con queste intercorso; di modo che essa dipende pur sempre dalla configurabilita’ del rapporto tra l’ (OMISSIS) e, rispettivamente, la (OMISSIS) e la (OMISSIS) come appalto genuino.
Qualora l’appalto non fosse genuino, i componenti in questione non sarebbero deducibili, indipendentemente dall’iniziativa dei lavoratori volta alla conversione dei rapporti (quanto al periodo successivo all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 276/03), per mancanza di certezza, derivante dalla nullita’ del titolo giuridico da cui scaturisce la relativa obbligazione patrimoniale (vedi ancora Cass. n. 18808/17, cit.). Certezza, predicabile anche in tema di irap, giusta il richiamo del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 5 e all’articolo 2425 c.c. e, per conseguenza, ai requisiti di correttezza e veridicita’ del bilancio che attengono al risultato economico.
8.1.- Ne’ e’ prospettabile l’applicazione della L. 24 dicembre 1993, n. 537, articolo 14, comma 4-bis, nella formulazione introdotta con il Decreto Legge 2 marzo 2012, n. 16, articolo 8, comma 1, come convertito, che implicitamente ammette la deducibilita’ dei costi e delle spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attivita’ integranti reato contravvenzionale (in termini, Cass., ord. 4 marzo 2013, n. 5342), benche’ sia ravvisabile nel caso in esame un tale tipo di reato, giusta del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 18. E cio’ a causa ancora della mancanza di certezza dei costi, comunque necessaria ai fini dell’applicazione della disposizione (in termini, fra varie, Cass. 20 aprile 2016, n. 7896).
9.- Oltre a violare la regola di giudizio scaturente dall’applicazione dell’articolo 2697 c.c., il giudice di appello ha soltanto assertivamente stabilito che i rapporti tra la contribuente e, rispettivamente, la cooperativa e le imprese croate siano rispondenti a contratti di appalto genuini, in tal maniera trascurando gli elementi di fatto potenzialmente idonei a orientare una decisione di segno diverso dinanzi sunteggiati, al cospetto:
– quanto al periodo regolato dalla L. n. 1369 del 1960, degli elementi presuntivi considerati della L. dell’articolo 1, comma 3, (impiego di capitale, macchine e attrezzature fornite dell’appaltante), e della configurabilita’ comunque di mera intermediazione quando il soggetto interposto si limiti a fornire prestazioni di lavoro del personale da lui assunto, sia privo di reale autonomia, di una struttura propria e di un’effettiva organizzazione imprenditoriale (in termini, tra varie, Cass., ord. 17 gennaio 2018, n. 993);
– in relazione a quello successivo, del criterio fissato del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 1, che fa leva sull'”… organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che puo’ anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonche’ per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.
10.- A seguito della riforma, in particolare, la chiave di volta si rinviene nell’eterodirezione, in virtu’ della quale l’appaltatore non solo organizza, ma anche dirige i dipendenti, utilizzandoli in prima persona.
E’ dunque destinato a conservare attualita’ l’orientamento maturato in relazione al regime previgente, che ravvisava l’operativita’ del divieto d’interposizione (oggi tradottosi in somministrazione irregolare) ogni qual volta in capo all’appaltatore restino i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuita’ della prestazione), senza una reale organizzazione della prestazione, volta ad un risultato produttivo autonomo (tra varie, Cass. 28 marzo 2013, n. 7820, nonche’, in relazione alla riforma introdotta dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, Cass. pen. n. 27866/15, cit. e n. 27213/18, cit.).
In questa cornice, a fronte delle sbrigative statuizioni contenute in sentenza, potenzialmente idonee a orientare una decisione diversa sono le circostanze di fatto allegate con la deduzione dei vizi di motivazione.
Sicche’ la complessiva censura va accolta.
11.- Fondati, ma nei limiti che seguono, sono il primo e il secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perche’ connessi, coi quali l’Agenzia, in relazione ai rapporti intercorsi tra l’ (OMISSIS) e le s.r.l. 2(OMISSIS) e (OMISSIS), qualificati come di mera intermediazione di manodopera, lamenta ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, articolo 1 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 23, dei principi generali in tema di irpef e del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 21, la’ dove il giudice d’appello ha escluso l’obbligo dell’ (OMISSIS), imprenditore interponente, di versare le ritenute d’acconto sui compensi corrisposti ai lavoratori (primo motivo), nonche’, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficienza della motivazione in ordine all’ammontare delle ritenute versate dagli imprenditori interposti (secondo motivo).
In relazione al regime antecedente all’abrogazione della L. n. 1369 del 1960, indubbiamente, come questa Corte ha piu’ volte affermato (tra varie, Cass. 31 maggio 2013, n. 13748; 17 ottobre 2014, n. 22020; 26 luglio 2017, n. 18476), in caso d’intermediazione di manodopera vietata, tra gli obblighi posti a carico del datore di lavoro effettivo, ossia dell’interponente, alle dipendenze del quale ex lege sono i lavoratori intermediati, v’e’ anche quello di operare la ritenuta d’acconto; sicche’, si e’ aggiunto, se non puo’ esservi che un solo datore di lavoro, l’interponente, non puo’ che esservi altresi’ un solo sostituto d’imposta quale datore di lavoro. Sicche’ le somme corrisposte dall’interponente all’interposto, non potendo remunerare una prestazione derivante da un contratto di appalto, perche’ nessun appalto e’ configurabile, sono destinate nella sostanza a remunerare le ore di lavoro (come emerge d’altronde dal testo della sentenza di primo grado, riprodotta in ricorso e condivisa da quella impugnata, in cui si legge che “documenti reperiti presso la (OMISSIS) s.r.l. e dichiarazioni rese da dipendenti suoi e della (OMISSIS) Srl, dimostrando che le lavorazioni eseguite venivano fatturate semplicemente sulla base delle ore lavorative prestate…”).
11.1.- Nel caso in esame, peraltro, di la’ da ulteriori considerazioni, occorre verificare la sussistenza dell’interesse ad agire dell’Agenzia a pretendere un nuovo versamento dall’interponente qualora il datore di lavoro interposto abbia comunque provveduto a versare le ritenute d’acconto.
Giova sul punto precisare che, in relazione al periodo antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, non si e’ espressamente affrontato questo specifico aspetto, giacche’ in relazione all’unico precedente (Cass. n. 22020/14) in cui si discuteva della rilevanza del versamento delle ritenute a opera dell’interposto, questa Corte ha ritenuto che “tale tesi – ossia l’avvenuto versamento delle ritenute – e’ rimasta a livello di mera enunciazione verbalistica e priva di qualsivoglia riscontro obiettivo, riportato in ricorso per la sua autosufficienza”.
11.2.- Il sostituto d’imposta, ossia il datore di lavoro, e’ obbligato, in forza del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 23, al pagamento d’imposte in luogo di altri, ossia del lavoratore sostituito. Il sostituito si deve difatti ritenere fin dall’origine obbligato solidale al pagamento dell’imposta, sicche’ anch’egli e’ soggetto al potere di accertamento e a tutti i conseguenti oneri, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo aver eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’erario (Cass., ord. 12 giugno 2016, n. 13076). L’intervento del sostituto lascia inalterata la posizione del sostituito (Cass. 5 maggio 2011, n. 9867), il quale, anzi, e’ tenuto a versare al sostituto l’importo che manchi, qualora la ritenuta non trovi capienza, in tutto o in parte, sui contestuali pagamenti in danaro (ultimo nucleo normativo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 articolo 23, comma 1). L’imposta grava difatti sul reddito del lavoratore sostituito, di modo che il datore di lavoro sostituto e’ obbligato al pagamento giustappunto al fine di agevolare la riscossione e di evitare l’evasione.
Il versamento delle ritenute da parte di un terzo, qual e’ l’interposto, ne consente la riscossione e scongiura, almeno in quel caso, l’evasione.
11.3.- Vero e’, come ha sostenuto questa Corte nelle occasioni sopra indicate, che non e’ configurabile in questi casi doppia imposizione; ma non e’ ravvisabile interesse giuridicamente rilevante a sostenere la pretesa di ottenere versamenti gia’ avuti da altri.
Cio’ perche’ degli importi cosi’ versati il terzo interposto non potrebbe chiedere il rimborso al fisco, non sussistendo con esso alcun rapporto tributario, proprio perche’ l’unico soggetto passivo dell’obbligo di ritenuta e’ il datore di lavoro interponente.
Ne’ il terzo potrebbe utilmente esperire un’ordinaria azione di ripetizione dell’indebito: vi osterebbe la combinazione dell’articolo 2036 c.c., comma 1 e 3 (a norma dei quali, rispettivamente, “chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base a un errore scusabile, puo’ ripetere cio’ che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo e delle garanzie del credito” e “quando la ripetizione non e’ ammessa, colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore”), giacche’ non e’ possibile ravvisare errore scusabile dell’interposto, corresponsabile della violazione del divieto d’intermediazione, sanzionata come contravvenzione dalla L. n. 1369 del 1960: non e’ ipotizzabile che l’interposto ignori, al cospetto di un contratto di appalto non genuino del quale e’ parte, che l’effettivo datore di lavoro, e, quindi, l’effettivo obbligato, non e’ lui, ma e’ l’interponente (per l’applicazione di analoghi principi con riguardo all’adempimento, da parte dell’interposto, degli obblighi retributivi e contributivi, vedi Cass. 8 febbraio 2017, n. 3368 e sez. un., 7 febbraio 2018, n. 2990).
11.4. – Nemmeno si potrebbe fare applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 37, u.c., a norma del quale “Le persone interposte, che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati, a norma del comma terzo, ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso”.
La norma in esame ha la funzione di attribuire l’onere del pagamento delle imposte a chi e’ l’effettivo titolare dei redditi (in termini, Cass. 19 ottobre 2018, n. 26415); nel caso in esame, invece, il titolare del reddito non e’ l’interponente, ma e’, ed e’ sempre stato, il lavoratore. Occorre, quindi, accertare in qual misura, se satisfattiva o no, le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano versato le ritenute d’acconto, poiche’ e’ insufficiente sul punto l’assertiva affermazione contenuta in sentenza concernente l’avvenuto versamento, senza ulteriori specificazioni.
Inconferente e’, infine, il laconico riferimento contenuto in ricorso all’apparenza del diritto: il codice civile disciplina si’ la ripetibilita’ del pagamento, ma di quello ottenuto dal creditore apparente e nei confronti del vero creditore (articolo 1189, comma 2).
Va quindi esclusa la ripetibilita’ di quanto versato dall’interposto.
11.5.- A diverse conclusioni si deve pervenire in relazione al periodo successivo all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, in aderenza, per quest’aspetto, a quanto stabilito da Cass. n. 25014/15, cit.
La configurabilita’ dell’obbligo di ritenuta e, quindi, della sostituzione d’imposta implica l’instaurazione del rapporto di lavoro, in virtu’ del quale il datore di lavoro assume la qualita’ di sostituto dei lavoratori sostituiti.
Poiche’, tuttavia, nelle ipotesi di appalto non genuino, perche’ sia costituito il rapporto di lavoro alle dipendenze dell’interponente occorre l’iniziativa giudiziale del lavoratore, in base all’articolo 29 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, che richiama sul punto il comma 2 del precedente articolo 27, in mancanza di tale iniziativa nessun rapporto di lavoro s’instaura e, quindi, nessuna sostituzione si configura. Per conseguenza, nessun obbligo di ritenuta insorge in testa all’interponente (diversamente da quanto, invece, affermato da Cass., ord. n. 19966/18).
11.6.- Giova inoltre precisare che, quand’anche si fossero instaurati i rapporti di lavoro per effetto delle iniziative giudiziali a tanto volte, comunque sarebbe occorso accertare che non vi fossero stati pagamenti da parte degli interposti, in base all’articolo 27, comma 2, del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, richiamato dall’articolo 29, a norma del quale “Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione” (ne fa applicazione, in particolare, Cass., sez. un., n. 2990/18, cit.).
11.7.- Per quest’aspetto, quindi, va affermato il seguente principio di diritto:
“In caso di violazione del divieto d’intermediazione di manodopera, va escluso l’interesse ad agire dell’Agenzia a richiedere il pagamento delle ritenute d’acconto al datore di lavoro interponente, qualora quello interposto le abbia gia’ versate, giacche’ tale versamento non e’ suscettibile di rimborso o di ripetizione; nel regime successivo all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, invece, poiche’ l’obbligo di ritenuta sui redditi di lavoro dipendente postula, da un lato, l’instaurazione del rapporto di lavoro su domanda del lavoratore, e dall’altro, i mancati pagamenti del somministratore, l’omessa costituzione del rapporto di lavoro su iniziativa dei lavoratori, nei casi prescritti dall’articolo 27 del suddetto decreto, richiamato dal successivo articolo 29, impedisce comunque l’insorgenza in capo all’interponente dell’obbligo di operare le ritenute”.
12.- In definitiva, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione.
12.1.- Ne risulta esclusa in radice la rilevanza della questione di legittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 23, sollevata dalla difesa della contribuente.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia-Giulia in diversa composizione.

Avv. Renato D’Isa

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *