Vendita internazionale di beni mobili

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 dicembre 2022| n. 36144.

Vendita internazionale di beni mobili

In caso di vendita internazionale di beni mobili, i criteri relativi alla qualità, al funzionamento e all’imballaggio delle merci, di cui al comma 2 dell’art. 35 della Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980, ratificata in Italia dalla l. n. 765 del 1985, ancorché non obbligatori, si presumono parte del contratto e, salvo diversa pattuizione delle parti, vincolano il venditore, con la conseguenza che, ai fini dell’azione di riduzione del corrispettivo, opera la regola secondo la quale le merci sono conformi al contratto solo se sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso genere.

Ordinanza|12 dicembre 2022| n. 36144. Vendita internazionale di beni mobili

Data udienza 13 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Vendita internazionale di merci – Inadempimento – Riduzione prezzo – Risarcimento danni – Convenzione di Vienna 11 aprile 1980 – Disciplina della materia

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere

Dott. ROLFI Federico V.A. – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al n. 30112/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) GMBH, in persona dei legali rappresentanti (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 1884/2017, pubblicata il 18 ottobre 2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 luglio 2022 dal Consigliere Chiara Besso Marcheis.

Vendita internazionale di beni mobili

PREMESSO

CHE:
1. La societa’ (OMISSIS) GmbH ( (OMISSIS)) citava in giudizio la societa’ (OMISSIS) s.p.a. ( (OMISSIS)) davanti al Tribunale di Chieti, chiedendo di accertare l’inadempimento della convenuta e di condannarla al pagamento di Euro 562.848,20, pari agli importi di due fatture emesse dall’attrice e non pagate dalla convenuta. (OMISSIS) si costituiva e deduceva che l’attrice aveva effettuato tre forniture, regolarmente pagate, che avevano creato problemi a causa della non conformita’ della merce venduta, cosi’ che si era rivalsa sulle fatture successive lasciate deliberatamente inevase; la convenuta chiedeva quindi di accertare i difetti delle forniture di cui sopra e di ridurre il prezzo delle medesime, cosi’ condannando l’attrice alla restituzione di Euro 549.811,30, da compensare con il credito vantato dall’attrice per le successive forniture, oltre che al risarcimento del danno.
Con sentenza n. 243/2011 il Tribunale di Chieti, in parziale accoglimento della domanda di pagamento proposta dall’attrice e in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale di compensazione della convenuta, condannava quest’ultima al pagamento di Euro 274.031,60. Il Tribunale rilevava che dalla consulenza tecnica d’ufficio era emerso che l’acciaio fornito dall’attrice era conforme alla scheda tecnica, tuttavia il predetto acciaio presentava un valore molto basso di silicio, pari allo 0.014, rispetto ai valori di 0.24 e 0.30 di altri produttori e che il problema, pero’, si era posto solo quando la convenuta aveva variato il diametro e lo spessore dei tubi prodotti senza informarne la ditta produttrice; il Tribunale escludeva quindi che le tre forniture fossero affette da vizi.
2. Riveco (OMISSIS) s.p.a., cessionaria del ramo d’azienda di (OMISSIS), ha impugnato la pronuncia. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1884/2017, ha parzialmente accolto il gravame e ha condannato l’appellante al pagamento della minore somma di Euro 16.513,30. La Corte d’appello ha anzitutto precisato che il contratto oggetto di causa e’ disciplinato dalla convenzione di Vienna sulla vendita internazionale, dato che i crediti reciprocamente vantati dalle parti scaturiscono da forniture internazionali di beni mobili, e che la disciplina dettata dalla convenzione si sostituisce alle legislazioni dei singoli stati. La Corte d’appello ha poi ritenuto che, ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lettera a) e articolo 36, comma 1 della convenzione, le merci vendute si considerano conformi al contratto solo se sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso genere. Nel caso in esame – ad avviso del giudice d’appello – “la peculiare composizione chimica dell’acciaio fornito da (OMISSIS), pur non costituendo vizio del prodotto, inteso come anomalia o imperfezione della cosa venduta, aveva reso tuttavia la merce acquistata non adatta all’uso al quale abitualmente servirebbero merci dello stesso tipo, ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lettera a) della convenzione di Vienna”.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS) GmbH.
Resiste con controricorso Riveco (OMISSIS) s.p.a..
Memoria e’ stata depositata sia dalla ricorrente che dalla controricorrente.

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CONSIDERATO

CHE:
I. Il ricorso e’ articolato in due motivi.
1) Il primo motivo contesta “erronea applicazione dell’articolo 35, comma 2, lettera a) della convenzione di Vienna della vendita internazionale di merci”: dell’articolo 35, il comma 1 consacra il generale principio della autonomia contrattuale e pone quale primo criterio risolutivo delle controversie inerenti la non conformita’ della merce venduta la corrispondenza tra quanto fornito e quanto pattuito nel contratto intercorso tra le parti; tale principio generale viene meno solo quando le parti nulla abbiano pattuito, essendovi una gerarchia tra il primo e il comma 2, cosi’ che solo in assenza di una regolamentazione pattizia o in presenza di “una oltremodo lacunosa” manifestazione della volonta’ delle parti trovano applicazione i criteri generici e oggettivi di cui al comma 2. Nel caso in esame, ove l’acquirente aveva inviato alla venditrice la scheda tecnica recante la tabella riassuntiva dei vari elementi chimici, che in particolare riguardo al silicio richiedeva che non fosse superiore allo 0.45% senza indicare alcuna percentuale minima, andava in radice esclusa l’applicazione dell’articolo 35, comma 2 della convenzione.
Il motivo e’ infondato. Correttamente la Corte d’appello ha affermato che il contratto oggetto di causa e’ disciplinato dalla convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci dell’11 aprile 1980, ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. n. 765 del 1985. Ai sensi dell’articolo 1 della convenzione, la medesima “si applica ai contratti di vendita delle merci fra parti aventi la loro sede di affari in Stati diversi (…) quando questi Stati sono Stati contraenti”. L’Italia e la Germania, ove hanno rispettivamente sede la controricorrente e la ricorrente, sono Stati contraenti della convenzione, che trova quindi applicazione al caso in esame.
L’articolo 35 della convenzione dispone al comma 1 che “il venditore deve consegnare merci la cui quantita’, qualita’ e genere corrispondono a quelli previsti dal contratto, e il cui imballaggio e
confezione corrispondono a quelli previsti dal contratto”; al
comma 2 specifica che “a meno che le parti non convengano altrimenti, le merci sono conformi al contratto solo se: a) sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso genere”. La ricorrente contrappone la propria interpretazione dei rapporti tra primo e comma 2 dell’articolo a quella fatta propria dalla Corte d’appello. Il giudice d’appello ha interpretato l’articolo 35 affermando che “le merci vendute si considerano conformi al contratto solo se sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso genere”, con diritto dell’acquirente di ottenere, ai sensi dell’articolo 50 della convenzione, la riduzione del corrispettivo proporzionalmente alla differenza tra il valore effettivo delle merci al momento della consegna e il valore che esse avrebbero avuto se conformi al contratto. In tal modo, la Corte d’appello ha ritenuto che i criteri fissati all’articolo 35, comma 2 si applichino ai contratti di vendita determinando la conformita’ al contratto delle merci vendute e che tali criteri non si pongano in via subordinata o sussidiaria rispetto alle determinazioni contrattuali, cosi’ che la mancata applicazione del criterio di cui all’articolo 35, comma 2, lettera a) – rilevante nel caso di specie – deve risultare da una specifica previsione concordata tra le parti.

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La dottrina italiana in genere afferma la natura suppletiva dei criteri fissati dall’articolo 35 rispetto all’accordo delle parti, cosi’ che tali criteri troverebbero applicazione solo quando il contratto non fornisca specificazioni o non fornisca specificazioni esaurienti in ordine alla quantita’, qualita’ e descrizione delle merci (in tal senso pure alcune pronunzie di merito, cfr. Trib. Forli’ 9 dicembre 2008, in CISG Database, case 867). Nel caso in esame sicuramente vi sono state determinazioni contrattuali specifiche, avendo l’acquirente inviato l’ordine corredato da una analitica scheda tecnica che prevede le caratteristiche chimiche del materiale, ove in relazione al silicio e’ indicata la percentuale massima dello 0,45. Proprio l’esistenza delle determinazioni contrattuali specifiche comporterebbe – ad avviso della ricorrente – l’inapplicabilita’ al caso di specie del criterio dell’idoneita’ dell’acciaio venduto agli scopi per i quali i beni del tipo previsto sono ordinariamente utilizzati.
La conclusione non puo’ essere condivisa. La menzionata scheda tecnica individua il limite massimo del silicio, ma nulla dice in ordine alla quantita’ minima che doveva essere presente nell’acciaio acquistato per renderlo idoneo al suo concreto utilizzo, concreto utilizzo che la Corte d’appello ha ritenuto – con accertamento in fatto – che rientrasse nelle comuni produzioni di un’impresa come (OMISSIS).
Nel caso in esame, pertanto, ove le parti non hanno escluso l’applicazione del criterio della normale idoneita’ delle merci, trova applicazione dell’articolo 35, il comma 2 della convenzione. Come si legge nel Digest of Case Law elaborato dalla Commissione delle Nazioni Unite sul commercio internazionale, il comma 2 dell’articolo 35 stabilisce quali sono i criteri relativi alla qualita’, funzionamento e imballaggio delle merci che, seppure non obbligatori, si presumono parte dei contratti di vendita; in altre parole, questi criteri vincolano il venditore anche se non vi e’ un positivo accordo al riguardo, cosi’ che, se le parti non vogliono che tali criteri si applichino al contratto tra loro concluso, esse devono, secondo le parole dell’articolo 35, “disporre diversamente”. Pertanto, a meno che le parti esercitino la loro autonomia contrattuale ed escludano i suddetti criteri esse sono a questi vincolate (cfr. Digest of Case Law on the United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods, ed. 2016, p. 141). La ricorrente fa riferimento al Digest of Case Law, richiamando due casi giurisprudenziali tedeschi citati dal Digest in relazione all’articolo 35, comma 1 casi estranei alla fattispecie in esame: il primo caso, deciso il 25 giugno 1996 dal Landgericht di Padeborn, concerne infatti una ipotesi di mancato rispetto della percentuale minima di una sostanza che era stata specificata nel contratto e che il Tribunale ha quindi ricondotto all’articolo 35, comma 1; il secondo caso, deciso dall’Oberlandesgericht di Frankfurt a.M. il 20 aprile 1994, attiene al tema della conformita’ della merce alle disposizioni vigenti nel paese in cui opera l’acquirente, tema che e’ stato affrontato in modo non univoco dalle giurisprudenze nazionali e in relazione al quale l’Oberlandesgericht di Frankfurt ha affermato che non vi era stata, a fronte del silenzio del contratto sul punto, violazione dell’articolo 35, comma 1 nell’ipotesi di vendita di molluschi contenenti un livello di cadmio superiore a quello fissato dalla legislazione del paese dell’acquirente.
2) Il secondo motivo contesta “l’omesso esame della percentuale di scarto nelle lavorazioni ai fini della quantificazione del danno”: la Corte d’appello ha in ogni caso errato nel quantificare la responsabilita’ delle parti (attribuendo il 30% a carico del venditore e il 70% a carico dell’acquirente), avendo assunto a base del calcolo il prezzo totale della fornitura contestata, cosi’ non considerando che il materiale non poteva essere sfruttato senza scarti.

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Il motivo e’ infondato. La Corte d’appello ha esaminato il profilo della percentuale di scarto nelle lavorazioni, rilevando che il processo di fabbricazione di (OMISSIS) produceva scarti superiori alla norma, dato che la medesima aveva dichiarato che il suo standard di scarti era pari al 20%, mentre dalla consulenza tecnica d’ufficio risulta “che lo scarto ordinario per gli altri produttori si aggira tra lo 0.5 e l’1%”.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in Euro 10.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-bis i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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