Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 28 agosto 2019, n. 36481.
Massima estrapolata:
Va esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto per chi, anche se per soddisfare bisogni primari, colloca una casa mobile fissandola al suolo in assenza di un titolo edilizio.
Sentenza 28 agosto 2019, n. 36481
Data udienza 12 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACETO Aldo – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/12/2018 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Cuomo Luigi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Roma, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di Agrigento, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Palermo confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Agrigento e appellata dall’imputata, che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa, perche’ ritenuta responsabile dei seguenti reati, uniti nel vincolo della continuazione: articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera b) perche’, in concorso con ignoti, in qualita’ di committente e proprietaria, eseguiva lavori di collocazione di una casa mobile modulare di circa 42 mq su un terreno di 1.200 mq sito nel Comune di (OMISSIS) (capo a); Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 95 perche’, in relazione alle opere descritte nel capo a), ricadenti in zona sismica, ometteva di fornire il prescritto preavviso allo sportello unico per l’edilizia (capo b).
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputata, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in riferimento all’articolo 131-bis c.p. e relativo vizio motivazionale. Assume la ricorrente che la Corte territoriale, pur avendo rilevato che le caratteristiche strutturali della casa mobile non consentono di ricondurre la stessa al concetto di costruzione edilizia, avrebbe contraddittoriamente escluso la particolare tenuita’ del danno, senza considerare che le opere realizzate, per un verso, sono di dimensioni ridotte e di tipo provvisorio e, quindi, non comporterebbero una modificazione significativa del territorio, e, per altro verso, sono funzionali a soddisfare bisogni primari, di talche’ anche l’elemento psicologico sarebbe caratterizzato da particolare tenuita’.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), il vizio di violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera e). Osserva la ricorrente che, contrariamente da quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3 – secondo cui per interventi di nuova costruzione si intendono quelli di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio destinati ad essere utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi, ecc. che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee – la casa mobile non sarebbe stata destinata ad uso abitativo, ma solo a deposito o magazzino, in quanto non dotata di corrente elettrica e gas, ne’ di sistema fognario ed allaccio idrico e provvista di ruote e gancio da traino, elementi che attesterebbero inequivocabilmente l’uso temporaneo della costruzione. Inoltre, sostiene la ricorrente, a prescindere dalla natura dell’opera, troverebbe applicazione la Legge Regionale n. 37 del 1985, articolo 5 secondo cui “L’autorizzazione del sindaco sostituisce la concessione per (…) l’impianto di prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo”; di conseguenza, ad avviso della ricorrente, ai sensi della Legge Regionale citata, la sosta o il parcheggio di una casa mobile non richiederebbe alcuna concessione, ma, semmai, un’autorizzazione. Si assume inoltre che i casi in cui si richiede il permesso a costruire, ai fini dell’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44 che sanziona i lavori eseguiti in assenza di permesso, dovrebbero essere individuati da una norma specifica integrativa che, per la regione Sicilia, e’ rappresentata dalle Legge Regionale n. 37 del 1985 e Legge Regionale n. 71 del 1978. Conclude la ricorrente che la previsione del rilascio di autorizzazione, ai sensi della Legge Regionale n. 37 del 1985, articolo 5 comporterebbe l’inesistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44 che circoscrive la contravvenzione al solo caso di difformita’ totale o in assenza del permesso di costruire.
2.3. Con il terzo motivo, si eccepisce violazione e falsa applicazione della legge penale in riferimento all’articolo 133 c.p. Si duole la ricorrente dell’entita’ della pena irrogata che, rapportata alla consistenza del fatto contestato, appare sproporzionata e particolarmente afflittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ meramente riproduttivo delle medesime doglianze gia’ rigettate dalla Corte territoriale con motivazione immune da vizi logici e giuridici.
2. Per dare un ordine logico alla trattazione dei motivi di ricorso, occorre prendere le mosse dal secondo, con cui la ricorrente contesta la sussistenza dei reati.
Il motivo e’ manifestamente infondato perche’ diretto a una diversa valutazione dei dati probatori, non consentita in sede di legittimita’.
2.1. Secondo quanto accertato dai giudici di merito, con doppia valutazione conforme, sul terreno di proprieta’ dell’imputata era stato posizionato un prefabbricato modulare di 42 mq., in parte poggiato su carrello, in parte su pali telescopici, articolato in due unita’ abitative arredate, con ingressi distinti, dotate la prima di cucina, bagno e una camera da letto e la seconda di una cucina, due camere da letto e un vano adibito a bagno; all’esterno, il manufatto presenta una terrazza con parapetti in metalli a protezione e un’area pavimentata con mattoni autobloccanti.
2.2. Cio’ posto, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, la Corte territoriale ha ribadito che il manufatto era adibito ad uso abitativo, il che esclude in radice l’invocata applicazione della disciplina regionale, la quale si riferisce a impianti prefabbricati a uso non abitativo.
La Corte territoriale, inoltre, ha ribadito la sussistenza del reato, facendo corretta applicazione del principio secondo cui e’ configurabile il reato di costruzione edilizia abusiva (Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, comma 1, lettera b)) nell’ipotesi di installazione su un terreno, senza permesso di costruire, di strutture mobili quali camper, roulotte e case mobili, sia pure montate su ruote e non incorporate al suolo, aventi una destinazione duratura al soddisfacimento di esigenze abitative (Sez. 3, n. 25015 del 23/03/2011 – dep. 22/06/2011, Di Rocco, Rv. 250601: nella specie si trattava di case prefabbricate munite di ruote gommate). Si e’ parimenti precisato che integra il reato di costruzione edilizia abusiva la collocazione su un’area di una “casa mobile” con stabile destinazione abitativa, in assenza di permesso di costruire, perche’ quest’ultimo non e’ necessario, ai sensi dell’articolo 3 citato Decreto del Presidente della Repubblica (come modificato dalla L. 3 agosto 2013, n. 98 e dalla L. 23 maggio 2014, n. 80), per i soli interventi in cui ricorrono contestualmente i requisiti di cui al comma 1, lettera e 5), del predetto articolo 3 (collocazione all’interno di una struttura ricettiva all’aperto, temporaneo ancoraggio al suolo, conformita’ alla normativa regionale di settore, destinazione alla sosta ed al soggiorno, necessariamente occasionali e limitati nel tempo, di turisti). (Sez. 3, n. 41067 del 15/09/2015 – dep. 13/10/2015, (OMISSIS), Rv. 264840).
2.3. Nel caso in esame, come anticipato, i giudici di merito hanno accertato che l’opera, seppur potenzialmente mobile e precaria, era fissata al terreno attraverso tubi telescopi posizionati alla base del terreno ed era corredata, nella parte esterna, da una terrazza con parapetti e una pavimentazione in mattino, da cio’ logicamente desumendo che era destinata a soddisfare esigenze abitative di carattere duraturo, come tra l’altro dimostrato dal fatto che dal momento dell’installazione de fabbricatol (settembre 2014) fino al giugno 2015 la casa mobile era rimasta in maniera stabile e perdurante sul fondo dell’imputata.
3. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
3.1. La speciale causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131 bis c.p. applicabile, ai sensi del comma 1, ai soli reati per i quali e’ prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta – e’ configurabile in presenza di una duplice condizione, essendo congiuntamente richieste la particolare tenuita’ dell’offesa e la non abitualita’ del comportamento. Il primo dei due requisiti richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalita’ della condotta e dell’esiguita’ del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133 c.p., cui segue, in caso di vaglio positivo – e dunque nella sola ipotesi in cui si sia ritenuta la speciale tenuita’ dell’offesa -, la verifica della non abitualita’ del comportamento, che il legislatore esclude nel caso in cui l’autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso piu’ reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuita’, nonche’ nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
3.2. Con riferimento, in particolare, alla speciale tenuita’ dell’offesa, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuita’ del fatto richiede una valutazione complessa che prenda in esame tutte le peculiarita’ della fattispecie concreta riferite alla condotta in termini di possibile disvalore e non solo di quelle che attengono all’entita’ dell’aggressione del bene giuridico protetto, che comunque ricorre senza distinzione tra reati di danni e reati di pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 266590).
3.3. Nel caso in esame, la Corte territoriale, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, ha correttamente negato la sussistenza dei presupposti integranti la causa di non punibilita’ in esame, per l’assorbente ragione che e’ stata esclusa la “speciale tenuita’” dell’offesa in considerazione del tipo e delle dimensioni del manufatto, come sopra descritto.
4. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
4.1. Va osservato che la graduazione della pena rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; non e’ percio’ consentita la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. Peraltro, l’impegno motivazionale da parte del giudice e’ direttamente proporzionale all’entita’ della pena inflitta: quanto piu’ il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto piu’ ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’articolo 133 c.p., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio. (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008 – dep. 15/09/2008, Bonarrigo e altri, Rv. 241189). Di conseguenza, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’articolo 125 c.p.p., comma 3, anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravita’ del reato o alla personalita’ del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007 – dep. 03/09/2007, Ruggieri, Rv. 237402).
4.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale si e’ attenuta ai principi ora evocati, ribadendo il giudizio in ordine alla congruita’ della pena, peraltro inflitta in misura prossima al minimo edittale, con cio’ dimostrando di aver valutato i criteri di cui all’articolo 133 c.p..
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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