Usucapione della proprietà di un fondo destinato ad uso agricolo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 gennaio 2022| n. 1796.

Usucapione della proprietà di un fondo destinato ad uso agricolo.

In relazione alla domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione della proprietà di un fondo destinato ad uso agricolo non è sufficiente, ai fini della prova del possesso “uti dominus” del bene, la sua mera coltivazione, poiché tale attività è pienamente compatibile con una relazione materiale fondata su un titolo convenzionale o sulla mera tolleranza del proprietario e non esprime, comunque, un’attività idonea a realizzare esclusione dei terzi dal godimento del bene che costituisce l’espressione tipica del diritto di proprietà. A tal fine, pur essendo possibile in astratto per colui che invochi l’accertamento dell’intervenuta usucapione del fondo agricolo conseguire senza limiti la prova dell’esercizio del possesso “uti dominus” del bene, la prova dell’intervenuta recinzione del fondo costituisce, in concreto, la più rilevante dimostrazione dell’intenzione del possessore di esercitare sul bene immobile una relazione materiale configurabile in termini di “ius excludendi alios” e, dunque, di possederlo come proprietario escludendo i terzi da qualsiasi relazione di godimento con il cespite predetto .

Ordinanza|20 gennaio 2022| n. 1796. Usucapione della proprietà di un fondo destinato ad uso agricolo

Data udienza 1 dicembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: USUCAPIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 6682/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 384/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 31/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato nel giugno 2003 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) evocavano in giudizio (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Busto Arsizio, invocando l’accertamento dell’intervenuta usucapione, in loro favore, della piena proprieta’ di un fondo sito nel territorio del Comune di (OMISSIS). Nella resistenza della convenuta, il Tribunale, con sentenza n. 455/2016, rigettava la domanda, ritenendo insufficiente, ai fini della prova del possesso ad usucapionem, la mera coltivazione del fondo.
Interponevano appello avverso detta decisione le originarie attrici e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, n. 384/2017, resa nella resistenza della (OMISSIS), riformava la decisione di prime cure, accogliendo la domanda di usucapione.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), affidandosi ad un unico motivo, articolato in diversi profili.
Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimita’ dell’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il l’unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 114, 1158, 1159, 1165 c.c., articoli 184, 346, 115, 116, 246 e 346 c.p.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo. La censura, in realta’, si articola in sei distinti profili.
In primo luogo, la (OMISSIS) contesta l’affermazione secondo cui il teste (OMISSIS), che aveva curato i suoi interessi in passato, aveva un potenziale interesse alla causa e fosse dunque inattendibile. In secondo luogo, la ricorrente si duole della mancata considerazione, da parte della Corte distrettuale, che l’occupazione del terreno da parte degli odierni controricorrenti, e prima di essi del loro dante causa, era dovuta a mera tolleranza della (OMISSIS), come – tra l’altro – confermato proprio dalla testimonianza (OMISSIS). In terzo luogo, la (OMISSIS) lamenta l’erronea valorizzazione, da parte del giudice di seconda istanza, della semplice coltivazione del fondo, che di per se’ non costituirebbe elemento sufficiente ai fini della prova del possesso utile ad usucapionem. In quarto luogo, la ricorrente si duole dell’erronea valutazione delle dichiarazioni da lei rese in sede di interrogatorio. In quinto luogo, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente configurato l’usucapione del terreno ai sensi dell’articolo 1159 c.c., senza considerare che la coltivazione del fondo non rileva ai fini della prova del possesso utile ad usucapire. Infine, la (OMISSIS) contesta la ricostruzione operata dal Giudice di merito, poiche’ gli odierni controricorrenti potevano al massimo essere ritenuti meri detentori dell’immobile, ma non possessori.
Il terzo, quinto e sesto profilo dell’unica articolata doglianza in esame, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Va, sul punto, ribadito il principio, piu’ volte affermato da questa Corte, secondo cui non e’ sufficiente la mera coltivazione del fondo, ai fini della prova del possesso utile ad usucapionem, perche’ essa “…non esprime in modo inequivocabile l’intento del coltivatore di possedere, occorrendo, invece, che tale attivita’ materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprieta’, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa e’ svolta uti dominus; costituisce, pertanto, accertamento di fatto, rimesso al giudice del merito, valutare, caso per caso, l’intero complesso dei poteri esercitati su un bene, non limitandosi a considerare l’attivita’ di chi si pretende possessore, ma considerando anche il modo in cui tale attivita’ si correla con il comportamento concretamente esercitato del proprietario” (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 6123 del 05/03/2020, Rv. 657277; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18215 del 29/07/2013, Rv. 627301).
La coltivazione deve quindi essere accompagnata da “univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa e’ svolta uti dominus; l’interversione nel possesso non puo’ avere luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia possibile desumere che il detentore abbia iniziato ad esercitare il potere di fatto sulla cosa esclusivamente in nome proprio e non piu’ in nome altrui, e detta manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento e della concreta opposizione al suo possesso” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17376 del 03/07/2018, Rv.649349; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4404 del 28/02/2006, Rv. 587753, secondo cui “L’accertamento, in concreto, degli estremi dell’interversione del possesso integra un’indagine di fatto, rimessa al giudice di merito, sicche’ nel giudizio di legittimita’ non puo’ chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame la condotta della parte, per trarne elementi di convincimento, ma si puo’ solo censurare, per omissione o difetto di motivazione, la decisione di merito che abbia del tutto trascurato o insufficientemente esaminato la questione di fatto della interversione”).
Nel caso di specie, la Corte di Appello non ha condotto alcuna valutazione ulteriore rispetto alla verifica del mero fatto che i controricorrenti avessero coltivato il terreno, ed ha erroneamente ritenuto questo elemento sufficiente ai fini della prova del possesso utile ad usucapionem. Merita di essere precisato, in proposito, che il possesso utile ai fini della configurazione dell’acquisto del diritto di proprieta’ a titolo originario per usucapione non si risolve nella mera utilizzazione del fondo, ma deve concretarsi in atti idonei ad esprimere, in concreto, l’esercizio della signoria uti dominus sul bene. Sotto questo profilo, poiche’ la connotazione principale del diritto di proprieta’ e’ la facolta’ di escludere i terzi dal godimento del bene che ne costituisce oggetto (cd. ius excludendi alios), il giudice di merito deve accertare, in concreto, se il soggetto che si trova in relazione materiale con la res abbia dimostrato non soltanto di averlo utilizzato, ma di averne, per l’appunto, precluso ai terzi la fruizione.
Con specifico riferimento ai fondi agricoli, che – per loro stessa natura – sono destinati allo sfruttamento agricolo, si pone il problema della modalita’ con la quale, in concreto, lo ius excludendi alios possa, o debba, essere manifestato. Al riguardo, va considerato che la piu’ eclatante espressione del diritto di proprieta’ e’ rappresentata dalla facolta’ di chiudere il fondo, ai sensi dell’articolo 841 c.c.. La recinzione materiale del fondo agricolo, quindi, costituisce la piu’ importante espressione dello ius excludendi alios. Cio’ non esclude, naturalmente, che la prova del comportamento idoneo ad escludere i terzi dal godimento del bene possa essere conseguita aliunde; tuttavia, e’ certo che la recinzione materiale del terreno costituisca una manifestazione non equivoca della volonta’ del soggetto che si trovi in relazione materiale con il bene di escludere i terzi da qualsiasi relazione con esso. Pertanto, colui che si trovi nella detenzione di un fondo agricolo, del quale intenda usucapire la piena proprieta’, e’ onerato di dimostrare di aver compiuto tutti gli atti idonei ad esprimere, in concreto, il suo diritto di proprieta’ su detto cespite, e dunque di aver escluso i terzi dal relativo godimento; esclusione che trova la sua primaria espressione, come gia’ detto, nella recinzione del fondo.
In conclusione, puo’ essere affermato il seguente principio di diritto: “In relazione alla domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione della proprieta’ di un fondo destinato ad uso agricolo, non e’ sufficiente, ai fini della prova del possesso “uti dominus” del bene, la sua mera coltivazione, poiche’ tale attivita’ e’ pienamente compatibile con una relazione materiale fondata su un titolo convenzionale, o sulla mera tolleranza del proprietario, e non esprime comunque un’attivita’ idonea a realizzare l’esclusione dei terzi dal godimento del bene, che costituisce l’espressione tipica del diritto di proprieta’. A tal fine, pur essendo possibile, in astratto, per colui che invochi l’accertamento dell’intervenuta usucapione del fondo agricolo, conseguire senza limiti la prova dell’esercizio del possesso “uti dominus” del bene, la prova dell’intervenuta recinzione del fondo costituisce, in concreto, la piu’ rilevante dimostrazione dell’intenzione del possessore di esercitare, sul bene immobile, una relazione materiale configurabile in termini di ius excludendi alios, e dunque di possederlo come proprietario, escludendo i terzi da qualsiasi relazione di godimento con il cespite predetto”.
L’accoglimento, nei termini indicati, del terzo, quinto e sesto profilo dell’unico motivo di ricorso, implica l’assorbimento dei restanti profili. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’. Il giudice del rinvio si conformera’ al principio di diritto espresso in motivazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il terzo, quinto e sesto profilo dell’unico motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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