Un regime di previa autorizzazione amministrativa

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 1 agosto 2019, n. 5480.

La massima estrapolata:

Un regime di previa autorizzazione amministrativa, perché sia giustificato anche quando deroghi ad una libertà fondamentale garantita dai Trattati e dal diritto dell’Unione, deve essere fondato “su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che garantiscono la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali”; anche la valutazione del fabbisogno, alla quale la legislazione nazionale vincola il rilascio dell’autorizzazione, non può essere pertanto illimitata né lasciare spazio a ingiustificate e sproporzionate restrizioni dell’iniziativa economica.

Sentenza 1 agosto 2019, n. 5480

Data udienza 11 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 406 del 2019, proposto da
Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo e Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Me. S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avvocato Al. Ru., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
Comune di (omissis) non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo sez. 1^ n. 233 depositata il 7 giugno 2018 con cui – dichiarato improcedibile, con separata sentenza parziale, il ricorso per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dal Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della Regione Abruzzo in relazione all’istanza presentata in data 21 febbraio 2014 dalla Società allora ricorrente, con la quale era richiesto al Comune di (omissis) il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di una struttura sanitaria per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali – erano accolti i motivi aggiunti, per l’annullamento del decreto del Commissario ad acta 20 maggio 2016, n. 46;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Me. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti l’Avvocato Al. Ru. e l’Avvocato dello Stato Ga. Na.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso di appello di cui in epigrafe, il Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della Regione Abruzzo e la Regione Abruzzo contestano la sentenza di primo grado con cui erano accolti i motivi aggiunti al ricorso proposto dalla Società odierna appellata, che aveva presentato al Comune di (omissis) istanza di autorizzazione all’apertura di una struttura per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali di specialistica medica e chirurgica, avverso il decreto commissariale, intervenuto nelle more del giudizio avverso il silenzio, di diniego del nulla osta di compatibilità programmatoria ai sensi dell’art. 3 comma 5 lett. b) della l.r. Abruzzo n. 32/2007- emanato in attuazione dei principi di cui all’art. 8 ter citato – sulla scorta degli esiti negativi della verifica del fabbisogno di prestazioni sanitarie nel settore oggetto dell’istanza.
Censurano l’interpretazione del primo giudice, laddove afferma che la saturazione del fabbisogno non possa essere opposta quale motivo ostativo al rilascio dell’autorizzazione a soggetti che intendano offrire servizi in regime esclusivamente privatistico. Richiamano a tal riguardo la sentenza di questa Sezione, del 21 febbraio 2017, n. 792, che ha affermato espressamente che il legislatore non ha individuato un doppio regime per le attività svolte nell’ambito dell’attività privata e quelle in regime di accreditamento, in quanto ai fini della programmazione e della pianificazione degli interventi non vi è differenza, poiché lo strumento di pianificazione assolve alla funzione di garantire la corretta distribuzione sul territorio delle apparecchiature in modo che siano servite adeguatamente tutte le zone, anche quelle “a bassa redditività “, che in mancanza di tale strumento non sarebbero coperte.
Si è costituita la Società appellata per resistere, eccependo in primo luogo l’inammissibilità dell’appello in quanto sulla base delle necessità di fabbisogno di cui alla delibera n. 209 del 2018, la Regione ha demandato al Servizio regionale programmazione socio-sanitaria l’istruttoria in ordine all’ammissibilità delle domande ed al rilascio del parere di compatibilità di cui all’art. 3, l. reg. n. 32 del 2007.
Nel merito, nel chiedere la conferma della sentenza di prime cure, la Società appellata sottolinea la correttezza del sentenza predetta laddove evidenzia che il parere è stato negativo sul solo presupposto della copertura del fabbisogno indipendente da una valutazione della migliore accessibilità ai servizi ed alla valorizzazione delle aree interessate. In vero, la sentenza non avrebbe negato la necessità della valutazione regionale per il caso di autorizzazione, ma solo richiesto una più adeguata motivazione.
L’illegittimità del primo provvedimento si evincerebbe anche dal fatto che, mentre con decreto n. 46 del 2016 l’Amministrazione si era basata unicamente sul fabbisogno parcellizzato adottato con il decreto commissariale n. 46 del 2013, a distanza di solo un anno è pervenuta a rideterminare il fabbisogno distribuendolo per aree territoriali corrispondenti alle AA.SS.LL..
A seguito delle memorie di replica, la causa è trattenuta in decisione all’udienza dell’11 luglio 2019.

DIRITTO

I – In primo luogo non può condividersi l’eccezione di inammissibilità, in quanto l’appello dell’Amministrazione è teso ad affermare la correttezza del parere negativo sulla base della valutazione del fabbisogno in esso richiamato.
Del resto permane, altresì, l’interesse della appellata con riferimento alla necessità di un’indagine precipua ed attuale sul fabbisogno al momento della presentazione dell’istanza nel 2014.
II – Osserva il Collegio che la Sezione ha di recente (sent. n. 1589 del 2019) svolto una complessa disamina sulla problematica oggetto del presente giudizio, ponendo i seguenti principi, dai quali non vi è motivo di discostarsi:
– l’autorizzazione per la realizzazione delle strutture sanitarie e sociosanitarie ex art. 8-ter, co. 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, deve restare inserita nell’ambito della programmazione regionale, in quanto la verifica di compatibilità, effettuata dalla Regione, ha proprio il fine di accertare l’armonico inserimento della struttura in un contesto di offerta sanitaria rispondente al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di garantire meglio l’accessibilità ai servizî e di valorizzare le aree di insediamento prioritario delle nuove strutture;
– è compatibile con il diritto della concorrenza e con i principi di derivazione UE la scelta del legislatore di sottoporre anche il rilascio della mera autorizzazione sanitaria alla previa valutazione di compatibilità con la programmazione regionale, con ciò privilegiando la tutela del diritto alla salute ed alla accessibilità a cure di standard qualitativo adeguato, e, per altro verso, evitando il fenomeno di un’offerta di prestazioni sanitarie con alta remunerazione, che risulti sovradimensionata rispetto al fabbisogno effettivo della collettività e, quindi, dia luogo anche a processi di eccessiva concorrenza, che potrebbero portare ad un inaccettabile caduta del livello della prestazione sanitaria o, comunque, alla utilizzazione di tecniche non virtuose di orientamento della scelta dell’assistito;
– sulla scorta delle indicazioni provenienti dal giudice europeo può affermarsi che un regime di previa autorizzazione amministrativa, perché sia giustificato anche quando deroghi ad una libertà fondamentale garantita dai Trattati e dal diritto dell’Unione, deve essere fondato “su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che garantiscono la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali” (§ 64 della sentenza della Corte di Giustizia, Grande Camera, 10 marzo 2009, C-169/07); anche la valutazione del fabbisogno, alla quale la legislazione nazionale vincola il rilascio dell’autorizzazione, non può essere pertanto illimitata né lasciare spazio a ingiustificate e sproporzionate restrizioni dell’iniziativa economica.
Non può, dunque, condividersi la scelta ermeneutica del primo giudice, ribadendosi la necessità di una formulazione del parere alla luce di una compiuta valutazione del fabbisogno.
Ciò che risulta necessario – come detto – è una valutazione del fabbisogno accurata ed attualizzata, che sia preceduta e sorretta da una idonea istruttoria sull’esistenza di una determinata domanda sanitaria sul territorio e di una correlativa offerta da parte delle strutture private, senza che ciò si traduca di fatto in un illegittimo blocco, a tempo indeterminato, all’accesso del nuovo operatore sul mercato.
III – Nel caso che occupa il parere negativo impugnato appare ancorato ad una ricognizione del fabbisogno che risulta attualizzata alla data della domanda.
Il parere, infatti, risulta motivato sulla base della “nota prot. n. RA/178139/COMM del 06.07.2015, con cui l’Organo Commissariale ha comunicato, ai sensi dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990 e s.m.i. il preavviso di diniego del nulla-osta di compatibilità programmatoria di cui all’art. 3, comma 5, lett. b) LR. 32/2007 e s.m.i. sulla predetta istanza” per il che, “nell’ambito del Distretto Sanitario di Base n. 3 dell’Azienda USI 01 (omissis)-Sulmona-L’Aquila in cui, ai sensi del PSR 2008-2010 approvato con LR. n. 5/2008, insiste il Comune dl (omissis), il fabbisogno dl branche a visita, di ambulatori di diagnostica per immagini, dl PPE (punti prelievo esterni) e di Centri di medicine dello sport di I livello, come stabilito dai Decreti del Commissario ad Acta n. 67/2012, n. 46/2013, n. 85/2013 e 44/2014 e dalla LR. n. 132/1997, era incapiente già al momento della presentazione dell’istanza in oggetto”.
Né del resto la parte appellata ha inteso censurare i criteri di determinazione del fabbisogno prefissati posti a fondamento dei decreti commissariali.
IV – Tali considerazioni non sono smentite dalla successiva determinazione contenuta nella deliberazione n. 417 del 2017, che non può che disporre per il futuro. In essa è chiaramente evidenziata la possibilità di assentire ulteriori richieste di autorizzazione, per la copertura del fabbisogno straordinario che prescinda dal successivo accreditamento, sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle domande e previa conferma dell’interesse.
V – Ne discende che l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di prime cure n. 233 del 2018, devono essere respinti i motivi aggiunti proposti nel primo giudizio.
VI – In considerazione della complessità della fattispecie esaminata sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, in riforma della sentenza di prime cure n. 233 del 2018, respinge i motivi aggiunti proposti primo giudizio.
Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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