Nel giudizio di ottemperanza la potestas iudicandi del giudice

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 2 agosto 2019, n. 5499.

La massima estrapolata:

Nel giudizio di ottemperanza la potestas iudicandi del giudice amministrativo è limitata alla sola interpretazione del contenuto del giudicato con esclusione di un sindacato integrativo basato su elementi esterni e sopravvenuti.

Sentenza 2 agosto 2019, n. 5499

Data udienza 30 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6300 del 2018, proposto da
F.I.C.E.I. – Federazione italiana consorzi ed enti di industrializzazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Cl. e Ca. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Cl. Le. in Roma, via (…);
contro
Consorzio In. de. (già Consorzio per il Nu. di In. di To. – Ar.), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 5170/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2019 il Cons. Giovanni Grasso e udito per la parte ricorrente l’avvocato Ma. Cl. Le.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con rituale ricorso ex art. 112 c.p.a., proposto presso il TAR per il Lazio – sede di Roma, la Federazione italiana consorzi ed enti di industrializzazione, come in atti rappresentata e difesa, invocava, in danno del Consorzio In. de., l’ottemperanza del decreto ingiuntivo n. 36631 del 6 agosto 2014, reso inter partes dal Tribunale di Roma, per un ammontare complessivo (residuale rispetto alle somma già erogate) di Euro 23.009,47.
Dando seguito alla richiesta di chiarimenti formulata ex officio, con memoria ex art. 73, comma 3 c.p.a., precisava:
a) che l’azionato provvedimento monitorio aveva ad oggetto il pagamento dei contributi associativi dovuti dal Consorzio per l’associazione alla Federazione, a fronte dell’attività svolta dalla stessa per coadiuvare i Consorzi nell’espletamento delle competenze istituzionali;
b) che, in esito alla definitiva esecutività dell’ingiunzione ed alla pedissequa notifica del precetto e di atto di pignoramento presso terzi, era intercorso tra le parti accordo di rateizzazione, rimasto, nondimeno, inadempiuto, a dispetto dei reiterati solleciti ad exequendum;
c) che – trattandosi di mera modalità convenzionale di attuazione del rapporto obbligatorio – la concessa rateizzazione non comportava, né comporta, all’evidenza novazione dell’originaria prestazione oggetto dell’ottemperando decreto, tanto più che l’inadempimento prefigurava una concessione automaticamente risolutiva della divisata dilazione, con consequenziale reviviscenza della pretesa al pagamento dell’intero credito.
2.- Con l’epigrafata statuizione, il primo giudice ha, peraltro, ritenuto che la controversia, così come incardinata, esulasse dall’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo in sede di ottemperanza. E ciò sul complessivo ed argomentato assunto:
a) che, relativamente alla attuazione delle sentenze passate in giudicato (o, come nella specie, dei “provvedimenti ad esse equiparati”), il giudizio di ottemperanza è ammesso solo “al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato” (art. 112, comma. 2, lett. c), d) ed e) c.p.a.);
b) che, pertanto, i “momenti di cognizione” ivi ammessi possono essere solo quelli strettamente consequenziali al giudicato o ad esso strettamente connessi (i.e: domanda di interessi e rivalutazione successivamente maturati, dei danni consequenziali all’inesecuzione o alla impossibilità di esecuzione, chiarimenti sul giudicato), non essendo, con ciò, concepibili momenti di cognizione “autonomi”, in relazione a sopravvenienze o spazi lasciati bianchi dal giudicato;
c) che, in effetti, a diversamente opinare, sarebbero alterate le regole sul riparto di giurisdizione, e l’ottemperanza diventerebbe la sede per attribuire al giudice amministrativo spazi di cognizione in ambiti riservati ad altre giurisdizioni;
d) che, in definitiva, operando il limite esterno della giurisdizione, le quante volte la cognizione della questione controversa, la cui soluzione fosse necessaria ai fini della verifica dell’esatto adempimento dell’amministrazione obbligata, risultasse, giusta gli ordinari criteri di riparto, devoluta ad altro giudice, soltanto questi potrebbe provvedere in proposito (cfr. Cass.., SS.UU.., 19 dicembre 2011, n. 27277);
e) che, nella specie – a prescindere dalla esatta qualificazione giuridica dell’accordo di rateizzazione intervenuto tra le parti post litem judicatam (accordo transattivo, novazione o mera moratoria) – fosse evidente che si trattava comechessia di una sopravvenienza rispetto al giudicato, estranea all’originaria portata del decreto da eseguire, postulante, come tale, una “cognizione integrativa” e non “meramente esecutiva”, in materia non rientrante nell’ambito della giurisdizione amministrativa.
3.- Avverso la ridetta statuizione insorge, con atto notificato nei tempi e nelle forme di rito, la Federazione, che ne argomenta la complessiva erroeneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma, nei prioritari sensi dell’accoglimento delle formalizzate istanze ovvero con gradato esito di rimessione prosecutoria al primo giudice.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e, nei sensi e per gli effetti di cui alle considerazioni che seguono, merita di essere accolto.
2.- In termini generali, va ribadita la premessa, conforme al comune e consolidato intendimento, per cui le pronunce integrative del giudicato in sede di ottemperanza sono ammissibili solo ove i momenti di cognizione siano strettamente consequenziali o connessi al giudicato medesimo, non essendo concepibili momenti di cognizione autonomi, in relazione a sopravvenienze o spazi lasciati bianchi dal giudicato (cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2016, n. 3394), con il corollario che il potere interpretativo del giudicato, che è connesso al giudizio di ottemperanza in quanto giudizio d’esecuzione (e, quindi, può incidere anche su diritti soggettivi), si deve esercitare solo sugli elementi interni del giudicato stesso e non su questioni, domande o vicende esterne al giudicato, la cui valutazione spetta alla cognizione del giudice munito di giurisdizione.
In sede interpretativa, quindi, la potestas iudicandi del giudice amministrativo è limitata alla sola interpretazione del contenuto del giudicato con esclusione di un sindacato integrativo basato su elementi esterni e sopravvenuti.
Il principio, dal quale non sussistono ragioni per decampare, trae conferma dalla natura eccezionale (e, come tale, di stretta interpretazione) della attribuzione al giudice amministrativo di questioni rimesse, giusta l’ordinario criterio di riparto, alla cognizione di altro plesso giurisdizionale.
Per tal via, non è revocabile in dubbio che il ricorso per ottemperanza sia inammissibile in presenza di accordo transattivo (o, più comprensivamente, novativo) intercorso tra le parti successivamente al formarsi del giudicato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2006, n. 4214): opinare diversamente significherebbe legittimare la cognizione del giudice amministrativo su un titolo della pretesa diverso dal giudicato e, come tale, apprezzabile in autonoma sede cognitoria, nel rispetto dei criteri di riparto.
3.- Nondimeno, la situazione non pare assimilabile a quella che si realizza le quante volte il titolo della pretesa esecutiva resti il giudicato, e i profili di cognizione (meramente “incidentale”) attengano all’apprezzamento dei presupposti per la sua (perdurante) azionabilità, anche in presenza di fatti o circostanze sopravvenute che si pretendano, ope exceptionis, preclusive.
Milita in tal senso il duplice rilievo:
a) che – pur non trattandosi di fatti né connessi né consequenziali, ma solo successivi al giudicato – il relativo apprezzamento (sollecitato da eccezione di parte od oggetto di rilievo officioso) rientra nella puntuale e doverosa perimetrazione delle condizioni dell’azione esecutiva in concreto, che rientra (atteggiandosi a questione preliminare di merito) nei confini dell’apprezzamento incidenter tantum del giudice competente (arg. ex art. 34 c.p.c., con il medio dell’art. 39 c.p.a., dal quale si desume che, ove non si profili la necessità di accertamento con efficacia di giudicato, la questione incidentale non attiva i profili di competenza e di giurisdizione, salvi i limiti legali; cfr., altresì, in analoga prospettiva, l’art. 8 c.p.a., a mente del quale il giudice amministrativo conosce anche delle “questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale”, sempre “senza efficacia di giudicato” e con la coerente eccezione di cui al 2° comma, in cui è la legge a pretendere il formarsi della cosa giudicata sulle questioni di stato e di falso);
b) che in tali casi, in effetti, resta fermo, come vale ripetere, che il titolo azionato sia sempre (e solo) il giudicato o il suo equipollente, di cui occorre (solo) accertare la perdurante operatività (come nel caso, che ben difficilmente si saprebbe sottrarre ai limiti dell’ottemperanza, in cui il debitore alleghi il sopravvenuto adempimento parziale della prestazione: il cui accertamento, quindi, non è sottratto – sempre nella chiarita via incidentale e senza efficacia di giudicato – al giudice amministrativo).
4.- Rientra in questa ipotesi, ad avviso del Collegio, la fattispecie del mero accordo di moratoria (che rientra, prefigurando autonoma ipotesi negoziale pacificamente ritenuta, sotto il profilo causale, meritevole di tutela ai fini della sua giuridicizzazione, nel genus del pactum de non petendo) o della sua variante (in prospettiva analogamente dilatoria) dell’accordo di rateizzazione del debito.
Nell’uno e nell’altro caso, varrà notare, il titolo della pretesa esecutiva non muta (a differenza di quel che accade nelle vicende novative o transattive) e resta la sentenza, la cui (mera) esecuzione è (ad certum tempus o alle convenute condizioni) momentaneamente inibita, in forza degli accordi intercorsi tra le parti.
Non va disconosciuto che possano darsi fattispecie di incerta collocazione (per esempio, l’accordo, lato sensu transattivo, inteso alla mera limitazione convenzionale del credito ex re judicata): epperò, per quanto riguarda i casi di adempimento parziale o di mera eccezione dilatoria, opina il Collegio debba considerarsi non precluso il rimedio dell’ottemperanza, con esito condizionato all’incidentale apprezzamento della concreta dimensione delle condizioni dell’azione esecutiva.
5.- In definitiva, può conservarsi, anche perché espressiva, la distinzione tra “cognizione autonoma” (preclusa, salvi i casi previsti dalla stessa legge: cfr. art. 112, comma 3, quanto agli interessi successivi e i danni da inesecuzione: cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2016, n. 1956) e “cognizione incidentale”: con l’intendimento del caso di specie (accordo di rateizzazione risolutivamente condizionato al rispetto della cadenzata modalità adempitiva), rientra pur sempre tra quelli in cui si tratta di dare, nei ribaditi sensi, “esecuzione al giudicato”.
6.- Le considerazioni che precedono militano per l’accoglimento dell’appello, con consequenziale rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105 c.p.a.
Sussistono giustificate ragioni, avuto riguardo alle obiettive incertezze della delibata materia, per dichiarare irripetibili le spese e le competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la sussistenza della giurisdizione amministrativa e rimette, per il prosieguo, la causa al primo giudice.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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