Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 23 gennaio 2019, n. 3262.

La massima estrapolata:

È configurabile il reato di truffa aggravata per il dipendente che attesti la sua presenza malgrado si sia allontanato dall’ufficio, anche se il danno economico causato all’ente sia di per sé poco rilevante dal punto di vista economico. Difatti, la condotta incide sull’organizzazione dell’ente stesso e lede gravemente il rapporto fiduciario tra il singolo impiegato e il datore di lavoro pubblico. In queste ipotesi può, eventualmente, configurarsi l’attenuante della speciale tenuità del danno.

Sentenza 23 gennaio 2019, n. 3262

Data udienza 30 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – rel. Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina A. – Consigliere

Dott. MONACO Marco M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA;
nei confronti di:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 463/2018 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA, del 12/07/2018;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Cocomello Assunta, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;
Sentite, per l’imputato, le conclusioni dell’Avv. (OMISSIS), che si è riportato alla memoria depositata, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso, od in subordine il suo rigetto.

RITENUTO IN FATTO

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Reggio Calabria, adito ex articolo 310 c.p.p., ha revocato – per quanto in questa sede rileva – la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di pp.uu. o servizi per la durata di mesi due applicata a (OMISSIS), in atti generalizzato, con ordinanza emessa dal GIP del medesimo Tribunale in data 4 giugno 2018 per il reato di cui al capo A15) (articolo 81 cpv. c.p., articolo 640 c.p., comma 2, n. 1). Il Tribunale ha escluso la configurabilità della contestata truffa osservando che il raggiro accertato, pur se quasi quotidiano, avrebbe prodotto nel complesso assenze di pochi minuti nell’arco delle singole giornate lavorative considerate, e che il calcolo delle ore lavorative nel complesso evase supererebbe, in termini retributivi, di poco la cifra irrisoria di Euro 50, concretizzando per la PA di appartenenza un danno non apprezzabile.
Contro questo provvedimento, ricorre il P.M. presso il Tribunale di Reggio Calabria, lamentando plurimi vizi di motivazione quanto alla ritenuta esclusione della configurabilitàdell’elemento oggettivo della truffa contestata.
In data 27 novembre 2018 è pervenuta una memoria nell’interesse dell’indagato, con conclusiva richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso.
All’odierna udienza camerale, dopo la verifica della costituzione delle parti e della regolarità degli avvisi di rito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe; successivamente, il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
1. Deve premettersi che la memoria presentata nell’interesse dell’indagato è¨ pervenuta tardivamente e non può quindi essere considerata.
1.1. A norma dell’articolo 311 c.p.p., comma 5, nel presente procedimento si osservano le forme previste dall’articolo 127 c.p.p..
1.2. A norma dell’articolo 127 c.p.p., comma 2, le parti hanno facoltà di presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza.
Nel caso in esame, la memoria è pervenuta solo due giorni “liberi” prima dell’udienza.
1.3. Priva di rilievo è, in proposito, la disciplina speciale dettata dall’articolo 311 c.p.p., comma 4, a norma del quale il ricorrente può enunciare motivi nuovi prima dell’inizio della discussione.
Trattasi, infatti, di facoltà concessa al solo ricorrente, che nel caso in esame è il P.M..
2. Ciò premesso, come osservato dal P.M. ricorrente, il Tribunale ha erroneamente escluso la configurabilità della contestata truffa, valorizzando elementi atti ad evidenziarne la non particolare gravità , ma che non ne impedivano la configurabilità .
2.1. Questa Corte (Sez. 5, sentenza n. 8426 del 17/12/2013, dep. 2014, Rv. 258987 – 01) ha già osservato che la falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integra il reato di truffa aggravata ove il soggetto si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che questi ultimi siano economicamente apprezzabili, osservando che anche una indebita percezione di poche centinaia di Euro, corrispondente alla porzione di retribuzione conseguita in difetto di prestazione lavorativa, costituisce un danno economicamente apprezzabile per l’amministrazione pubblica.
2.2. L’affermazione può essere condivisa, ma con la precisazione che la speciale tenuità del danno arrecato alla PA potrebbe al più legittimare il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 4, (tenuto anche conto dell’entità del profitto percepito), non certo impedire la configurabilità del reato.
2.3. Questa Corte (Sez. 6, sentenza n. 30177 del 04/06/2013, Rv. 256643) ha già chiarito che, anche ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità , rilevano, oltre al valore economico del danno, anche gli ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa dalla condotta delittuosa complessivamente valutata (fattispecie relativa ad una truffa commessa in danno di (OMISSIS) S.p.A. attraverso l’utilizzo abusivo dei cartellini di ingresso e la conseguente alterazione dei dati sulle presenze in ufficio, in cui è stata esclusa l’attenuante, richiamando la grave lesione del rapporto fiduciario determinata dalla condotta delittuosa).
2.4. Osserva, in proposito, il collegio che assume all’uopo rilievo anche l’incidenza dell’accertata condotta delittuosa sull’organizzazione dell’ente interessato, che ben potrebbe aver subito pregiudizio rilevante per effetto delle pur minime assenze de quibus, poichè esse (ed il danno che ne consegue a carico della PA interessata) vanno valutate non soltanto sotto un profilo quantitativo, in riferimento al quantum di retribuzione in ipotesi indebitamente percepito dal deceptor, ma anche in quanto mettano in pericolo l’efficienza degli uffici: le singole assenze incidono, infatti, sull’organizzazione dell’ufficio, alterando la preordinata dislocazione delle risorse umane, nella quale il singolo funzionario non può ingerirsi, modificando arbitrariamente le prestabilite modalità di prestazione della propria opera quanto agli specifici orari di presenza.
La dislocazione degli impiegati nei singoli uffici è, infatti, predisposta dai dirigenti a ciò preposti curando l’utile e razionale impiego delle risorse disponibili, al fine di assicurare la proficuità (anche in favore dell’utenza) dello svolgimento della quotidiana attività amministrativa, certamente messa a repentaglio dalle personali iniziative di quei dipendenti che mutino a proprio piacimento i prestabiliti orari di presenza in ufficio (con il rischio di creare nocive scoperture ed inutili accavallamenti, e comunque fornendo una prestazione diversa da quella doverosa, non soltanto per durata, ma anche quanto all’orario di inizio e di fine).

3. Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria (Sezione per il riesame delle misure coercitive), che valuterà nuovamente gli elementi acquisiti, uniformandosi al seguente principio di diritto:
“la falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integra il reato di truffa aggravata ove il soggetto si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, che rilevano di per sè – anche a prescindere dal danno economico cagionato all’ente truffato fornendo una prestazione nel complesso inferiore a quella dovuta – in quanto incidono sull’organizzazione dell’ente stesso, modificando arbitrariamente gli orari prestabiliti di presenza in ufficio, e ledono gravemente il rapporto fiduciario che deve legare il singolo impiegato all’ente; di tali ultimi elementi è necessario tenere conto anche ai fini della valutazione della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 4”.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al Tribunale di Reggio Calabria (Sezione per il riesame delle misure coercitive).

Avv. Renato D’Isa

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