Trasferimento di azienda di cui all’articolo 2112 c.c.

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 23 ottobre 2018, n. 26808.

La massima estrapolata:

La fattispecie del trasferimento di azienda di cui all’articolo 2112 c.c. sussiste ogni qualvolta, rimanendo immutata l’organizzazione aziendale, vi sia soltanto la sostituzione della persona del titolare indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico adottato essendo sufficiente, ai fini dell’integrazione delle condizioni per l’operativita’ della tutela del lavoratore, il subentro nella gestione del complesso dei beni ai fini dell’esercizio dell’impresa e la continuita’ nell’esercizio dell’impresa stessa, costituendo un indice probatorio di tale continuita’ l’impiego del medesimo personale e dei medesimi beni aziendali. E’ inoltre irrilevante che il mutamento sia realizzato in mancanza di vincoli contrattuali diretti tra cedente e cessionario

Sentenza 23 ottobre 2018, n. 26808

Data udienza 5 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27752-2013 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 485/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 27/05/2013 R.G.N. 461/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23.5.2013 la corte d’Appello di Ancona ha respinto il gravame della societa’ (OMISSIS) srl avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva accolto la domanda di (OMISSIS), diretta a far accertare il suo diritto a differenze retributive tra quanto di fatto percepito e quanto spettante ai sensi di legge e del CCNL del settore commercio, per il periodo dal 1.4.06 al 25.2.2009, con condanna al pagamento delle somme rivendicate a carico della societa’ (OMISSIS) Srl in solido con la societa’ cessionaria, per il periodo dal 1.4.2006 sino al 2.2.2008 e a carico della sola societa’ (OMISSIS), attuale ricorrente, per il periodo successivo.
La lavoratrice aveva dedotto di aver lavorato con un unico ininterrotto rapporto in qualita’ di commessa presso un negozio in Grottammare, prima alle dipendenze della societa’ (OMISSIS) e poi di fatto ininterrottamente con la societa’ (OMISSIS), subentrata nell’affitto di azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c..
La corte di merito, ritenuta l’ammissibilita’ del ricorso di primo grado, ha respinto l’eccezione di insussistenza di una successione tra le due societa’ ed ha confermato l’esistenza di una cessione di azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. tra le due societa’, stanti l’identita’ di “locali, mezzi,personale, attivita’”, oltre che I’ estrema brevita’ dell’interruzione del rapporto di lavoro della (OMISSIS) tra un datore di lavoro e il successivo, durata solo pochi giorni.
La sentenza ha altresi’ respinto il motivo di appello della societa’ (OMISSIS) relativo alla contestata natura subordinata del rapporto di lavoro, che si sarebbe invece svolto, a dire della societa’, con un contratto a progetto ed ha ritenuto che l’appellante non avesse enunciato “contenuto e carattere” del progetto e neanche censurato la motivazione della sentenza di primo grado in ordine allo svolgimento di mansioni di commessa da parte della (OMISSIS). Ha comunque ritenuto la corte che la societa’ appellante non avesse fornito prova della natura autonoma del rapporto e di un intervenuto accordo per lo svolgimento di una prestazione di risultato, ritenendo altresi’ corretto l’inquadramento nel 4 livello riconosciuto in primo grado, per avere la lavoratrice svolto attivita’ piene e complete di commessa.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la societa’ (OMISSIS) SrI affidato a quattro motivi, cui ha resistito la (OMISSIS) con controricorso. (OMISSIS) in liquidazione e’ rimasta intima.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’articolo 2112 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed anche insufficiente motivazione in merito al difetto di legittimazione passiva della (OMISSIS). Non avrebbe tenuto conto la corte di merito che (OMISSIS) aveva stipulato, nel gennaio 2008, un contratto di affitto di ramo di azienda con la concedente (OMISSIS) srl, senza aver avuto conoscenza alcuna dei rapporti tra (OMISSIS) srl e la precedente societa’ affittuaria (OMISSIS) Srl e dunque del rapporto di lavoro di quest’ultima con la lavoratrice (OMISSIS). Secondo la ricorrente era emerso dall’istruttoria testimoniale che a fronte del cambio di gestione il punto vendita era rimasto chiuso per una settimana, dal 3.2.2008 al 13.2.2008, emergendo inoltre che sin dalla data del contratto, stipulato il 25 gennaio 2008, la societa’ (OMISSIS) aveva cessato anticipatamente l’attivita’. La corte d’Appello avrebbe dovuto pertanto accogliere l’eccezione svolta dall’appellante di carenza di legittimazione passiva di (OMISSIS) SRL per quanto atteneva alle pretese economiche della (OMISSIS) relative al pregresso rapporto; dovendosi pertanto escludere la sussistenza dei presupposti per ritenere esistente una cessione di azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c..
Il motivo e’ infondato. Per potersi affermare l’esistenza di un cessione di azienda nella forma del passaggio di affitto di azienda, non era rilevante che vi fosse una successione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nella titolarita’ del contrato di affitto di azienda. Ed infatti la fattispecie del trasferimento di azienda di cui all’articolo 2112 c.c. sussiste ogni qualvolta, rimanendo immutata l’organizzazione aziendale, vi sia soltanto la sostituzione della persona del titolare indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico adottato essendo sufficiente, ai fini dell’integrazione delle condizioni per l’operativita’ della tutela del lavoratore, il subentro nella gestione del complesso dei beni ai fini dell’esercizio dell’impresa e la continuita’ nell’esercizio dell’impresa stessa, costituendo un indice probatorio di tale continuita’ l’impiego del medesimo personale e dei medesimi beni aziendali (cosi’ Cass. n.12771/2012). E’ inoltre irrilevante che il mutamento sia realizzato in mancanza di vincoli contrattuali diretti tra cedente e cessionario (cfr cass. n. 21023/2007, Cass. n. 21278/2010, Cass. n. 8460/2011).
E’ cio’ che risulta essersi verificato nel caso in esame, in cui le due societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) risultano essersi succedute a distanza di una settimana nel contratto di affitto che ciascuna ha stipulato con la affittante (OMISSIS), proprietaria dell’azienda, cosi’ che (OMISSIS) risulta aver ripreso l’identica attivita’ imprenditoriale a distanza di pochi giorni dalla srl (OMISSIS), avvalendosi della prestazione di lavoro della dipendente (OMISSIS), che veniva riassunta.
Con il secondo motivo si deduce l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, per avere la corte motivato insufficientemente in ordine alla eccezione di intederminatezza della domanda avversaria in ragione della omessa produzione nel giudizio di primo grado, da parte della (OMISSIS), di un dettagliato conteggio delle pretese, rendendo cosi’ nullo il ricorso.
Con il terzo motivo di gravame la societa’ lamenta ancora un’ insufficiente motivazione in merito alle risultanze istruttorie e documentali ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5: la sentenza avrebbe confuso con quale societa’ la signora (OMISSIS) ha stipulato il contratto di lavoro a progetto, risalente al 2.5.2006, societa’ che andava individuata nella (OMISSIS) srl, cio’ emergendo dai documenti prodotti dalla stessa (OMISSIS), parte anch’essa appellata. Lamenta poi la ricorrente che le deposizioni rese da alcuni testi sarebbero inattendibili, sia con riferimento al periodo relativo al rapporto intercorso con (OMISSIS), sia con riferimento al periodo di rapporto intercorso con la societa’ attuale ricorrente.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce l’insufficiente motivazione, sempre in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la sentenza impugnata recepito acriticamente i conteggi del CTU, senza considerare che il calcolo del TFR era stato effettuato senza tener conto della distinzione dei due rapporti di lavoro con le due diverse societa’, circostanza rilevante anche al fine di una corretta imputazione nella denegata ipotesi di applicazione dell’articolo 2112 c.p.c. alla fattispecie in esame.
Il secondo, il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili. Deve infatti preliminarmente osservarsi che le censure vengono erroneamente formulate in termini di vizio afferente alla motivazione, per avere la sentenza fornito un’insufficiente e non compiuta risposta ai motivi di appello inerenti: alla sostenuta nullita’ della sentenza di primo grado per mancato deposito di conteggi analitici, al mancato accertamento della sostenuta subordinazione ed infine al mancato esame dei conteggi relativi al TFR, erroneamente ritenuti corretti dalla corte territoriale, nonostante la mancata distinzione dei periodi lavorativi della (OMISSIS) con le due societa’ affittuarie.
Il secondo motivo tuttavia censura in realta’ un error in procedendo e non un vizio motivazionale o un omesso esame di fatto decisivo come formulato in rubrica, perche’ si critica la sentenza di appello per non aver accertato la nullita’ del ricorso ex articolo 414 c.p.c., che sarebbe stato inidoneo a raggiungere il proprio scopo, in ragione dell’assenza di conteggi analitici e di elementi in base ai quali quantificare la domanda.
Ora, e’ vero che in caso di denuncia di un error in procedendo, il giudice di legittimita’ e’ anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, e’ necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cosi’ Cass. n. 2771/2017). Nel caso in esame nel ricorso di legittimita’ si omette qualsiasi riferimento al ricorso di primo grado, che non viene trascritto nelle parti rilevanti ai fini del vizio denunciato, neanche indicandosi la collocazione di detto atto nel fascicolo di parte, con evidente violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Quanto al terzo motivo, dove ancora di deduce un’insufficiente motivazione”, va detto che il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’articolo 360 c.p.c. concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza – dato testuale – o dagli atti processuali – dato extratestuale -, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo e che quindi, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra quindi l’omesso esame circa un fatto decisivo come previsto dalla nuova norma di legge, quando tale fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, pur non dando conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti, come avvenuto nel caso in esame.
Nel giudizio di cassazione peraltro e’ precluso l’accertamento dei fatti, come anche la loro valutazione, a meri fini istruttori e tale divieto e’ tanto piu’ stringente a seguito della citata modifica dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La ricorrente invece proprio tale valutazione finisce per richiedere quando con il terzo motivo formula una richiesta di riesame del merito attraverso richiami alle testimonianze e soprattutto al contenuto di documenti, quali il contratto a progetto stipulato con la srl (OMISSIS), peraltro anche genericamente indicati, non trascritti nella parte rilevante, anche in tal caso con un’ evidente violazione del principio di autosufficienza di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Inammissibile anche per mancata specificita’ e per violazione del principio di autosufficienza e’ poi il quarto motivo, con cui si censura in via oltremodo generica la mancata valutazione da parte della corte territoriale dei conteggi esposti dal CTU nella consulenza svoltasi in primo grado, consulenza di cui non si precisa nulla e men che meno se ne indica deposito o precisa collocazione nel fascicolo di parte.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della sola contro ricorrente (OMISSIS), essendo rimasta intimata la SRL (OMISSIS); spese che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di lite in favore della (OMISSIS) che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.

Avv. Renato D’Isa

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