Il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 14 ottobre 2019, n. 6971.

La massima estrapolata:

In assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà.

Sentenza 14 ottobre 2019, n. 6971

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6955 del 2018, proposto da
Sa. Pe., rappresentato e difeso dagli avvocati Di. Va., Al. Ve. Di Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Di. Va. in Roma, (…);
contro
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Ministero per la Semplificazione e La Pubblica Amministrazione ed altri non costituiti in giudizio;
Fo. Pa, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ga. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 06221/2018, resa tra le parti, concernente avviso, pubblicato in g.u. 4° s.s. concorsi ed esami n. 41 del 24.5.16, relativo alla pubblicazione dei nove bandi di concorso per l’assunzione a tempo indeterminato presso il ministero dei beni culturali e del turismo, di 500 funzionari da inquadrare nella III area personale non dirigenziale, posizione economica f1. – mcp;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e di Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica e di Fo. Pa e di Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per Semplificazine e La Pubblica Amministrazione e di Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Ve. Al., Se. per dichiarata delega di Sc. Fr. e dello Stato Gr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 6221 del 2018 con cui il Tar Lazio aveva respinto l’originario gravame, proposto dalla medesima parte – insieme ad altri concorrenti – al fine di ottenere l’annullamento dell’esclusione disposta dall’Amministrazione al concorso pubblico per l’assunzione di 500 funzionari da inquadrare in vari profili della III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1; in particolare, l’esclusione si basava sul difetto del titolo di accesso previsto dall’art. 3 dei relativi bandi settoriali e in particolare di un “diploma di specializzazione, o dottorato di ricerca, o master universitario di secondo livello di durata biennale” o di un titolo equipollente/equivalente nella disciplina di riferimento.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i motivi di appello attraverso la riproposizione della articolata censura di primo grado e la critica delle argomentazioni di cui alla sentenza appellata:
– erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, violazione dell’art. 2 del T.U. pubblici concorsi, dell’allegato A del CCNL ARAN, nonché dell’art. 3, Decreto MIUR 22 ottobre 2004 n. 270 e del principio del favor partecipationis, oltre che eccesso di potere per manifesta arbitrarietà, disparità di trattamento, irragionevolezza, ingiustizia grave e manifesta.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado ed il rigetto dell’appello.
Con decreto cautelare n. 4159\2018 e successiva ordinanza n. 4865\2018 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata. Con successiva ordinanza n. 1384\2019, a fronte dell’inadempimento della p.a. agli obblighi conseguenti alla statuizione cautelare, veniva disposta la rettifica della graduatoria definitiva del 28 febbraio 2018 e della circolare del Ministero per i beni e le attività culturali n. 261/2018 DG-OR_SERV II_UO5 del 26/07/2018 n. prot. 23299 con la collocazione, senza riserva, della ricorrente al 241° posto e, di conseguenza, con la relativa assunzione e nomina, per il profilo di Funzionario Architetto, in ragione della suddetta posizione ottenuta nella medesima graduatoria.
Alla pubblica udienza del 10\10\2019, in vista della quale le parti depositavano memorie, la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La controversia ha ad oggetto l’esclusione dell’odierno appellante dal concorso pubblico per l’assunzione di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1. Per quanto di interesse, nel bando di concorso per il Profilo Funzionario architetto, l’Amministrazione ha stabilito, all’articolo 3, tra i requisiti di ammissione, oltre alla laurea, il possesso di ulteriori titoli tassativamente determinati, ostativi alla partecipazione di parte appellante. In particolare, il bando prevedeva la necessità di un “diploma di specializzazione, o dottorato di ricerca, o master universitario di secondo livello di durata biennale” o di un titolo equipollente/equivalente nella disciplina di riferimento. Parte appellante risultava pertanto esclusa avendo i seguenti titoli: laurea in architettura, Master di II livello in “Exhibition Design – allestimento museale”, di durata inferiore al biennio; abilitazione alla professione di architetto.
2.1 Tanto precisato, in via preliminare deve essere esaminata la riproposta – in quanto non esaminata dal Tar – eccezione di inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a), del cod. proc. amm.; carenza di interesse determinata secondo la prospettazione dell’Amministrazione appellata dall’omessa impugnazione dell’art. 2 del decreto interministeriale 15 aprile 2016, n. 204, che prevede il requisito di partecipazione ai concorsi oggetto di contestazione avversaria (art. 2, comma 1, lett. b), (“Requisiti di partecipazione”), poi recepito in modo pedissequo dagli artt. 3 dei bandi di concorso.
2.2 L’eccezione deve essere respinta, analogamente ai precedenti specifici della sezione, già richiamati in sede cautelare. Invero il ricorso si rivolge anche nei confronti del decreto interministeriale 15 aprile 2016, n. 204, il quale, oltretutto, è stato specificamente indicato nell’epigrafe del ricorso di primo grado.
Le considerazioni svolte a sostegno dell’eccezione non risultano invece condivisibili, posto che le disposizioni impugnate (ovvero i criteri di ammissione al concorso), del bando e del decreto interministeriale, sono analoghe; risulta perciò superflua una specifica articolazione dei motivi rispetto ai due atti, stante il fatto che le disposizione impugnate sono le medesime, così come le relative censure.
3. Nel merito l’appello è fondato e deve trovare accoglimento, nei termini già paventati in sede cautelare, con conseguente applicabilità dell’art. 74 cod proc amm.
3.1 In generale deve essere confermato il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa che riconosce “in capo all’amministrazione indicente la procedura selettiva un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire.” (cfr., Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2012, n. 5351; Cons. St., Sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494). In altre parole, quella che l’amministrazione esercita, nel prevedere determinati requisiti di ammissione, è una tipologia di scelta che rientra tra quelle di ampia discrezionalità spettanti alle amministrazioni. Nondimeno, la giurisprudenza ha chiarito che: “in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà (Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28 febbraio 2012, n. 2098).
3.2 Tanto precisato, nella peculiare vicenda all’attenzione del Collegio, i criteri del bando impugnati non risultano in parte qua proporzionali rispetto all’oggetto della specifica procedura selettiva ed al posto da ricoprire tramite la stessa, risolvendosi pertanto in una immotivata ed eccessiva gravosità rispetto all’interesse pubblico perseguito.
In particolare, per quel che rileva in questa sede, non risulta giustificata la pretesa titolarità di titoli ulteriori rispetto al diploma di laura, ed in particolare di un master di II livello della durata biennale – con esclusione quindi dei master parimenti di II livello, ma aventi solo una durata annuale – in relazione allo specifico profilo di Funzionario architetto in questione.
3.3 In disparte le considerazioni circa l’equivalenza o meno dei due titoli (annuale e biennale) alla stregua del D.M. n. 270/2004 e la necessità di discriminare, se del caso, in base ai rispettivi crediti formativi conseguiti attraverso ciascun titolo, piuttosto che in base alla relativa durata, l’eccessività, e dunque l’illegittimità, dei criteri impugnati rispetto al fine da perseguire emerge da più fattori.
In primo luogo, in generale deve ricordarsi che il Testo Unico dei pubblici concorsi, all’articolo 2, comma 6, prevede che “Per l’accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea”.
Secondariamente, in riferimento allo specifico concorso oggetto di causa, tramite l’accordo siglato in sede sindacale nel 2010 – propedeutico all’emanazione dei bandi di concorso, quale quello oggetto del presente giudizio – lo stesso Ministero aveva convenuto che per accedere ai concorsi dallo stesso indetti, i candidati dovevano essere in possesso del diploma di laurea magistrale (o di vecchio ordinamento) coerente con le professionalità specifiche. In particolare, per il profilo a cui ambisce l’appellante – “Funzionario per la promozione e comunicazione” – a differenza di altri profili, il Ministero, in sede di stipula del citato accordo, non ha individuato alcun requisito ulteriore oltre al diploma di laurea magistrale (o di vecchio ordinamento) coerente con le professionalità specifiche.
Per quel che rileva in questa sede, il ricordato accordo è sintomatico della eccessiva gravosità dei criteri successivamente stabiliti per l’accesso al concorso. Invero, lo stesso Ministero, proprio al fine di procedere ai successivi concorsi per l’assunzione, per il profilo di Funzionario per la promozione e comunicazione, aveva ritenuto sufficiente il solo requisito del possesso del diploma di laurea, evidentemente considerato di per sé idoneo a garantire l’adeguata preparazione e professionalità per tale profilo. Appare dunque ingiustificata la successiva previsione in sede di indizione del concorso di ulteriori requisiti, quali quelli censurati nel presente giudizio.
3.4 Inoltre, la scelta di prevedere ulteriori titoli, rispetto a quello della solo diploma di laurea, nel caso di specie, non può ritenersi giustificata dal peculiare contesto nel quale è stato indetto il bando oggetto di causa. Al riguardo, parte appellata osserva che il concorso in esame è stato indetto, anche in parziale deroga dei vigenti vincoli di assunzione previsti dell’art. 1, comma 328 e seguenti, della legge n. 208/2015 (c.d. legge di stabilità per il 2016), nell’ambito di una più ampia serie di misure economiche di promozione e sviluppo del patrimonio culturale, anche in considerazione della difficile situazione che lo stesso sta vivendo.
Invero, la necessità di derogare ai vincoli di assunzione dettati da misure rigoriste di natura finanziaria, al fine di far fronte all’urgente bisogno di intervenire nel settore di riferimento, non pare possa ragionevolmente giustificare l’aggravamento dei criteri di ammissione al concorso, i quali devono invece essere predisposti in vista dei requisiti culturali e di professionalità richiesti dal ruolo da ricoprire, indipendentemente dal contesto economico finanziario che caratterizza l’epoca di indizione del concorso.
3.5 Nel caso di specie l’amministrazione contesta l’applicabilità dei principi predetti sotto due profili: da un lato, in quanto l’accordo sindacale del 2010 sarebbe stato superato dalle determinazioni contenute nel successivo decreto interministeriale n. 204 emesso in data 24 marzo 2016; dall’altro lato il suddetto accordo si sarebbe limitato solo a richiedere i requisiti minimi di partecipazione dei funzionari architetti alla selezione, con la conseguenza il Ministero sarebbe stato autorizzato ad individuare ulteriori criteri per l’accesso allo stesso profilo.
Entrambe le argomentazioni si scontrano con la preminente natura e forza dei principi suddetti. Da un lato lo stesso decreto invocato risulta essere stato tempestivamente impugnato e, conseguentemente, non può che leggersi alla stregua degli stessi superiori principi. Dall’altro lato, l’illegittimità dell’ulteriore limitazione, lungi dall’essere così autorizzata, consegue direttamente dall’applicazione dei medesimi principi già affermati dalla giurisprudenza in generale e dalla sezione in particolare.
4. In definitiva l’appello proposto dalla dott.ssa Petillo deve trovare accoglimento e, in riforma della sentenza impugnata, deve annullarsi in parte qua il bando ed il relativo decreto presupposto, con conseguente illegittimità dell’esclusione della possibilità di partecipare al concorso da parte dell’appellante, dovendosi di conseguenza confermare il provvedimento con il quale, a seguito dell’ammissione cautelare al sostenimento delle prove, la stessa risulta in posizione utile della graduatoria..
Sussistono giusti motivi, analogamente ai precedenti della sezione, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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