Titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 settembre 2024| n. 25860.

Titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio

La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio promosso per ottenere il risarcimento dei danni cagionati ad un immobile a causa dello spargimento di acque chiare provenienti da un acquedotto gestito dalla società controricorrente, la Suprema Corte, richiamato l’enunciato principio, ha ritenuto incensurabile la decisione impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello per mancata prova circa la qualità di eredi da parte dei ricorrenti, in quanto, nella circostanza, offerta tardivamente, ovvero solo con i documenti allegati alla comparsa conclusionale depositata in sede di gravame) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 febbraio 2016, n. 2951).

Ordinanza|27 settembre 2024| n. 25860. Titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio

Data udienza 22 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Azione – Legittimazione ad agire – Titolarità attiva o passiva del rapporto controverso – Natura giuridica – Allegazione e prova – Onere dell’attore – Limiti. (Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 81, 99, 100, 112, 115 e 352)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. VALLE Cristiano – Relatore

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28937/2021 R.G. proposto da:

Da.Gh. e Da.Gi., elettivamente domiciliati in ROMA, al viale FU.CA., presso lo studio dell’avvocato GU.WA. (Omissis) rappresentati e difesi dall’avvocato SE.LU. (Omissis), con domicilio digitale come in atti;

– ricorrente –

contro

AC.TO. Spa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato DI.MA. (Omissis) unitamente all’avvocato GI.LA. (Omissis), con domicilio digitale come in atti;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della Corte d’Appello di FIRENZE n. 1453/2021 depositata il 14/07/2021;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2023 dal Consigliere relatore, Cristiano Valle, osserva quanto segue.

Titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio

FATTI DI CAUSA

Ro.Li., vedova Da., in proprio o quale rappresentante di una società (il punto rimane oscuro ma verosimilmente si tratta solo di un refuso nell’intestazione dell’originario atto di citazione) agì in giudizio nell’anno 2013, dinanzi al Tribunale di Firenze, nei confronti di AC.TO. Spa al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati dalla villa sita in F, alla via (Omissis), a causa delle asserite infiltrazioni o, meglio, dello spargimento delle acque chiare provenienti dall’acquedotto gestito da detta società.

Il Tribunale di Firenze, nel contraddittorio delle parti, espletata consulenza tecnica di ufficio, rigettò la domanda.

I fratelli Da.Gi. e Da.Gh., qualificandosi figli ed eredi della defunta Ro.Li. vedova Da., interposero appello.

La Corte d’Appello di Firenze, nel ricostituito contraddittorio con AC.TO. Spa, ha, con sentenza n. 1453 del 14/07/2021, dichiarato inammissibile l’appello, per mancata prova della qualità di eredi.

Avverso la sentenza della Corte territoriale propongono ricorso per cassazione Da.Gh. e Da.Gi.

Resiste con controricorso AC.TO. Spa

Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.

Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 22/03/2024, alla quale la causa è stata trattenuta per la decisione.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non è articolato in motivi separati, posto che le censure sono rubricate, promiscuamente, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., ossia per tutte le categorie giuridiche, diverse dalle questioni di giurisdizione e di competenza sulle quali è chiamata a esercitare il sindacato la Corte di legittimità.

La prospettazione di fondo del ricorso è la seguente: la qualità di figlio di Da.Gh. era nota alla controparte, in quanto questi aveva preso parte ad alcuni atti processuali in primo grado, e non abbisognava, pertanto, di prova.

L’atto di appello era proposto da Da.Gi. e Da.Gh. ed era sottoscritto dallo stesso difensore, l’avvocato Lu.Se., che aveva difeso in giudizio, in primo grado, Ro.Li., e in tal modo la controparte veniva resa edotta della morte, nel corso del processo dinanzi al Tribunale di Firenze, nell’anno 2014, di Ro.Li., cosicché non era necessaria alcuna altra attività assertiva ai fini dell’allegazione del decesso della parte originaria e del subentro dei figli, in quanto eredi legittimi e testamentari.

La difesa dei ricorrenti si sofferma, in particolare, sulla circostanza che la procura alle liti era stata espressamente conferita da Ro.Li. all’avvocato Se. anche per la fase d’impugnazione di merito.

La circostanza che la qualità di eredi fosse stata dimostrata soltanto con il testamento di Ro.Li., allegato alla comparsa conclusionale in appello era irrilevante, posto che detta qualità era desumile dall’avere Da.Gh. partecipato a numerosi atti processuali dinanzi al Tribunale e che anche Da.Gi. risultava richiamato dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio.

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2. La prospettazione difensiva dei ricorrenti appare carente ai sensi dell’art. 366, comma 1, nn. 4 e 6 cod. proc. civ. e cd è, in alcune sue parti, infondata.

2.1. Oltre a una complessiva mancanza di adeguata specificità delle censure, poste indistintamente alla stregua dei nn. 3, 4 e 5 del comma primo dell’art. 360 codice di rito, deve, peraltro, rilevarsi che rimane oscuro per quale ragione la documentazione necessaria a provare la qualità di eredi venne solo tardivamente prodotta, posto che vi era stata espressa eccezione della AC.TO. Spa, sin dalla sua costituzione in fase di appello (pag. 3 della motivazione).

Il riferimento, inoltre, al n. 5 dell’art. 360 del codice di rito civile è del tutto carente di specificità, poiché non è indicato un singolo fatto, così come prescritto dall’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 22397 del 6/09/2019 Rv. 655413-01), del quale sia stato omesso l’esame, bensì una congerie di fatti.

La tesi – relativa all’insussistenza della necessità di prova della qualità di eredi – si contrappone consapevolmente alle affermazioni della giurisprudenza nomofilattica (segnatamente di Sez U n. 2951 del 16/02/2016 Rv. 638371-01), secondo la quale “la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto”, in punto di prova della qualità di erede che, nella specie, è stata offerta solo con i documenti allegati alla comparsa conclusionale in appello e, pertanto, tardivamente, come affermato dalla Corte territoriale.

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Ulteriore profilo di infondatezza del ricorso è nell’affermazione della necessaria correlazione tra l’essere chiamati all’eredità in quanto figli e la qualità di eredi: la prospettazione omette, invero, di confrontarsi con la allegata natura testamentaria della chiamata, che avrebbe potuto implicare che i due figli non fossero destinatari della villa, intesa quale complesso immobiliare, sita in F, alla via (Omissis), ovvero che essi fossero stati destinatari di legati in sostituzione di legittima, ai sensi dell’art. 551 cod. civ., cod. civ., il che avrebbe implicato l’insussistenza in capo ad essi della qualità di eredi.

2.2. Deve, inoltre, rilevarsi che tutto il ricorso e incentrato sulla sola figura di Da.Gh., posto che con riferimento al di lui fratello Da.Gi. nulla di specifico viene allegato, in punto di notorietà della sua qualità di figlio di Ro.Li., al punto tale che in memoria ai sensi dell’art. 380-bis. 1 (alla pag. 2) si afferma che, nel caso di accoglimento del ricorso, nella fase di merito dovrebbe provvedersi ad integrare il contraddittorio nei suoi confronti.

2.3. Il ricorso si appalesa, da ultimo, del tutto carente con riferimento all’eventuale fase rescissoria, posto che esso è volto unicamente a comprovare l’erroneità della decisione della Corte territoriale in punto di esclusione della carenza di legittimazione attiva di Da.Gh. e Da.Gi. alla proposizione dell’impugnazione, ma nulla di specifico deduce – limitandosi a riportare in fine le conclusioni dell’atto di citazione in appello – in ordine alle prospettazioni, pure di merito, nel caso in cui fosse cassata la decisione d’appello.

In particolare, non risultano indicate le domande che la Corte d’Appello dovrebbe delibare né tantomeno è indicato il compendio probatorio volto al superamento della decisione di primo grado, sfavorevole nel merito, sulla base delle conclusioni della consulenza tecnica di ufficio ivi svolta, alla domanda risarcitoria proposta da Ro.Li.

Il ricorso è, in conclusione, in parte inammissibile e in parte infondato.

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Il ricorso è, pertanto, conclusivamente rigettato.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza dei ricorrenti, e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo, in favore della controparte.

Il rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 30/05/2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 24/12/2012 n. 228, per il cd. raddoppio del contributo unificato, se eventualmente dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente Ufficio di merito, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se eventualmente dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza civile, il giorno 22 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2024.

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