Termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 82 comma 9 del d.P.R. 616 del 1977

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 10 giugno 2019, n. 3873.

La massima estrapolata:

Il termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 82 comma 9 del d.P.R. 616 del 1977, applicabile ratione temporis per l’esercizio del potere di annullamento è pacificamente inteso dalla giurisprudenza come perentorio, ossia come limite temporale decadenziale che decorre dalla ricezione da parte della competente Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata e della pertinente e completa documentazione tecnico/amministrativa. Detto termine, benché perentorio, ben può venire interrotto in caso di manifestate esigenze istruttorie o per incompletezza della documentazione trasmessa, con nuova decorrenza dall’acquisizione completa dei chiarimenti richiesti.

Sentenza 10 giugno 2019, n. 3873

Data udienza 18 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5738 del 2013, proposto da:
MA. MO., rappresentato e difeso dall’avvocato En. Fo., con domicilio eletto presso lo studio St. Gr. in Roma, corso (…);
contro
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (…);
COMUNE DI (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Clementino Palmiero in Roma, via (…);
nei confronti
AGRIVILLAGGIO HA. FA., REGIONE MOLISE, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise n. 297 del 2013;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e Le Attività Culturali e del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2019 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati En.Fo. e Fa. To. dell’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.”Il presente giudizio riguarda la sanatoria di alcuni abusi edilizi realizzati nel corso dei lavori per l’installazione di un centro raccolta e rottamazione di autoveicoli da destinare alla demolizione. I principali fatti, utili ai fini del decidere, sono i seguenti:
– il signor MA. MO. “gestore di un centro di raccolta, pretrattamento e rottamazione di autoveicoli fuori uso, rimorchi e altro materiale metallico “con istanza del 14 novembre 1994 chiedeva al Comune di (omissis) la sanatoria di alcuni abusi edilizi, ai sensi del decreto-legge n. 551 del 27 settembre 1994 e del decreto-legge n. 649 del 25 novembre 1994;
– nell’ambito di tale procedimento, in data 20 gennaio 2004, l’istante domandava all’Assessorato Urbanistico della Regione Molise il parere per il rilascio della concessione in sanatoria;
– la Regione Molise rilasciava l’autorizzazione n. 2321 del 26 gennaio 2004, ai sensi dell’art. 151 del d.lgs. n. 490 del 1999, vigente ratione temporis;
– tuttavia, la Soprintendenza per i Beni Architettonici per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico del Molise, con decreto del 29 marzo 2004, annullava la predetta autorizzazione regionale;
– a seguito del provvedimento della Soprintendenza, il Comune di (omissis), con provvedimento del 19 aprile 2004 respingeva l’istanza in sanatoria e, con ordinanza del 13 maggio 2004, ingiungeva la demolizione delle opere abusive inerenti il complesso produttivo denominato Eu. s.r.l.;
– con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’odierno appellante impugnava il diniego di concessione edilizia in sanatoria, l’ordine di ripristino delle opere abusive, e l’atto di annullamento dell’autorizzazione regionale, sollevando le seguenti censure:
i) avverso il decreto di annullamento del parere positivo della Regione Molise: la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e la violazione dell’art. 151 del d.lgs. 29 agosto 1999, n. 490;
ii) avverso il diniego di concessione edilizia in sanatoria: l’illegittimità derivata; la violazione dell’art. 35, comma 18, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 siccome sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria, presentata circa dieci anni prima, si era formato il silenzio assenso;
iii) avversi l’ordinanza di demolizione per: l’illegittimità derivata; la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento; l’indeterminatezza dell’abuso contestato; la violazione art. 31, secondo comma, del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, perché nel provvedimento non è indicata l’area che viene acquisita di diritto, in caso di mancata demolizione, e, comunque, non può disporsi la demolizione di tutto il complesso ma, semmai, solo dei manufatti per i quali si è domandato il condono.
2.”Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza n. 297 del 2013, ha respinto il ricorso, rilevando quanto segue:
“Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e che debba, conseguentemente, essere respinto.
L’annullamento disposto dalla Soprintendenza si fonda, invero, sulla constatazione che le opere delle quali si chiedeva il condono – e cioè il capannone e gli uffici amministrativi “sono state sin dall’origine abusivamente edificate. Dunque è escluso possa parlarsi di ampliamenti e/o comunque di interventi realizzati su manufatti legittimamente realizzati.
D’altronde, a conferma della illegittimità dei provvedimenti favorevoli rilasciati al ricorrente dalla Regione, si osservi che pochi anni prima l’ente territoriale si era espresso negativamente in ordine alla possibilità di sanatoria degli stessi, dunque a maggior ragione l’atto positivo deve ritenersi carente, da un punto di vista motivazionale ed argomentativo, perché è ovvio che il mero decorso del tempo non sia di per sé, causa di sanabilità di opere abusive. Nessun parere favorevole, peraltro, era stato in precedenza rilasciato dalla stessa Soprintendenza che, in occasione del primo procedimento di sanatoria, si era limitata ad una richiesta di chiarimenti alla parte.
Neppure sono configurabili, nel caso di specie, vizi procedimentali atteso quanto previsto dall’art. 4 comma 1 bis del D.M. 495/1994 all’epoca in vigore.
Quanto ai successivi atti emessi dal comune, che pure risultano impugnati dalla parte ricorrente, è evidente che trattasi di atti vincolati alla luce delle deduzioni contenute nell’atto demolitorio emesso dalla Soprintendenza. D’altronde, la fondatezza di quest’ultimo, dimostrata dalle considerazioni che precedono, esclude la sussistenza di vizi nella produzione attizia dell’ente locale”.
3.”Avverso la predetta sentenza il signor MA. MO. ha quindi proposto appello, contestando le statuizioni contenute nella sentenza e riproponendo i motivi di primo grado rimasti assorbiti.
4.”Si sono costituiti in giudizio il Comune di (omissis) ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (quest’ultimo con memoria formale), insistendo per il rigetto dell’appello.
5.”Con ordinanza 26 settembre 2017, n. 4105, la Sezione “”[c]onsiderato, all’esito di una sommaria delibazione tipica della fase cautelare, che debba trovare conferma il decreto presidenziale di sospensione dell’impugnata sentenza, stante la necessità di approfondire in sede di merito se l’opera originaria, oppure solo i successivi ampliamenti, risultino illegittimi; rilevata nelle more la particolare consistenza del periculum, stante il concreto rischio di cessazione dell’attività imprenditoriale attualmente in essere, con i relativi irreparabili pregiudizi a ciò connessi” “ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
6.”Nelle more della udienza pubblica di discussione, la Eu. s.r.l., con istanza del 12 gennaio 2018 (e integrazione del 25 gennaio 2018), ha chiesto al Comune di (omissis) di convocare apposita conferenza di servizi per procedere al riesame della richiesta in sanatoria presentata il 12 gennaio 1995, nel corso della quale sono stati acquisiti: – il parere favorevole della Commissione Comunale per il paesaggio, del 5 febbraio 2018, prot. n. 0002198; – il parere favorevole del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) del 5 febbraio 2018; – il parere favorevole della Regione Molise-IV Dipartimento Governo del Territorio, Mobilità e Risorse Naturali Funzione Delegante Autorità di Distretto del 23 febbraio 2018, con il quale si è affermato che, dal confronto con gli elaborati del PAI, non vi sono interferenze con le opere a farsi ed è stata demandata al Comune la verifica del rispetto dei 10 metri di distanza dei manufatti dai corsi d’acqua; – l’autorizzazione paesaggistica favorevole della Regione Molise-IV Dipartimento Governo del Territorio, Mobilità e Risorse Naturali Servizio Pianificazione e gestione del Territorio e Paesaggistica del 13 febbraio 2018; – il parere favorevole della Commissione Comunale del Paesaggio del Comune del 9 febbraio 2018 prot. n. 2486.
La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Regione Molise, con nota del 26 febbraio 2018, prot. n. 2039, ha invece dichiarato di non volersi pronunciarsi in attesa del presente giudizio relativo alla precedente autorizzazione paesaggistica.
7.”All’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2019, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.”Il decreto del Soprintendente per il Molise del 29 marzo 2004 “con il quale è stato annullato il provvedimento del 26 gennaio 2004, n. 2321, della Regione Molise che autorizzava la ditta Eu. s.r.l. “ai sensi dell’art. 151 del T.U. la sanatoria-attività di recupero di rifiuti non pericolosi in località S.S.16 Adriatica Km. 556 nel Comune di (omissis)” “va annullato per i motivi che seguono.
1.1.”Giova, preliminarmente, osservare che la norma applicabile ratione temporis è l’art. 151, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1999, il cui contenuto è stato a sua volta trasfuso nel successivo art. 159 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42(recante il “Regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica”), il cui terzo comma dispone che: “la soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione”.
Sulla base delle citate disposizioni (alle quali con decorrenza dal 1° gennaio 2010 è subentrata la disciplina di cui all’art. 159 del Codice n. 42 del 2004), il vaglio della Soprintendenza sulle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalla Regione (o, come nel caso di specie, dall’ente sub-delegato) consiste in un riesame avente per oggetto l’accertamento circa l’assenza di vizi di violazione di legge, di eccesso di potere ovvero di incompetenza c.d. relativa (cfr. Consiglio Stato, Adunanza Plenaria, 14 dicembre 2001 n. 9; più recentemente, ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. VI, 28 giugno 2016, n. 283).
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi sulla disciplina previgente, l’autorizzazione paesaggistica può essere legittimamente annullata dall’organo statale periferico per qualsiasi vizio di legittimità, ivi compresa l’assenza, nel provvedimento di base, di una corretta indicazione delle ragioni sottese alla positiva valutazione, quanto a compatibilità paesaggistica, dell’intervento progettato (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 356).
A questa stregua, l’atto di annullamento può legittimamente limitarsi a constatare il difetto di motivazione dell’autorizzazione, senza addentrarsi in valutazioni di merito (Consiglio di Stato, sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4481; id., VI, 17 luglio 2013, n. 3896; id., VI, 5 aprile 2013, n. 1876).
In tal caso, tuttavia, i predetti organi sono tenuti – al fine di consentire al giudice di riscontrare effettivamente la sussistenza dell’eccesso di potere – ad una puntuale indicazione degli elementi concreti della specifica fattispecie.
1.2.”Ancora in via preliminare, va rimarcato che, in tema di sanatoria straordinaria, la disciplina rilevante, anche mediante rinvio, per quanto attiene ai “condoni edilizi” successivi a quello del 1985 è contenuta negli artt. 31 e seguenti della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salve le diverse disposizioni di cui alle medesime leggi del 1994 e del 2003.
In particolare, l’art. 32 della l. n. 47 del 1985 dispone che “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo”, come avviene nel caso in esame, “è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”.
Per la pacifica giurisprudenza, tale parere “ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica ex art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, per essere entrambi gli atti il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta, sicché resta fermo il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario” (Sez. VI, 15 marzo 2007, n. 1255).
2.”Ciò premesso, ritiene il Collegio che la Soprintendenza non abbia fatto, nella vicenda per cui è causa, corretto esercizio del suo potere di riesame.
2.1.”L’organo ministeriale ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione regionale sul presupposto che si trattasse di manufatti interamente abusivi la cui compatibilità andava giudicata anche in relazione al P.T.P.A.A.V. (piano territoriale paesistico-ambientale di area vasta), e non di meri ampliamenti relativi a strutture preesistenti al vincolo. Su queste basi, è stato evidenziato che la Regione non aveva motivato esaurientemente sull’intervento abusivo da sanare (visto che, in precedenza, aveva respinto la richiesta ed ora lo riteneva ammissibile, senza spiegarne le ragioni) e che l’area in questione era connotata da “alti valori paesaggistici ed ambientali, caratterizzati da un paesaggio dalle ampie visuali aperte costituito in massima parte dalla gariga retrodunale e dai residui del bosco idrofilo della Bo. di Ra. […]”.
2.2.”Sennonché, il presupposto da cui muove l’atto impugnato è erroneo e tale circostanza ne inficia irrimediabilmente l’intero costrutto motivazionale.
Risulta infatti che la Regione Molise, dopo avere rilasciato, in relazione all’impianto di raccolta e rottamazione, il nulla osta del 16 luglio 1987, lo ha trasmesso alla Soprintendenza che, dopo aver chiesto alcuni chiarimenti, lasciava decorrere i sessanta giorni senza procedere all’annullamento.
In base a un consolidato orientamento, il termine di sessanta giorni “previsto dall’articolo 82, comma 9, del d.P.R. 616 del 1977, applicabile ratione temporis “per l’esercizio del potere di annullamento è pacificamente inteso dalla giurisprudenza come perentorio (Cons. Stato, VI, 12 agosto 2002, n. 4182; id., VI, 3 febbraio 2000, n. 629), ossia come limite temporale decadenziale che decorre dalla ricezione da parte della competente Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata e della pertinente e completa documentazione tecnico/amministrativa. Detto termine, benché perentorio, ben può venire interrotto in caso di manifestate esigenze istruttorie o per incompletezza della documentazione trasmessa, con nuova decorrenza dall’acquisizione completa dei chiarimenti richiesti (ex plurimis: Cons. Stato, VI, 11 agosto 2000, n. 4465; id., 24 maggio 2000, n. 3010, id., 8 marzo 2000, n. 1162 e, più di recente, VI, 10 febbraio 2015, n. 700 e sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 356).
L’omesso esercizio del potere di annullamento ha dunque determinato il consolidarsi degli effetti dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione. Ne consegue che “contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure “l’autorizzazione regionale non riguardava l’intera costruzione dell’impianto produttivo precedentemente autorizzato e risalente al 1987, bensì solo alcuni lavori di ampliamento e completamento.
2.3.”Sotto altro profilo, non poteva attribuirsi autonoma portata viziante al semplice fatto che la Regione si fosse espressa in precedenza negativamente.
In primo luogo, il provvedimento regionale oggetto del presente giudizio si fondava sulla nuova documentazione presentata dall’odierno appellante in allegato alla richiesta del 20 gennaio 2004 (corredata da “descrizione dello stato attuale del sito”, “verifica di ammissibilità precettiva” e numerose fotografie).
Inoltre, è dirimente osservare che i precedenti pareri negativi erano motivati in ragione del fatto che, nell’area in oggetto, non erano consentiti interventi fino all’adozione del piano paesistico esecutivo. La Soprintendenza non sembra aver tenuto conto della circostanza (ricordata nel recente provvedimento del 22 novembre 2017 della Regione Molise) per cui l’area oggetto dell’intervento, a partire dal 2000 “non essendo stato nel frattempo adottato il P.P.E. di cui all’art. 11 della legge della Regione Molise n. 24 del 1989 (Disciplina dei piani territoriali paesistico-ambientali) “è zona “MV1” del P.T.P.A.A.V. n. 1, dove è ammesso l’insediamento produttivo previo verifiche di ammissibilità (qui predisposta e trasmessa dall’odierno appellante con la predetta nota del 20 gennaio 2004).
3.”L’annullamento del presupposto atto soprintendizio comporta, in via derivata, l’illegittimità del diniego di concessione edilizia in sanatoria e dell’ordine di demolizione
4.”Le spese di lite del doppio grado di giudizio vanno compensate, in considerazione della complessità della vicenda e del suo carattere risalente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5738 del 2013, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla gli atti impugnati in primo grado nei termini di cui in motivazione.
Compensa interamente tra le parti le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore

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