Corte di Cassazione, civile, Sentenza|6 maggio 2021| n. 12033.

L’art. 32, comma 1-bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla l. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della l. n. 604 del 1966, sicché, con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo alla “ratio legis” di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto termine di decadenza.

Sentenza|6 maggio 2021| n. 12033

Data udienza 3 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: LAVORO ED OCCUPAZIONE – LAVORO A TEMPO DETERMINATO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere

Dott. PATTI Adriano P. – Consigliere

Dott. LORITO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 29128-2015 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 494/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/06/2015 R.G.N. 823/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ o in subordine rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), per delega verbale Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 10.6.2015, respingeva il gravame proposto dalla s.p.a. (OMISSIS) ed accoglieva parzialmente l’appello incidentale proposto da (OMISSIS) avverso la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato l’illegittimita’ del termine apposto al contratto stipulato con il suddetto lavoratore, accertando la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dal 30.5.2010, con ordine di ripristino dello stesso e condanna della societa’ al pagamento di un’indennita’, quantificata in cinque mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto.
2. Osservava che era stata erroneamente dichiarata l’intervenuta decadenza rispetto ai primi due contratti e rilevava, quanto all’appello principale, come il (OMISSIS) avesse espressamente impugnato i contratti sotto il profilo del mancato rispetto della percentuale di contingentamento e che, a fronte di tale deduzione, la societa’ non aveva indicato il numero di lavoratori assunti a tempo indeterminato e di quelli a termine, non potendo sopperirsi a tale lacuna mediante ammissione di prova testimoniale, stante la genericita’ di capitoli di prova articolati, per non essere la mera circostanza negativa del mancato superamento del limite percentuale adeguato all’efficace espletamento della relativa prova testimoniale, che avrebbe dovuto vertere sul dato positivo concernente il numero dei dipendenti assunti a termine.
3. Riteneva l’irrilevanza di ogni accertamento della quantita’ di contratti stipulati Decreto Legislativo n. 368 del 2001, ex articolo 2 in ciascun mese dell’anno, in quanto non consentiva di verificare quanti lavoratori a termine fossero in forza alla societa’ ai sensi di tale disposizione di legge all’epoca dei rapporti oggetto di causa.
4. Quanto all’indennita’ liquidata, la Corte ne rilevava la congruita’ ed affermava che in relazione alla sua natura sanzionatoria non poteva rilevare l’aliunde perceptum.
5. Di tale decisione ha domandato la cassazione la societa’, affidando l’impugnazione quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, il (OMISSIS).
6. La causa, rinviata a nuovo ruolo nell’adunanza camerale del 16.4.2019, per consentirne la trattazione pubblica, e’ stata fissata all’odierna udienza.
7. Il (OMISSIS) ha depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la Compagnia aerea ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 1 bis, sul rilievo che il differimento introdotto con il cd. Decreto Milleproroghe riguardi esclusivamente il termine decadenziale di 60 gg. relativo all’impugnazione del licenziamento di cui alla L. n. 604 del 1966, articolo 6, comma 1, e che il principio di irretroattivita’ escluda che la norma giuridica possa applicarsi a situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 2 per avere (OMISSIS) avuto riguardo, ai fini del rispetto della percentuale del 15% dell’organico aziendale, all’organico addetto ai servizi aeroportuali e non a quello adibito allo svolgimento “dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci”.
3. Con il terzo motivo, la societa’ si duole della violazione degli articoli 421 e 437 c.p.c., rilevando come la pista probatoria emersa avrebbe necessitato di chiarimenti ed approfondimenti attraverso il ricorso ai poteri officiosi del giudice, idonei a supplire alle lacune delle risultanze di causa.
4. Con il quarto motivo, la ricorrente ascrive alla decisione impugnata violazione dell’articolo 2697 c.c., sul rilievo che, per ottenere la conversione del rapporto a tempo indeterminato, il lavoratore avrebbe dovuto dimostrare che, al momento della costituzione del rapporto, (OMISSIS) aveva gia’ violato la percentuale prevista.
5. Il primo motivo e’ infondato.
5.1. Questa Corte ha ritenuto che, con riguardo ai contratti gia’ conclusi alla data di entrata in vigore del Collegato Lavoro – stipulati anche in base alla normativa vigente prima del Decreto Legislativo n. 368 del 2001 e con riferimento a quelli i cui termini siano comunque decorsi prima dell’entrata in vigore della L. n. 10 del 2011 – possa trovare applicazione la proroga dei termini di decadenza (cfr. Cass. 2494/2015): e’ stato evidenziato come anche per i contratti a tempo determinato, deve, invero, intendersi differita al gennaio 2012 l’operativita’ del sistema delle decadenze previsto dalla L. n. 183 del 2010, articolo 32, ed anche per essi – va qui ribadito – deve ritenersi che la L. 4 novembre 2010, n. 183, articolo 32, comma 1 bis, introdotto dal Decreto Legge n. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, riguardi tutti gli ambiti di novita’ di cui al novellato L. 15 luglio 1966, n. 604, articolo 6 e, dunque, non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l’inefficacia di tale impugnativa, prevista dal medesimo articolo 6, comma 2 anche per le ipotesi gia’ in precedenza soggette al relativo onere, per l’omesso deposito, nel termine di decadenza stabilito, del ricorso giudiziale” (cfr. Cass. 2.7.2015 n. 13563, alle cui argomentazioni si rinvia).
5.2. In proposito questa Corte, a ss. uu., con sentenza n. 4913 del 1443.2016, ha affermato che “la L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 1 bis, introdotto dal Decreto Legge n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla L. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti gli ambiti di novita’ di cui al novellato L. n. 604 del 1966, articolo 6 sicche’, con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo questo alla “ratio legis” di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto termine di decadenza”.
5.3. La Corte di appello di Milano si e’ attenuta all’enunciato principio, confermato tra le altre, da Cass. 10.7.2018 n. 18166.
6. Quanto al secondo motivo, i rilievi vanno disattesi, in quanto sul punto l’interpretazione del dato normativo, conforme all’articolo 12 disp. Gen., porta a concludere che il confronto tra l’organico aziendale, costituito dai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, e il numero dei contratti a termine non puo’ essere limitato, ai fini della verifica del rispetto della c.d. clausola di contingentamento, alle sole mansioni del singolo lavoratore assunto a tempo determinato, dovendo per contro essere esteso all’intero complesso dei servizi indicati (“servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci”), sicche’ appare chiara la succitata previsione normativa laddove eccezionalmente consente le assunzioni de quibus ex articolo 2, pur in assenza di una specifica causale, all’impresa esercente le attivita’ ivi contemplate, purche’ nel limite nel 15% massimo relativo all’intero organico aziendale (avuto riguardo anche l’impiego dell’avverbio “complessivamente” riferito all’organico adibito ai servizi sopra indicati, percio’ senza alcuna distinzione di sorta riguardo pure alle varie possibili sedi interessate) (cfr. da ultimo, in tali sensi, Cass. 23.8.2019, n. 21674, Cass. 14.10. 2020 n. 22215).
7. In ordine al terzo motivo, e’ sufficiente osservare che, nel rito del lavoro, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex articolo 421 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova, non e’ censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori (cfr. Cass. 12.3.2009 n. 6023).
7.1. In ogni caso, gli indicati poteri di ufficio non possono essere dilatati fino a richiedere che il giudice supplisca in ogni caso alle carenze allegatorie e probatorie delle parti, in assenza di una pista probatoria rilevabile dal materiale processuale acquisito agli atti di causa. Al riguardo deve richiamarsi l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui il mancato esercizio dei poteri istruttori del giudice (previsti nel rito del lavoro dall’articolo 421 c.p.c.) anche in difetto di espressa motivazione sul punto, non e’ sindacabile in sede di legittimita’ se non si traduce in un vizio di illogicita’ della sentenza: e tale vizio nei termini suddetti non e’ ravvisabile nella gravata pronuncia.
8. La violazione dedotta con il quarto motivo non integra, infine, violazione dell’articolo 2697 c.c., in quanto l’onere probatorio spettava alla societa’ e comunque un’autonoma questione di malgoverno dell’articolo 2697 c.c. puo’ porsi solo allorche’ il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia invertito gli oneri probatori, situazione che non e’, tuttavia, quella rappresentata nel motivo anzidetto, in quanto anche qui la doglianza deve ritenersi mal prospettata, in difformita’ a consolidati principi giurisprudenziali (cfr. Cass. 9212/2012; Cass. 4764/2015 e, da ultimo, Cass. 16.4.2019 n. 9307).
9. Il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto.
10. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
11. Sussistono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5250,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonche’ al rimborso delle spese generali in misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002 articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1bis citato D.P.R., ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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