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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 4 dicembre 2014, n. 50965. L'elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente provveduto allo spaccio, per cui anche il coinvolgimento in un solo episodio di cessione di droga non è incompatibile con l'affermata partecipazione dell'agente all'organizzazione, è pur vero che occorre un'adeguata motivazione sulla condotta di partecipazione dell'imputato al reato associativo e sul ruolo da lui stabilmente svolto all'interno dell'organizzazione, tenendo conto del fatto che la partecipazione al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti va desunta da una serie di condotte significative che, complessivamente valutate, denotino l'organico inserimento in una struttura criminosa. Il vincolo associativo, infatti, può essere ravvisato quando l'attività del cd. "grossista" sia realizzata avvalendosi consapevolmente delle risorse dell'organizzazione, e con la coscienza di farne parte, ma deve escludersi che possa essere desunto automaticamente da una serie di operazioni, anche frequenti, di compravendita delle sostanze illecite concluse tra le stesse persone, in quanto è necessario che gli acquirenti agiscano con la volontà e consapevolezza di operare in qualità di aderenti ad una organizzazione criminale e nell'interesse della stessa, dovendo siffatte condotte, per le loro connotazioni, essere in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all'associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza  4 dicembre 2014, n. 50965 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 6 giugno 2014 il Tribunale di Salerno ha rigettato l’istanza di riesame proposta da N.D. avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Salerno il 5 maggio 2014, che applicava nei suoi confronti la misura...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 5 novembre 2014, n. 45844. L’omissione di ricovero, legata ad una situazione di indifferibilità, in cui l’urgenza sia effettiva e reale, per il pericolo di conseguenze dannose alla salute della persona, pericolo da valutare in base alle indicazioni fornite dall’esperienza medica, tenendo conto delle peculiari caratteristiche e delle specificità del caso concreto, integra il reato di rifiuto di atti d’ufficio

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 5 novembre 2014, n. 45844 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28 ottobre 2013 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in data 15 giugno 2011, che dichiarava G.B.F.M. colpevole del reato di cui all’art. 328, comma 1,...