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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 7 luglio 2015, n. 14072. In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, hanno diritto all’indennizzo tutte le parti coinvolte nel procedimento giurisdizionale, ivi compresa la parte rimasta contumace, nei cui confronti – non assumendo rilievo né l’esito della causa, né le ragioni della scelta di non costituirsi – la decisione è comunque destinata ad esplicare i suoi effetti e a cagionare, nel caso di ritardo eccessivo nella definizione del giudizio, un disagio psicologico, fermo restando che la contumacia costituisce comportamento idoneo ad influire – implicando od escludendo specifiche attività processuali – sui tempi del procedimento e, pertanto, è valutabile agli effetti dell’art. 2, secondo comma, della legge 24 marzo 2001, n. 89. Enunciato con riferimento ad un giudizio presupposto civile, detto principio deve ritenersi senz’altro estensibile anche alla materia penale, nella quale non meno evidente è che la contumacia non esprime di per sé sola né insensibilità al disagio derivante dalla pendenza processuale, né disinteresse al relativo esito. Ed anzi, proprio nell’ambito del processo penale la contumacia ben può essere dettata da una precisa (e legittima) scelta difensiva, che come non aggrava così neppure esclude il normale patema d’animo per l’attesa della decisione. In altri termini, nel procedimento penale l’imputato – sia che scelga di difendersi sia che opti per la contumacia – è comunque soggetto alla potestà punitiva dello Stato e tale condizione è da ritenere di per sé fonte di patema d’animo

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 7 luglio 2015, n. 14072  Svolgimento del processo Con decreto del 20.3.2013 la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da Leonard M.W., intesa ad ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole di un giudizio penale nel quale egli era rimasto...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 17 marzo 2015, n. 5300. In caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata del processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni in esso coinvolte, ciò ad eccezione dei casi in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza, nei quali casi l’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve essere provata puntualmente dall’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte – come nella specie – sia manifestamente infondata

Suprema Corte di Cassazione  sezione II sentenza del 17 marzo 2015, n. 5300 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. NUZZO Laurenza – Presidente – Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere – Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere – Dott. MANNA Felice – Consigliere – Dott. ABETE Luigi –...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 4 marzo 2015, n. 4435. Attesa la sua natura essenzialmente tributaria, è inammissibile la domanda di equa riparazione per la durata irragionevole del processo formulata in relazione ad un giudizio avente ad oggetto l'impugnazione da parte del contribuente della sanzione amministrativa della revoca ex lege n. 765/1967 dei benefici fiscali a causa di abusi edilizi nella costruzione di un edificio

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 4 marzo 2015, n. 4435 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 2 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETITTI Stefano – Presidente Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere Dott. FALASCHI Milena – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 26 gennaio 2015, n. 1382. Rimessa alle sezioni unite la questione in ordine a come coordinare il principio dell'unicita' dei giudizi di cognizione ed esecuzione, applicabile anche in ordine al computo del tempo ai fini della valutazione della durata ragionevole od irragionevole di un processo con la previsione di un termine di decadenza, cosi' come stabilito nella Legge n. 89 del 2001, articolo 4 nella versione ratione temporis applicabile, ovvero quella in vigore fino al giorno 11/8/2012 (Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 55, comma 2 conv. nella Legge n. 134 del 2012) di sei mesi decorrente dal momento in cui la decisione e' divenuta definitiva; inoltre, se il dies a quo costituito dalla "decisione definitiva" cosi' come indicato dal citato articolo 4 ai fini del computo del termine semestrale di decadenza possa ritenersi applicabile alla pronuncia passata in giudicato nel giudizio di cognizione, quando esso abbia avuto una durata irragionevole o invece debba identificarsi soltanto con la decisione conclusiva della successiva fase di esecuzione forzata; – in quest'ultima ipotesi come computare la fase di quiescenza del procedimento, successiva alla conclusione definitiva del giudizio di cognizione ed anteriore all'instaurazione del giudizio di esecuzione.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 26 gennaio 2015, n. 1382   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo...