Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 novembre 2021| n. 31642.
Spoglio del possesso ed onere di provare la sussistenza del danno.
Lo spogliato del possesso, che agisca per conseguire il risarcimento dei danni, è soggetto al normale onere della prova in tema di responsabilità per fatto illecito. Pertanto, qualora non abbia provato il pregiudizio sofferto, non puo emettersi, in suo favore, condanna al risarcimento con liquidazione equitativa dei danni
Ordinanza|4 novembre 2021| n. 31642. Spoglio del possesso ed onere di provare la sussistenza del danno
Data udienza 8 giugno 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Servitù di passaggio – Spoglio del possesso – Onere di provare la sussistenza del danno ai fini del risarcimento – Censure di merito – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28862-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– controricorrenti –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– controricorrenti –
nonche’ contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 99/2015 del TRIBUNALE di PADOVA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/06/2021 dal Consigliere GRASSO GIUSEPPE;
Spoglio del possesso ed onere di provare la sussistenza del danno
FATTO E DIRITTO
La Corte osserva:
Con sentenza non definitiva n. 99/2015 e con sentenza definitiva n. 273/2016 il Tribunale di Padova, per quel che ancora qui rileva, dispose trasferimento della servitu’ di passaggio gravante sui fondi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e in favore di (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 1068 c.c.; condanno’ i convenuti in solido a realizzare a proprie cure e spese le opere indicate dal ctu al fine del trasferimento della servitu’; condanno’ i medesimi a risarcire il danno procurato a (OMISSIS), per il minor valore della proprieta’, quantificato in Euro 1.500,00; quanto alle spese legali, la prima sentenza condanno’ i convenuti a corrispondere meta’ delle stesse, compensando il residuo; la seconda dispose rifondersi per intero in favore di (OMISSIS) le spese “per la fase del giudizio successivo alla sentenza non definitiva” e compensate per la meta’ quelle della ctu, statui’ che il residuo fosse corrisposto a (OMISSIS).
La Corte d’appello di Venezia, con ordinanza emessa ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., dichiaro’ l’appello proposto da (OMISSIS) inammissibile.
La decisione assume che l’impugnazione non avesse ragionevole possibilita’ di accoglimento, avendo il Tribunale correttamente risolto le poste questioni, nuovamente risollevate con l’appello. Questioni che la sentenza sintetizza nella doglianza attinente al rigetto della domanda di risarcimento del danno, quantificato in Euro 20.000,00, per lo spoglio violento della servitu’ di passaggio patito dall’appellante, impedita mediante installazione di una rete rossa da cantiere, di talche’ per il tempo dello spoglio egli sarebbe stato costretto a raggiungere la sua proprieta’ attraverso un differente percorso. Nonche’ nella doglianza attinente alla quantificazione delle spese di lite. Quanto alla prima censura l’appellante, scrive la Corte locale, non aveva fornito “alcun elemento concreto da cui poter desumere che gli (avesse) effettivamente risentito un pregiudizio”. La seconda censura appariva generica, in assenza di specifica indicazione di violazione dei parametri tabellari.
Avverso la sentenza d’appello (OMISSIS) ricorre sulla base di quattro motivi. Resistono, con separati controricorsi:
– (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS);
– (OMISSIS);
– (OMISSIS) e (OMISSIS);
– (OMISSIS).
(OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno depositato memoria.
Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione o falsa applicazione degli articoli 1067, 1068, 1079, 2043, 2056, 2059, 1226 e 2727 c.c., nonche’ articolo 392 c.p., e articolo 185 c.p. (il tutto in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), lamenta essergli stato negato il diritto al risarcimento del danno, sia pure in via equitativa, a riguardo dello spoglio patito.
La doglianza e’ infondata.
La pretesa risarcitoria venne rigettata per difetto di prova.
Questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che lo spogliato del possesso, che agisca per conseguire il risarcimento dei danni, e soggetto al normale onere della prova in tema di responsabilita’ per fatto illecito. Pertanto, qualora non abbia provato il pregiudizio sofferto, non puo’ emettersi in suo favore condanna al risarcimento con liquidazione equitativa dei danni (Sez. 2, n. 2203, 3/6/1975, Rv. 375990 – 01). Principio, questo, che risulta essere stato ribadito in epoca piu’ recente, essendosi affermato che non puo’ essere accolta la domanda di risarcimento del danno derivante dalla privazione del possesso di un immobile in modo violento o clandestino (che si configura come fatto illecito) nel caso in cui la parte non abbia fornito la prova dell’esistenza e dell’entita’ materiale del pregiudizio e la domanda non sia limitata alla richiesta della sola pronuncia sull'”an debeatur”, non essendo allora ammissibile il ricorso al potere officioso di liquidazione equitativa del danno (Sez. 1, n. 8854, 1/6/2012, Rv. 622821; conf., Sez. 6, n. 7871, 20/3/2019).
Ne’ l’asserita lesione di diritti, in assenza dell’esistenza del danno, puo’ giustificare condanna risarcitoria, la quale assumerebbe l’improprio valore di sanzione, come correttamente ha evidenziato una delle parti controricorrenti, col supporto di precipua giurisprudenza (Cass. nn. 21865/2013, 23194/2013, 18812/2014, 24474/2014.
Val la pena soggiungere che non puo’ confondersi la prova del danno, cioe’ la procurata lesione patrimoniale, con la illiceita’ della condotta di spossessamento, pertanto, la valutazione equitativa (articoli 1226 e 2056 c.c.) in tanto puo’ invocarsi in quanto il danno risulti dimostrato, potendo supplire esclusivamente all’impossibilita’ di provare il danno “nel suo preciso ammontare”.
Con il secondo motivo, denunziante violazione e/o falsa applicazione degli articoli 841, 1064, 1065, 1066, 1067 e 1068 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), il (OMISSIS) si duole del fatto che il Tribunale non abbia condannato i convenuti al pagamento delle opere necessarie allo spostamento del cancello sul fondo dell’attore.
La censura non supera il vaglio d’ammissibilita’, trattandosi di doglianza diretta a nuovo vaglio del giudizio di merito, avendo il Tribunale chiarito che il nuovo percorso non prevedeva necessita’ di cancello, che se del caso, avrebbe potuto apporre il (OMISSIS) all’interno del proprio terreno, trattandosi di opere non necessarie per l’esercizio della servitu’.
Quanto alla dedotta violazione di norme di legge deve osservarsi che, piuttosto palesemente, la critica, nella sostanza, risulta inammissibilmente diretta al controllo motivazionale, in spregio al contenuto del vigente l’articolo 360 c.p.c., n. 5, in quanto, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per cio’ stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459);
Con il terzo motivo, denunziante violazione e/o falsa applicazione degli articoli 832, 1032, 1038 e 1053 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), il (OMISSIS) contesta la quantificazione in Euro 1.500,00 della perdita di valore del proprio fondo, che, a suo parere, risultava deprezzato dalla variazione, per almeno Euro 6.000,00.
Trattasi di censura inammissibile poiche’ diretta, peraltro palesemente, a un improprio riesame di merito. Quanto all’asserita violazione di legge valgono le osservazioni di cui immediatamente sopra.
Con il quarto motivo, denunziante violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 e 96 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p., n. 4, comma 9), il (OMISSIS) contesta la decisione sulle spese.
Anche l’ultimo motivo non supera il vaglio d’ammissibilita’, poiche’ la censura anela a un diverso riparto delle spese di lite, in difformita’ dell’insindacabile giudizio di merito.
Invero, in caso di reciproca soccombenza, rientra nel potere del giudice disporre la compensazione, fermo restando il divieto di porre spese a carico della parte totalmente vittoriosa (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 10685, 17/4/2019).
In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore di ciascuna delle quattro parti controricorrenti, tenuto conto del valore, della qualita’ della causa e delle attivita’ svolte, siccome in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) in Euro 3.000,00 per compensi; in favore di (OMISSIS) in Euro 2.300,00 per compensi; in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) in Euro 2.300,00 per compensi; in favore di (OMISSIS) in Euro 2.300,00 per compensi; oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge per ciascuna delle parti controricorrenti;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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