Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 marzo 2022| n. 7023.
Spese processuali sostenute dal terzo chiamato dal convenuto.
In forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di responsabilità per danno cagionato da un incendio sprigionatosi in alcuni terreni, la Suprema Corte ha censurato la sentenza impugnata con la quale il giudice d’appello aveva condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite nei confronti dei terzi chiamati in giudizio dal Ministero convenuto, pur essendo risultato soccombente nei loro confronti solo il Ministero). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 1° luglio 2021, n. 18710; Cassazione, sezione civile III, sentenza 6 dicembre 2019, n. 31889; Cassazione, sezione civile II, sentenza 25 settembre 2019, n. 23948).
Ordinanza|3 marzo 2022| n. 7023. Spese processuali sostenute dal terzo chiamato dal convenuto
Data udienza 21 settembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Spese di giudizio – Rimborso – Spese processuali sostenute dal terzo chiamato dal convenuto – Spese poste a carico dell’attore – Chiamata in causa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso – Tesi risultate infondate – Mancata proposizione da parte dell’attore nei confronti del terzo di alcuna domanda – Irrilevanza – Esercizio abusivo del diritto di difesa – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13719-2020 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), PROVINCIA DI BRINDISI, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2689/2019 del TRIBUNALE di LECCE, depositata in data 09/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA GORGONI.
RILEVATO
che:
(OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per la cassazione della sentenza n. 2689/2019 del Tribunale di Lecce, pubblicata il 9 settembre 2019, formulando un solo motivo di ricorso, illustrato con memoria.
Nessuna attivita’ difensiva risulta svolta in questa sede dagli intimate.
A tal fine i ricorrenti rappresentano quanto segue:
– assumendo di avere subito ingenti danni alla loro proprieta’, cagionati da un incendio propagatosi dall’interno della ex base USAF, depositavano due ricorsi per accertamento tecnico preventivo;
– il Ministero della Difesa si difendeva, sostenendo che l’incendio non era scoppiato all’interno dell’area di sua proprieta’ e otteneva di chiamare in causa le Ferrovie dello Stato, la Provincia di Brindisi, la Regione Puglia e i proprietari dei fondi limitrofi;
– la Ctu accertava che l’incendio si era sviluppato nella zona di pertinenza delle Ferrovie dello Stato, poi si era propagato all’interno della ex base Usaf e da qui aveva raggiunto i terreni circostanti degli attori, cagionando a quello di (OMISSIS), danni per Euro 4.757,60 e a quello di (OMISSIS) danni ammontanti ad Euro 2712,60;
– nelle more il Ministero aveva eccepito l’incompetenza per territorio che veniva accolta dal Tribunale di Brindisi;
– riassunto il giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Brindisi, indicato come quello competente, questi, con sentenza n. 455/2014, accoglieva la domanda di risarcimento dei danni ex articolo 2051 c.c., dei germani (OMISSIS) nei confronti del Ministero della Difesa, il quale aveva ottenuto di chiamare in causa (OMISSIS) SPA, e veniva condannato in solito con quest’ultima a corrispondere a titolo risarcitorio a beneficio di (OMISSIS) l’importo di Euro 4757,60 e a favore di (OMISSIS) quello di Euro 2712,60;
– nei confronti della Provincia di Brindisi, dei proprietari delle aree comprese tra la (OMISSIS) e la ex base Usaf, chiamati in giudizio dal Ministero convenuto, non veniva ravvisata alcuna responsabilita’;
– il Ministero della Difesa impugnava la suddetta decisione dinanzi al Tribunale di Lecce, chiedendo di essere tenuto indenne da qualsiasi responsabilita’ per i danni cagionati dall’incendio, indicando come responsabili esclusivi degli stessi i terzi chiamati in causa, in subordine, chiedeva l’accertamento della responsabilita’ solidale anche a carico di tutti i chiamati;
– (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnavano, in via incidentale, la decisione del Giudice di Pace di Lecce in merito alla liquidazione delle spese di lite sia relativamente al procedimento ex articolo 696 c.p.c., che al giudizio di primo grado;
– (OMISSIS) Italia chiedeva la conferma della sentenza impugnata.
– (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari di terreni limitrofi a quello degli odierni ricorrenti, chiedevano che l’appello nei loro confronti fosse dichiarato inammissibile o rigettato con condanna del Ministero al pagamento delle spese processuali;
– il contraddittorio veniva integrato nei confronti della Provincia, la quale rilevava che nei suoi confronti non era stata avanzata alcuna domanda.
Il Tribunale di Lecce, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, dichiarata la contumacia di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS), rigettava l’appello principale del Ministero della Difesa e l’appello incidentale di (OMISSIS) ed (OMISSIS); e regolava le spese di lite come segue: condannava “il Ministero della Difesa in solido con (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in solido, nonche’ di (OMISSIS) SPA delle spese di lite del presente grado di giudizio (…)”; condannava “il Ministero della Difesa al pagamento in favore della Provincia di Brindisi delle spese sostenute per la costituzione nel presente giudizio (…)”; dichiarava “integralmente compensate tra le altre parti le spese del grado”.
Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta che e’ stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
CONSIDERATO
che:
1.C on l’unico motivo di ricorso i ricorrenti censurano la sentenza del Tribunale di Lecce per violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., avendoli condannati, solo perche’ soccombenti nell’appello incidentale avverso la decisione del Giudice di Pace di Lecce sul capo accessorio della liquidazione delle spese, al pagamento delle spese processuali a favore dei terzi chiamati dal Ministero della difesa, in solido con quest’ultimo.
La tesi dei ricorrenti e’ che correttamente la sentenza di primo grado, avendo ritenuto fondata la loro domanda risarcitoria, aveva condannato il Ministero della Difesa e (OMISSIS), giudicati i responsabili, in solido al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di lite e di Ctu nei loro confronti ed il solo Ministero della Difesa alla refusione delle spese di lite in favore degli altri terzi chiamati in causa, in applicazione del principio di causazione.
Con l’appello il Ministero aveva chiesto, in via principale, di essere tenuto indenne da ogni responsabilita’ per l’incendio, la cui responsabilita’ avrebbe dovuto, secondo la sua prospettazione, essere imputata a (OMISSIS), ad (OMISSIS), ad (OMISSIS), a (OMISSIS), a (OMISSIS) ed a (OMISSIS), e, in via subordinata, aveva domandato di ritenere i terzi chiamati corresponsabili in solido.
La sentenza impugnata non ha accolto le richieste del Ministero, ritenendo inesistente la chiamata in causa nei confronti di (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS), stante la nullita’ della notifica del ricorso nei loro confronti e il difetto di un’espressa statuizione della sentenza di primo grado sulla domanda formulata dal Ministero nei confronti dei terzi, e confermando la sentenza di primo grado sebbene con integrazione della motivazione. Avrebbe, pero’ erroneamente condannato gli odierni ricorrenti (solo perche’ avevano proposto appello incidentale esclusivamente nei confronti del Ministero – e non anche dei terzi chiamati – per lamentare la quantificazione delle spese di lite del giudizio di atp svoltosi dinanzi al Tribunale di Brindisi e del giudizio di primo grado svoltosi dinanzi al Giudice di Pace) a rifondere, in solido con il Ministero, le spese di lite del giudizio di appello nei confronti dei terzi chiamati. In piu’, rilevano i ricorrenti, che nessuna domanda nei loro confronti quanto alla refusione delle spese di lite era stata formulata da (OMISSIS), da (OMISSIS), da (OMISSIS), i quali avevano chiesto la condanna del Ministero al pagamento delle spese legali. In sostanza, non avendo spiegato alcuna domanda nei confronti dei terzi chiamati, non essendo risultati soccombenti nei loro confronti, non essendo stati destinatari di alcuna domanda da parte dei terzi chiamati, i ricorrenti deducono che non avrebbero dovuto subire alcuna condanna alla refusione delle spese di lite sostenute dai terzi chiamati per difendersi nel giudizio d’appello.
Il motivo e’ fondato.
La decisione impugnata non e’ in sintonia con l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, cui si intende dare seguito, che valorizza il principio di causazione e quello di soccombenza, ai fini del corretto riparto delle spese di lite, affermando che il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa (Cass. n. 18710 dell’01/07/2021; Cass. n. 31889 del 06/12/2019 e negli stessi termini Cass. n. 23948 del 25/09/2019).
Effettivamente, la condanna di chi instaura il processo creando con la prima in jus vocatio il rapporto principale, sul quale poi si innestano rapporti processuali ulteriori, discende dal principio di causazione: il processo viene attivato dall’attore, appunto, del rapporto processuale da cui sono derivati i rapporti ulteriori. E la causazione e’ un principio non del tutto coincidente con quello di soccombenza: pertanto, chi ha promosso il rapporto principale viene condannato a rifondere le spese anche alle parti del processo rispetto alle quali non ha rapporto, ergo non ha soccombenza. Instaurando il giudizio, l’attore principale processualmente causa le iniziative difensive adottate dalla controparte del suo rapporto, incluse logicamente pure le espansioni del giudizio provocate dalle chiamate in causa.
Il principio della causazione da sempre ha affiancato quello della soccombenza come criterio per individuare chi deve rifondere le spese; tuttavia e’ stato, parimenti, sempre temperato dalla valutazione della sussistenza o meno di causazione concreta nella complessiva regiudicanda. Nel caso, infatti, in cui la difesa attuata dal convenuto sotto forma di chiamata in causa risulti eccentrica rispetto all’oggetto della controversia o comunque manifestamente priva di fondatezza, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha negato l’espansione della responsabilita’, ai fini della rifusione delle spese, del soggetto che ha attivato il rapporto principale, preservando in tale ipotesi autonomia al rapporto instauratosi tra convenuto/chiamante e terzo chiamato per non essere realmente accessorio quest’ultimo rapporto a quello che ha originariamente acceso il processo, essendo stato invece posto in essere mediante un impulso processuale radicalmente privo di pertinenza/fondatezza, id est arbitrario. Il che elide qualunque connessione, anche indiretta, tra la causazione del rapporto principale e la causazione del rapporto ulteriore, solo apparentemente accessorio, che non e’ in realta’ riconducibile alla difesa del convenuto rispetto all’iniziativa principale, fuoriuscendo dunque dal paradigma della causazione, il quale non puo’ pertanto supplire con i suoi effetti all’assenza di una relazione di soccombenza.
Nel caso in esame, invero, il Tribunale di Lecce ha dimostrato di non essersi affatto attenuto ai suddetti principi, condannando gli odierni ricorrenti al pagamento delle spese di lite nei confronti dei terzi chiamati in giudizio dal Ministero convenuto, pur essendo risultato soccombente nei loro confronti solo il Ministero.
2.11 ricorso va, dunque, accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, la Corte cassa la statuizione con cui il Tribunale ha condannato gli odierni ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di appello nei confronti dei terzi chiamati in giudizio dal Ministero della difesa.
3.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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