Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 maggio 2022| n. 14198.
Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice.
In tema di liquidazione delle spese processuali, quando la parte presenta la nota spese, secondo quanto previsto dall’art. 75 disp.att.c.p.c., specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma superiore.
In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del Dm n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo ed il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo. Inoltre, quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto è previsto dall’articolo 75 disp. att. cod. proc. civ., specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore (Nel caso di specie, la Suprema Corte, enunciando i suddetti principi di diritto, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere la corte d’appello liquidato gli onorari in misura superiore ai valori medi, senza spiegare le ragioni di discostamento rispetto alla nota spese prodotta dalla parte vittoriosa). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 7 gennaio 2021, n. 89)
Ordinanza|5 maggio 2022| n. 14198. Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice
Data udienza 25 gennaio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Spese processuali – Esercizio del potere discrezionale del giudice – Non soggezione al sindacato di legittimità – Motivazione doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi – Presentazione della nota spese – Giudice – Attribuzione alla parte a titolo di rimborso delle spese una somma di entità superiore – Dm 55/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. BATTAGLIA Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24763-2017 proposto da:
CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, N. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SRL, (OMISSIS), FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1135/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/01/2022 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, decidendo sull’impugnativa di lodo arbitrale proposta dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. nei confronti di (OMISSIS), della (OMISSIS) s.r.l., di (OMISSIS), del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., di (OMISSIS) e di (OMISSIS), rigetto’ il gravame e, per quel che ancora rileva in sede di legittimita’, condanno’ la (OMISSIS) s.r.l. alle spese di lite nella misura di Euro 150.000,00 in favore delle parti costituite (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l..
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la curatela del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. sulla base di tre motivi; Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.
Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articoli da 1 ad 11, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con particolare riferimento agli articoli 4, 5 e 6 del Decreto Ministeriale citato, per avere la Corte d’appello liquidato gli onorari in misura superiore ai valori medi, senza spiegare le ragioni per le quali si sarebbe discostata dalla nota spese prodotta dalla parte vittoriosa. Il valore della causa era di Euro 4.948.700t00fi e la nota specifica della parte vittoriosa ammontava ad Euro 54.724,,00 mentre sarebbe stata liquidata la superiore somma di Euro 150.000,00.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 5, poiche’ la Corte non avrebbe tenuto conto del valore della controversia, pari ad Euro 4.948.700,00, e sulla base della quale avrebbe dovuto effettuarsi la liquidazione.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di merito si sarebbe discostata dai valori medi senza adeguata motivazione.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
Ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 5, ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attivita’ prestata, dell’importanza, della natura, della difficolta’ e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessita’ delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficolta’ dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantita’ e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti.
La norma prosegue affermando che: “Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati di regola sino all’80 per cento, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento”.
Ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, comma 2, quando in una causa l’avvocato assiste piu’ soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico puo’ di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 30 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 10 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di trenta.
Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice
Il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 6, disciplina l’ipotesi in cui la causa abbia un valore di Euro 520.000.000,00 e prevede un incremento fino al 30% dei parametri numerici contemplati dai relativi scaglioni di riferimento.
Questa Corte ha affermato che, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, il giudice deve solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2386 del 31/01/2017, Rv. 642544 01; conf. Cass. n. 26608 del 09/11/2017; n. 29606 del 11/12/2017).
In una recente pronuncia (Cass. Civ. Sez. VI, 1.6.2020, n. 10343) la Corte ha preso atto che “in questo quadro normativo, si va consolidando l’orientamento secondo cui, non sussistendo piu’ il vincolo legale della inderogabilita’ dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice e’ tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi (Cassazione civile sez. VI, 15/12/2017, n. 30286 e, in motivazione Cassazione civile sez. VI, 04/03/2019, n. 6296; Cassazione civile sez. VI, 31/07/2018, n. 20183).
Tale indirizzo ha avuto un arresto da parte di Cassazione Civile, Sez. III, 07/01/2021, n. 89, secondo cui, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale e’ doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinche’ siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo.
Quanto al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 6, nella parte in cui prevede che alla relativa liquidazione si applica, “di regola”, un incremento fino al 30% dei parametri numerici contemplati dai relativi scaglioni di riferimento, e’ stato di recente affermato che si impone uno specifico apporto motivazionale, esplicativo delle ragioni sottese a tale scelta, nel solo caso in cui il giudice reputi di non disporre alcun incremento percentuale, restando egli, al contrario, libero di stabilire un aumento in misura anche superiore al massimo del 30%, applicando i criteri generali di cui all’articolo 4 del medesimo Decreto Ministeriale n. 55, con decisione non censurabile in sede di legittimita’ (Cassazione civile sez. II, 20/10/2021, n. 29170).
Ritiene il collegio che di tali aumenti il giudice e’ tenuto a dare indicazione in sede di liquidazione in modo da consentire alle parti un controllo in ordine all’esattezza della liquidazione e da consentire a questa Corte il sindacato di legittimita’.
Nel caso di specie, il valore massimo stabiliti dai parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 non sono superati solo nel caso di applicazione dei valori massimi, comprensivi della fase istruttoria, della difesa di due parti Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, ex articolo 5, e dell’aumento Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, ex articolo 6.
Di tali aumenti non vi e’ traccia nella liquidazione delle spese da parte della Corte d’appello.
Inoltre, il ricorrente ha dedotto che l’importo liquidato era superiore alla somma richiesta nella nota spese della controparte ed ha allegato detta nota, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, da cui risulta una richiesta di liquidazione della somma di Euro 54.724,00, inferiore all’importo liquidato pari ad Euro 150.000.000,00.
Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice
In tema di nota spese, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non puo’ limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimita’, l’accertamento della conformita’ della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilita’ dei relativi minimi, giusta Decreto Legge n. 794 del 1942, articolo 24 (Sez. L, n. 8824 del 05/04/2017, Rv. 643908 – 01; Sez. 3, n. 20604 del 14/10/2015, Rv. 637583 – 01; Sez. 6 – 2, n. 7293 del 30/03/2011, Rv. 616898 – 01; Sez. L, n. 4404 del 24/02/2009, Rv. 607744 – 01).
Tale obbligo di motivazione sussiste non solo nell’ipotesi di liquidazione inferiore a quanto indicato nella nota spese ma anche nell’ipotesi in cui venga liquidata una somma superiore a quella prevista nella nota spese dell’Avvocato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la nota spese, ex articolo 75 disp. att. c.p.c., funge anche da limite al potere del giudice di liquidazione dei compensi alla parte vittoriosa sicche’ il giudice non puo’ attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entita’ superiore (Sez. 3, n. 17057 del 26/06/2019, Rv. 654402 -01; Sez. 6 – 3, n. 11522 del 14/05/2013, Rv. 626367 – 01; Sez. 3, n. 5327 del 04/04/2003, Rv. 561900 – 01).
In tal senso, e’ stato sostenuto che la nota spese fissa l’oggetto della domanda ed il giudice viola l’articolo 112 c.p.c., se liquida un compenso superiore a quello domandato.
Parte della dottrina ha posto in evidenza l’inconciliabilita’ di tale affermazione con il principio secondo cui la condanna al pagamento delle spese del giudizio, in quanto consequenziale ed accessoria, puo’ essere legittimamente emessa a carico del soccombente anche d’ufficio, in mancanza di un’esplicita richiesta della parte vittoriosa, sempreche’ quest’ultima non abbia manifestato espressa volonta’ contraria (Cass. civ., 21 maggio 1979, n. 294; Cass. civ., 22 ottobre 1981, n. 5557; Cass. civ., 21 dicembre 1983, n. 7532; Cass. civ., 21 aprile 1990, n. 3346; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2006 n. 21244; Cass. civ., sez. VI 11 febbraio 2015 n. 2719). E’ stato osservato in dottrina che l’articolo 75 disp. att. c.p.c., e’ stato implicitamente abrogato a seguito dell’abrogazione, da parte del Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 9, comma 1, delle tariffe professionali.
La tesi non e’ condivisibile in quanto il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, comma 5, menziona espressamente la nota spese tra gli atti che puo’ redigere il difensore, in relazione alla quale il giudice e’ tenuto a fornire una motivazione nel caso in cui da essa si discosti.
La giurisprudenza che si e’ formata anche in seguito all’emanazione del DM 55/2014 e’ univoca nell’affermare che quando la parte presenta la nota spese, ex articolo 75 disp. att. c.p.c., il giudice non puo’ attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entita’ superiore (Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, n. 6345; Cassazione civile sez. III, 26/06/2019, n. 17057).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha triplicato la liquidazione delle spese rispetto alla richiesta del difensore, che, nell’indicare il compenso, aveva evidentemente ponderato la natura delle attivita’ svolte, senza alcuna motivazione.
Spese processuali e l’esercizio del potere discrezionale del giudice
Il ricorso va, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione che applichera’ i seguenti principi di diritto:
” In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non e’ soggetto a sindacato di legittimita’, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione e’ doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo”.
“Quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto e’ previsto dall’articolo 75 disp. att. c.p.c., specificando la somma domandata, il giudice non puo’ attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entita’ superiore”.
Il giudice di rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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