Contratti atipici e le regole dettate per il contratto in generale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 maggio 2022| n. 14212.

Contratti atipici e le regole dettate per il contratto in generale.

Ai contratti atipici o socialmente tipici, al pari che ai contratti misti, si applicano non soltanto le regole dettate per il contratto in generale, ma anche quelle del contratto tipico, nel cui schema siano riconducibili gli elementi prevalenti del negozio (cosiddetta teoria dell’assorbimento o della prevalenza), senza escludere, peraltro, la rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l’ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente. Per tali categorie negoziali, invero, la disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme predette, che costituiscono, anche quando relative al singolo contratto tipico, espressione della regolamentazione ragionevole e di equilibrata soluzione per gli interessi delle parti, individuata dal legislatore, in relazione alla funzione pratica perseguita dal contratto medesimo (Nel caso di specie, il giudice di legittimità, rigettando il ricorso, ha ritenuto che nella locazione finanziaria, accanto alle clausole inserite nel contratto, non fosse preclusa l’applicazione analogica dell’art. 1595 cod. civ., dettato in tema di sublocazione, ove se ne riscontrino gli elementi concreti propri della locazione ordinaria, non contrastanti con le clausole di tale contratto e non divergenti dal suo schema normativo)

Ordinanza|5 maggio 2022| n. 14212. Contratti atipici e le regole dettate per il contratto in generale

Data udienza 17 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Leasing – Locazione finanziaria – Concessione del contratto ad u terzo – Riserva di proprietà – Opponibilità del relativo patto al terzo acquirente – Clausole inserite nel contratto – Applicazione analogica dell’articolo 1595 c.c. – -Contratti atipici e le regole dettate per il contratto in generale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26224/2015 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1288/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, pubblicata il 03/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/03/2022 dal Cons. Dott. LOREDANA NAZZICONE.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catania con sentenza del 3 ottobre 2014 ha respinto gli appelli, principale ed incidentale, contro la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno per Euro 267.510,00, oltre accessori e spese, proposta dalla (OMISSIS) s.p.a. (oggi, in virtu’ di varie operazioni societarie, (OMISSIS) s.p.a.) contro (OMISSIS), in relazione al mancato rilascio dello stabilimento industriale concesso in locazione finanziaria alla (OMISSIS) s.r.l., poi (OMISSIS) s.a.s. (dichiarata fallita, con estensione al socio, il (OMISSIS)), e dalla societa’ sublocato al predetto (OMISSIS).
La sentenza impugnata ha ritenuto che nessun vizio di ultrapetizione della prima decisione sussista, avendo la concedente chiesto l’accertamento dell’illegittima detenzione dello stabilimento, a seguito della risoluzione del contratto di locazione finanziaria e, conseguentemente, del contratto di sublocazione.
Nel merito, ha rilevato che l’articolo 10 delle condizioni generali del contratto di leasing contiene l’espresso divieto contrattuale di concedere il bene in sublocazione, clausola perfettamente valida, ad integrazione convenzionale della disciplina generale della vendita con riserva di proprieta’ ed in assenza di una compiuta regolamentazione normativa della figura; prima dell’esercizio dell’opzione di acquisto contrattuale, quindi, la conduttrice non aveva il potere di sublocare il bene; ne’ si applica l’articolo 1524 c.c., comma 2, relativo ai beni mobili.
Ha, altresi’, rilevato che il contratto di leasing si e’ risolto a seguito della comunicazione della concedente di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, come incidentalmente accertato dalla sentenza resa nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dalla concedente per le rate non pagate: ai sensi dell’articolo 1595 c.c., dunque, applicabile nei rapporti tra conduttore e subconduttore, il contratto di sublocazione e’ stato automaticamente caducato in virtu’ della risoluzione del primo negozio.
Ne ha tratto la conseguenza del diritto della concedente al risarcimento del danno da mancata restituzione del bene, a decorrere dalla risoluzione del contratto e sino alla riconsegna, secondo il valore locativo accertato dal c.t.u., e senza che, al riguardo, assuma rilievo la circostanza – allegata dal subconduttore al fine di limitare il risarcimento dovuto – del rifiuto della concedente di vendergli il bene, pur in seguito venduto a terzi a prezzo superiore: invero, ha ritenuto che nessuna condotta concorrente della danneggiata sia individuabile ex articolo 1227 c.c., comma 2, non gravando sulla stessa nessun obbligo a contrarre al riguardo.
Ha, infine, respinto anche i motivi dell’appello incidentale, svolto dalla societa’ concedente, compensando le spese per la reciproca soccombenza.
Avverso questa sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS), sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.).
Le parti hanno depositato le memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1322, 1523 e 1524 c.c., in quanto la sentenza impugnata, pur avendo correttamente qualificato il leasing come traslativo, ha poi mancato di applicare l’articolo 1524 c.c., secondo cui il contratto sarebbe stato inopponibile al subconduttore perche’ non trascritto nell’apposito registro, tanto che non avrebbe potuto reputarsi efficace la clausola contrattuale sul divieto di sublocazione;
inoltre, la conduttrice era nel pieno godimento e nella disponibilita’ del bene, di cui era destinata, all’esito della locazione, a divenire proprietaria, con la conseguenza che, del pari, nessun risarcimento del danno era dovuto dal subconduttore.
1.2. – Il motivo e’ manifestamente infondato.
In caso di vendita con riserva di proprieta’ di un bene mobile, per l’opponibilita’ del relativo patto al terzo acquirente e’ necessaria, ai sensi dell’articolo 1524 c.c., la ricorrenza dei requisiti della trascrizione del medesimo nell’apposito registro tenuto presso la cancelleria del tribunale del luogo ove il bene si trova, e della permanenza in tale luogo del detto bene al momento dell’acquisto da parte del terzo (Cass. 31 gennaio 2006, n. 2161).
La disposizione ha la sua ratio nella circostanza che la vendita di un bene mobile con riserva di proprieta’ puo’ essere validamente stipulata anche verbalmente, onde il legislatore ha previsto l’atto scritto come necessario unicamente ai fini dell’opponibilita’ della detta riserva di proprieta’ ai creditori del compratore (Cass. 13 maggio 1991, n. 5324) e si applica, dunque, per lettera e per ratio normativa, ai soli beni mobili.
Ne deriva che la sentenza impugnata ha interpretato correttamente la norma de qua, in coerenza con tali principi.
Occorre altresi’ rilevare che, se pure e’ sufficiente a ravvisare la legittimazione a concedere in locazione il bene la mera disponibilita’ di fatto dello stesso, purche’ in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico e la detenzione non sia stata acquistata illecitamente (Cass. 31 ottobre 2019, n. 28000; Cass. 22 ottobre 2014, n. 22346; Cass. 14 luglio 2011, n. 15443; Cass. 11 aprile 2006, n. 8411), resta la soggezione del rapporto di sublocazione alla sorte del rapporto principale, quale contratto c.d. derivato, figura da ricondurre allo schema piu’ generale del “collegamento tipico” tra negozi, in quanto previsto per legge.
Onde, se il contratto di locazione principale viene meno, per qualsiasi motivo, cio’ ha effetto ex lege anche nel rapporto con il subconduttore, il quale, semmai, potra’ far valere eventuali ragioni di pregiudizio soltanto verso il suo diretto dante causa.
Resta ferma, invece, la responsabilita’ extracontrattuale del subconduttore nei confronti della societa’ di leasing locatrice, per occupazione sine titulo del relativo immobile, tutte le volte che sia accertata la ritardata restituzione della cosa locata (v. anche Cass. 3 ottobre 2019, n. 24821, non massimata).
2. – Con il secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1322, 1323, 1458 e 1595 c.c., perche’ il leasing traslativo e’ un contratto atipico, al quale si possono applicare solo le norme generali sul contratto e quelle che regolano la vendita con riserva di proprieta’, non la disciplina codicistica del contratto di locazione, qual e’ l’articolo 1595 c.c.; inoltre, ai sensi dell’articolo 1458 c.c., i diritti acquistati da terzi prima della risoluzione del leasing non sono pregiudicati e tale e’ quello del subconduttore, essendosi, percio’, la sublocazione protratta sino alla sua naturale scadenza, con rinnovazione tacita, ed essa era ancora in corso quando il bene e’ stato spontaneamente rilasciato.
La censura e’ di difficile intelligibilita’ giuridica, attesa la singolare tesi in essa esposta.
Ai contratti atipici o socialmente tipici, al pari che ai contratti misti, si applicano non soltanto le regole dettate per il contratto in generale, ma anche quelle del contratto tipico, nel cui schema siano riconducibili gli elementi prevalenti del negozio (cosiddetta teoria dell’assorbimento o della prevalenza), senza escludere, peraltro, la rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l’ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente (cfr., per tali concetti, Cass. 17 ottobre 2019, n. 26485; ed altre).
Per tali categorie negoziali, invero, la disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme predette, che costituiscono, anche quando relative al singolo contratto tipico, espressione della regolamentazione ragionevole e di equilibrata soluzione per gli interessi delle parti, individuata dal legislatore, in relazione alla funzione pratica perseguita dal contratto medesimo.
In particolare, nella locazione finanziaria, accanivo alle clausole inserite nel contratto, non e’ preclusa certamente l’applicazione analogica dell’articolo 1595 c.c., ove se ne riscontrino gli elementi concreti propri della locazione ordinaria, non contrastanti con le clausole del contratto di locazione finanziaria e non divergenti dal suo schema normativo.
La pretesa del ricorrente, secondo cui la conduttrice del leasing aveva non solo il diritto di concludere la sublocazione in dispregio della clausola contrattuale, ma anche quello di reputarsi del tutto svincolata dalla permanenza di quella locazione finanziaria – al fine di concedere liberamente in godimento il bene a terzi, addirittura con una sublocazione rinnovabile alla scadenza, indipendentemente dalla perduranza del diritto in capo alla stessa conduttrice – si palesa, dunque, meramente arbitraria e destituita di fondamento.
Di contro, del tutto corretta l’applicazione, ad opera della corte del merito, della regola tratta dall’articolo 1595 c.c., secondo il quale la subconduzione comporta la nascita di un rapporto obbligatorio derivato, la cui sorte dipende da quella del rapporto principale di conduzione, ai sensi del comma 3: con la conseguenza non solo che la sentenza pronunciata nei confronti del conduttore esplica nei confronti del subconduttore, ancorche’ rimasto estraneo al giudizio, gli effetti della cosa giudicata (Cass. 8 novembre 2007, n. 23302; nello stesso senso, Cass. 17 luglio 2015, n. 15094, non massimata sul punto; Cass. 16 giugno 2014, n. 13657, non massimata; Cass. 10 novembre 1998, n. 11324), ma anche che la nullita’ o la risoluzione del contratto di locazione – al pari della sua scadenza, della rinuncia del conduttore-sublocatore al contratto in corso, ecc. – hanno effetto anche nei confronti del subconduttore.
In definitiva, il contratto di sublocazione dipende, per ogni aspetto, dal rapporto principale tra locatore e conduttore (sublocatore), secondo una disciplina applicabile nella specie, onde, se viene meno il contratto di locazione, il conduttore non ha piu’ un titolo giuridico per sublocare ed il subconduttore per conservare il godimento del bene.
Con conseguente infondatezza manifesta del motivo.
3. – Con il terzo motivo, il ricorrente deduce: a) la violazione dell’articolo 112 c.p.c., non essendo mai stata accertata, al fine della risoluzione del leasing per clausola risolutiva espressa, la colpevolezza della debitrice, e dunque non essendo addebitabile al ricorrente il rilascio tardivo del bene, ai fini risarcitori: la corte d’appello ha affermato la risoluzione del leasing, senza che vi fosse stato un accertamento giudiziale al riguardo e senza che la questione formasse oggetto di domanda di parte; b) la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1456 c.c. e L. Fall., articolo 99, per avere la corte d’appello ritenuto un giudicato derivante dalla sentenza del giudizio di opposizione al passivo fallimentare; c) la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1456 c.c. e l’omesso esame di fatto decisivo, per non essere mai stato accertato l’inadempimento colpevole ad opera della conduttrice.
Anche tale motivo e’ scarsamente intellegibile, in diritto come nella prospettazione del fatto.
Anzitutto, la prima parte del motivo non coglie nel segno, neppure prospettando essa adeguatamente un vizio di ultrapetizione. Al giudice del merito e’ stato chiesto di accertare l’illegittima detenzione dello stabilimento in capo al subconduttore e di condannarlo al corrispondente pregiudizio cagionato: proprio su questo la sentenza ha deciso, con conseguente radicale insussistenza del denunziato vizio ex articolo 112 c.p.c.; laddove il rilievo della pronuncia resa in sede fallimentare costituisce un mero argomento di contorno, non avendo affatto la corte territoriale affermato il giudicato esterno sul punto.
Del pari, l’ultima parte del motivo propone una questione inammissibile, in quanto non oggetto del presente giudizio.
Quanto alla verifica dell’imputabilita’ dell’inadempimento, occorre invero rilevare, da un lato, che nessun previo accertamento anteriore al presente giudizio era necessario in merito; dall’altro lato, la tesi della inapplicabilita’ della risoluzione contrattuale tra le parti del leasing non e’ dal ricorrente sostenuta con l’allegazione di proprie fondate eccezioni al riguardo.
4. – Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., articoli 115, 116 e 132 c.p.c., oltre all’omesso esame di fatto decisivo, in quanto il giudice del merito avrebbe dovuto ritenere il concorso del debitore all’aggravamento del danno, dato che il ricorrente stesso si era offerto di comprare il capannone, ma il rifiuto della controparte ha prodotto ad essa il danno da mancato tempestivo rilascio del bene.
Anche la tesi cosi’ esposta e’ priva di pregio e si infrange, ancor prima, nella radicale inammissibilita’ del motivo.
Costituisce principio consolidato che l’accertamento dei presupposti per l’applicabilita’ della disciplina di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, integra un’indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimita’ (Cass. 11 febbraio 2020, n. 3319; Cass. 13 agosto 2019, n. 21389, fra le altre).
Ne’ e’ fondata la censura di omesso esame di fatto decisivo, neppure adeguatamente illustrato, con violazione dell’articolo 366 c.p.c..
Onde il motivo, pretendendo di riproporre un giudizio sul fatto, pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge o omesso esame o motivazione omessa, si palesa interamente inammissibile.
5. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidate in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% sui compensi ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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