Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 14 novembre 2018, n. 29245.
La massima estrapolata:
In materia fallimentare, la sospensione della liquidazione dell’attivo può essere ammessa esclusivamente a fronte di gravi motivi (ric. 283 e 351 c.c.), rimanendo il procedimento per la dichiarazione del fallimento estraneo alle disposizioni di cui all’art. 20 l. 44/1999 in favore delle vittime di usura.
Ordinanza 14 novembre 2018, n. 29245
Data udienza 16 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Antonio Francesco – Presidente
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18715-2017 proposto da:
(OMISSIS)., in persona del legale rappresentante sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ (OMISSIS), e del socio accomandatario in proprio (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1390/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
la (OMISSIS) e (OMISSIS) in proprio ricorrono per cassazione, con quattro motivi, avverso la sentenza con la quale la corte d’appello di Venezia, in data 5-7-2017, ha rigettato il reclamo proposto nei confronti della sentenza del tribunale di Padova dichiarativa del fallimento della societa’ e del socio accomandatario;
la curatela resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo – che, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, denunzia la nullita’ della sentenza per mancata sottoscrizione da parte del collegio giudicante – e’ manifestamente infondato, poiche’ la sentenza, come previsto dall’articolo 132 c.p.c., e’ stata sottoscritta dal presidente e dal consigliere estensore;
il secondo motivo – che eccepisce il difetto di motivazione della sentenza a proposito del rigetto dell’istanza di sospensione dell’attivo ex articolo 189 c.p.c., e’ inammissibile, poiche’ il provvedimento nella parte afferente non ha natura decisoria e non e’ impugnabile per cassazione;
invero va affermato il principio per cui la sospensione della liquidazione dell’attivo (articolo 19 L. Fall.) corrisponde, nella ratio, alla misura di cui agli articoli 283 e 351 c.p.c., nel senso che, non essendo la sentenza di fallimento suscettibile di sospensione, l’evenienza di gravi motivi puo’ dar luogo alla sospensione della liquidazione dell’attivo (cfr. Cass. n. 27087-11); il terzo motivo – col quale si eccepisce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in ordine alla questione della asserita mancata notifica dell’istanza di fallimento e del decreto di fissazione di udienza – e’ altrettanto inammissibile: trattandosi di questione giuridica, il profilo dell’omessa notifica non poteva essere dedotto come vizio della motivazione (per tutte Cass. n. 11883-03, Cass. n. 13358-04, Cass. n. 3038-05 e via seguitando); in ogni caso il motivo non tiene conto della specifica affermazione della corte d’appello – non censurata – secondo la quale (OMISSIS) aveva personalmente presenziato alla prima udienza del procedimento prefallimentare, nella quale era stata oltre tutto presentata una domanda di concordato preventivo in continuita’, poi rinunciata; sicche’ egli aveva potuto esercitare pienamente il diritto di difesa; il quarto motivo – che denunzia il vizio di motivazione in ordine alla valutazione dello stato di insolvenza anche alla luce della L. n. 44 del 1999, articolo 20, – e’ inammissibile per genericita’ e perche’ si risolve in un sindacato di fatto;
l’intera doglianza e’ tesa sostenere che la condizione di insolvenza sarebbe stata determinata dalla sottoposizione della societa’ a interessi usurari, a fronte del rilievo che, invece, la societa’ avrebbe superato la propria crisi mediante l’intervento richiesto al Fondo di solidarieta’ per le vittime di richieste estorsive e dell’usura e mediante la correlata la sospensione della liquidazione dell’attivo; correttamente la corte d’appello ha osservato che la sospensione dei processi esecutivi della L. n. 44 del 1999, ex articolo 20, non interferisce col doveroso riscontro dello stato di insolvenza ai fini del fallimento (v. Cass. n. 10172-16);
invero la procedura prefallimentare non ha natura esecutiva, ma cognitiva, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non puo’ dirsi iniziata l’esecuzione collettiva, cosi’ come, prima del pignoramento, non puo’ ritenersi cominciata l’esecuzione individuale; cio’ e’ tanto vero che – si dice – il procedimento per la dichiarazione di fallimento non e’ soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista della L. n. 44 del 1999, articolo 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura;
in ordine all’insolvenza, che sola rileva ai fini specifici, l’impugnata sentenza ha messo in luce che lo stesso ricorso aveva evidenziato l’incapacita’ della societa’ di adempiere regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni;
le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alle spese processuali, che liquida in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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