Sospensione dei termini di fase della custodia cautelare

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|26 gennaio 2022| n. 2928.

Sospensione dei termini di fase della custodia cautelare.

In tema di sospensione dei termini di fase della custodia cautelare per complessità del dibattimento, l’interesse all’impugnazione, richiesto a pena di inammissibilità, sussiste solo se il vizio dedotto sia idoneo a determinare una situazione concreta più vantaggiosa per il ricorrente. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’esistenza di un interesse concreto in quanto il processo era stato comunque definito nel termini ordinari della fase).

Sentenza|26 gennaio 2022| n. 2928. Sospensione dei termini di fase della custodia cautelare

Data udienza 2 dicembre 2021

Integrale

Tag – parola: Misure cautelari – Sospensione termini di fase – Istruttoria complessa – Impugnazione – Carenza d’interesse

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

Dott. PERROTTI Massi – est. Consigliere

Dott. MONACO Marco Mari – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 13/2/2021 del Tribunale per il riesame di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dr. Massimo Perrotti;
lette le conclusioni scritte depositate dal Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pedicini Ettore, che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
lette le conclusioni scritte trasmesse a mezzo p.e.c. dai difensori del ricorrente, avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, il tribunale per il riesame delle misure coercitive di Caltanissetta, deliberando in sede di rinvio ex articolo 627 c.p.p., ravvisata la complessita’ (oggettiva e soggettiva) del procedimento definito in primo grado con rito abbreviato, rigettava nuovamente l’appello proposto, ex articolo 310 c.p.p., avverso l’ordinanza emessa in data 16 luglio 2020 dal giudice per l’udienza preliminare procedente, che aveva disposto (ai sensi dell’articolo 304 c.p.p., comma 2) la sospensione della decorrenza dei termini di fase della custodia cautelare, per la particolare complessita’ della istruttoria.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che deduce:
2.1. inosservanza della legge processuale e vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c ed e, in relazione all’articolo 627, comma 3), avendo il tribunale del tutto eluso i temi di attenzione proposti dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 24468, del 20 aprile 2021, che aveva segnalato la vaghezza della motivazione sulla ritenuta complessita’, argomentata in funzione del numero degli imputati, delle imputazioni, del numero dei testi (neppure definito) e della necessita’ di procede a perizia trascrittiva, che tuttavia ineriva ad una sola conversazione intercettata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile per carenza di interesse.
1.1. Per proporre impugnazione e’ necessario avervi interesse. Cosi’ testualmente recita l’articolo 586, comma 4. Tale interesse deve vestire i panni della concretezza, nel senso che dal prospettabile accoglimento del motivo di impugnazione deve necessariamente derivare un vantaggio (non solo morale) per il soggetto impugnante (Sez. 1, n. 716 del 20/11/1997, dep. 1998, Rv. 209444). 1.2. E’ lo stesso ricorrente che indica, a pag. 3 (ultimo cpv.) dei motivi di ricorso, la cronologia del processo di merito: il giudizio abbreviato (condizionato) di primo grado si e’ aperto con l’ordinanza di ammissione al rito richiesto (Sez. U. n. 30200, del 28/4/2011, Rv. 250348) in data 16 luglio 2020 e si e’ definito con la sentenza emessa in data 25 febbraio 2021. Dunque, la fase relativa al giudizio abbreviato di primo grado si e’ chiusa entro i termini “ordinari” indicati dall’articolo 303 c.p.p., comma 1, lettera b bis), n. 3, in nove mesi. Talche’ la disposta sospensione puo’ definirsi, sia pure ex post, inutiliter data. Il che, se per un verso testimonia della non complessita’ effettiva della istruttoria (sia pur stimata tale ex post), per altro verso rende epifania della inutilita’ pratica di una eventuale dichiarazione di nullita’ della ordinanza di sospensione, giacche’ dall’accoglimento del ricorso non potrebbero.comunque sortire effetti favorevoli per il ricorrente, attesa la continenza della definizione avvenuta entro i termini ordinari della fase (Sez. 5, n. 28682, 28684, 28685, del 12/5/2016, n. m., in motivazione).
Sennonche’ la difesa, che ha avvertito il potenziale pregiudizio dell’argomento devoluto, ha pure tenuto a rimarcare (pag. 3 dei motivi di ricorso, medesimo capoverso) l’immanenza dell’interesse a veder annullata l’ordinanza di sospensione, in ragione della potenziale dilatazione anche dei termini complessivi (sei anni, estensibili fino a nove, in ragione del titolo cautelare, articolo 303 c.p.p.,, comma 4, lettera c e articolo 304 c.p.p., comma 6). L’argomento tuttavia prova troppo, giacche’ la dilatazione dei termini complessivi, possibile in ragione della disposta sospensione, va misurata in ragione del c.d. “utile marginale”, cioe’ dell’effettivo sforamento dei termini complessivi massimi (sei anni, nella fattispecie) che deriva dallo sforamento intervenuto nelle singole fasi, anche in ipotesi di regresso. Orbene, si e’ gia’ detto della continenza della fase relativa al giudizio di primo grado, mentre per le fasi successive dovrebbe necessariamente operare una nuova ordinanza di sospensione, giacche’ la complessita’ ravvisata in un grado non puo’ riverberare effetti sospensivi sulla fase successiva. Quindi, un eventuale sforamento dei termini relativi alle fasi successive (con effetti sul calcolo dei termini complessivi) deve necessariamente passare attraverso una nuova ordinanza di sospensione, autonomamente impugnabile. Il che porta a concludere che dall’annullamento della ordinanza impugnata non deriverebbe comunque un effetto favorevole (scarcerazione per decorrenza dei termini di fase da adottarsi “ora per allora” secondo quanto indicato da Sez. U. n. 26350 del 24/2/2002, Rv. 221657) per il ricorrente. La carenza di interesse oggi rilevata non poteva invero esser rilevata dalla precedete decisione rescindente (20/4/2021), atteso che al momento della proposizione del primo ricorso (23 settembre 2020) la fase non si era ancora chiusa con la lettura del dispositivo della sentenza di primo grado (25 febbraio 2021).
1.3. Il ricorso, ove ammissibile, sarebbe in ogni caso infondato. La motivazione addotta dal tribunale nel provvedimento impugnato non appare affatto illogica e risulta conforme al dato normativo, posto che/se da un lato il numero degli imputati non e’ esorbitante (si tratta di 12 imputati), dall’altro la natura associativa del reato contestato e la connessa ipotesi di omicidio aggravato, contestata proprio al ricorrente, implica la valutazione complessiva circa la esistenza in fatto dell’organismo associativo in quanto tale (con esame incidentale di ulteriori profili soggettivi). Viene pertanto richiamato, in modo non generico, uno degli aspetti che consente l’emissione del provvedimento in esame, rappresentato dalla “qualita’ e natura” delle questioni da esaminare in fatto e in diritto. I richiami istruttori contenuti nel provvedimento impugnato non risultano, pertanto, generici e appaiono altresi’ idonei a giustificare, sia pur solo ex ante, la disposta sospensione.
2. Alla dichiarata inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila.
3. Ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, la presente sentenza va comunicata al ricorrente detenuto a cura del direttore dell’istituto penitenziario di detenzione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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