Società di persone e liquidazione quota societaria

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 gennaio 2022| n. 1200.

Società di persone e liquidazione quota societaria.

L’art. 2289 cod. civ. (relativo alla liquidazione della quota del socio uscente) prevede che la prestazione sia esigibile dal socio creditore alla scadenza del termine di sei mesi dallo scioglimento del rapporto, sicché la prescrizione del diritto di credito avente tale oggetto decorre dallo spirare del suddetto termine semestrale

Ordinanza|17 gennaio 2022| n. 1200. Società di persone e liquidazione quota societaria

Data udienza 22 ottobre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Società di persone – Liquidazione quota societaria – Articolo 2289 cc – Prestazione esigibile dal socio creditore alla scadenza del termine di sei mesi dallo scioglimento del rapporto – Prestazione sia esigibile dal socio creditore alla scadenza del termine di sei mesi dallo scioglimento del rapporto – Decorrenza dallo spirare del suddetto termine

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 29803-2019 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 364/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 23/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.

Società di persone e liquidazione quota societaria

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 3 aprile 2007, (OMISSIS) ha evocato in giudizio avanti al Tribunale di Oristano (OMISSIS) e (OMISSIS) s.a.s. esponendo di essere socio della predetta societa’; ha affermato di essere receduto da essa e di aver chiesto la liquidazione della propria quota. Ha dunque domandato la condanna della convenuta al pagamento della somma a lui dovuta a titolo di liquidazione della quota in discorso.
La societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS), nel costituirsi, ha eccepito preliminatmente la prescrizione quinquennale del diritto fatto valere dall’attore con riferimento alla quota sociale, contestando, poi, nel merito, l’ammontare della somma pretesa.
Il Tribunale, dopo aver istruito la causa a mezzo di consulenza tecnica, ha definito la stessa rigettando l’eccezione di prescrizione: ha infatti rilevato che l’attore aveva prodotto una lettera di costituzione in mora del 30 settembre 2005, avente efficacia interruttiva: tale quindi, da impedire che la prescrizione quinquennale si compisse.
2. – La sentenza del giudice di prima istanza e’ stata impugnata sia da (OMISSIS) che da (OMISSIS) e (OMISSIS), ex soci della societa’ nel frattempo cancellata dal registro delle imprese.
La Corte di appello di Cagliari ha accolto il gravame di quest’ultima, ritenendo che, per un verso, l’attore non avesse assolto all’onere, su di lui incombente, di provare il ricevimento della lettera di costituzione in mora e che, per altro verso, non vi fosse alcun elemento che consentisse di ritenere che, in quel momento, l’avvocato cui era stata inviata la missiva fosse legato da un rapporto professionale con la societa’ che lo titolasse a ricevere l’atto per conto di questa.
3. – Avverso la sentenza della Corte di Cagliari, pubblicata il 23 aprile 2019 ricorre per cassazione, con tre motivi, (OMISSIS). Resiste con controricorso (OMISSIS), il quale ha depositato memoria.

 

Società di persone e liquidazione quota societaria

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso si riassumono come segue.
Primo motivo: nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 2285 c.c., commi 1 e 3, e per omesso esame del fatto decisivo relativo al patto contrattuale di cui alla “scrittura di regolarizzazione della societa’ di fatto in s.n.c.”, articolo 5, ritualmente prodotta dalla societa’ convenuta. Spiega l’istante che la Corte di appello aveva accolto l’eccezione di prescrizione sul presupposto che la domanda giudiziale fosse stata proposta piu’ di cinque anni dopo la comunicazione del recesso, che risaliva all’8 febbraio 2002. Ha escluso che nel quinquennio di decorrenza del termine di prescrizione (articolo 2949 c.c.) fosse stato posto in essere un valido atto interruttivo, negando, in particolare, che a tal fine potesse essere presa in considerazione, per le ragioni sopra indicate, la lettera di costituzione in mora del (OMISSIS). L’istante censura la pronuncia impugnata nella parte in cui non ha tenuto conto, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, dei tre mesi di preavviso contemplati dall’articolo 2285 c.c., comma 3, e dal contratto sociale, articolo 5.
Secondo motivo: nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 2394, 2395 c.c., e dell’articolo 2289 c.c., u.c.. Viene dedotto che il credito del socio matura alla scadenza del semestre successivo allo scioglimento del rapporto sociale e che il pagamento non poteva essere richiesto prima di tale scadenza. E’ spiegato che soltanto dopo il semestre detto credito diviene esigibile; pertanto la prescrizione non avrebbe potuto decorrere prima di tale momento.
Terzo motivo, svolto in via subordinata: nullita’ del procedimento e della sentenza in ordine alle proprie richieste non ammesse, con violazione dell’articolo 112 c.p.c., e dell’articolo 115 c.p.c., comma 2. Il ricorrente lamenta non essere stata disposta la prova per testimoni sulla circostanza dedotta nella memoria di replica Decreto Legislativo 30 novembre 2007, n. 5, ex articolo 7, comma 3, con cui avrebbe voluto dimostrarsi che la lettera raccomandata del (OMISSIS), interruttiva della prescrizione, era stata ricevuta dall’avvocato che ne era destinatario e da costui prontamente comunicata alla societa’ controricorrente.
2. – Il secondo motivo e’ fondato, mentre i restanti restano assorbiti.
2.1. – Il controricorrente ha eccepito che le questioni poste coi primi due motivi di ricorso sarebbero inammissibili, in quanto coperte da giudicato. Sostiene, in particolare, che non sarebbe piu’ possibile dibattere, in questa sede, degli effetti della dichiarazione di recesso e della decorrenza della prescrizione, dal momento che sul punto consterebbe un accertamento del Tribunale non impugnato in sede di gravame dall’odierno ricorrente.
Sul punto si osserva quanto segue.
Come correttamente rilevato da (OMISSIS) (pag. 6 del ricorso per cassazione) il Tribunale non ha affatto asserito che la prescrizione del diritto decorresse dall’8 febbraio 2002. Si e’ invece limitato ad affermare essere provato che l’attore avesse comunicato il proprio recesso con lettera dell’8 febbraio del 2002 (pagg. 9 e 11 della sentenza di primo grado), “ottenendo la liquidazione della propria quota” (pag. 11 della stessa sentenza): locuzione – questa – che designa semplicemente l’effetto sortito dall’esercizio del diritto di recesso, ma che nulla dice quanto alla decorrenza del termine di prescrizione. Ne’ conta che il Tribunale, nel dispositivo di sentenza, abbia accertato “d’intervenuto recesso di (OMISSIS) dalla (OMISSIS) e (OMISSIS) s.a.s. a decorrere dall’8.2.2002”, visto che tale statuizione ha attinenza, sempre, al solo tema del prodursi degli effetti del recesso. E del resto, il giudice di prime cure non aveva alcuna necessita’ di individuare il dies a quo della detta prescrizione: attribuendo valore di atto interruttivo alla missiva del (OMISSIS), il Tribunale doveva infatti comunque escludere che il quinquennio di cui all’articolo 2949 c.c., si fosse mai compiuto, quale che fosse il preciso momento da cui la prescrizione avesse iniziato a decorrere.
E’ escluso, dunque, che sulla detta questione si sia formato il giudicato.
Di detta questione la Corte di appello avrebbe dovuto occuparsi, anche d’ufficio: la data di decorrenza della prescrizione, ai fini del computo del periodo prescrizionale, non costituisce infatti oggetto di una eccezione in senso proprio (Cass. 27 ottobre 1972, n. 3320): e’ pertanto inoperante, per essa, il limite segnato dall’articolo 345 c.p.c., comma 2 (a mente del quale in appello non possono essere introdotte nuove eccezioni in senso stretto).
Non potrebbe nemmeno opporsi che la questione posta dal ricorrente col secondo motivo abbia carattere di novita’ e ne sia conseguentemente precluso l’esame in sede di legittimita’: infatti la questione non prospettabile, per la prima volta, in sede di legittimita’ e’ quella che non appartiene al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito, e che non e’ – come invece e’, nel nostro caso – rilevabile di ufficio (per tutte: Cass. 9 luglio 2013, n. 17041; Cass. 13 settembre 2007, n. 19164). Ne’ rileva che detta regola trovi un limite nell’ipotesi in cui la questione rilevabile d’ufficio implichi indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito (Cass. 13 agosto 2018, n. 20712; Cass. 25 ottobre 2017, n. 25319): l’errore in cui e’ incorso il giudice del gravame nell’individuare la decorrenza del termine prescrizionale e’ infatti un mero error iuris, in quanto discende dall’aver lo stesso trascurato il disposto dell’articolo 2289 c.c., comma 4; la questione non implica, dunque, alcun accertamento di fatto.
2.2. – Dispone dunque l’articolo 2289 c.c., comma 4, che il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.
Tale termine deve intendersi a beneficio del debitore: il fatto che la societa’ sia tenuta ad adempiere entro sei mesi dalla data indicata implica che essa abbia la facolta’ di eseguire la prestazione fino alla scadenza del termine e che il socio non possa pretendere il pagamento prima di allora; e infatti questa Corte ha avuto modo di precisare che per la prestazione in questione il debitore e’ costituito in mora alla data della scadenza del termine entro il quale ne e’ imposto l’adempimento, ai sensi del citato articolo 2289 c.c., u.c., e cioe’ entro sei mesi dal giorno in cui si e’ verificato lo scioglimento del rapporto di societa’ (Cass. 17 maggio 1974, n. 1427): cio’ sull’evidente presupposto che l’obbligazione divenga a quella data esigibile, come richiede l’articolo 1219 c.c., n. 3. Che il diritto di credito del socio receduto maturi alla scadenza del semestre e’ affermato, del resto, anche da Cass. 27 aprile 2011, n. 9397, in motivazione, pronuncia citata dall’odierno ricorrente.
Ora, la prescrizione inizia il suo corso da quando la prestazione dovuta al creditore e’ esigibile (Cass. 14 ottobre 1972, n. 3065; piu’ di recente, nel senso che, ove il termine per l’adempimento sia a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto, precedentemente, il creditore non puo’ esigere la prestazione dovuta: Cass. 25 gennaio 2018, n. 1947).
Discende da cio’ che, indipendentemente dal problema relativo all’individuazione del momento in cui ha avuto effetto il recesso -problema che e’ oggetto del primo motivo -, la prescrizione non ha potuto iniziare a decorrere prima dell’8 agosto 2002: il che implica che al momento della proposizione della domanda giudiziale (e cioe’ nel marzo 2007) la prescrizione stessa non fosse maturata.
Restano assorbiti il primo motivo, che investe un profilo non decisivo, stante quanto appena rilevato, e il terzo, che e’ stato svolto in via subordinata.
4. – La sentenza impugnata e’ cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, la quale dovra’ provvedere a regolare le spese del giudizio di legittimita’.
Il giudice del rinvio dovra’ fare applicazione del seguente principio di diritto: “L’articolo 2289 c.c. (relativo alla liquidazione della quota del socio uscente) prevede che la prestazione sia esigibile dal socio creditore alla scadenza del termine di sei mesi dallo scioglimento del rapporto, sicche’ la prescrizione del diritto di credito avente tale oggetto decorre dallo spirare del suddetto termine semestrale”.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il secondo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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