Rifiuti solidi urbani, lo smaltimento e la tassa per i centri commerciali

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 18 ottobre 2018, n. 26201.

La massima estrapolata:

In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per i centri commerciali integrati (e i locali in multiproprietà), soggetti passivi sono coloro che occupano o detengono i locali in uso esclusivo, mentre chi gestisce i servizi comuni è responsabile in solido, come si desume dall’art. 63 del Dlgs 507/1993, il quale contrappone colui dal quale la tassa è dovuta (comma 1) a colui che ne è responsabile (comma 3), nonché dal soppresso comma 4 del medesimo articolo, che prevedeva l’obbligo del responsabile di presentare al Comune l’elenco dei singoli occupanti, all’evidente scopo di consentire all’amministrazione di perseguire il debitore principale del tributo.

Sentenza 18 ottobre 2018, n. 26201

Data udienza 14 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 4415/2013 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE CASERTA, (OMISSIS) SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 176/2012 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI, depositata il 18/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/09/2018 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione propone tre motivi di ricorso, illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza n. 176.28.12 depositata il 18.6.2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto legittimo l’avviso di pagamento per Tarsu 2010 notificatole dal concessionario (OMISSIS) srl (gia’ (OMISSIS) srl); cio’ con riguardo ai locali ed alle aree ricomprese nel “(OMISSIS)”, in (OMISSIS). La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – con riguardo ai centri commerciali integrati, il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 63, comma 3, poneva l’obbligo del pagamento della Tarsu a carico non gia’ dei singoli occupanti o detentori di spazi ad uso esclusivo, bensi’ del soggetto gestore dei servizi comuni, qualita’ che doveva essere attribuita a (OMISSIS) s.r.l. la quale, nell’ambito del centro commerciale in questione, aveva ceduto il reparto di vendita con erogazione di servizi gestori in relazione al centro commerciale.
Nessuna attivita’ difensiva e’ stata posta in essere da parte intimata.

RITENUTO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 1, – inammissibilita’ ovvero improcedibilita’ dell’atto di appello proposto dalla (OMISSIS) srl; in quanto da questa notificato unicamente a (OMISSIS) e non anche al Comune di Caserta, gia’ parte nel primo grado di giudizio.
1.1. La censura non e’ fondata.
Va fatta qui applicazione del principio (Cass. ord. 25588/17; cosi’ Cass. 24083/14) in base al quale:”in tema di contenzioso tributario, il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 2, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli articoli 331 e 332 c.p.c., con la conseguenza che, in presenza di cause scindibili, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parte pretermessa, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione”.
Non sussistendo una ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale stante la “scindibilita’” dei rapporti dedotti, trova qui applicazione l’ormai consolidato indirizzo interpretativo (a seguito di Cass. SSUU 16412/07) di “indifferente” partecipazione al giudizio, su atto di riscossione, dell’ente impositore (Comune di Caserta) ovvero dell’esattore ( (OMISSIS) srl); ferma restando la facolta’ di quest’ultima, ove volesse andare esente dalle conseguenze negative della lite a suo carico, di chiamare in giudizio il primo.
A tutto concedere, sarebbe stata (OMISSIS) a potersi qui dolere della mancata partecipazione al giudizio dell’ente comunale; nei cui confronti, peraltro, essa non risulta aveva formulato domanda alcuna.
1.2. Nella peculiarita’ del caso, peraltro, (OMISSIS) s.r.l. denuncia di nullita’ la sentenza impugnata per effetto della violazione, in grado di appello, del contraddittorio nei confronti di una parte, diversa da se’, senza in alcun modo specificare sotto quale profilo tale pretermissione avrebbe pregiudicato la posizione processuale e sostanziale di essa ricorrente.
Va in proposito richiamato il costante orientamento di legittimita’, in materia di vizi di nullita’ della sentenza o del procedimento (articolo 360, comma 1, n. 4), secondo cui l’osservanza della norma processuale non e’ mai fine a se stessa, in quanto meramente strumentale e servente all’attuazione del diritto sostanziale. Ne deriva che la violazione procedurale da parte del giudice di merito puo’ risultare irrilevante allorquando essa non si ponga in rapporto di causalita’ con la decisione assunta, ne’ abbia determinato alcun pregiudizio effettivo alla parte.
E’ fatto, dunque, onere al ricorrente per cassazione, pena l’inammissibilita’ del motivo, di illustrare la ricorrenza di tali requisiti nel caso di specie; cosa che non puo’ essere fatta se non dimostrando il pregiudizio concreto che, dalla violazione processuale denunciata, sarebbe derivata alla parte interessata, quanto a lesione del diritto di difesa e del contraddittorio.
In ogni caso, ovvero in via di principio, non deve disporsi l’integrazione del contraddittorio nei confronti di una parte che, pur avendo veste di litisconsorte processuale, non sia attinta da domande ad opera della parte che lamenti il vizio, oppure sia attinta da domande che si rivelino inammissibili o infondate (Cass. ord. 23901/17; Cass. 18375/10; Cass. 4342/10 ed altre).
2. Con il secondo motivo di ricorso (OMISSIS) s.r.l. deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5, per non avere la commissione tributaria regionale rilevato l’insussistenza della propria legittimazione passiva.
3. Con il terzo motivo di ricorso (OMISSIS) s.r.l. deduce violazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 63, comma 3, nonche’ motivazione insufficiente e contraddittoria; deduce che le aree ad uso esclusivo erano state concesse a terzi in forza di vari contratti di affitto di ramo o reparto d’azienda, sicche’ non poteva ritenersi sussistere il presupposto soggettivo del tributo a suo carico.
4. Le censure – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte – sono infondate.
In base al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 63, comma 3: “Nel caso di locali in multiproprieta’ e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni e’ responsabile del versamento della tassa dovuta per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo”. Questa disposizione e’ stata interpretata dalla corte di legittimita’ (sent. 1848/10) nel senso che: “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per i “centri commerciali integrati” (e i locali in multiproprieta’), soggetti passivi sono coloro che occupano o detengono i locali in uso esclusivo, mentre chi gestisce i servizi comuni e’ responsabile in solido, come si desume dal Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 63, il quale contrappone colui dal quale “la tassa e’ dovuta” (comma 1) a colui che ne “e’ responsabile” (comma 3), nonche’ dal soppresso comma 4 del medesimo articolo, che prevedeva l’obbligo del responsabile di presentare al Comune l’elenco dei singoli occupanti, all’evidente scopo di consentire all’amministrazione di perseguire il debitore principale del tributo”. Il gestore dei servizi comuni all’interno del centro commerciale integrato e’ dunque responsabile in solido – con singoli detentori dei locali in uso esclusivo – per il pagamento della Tarsu. Nel caso di specie, contrariamente a quanto si afferma nei motivi di ricorso per cassazione, la commissione tributaria regionale ha congruamente motivato – cosi’ da renderlo qui insindacabile – il proprio convincimento in ordine al fatto che la qualifica di gestore dei servizi comuni dovesse appunto essere attribuita alla (OMISSIS) s.r.l..
Il giudice di merito ha ritenuto che la prova dell’obbligo di erogazione di servizi gestori in relazione al centro commerciale, fosse desumibile dalla previsione, nei contratti di locazione del canone la cui quota e’ in parte determinata con riferimento al fatturato dell’affittuario e dalla clausola di cui all’art.9 dell’assunzione, da parte della societa’ (OMISSIS) s.r.l., degli obblighi di espletamento delle attivita’ necessarie e funzionali all’operativita’ del centro integrato.
A fronte della significativita’ probatoria di questa risultanze – la CTR ha ritenuto integrato il presupposto della gestione del centro commerciale ai fini di configurare la suddetta responsabilita’ solidale ex articolo 63 cit., senza con cio’ attingere ad alcuna indebita inversione dell’onere dimostrativo ex articolo 2697 c.c..
Non appare idoneo a sostenere diversa decisione il richiamo, operato da parte ricorrente nella memoria, a pronunce di questa Corte in giudizio analoghi ma non sovrapponibili, in cui la Corte ha rilevato un difetto di motivazione sulla qualifica di gestore dei servizi comuni e cassato con rinvio.
5. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione della L. n. 212 del 2000, articolo 7, e dell’articolo 2909 c.c.; omessa motivazione, per non avere la commissione tributaria regionale rilevato il difetto di motivazione dell’avviso opposto.
La censura non e’ fondata.
5.1. La commissione tributaria regionale ha preso in esame il relativo motivo di opposizione, rilevando che nell’avviso erano esattamente specificati gli elementi individuativi della pretesa e di calcolo. Ossia la ubicazione, la superficie in relazione alla quale era chiesto il pagamento, nonche’ la tariffa del tributo Tarsu e il relativo tributo accessorio ECA.
Va osservato che nel presente giudizio di legittimita’ la societa’ ricorrente ha omesso di riportare – sebbene nei suoi tratti essenziali e funzionali alla decisione – il contenuto dell’avviso di pagamento; ne’ si indica dove quest’ultimo sia reperibile all’interno dei fascicoli di parte. Il che di per se’ preclude ogni vaglio di legittimita’. In ogni caso la ricorrente, nell’esposizione della censura, assume la carenza di motivazione dell’avviso sulla base di argomenti del tutto generici, lamentando la mancata indicazione, in tale avviso, di elementi in realta’ da essa gia’ conosciuti o conoscibili, quali: a. gli estremi catastali del complesso immobiliare (da essa stessa indicati e comunque acquisibili); b. gli estremi delle delibere tariffarie comunali in materia di imposizione ambientale (assoggettate a forme di pubblicita’ legale); c. la circostanza che l’avviso Tarsu avesse proprio ad oggetto tanto gli spazi comuni quanto gli spazi individuali.
Il ricorso deve essere, conseguentemente rigettato.
Non va data pronuncia sulle spese in assenza di attivita’ difensiva di parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Avv. Renato D’Isa