Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 aprile 2022| n. 10933.
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato.
In tema di simulazione relativa oggettiva, ai fini della prova del contratto dissimulato che avrebbe dovuto rivestire forma scritta “ad substantiam”, deve escludersi che la confessione possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte territoriale che, sulla base della confessione della parte, aveva ritenuto provata la dissimulazione di una datio in solutum immobiliare di cui non vi erano gli elementi nel contratto di compravendita immobiliare asseritamente simulato).
Ordinanza|5 aprile 2022| n. 10933. Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
Data udienza 20 gennaio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: VENDITA – VENDITA – VENDITA DI COSE IMMOBILI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
Dott. MASSAFRA Annachiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13699/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) A.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 356/2017, pubblicata in data 22.3.2017.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 20.1.2022 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) ha adito il tribunale di La Spezia, esponendo, che unitamente al proprio coniuge (OMISSIS), aveva venduto alla (OMISSIS) s.c.r.l., l’appartamento sito in (OMISSIS), con annesse cantina e autorimessa, per il corrispettivo di Lire 300.000.000; che la dichiarazione di quietanza contenuta nel rogito era simulata, non avendo l’acquirente mai corrisposto il prezzo di vendita.
Ha chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento, con condanna della convenuta alla restituzione di Lire 150.000.000, al risarcimento del danno, con attribuzione delle spese processuali.
Si e’ costituita la (OMISSIS) s.c.r.l., eccependo di non essere tenuta ad alcun pagamento in denaro, avendo le parti inteso concludere una datio in solutum, volendo che la proprieta’ dell’immobile si trasferisse alla societa’ dietro rinuncia di quest’ultima a richiedere il rimborso di somme di cui (OMISSIS) si era illegittimamente appropriato nel periodo in cui aveva ricoperto la carica di amministratore della cooperativa (per un importo di Lire 545.610.749).
Ha chiesto di respingere la domanda e di regolare le spese.
Il tribunale ha respinto la domanda, rilevando che nel rogito di vendita era stata rilasciata un’ampia quietanza liberatoria, con dichiarazione avente valore confessorio, impugnabile solo per violenza o errore di fatto.
La pronuncia e’ stata confermata in appello.
Successivamente, con sentenza n. 23971/2013, questa Corte ha cassato con rinvio la decisione di secondo grado, rilevando che “la Cooperativa aveva sempre ammesso che il pagamento della compravendita non era mai avvenuto, deducendo – senza pero’ provarla – una simulazione relativa, ossia che l’atto pubblico in realta’ dissimulava sotto l’apparenza della compravendita una datio in solutum di terzi”.
La confessione stragiudiziale consistente nella dichiarazione di quietanza, pur non potendo essere superata con prove per testimoni o presunzioni, poteva esserlo per effetto di confessione e nella specie era stata superata da “un’altra confessione”, in qualche modo di segno opposto: quella resa dal legale rappresentante della Cooperativa (in sede d’interrogatorio formale), che aveva ammesso che non era stata corrisposta alla (OMISSIS) la somma menzionata nell’atto di compravendita”.
Non era lecito trascurare che la dichiarazione con cui il (OMISSIS) aveva precisato che la Cooperativa nulla aveva corrisposto alla sig.ra (OMISSIS) e l’intera difesa della cooperativa confermavano che la controparte aveva confessato e ribadito piu’ volte che quanto si affermava nella quietanza, ossia che il prezzo dell’immobile era stato corrisposto, non corrispondeva a realta’”.
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
Il giudice del rinvio avrebbe dovuto – pertanto – valutare queste circostanze in modo unitario e globale (tenendo conto segnatamente, che il prezzo in realta’ non era stato mai corrisposto), al fine di potere stabilire se il mancato pagamento del prezzo configurasse o meno inadempimento contrattuale della Cooperativa oppure datio in solutum.
Il giudizio e’ stato riassunto dinanzi alla Corte territoriale di Genova che, all’esito, ha confermato la pronuncia di appello, ritenendo che le parti avessero perfezionato una datio in solutum.
Non vi era dubbio, secondo la pronuncia, che la ricorrente aveva inteso trasferire l’immobile alla cooperativa per ottenere l’estinzione, seppure parziale, dei debiti del marito. Tale contratto solutorio si configurava come autonomo, seppure collegato al rapporto originario tra creditore e debitore, e si era perfezionato con il consenso della cooperativa e della (OMISSIS), consapevole degli ammanchi effettuati dal marito, avendolo coadiuvato nella tenuta della contabilita’.
Secondo il giudice distrettuale, le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della societa’ dell’epoca, (OMISSIS), dovevano esser lette nella loro completezza e quindi, non solo nella parte in cui questi aveva ammesso che nulla era stato corrisposto alla signora (OMISSIS), ma anche nella parte in cui aveva affermato che cio’ era dipeso dal fatto che nessuna somma doveva essere corrisposta a titolo di prezzo, poiche’ la ricorrente si era resa “disponibile a rifondere il danno subito dalla cooperativa”.
Quindi, configurandosi un datio in solutum e non uno scambio tra la proprieta’ dell’immobile ed un corrispettivo in denaro, la cooperativa non era tenuta ad alcun pagamento e non poteva considerarsi inadempiente, con conseguente infondatezza dell’azione di risoluzione contrattuale.
La cassazione della sentenza e’ chiesta da (OMISSIS) con ricorso in sette motivi.
La (OMISSIS) s.c.r.l. ha depositato controricorso e memoria illustrativa.
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ precluso in questo giudizio ogni rilievo in merito all’integrita’ del contraddittorio (per la mancata partecipazione alla causa, in qualita’ di parte processuale, anche del coniuge della ricorrente, che ha stipulato il negozio di vendita oggetto della domanda di risoluzione), essendo impugnata una pronuncia del giudice del rinvio senza che la questione sia stata rilevata nel precedente giudizio di legittimita’. Deve percio’ presumersi che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che unici litisconsorti del giudizio di rinvio e del presente giudizio di legittimita’ sono coloro che erano stati parte nel primo giudizio davanti alla Corte di Cassazione (Cass. 5061/2007; Cass. 6384/2001; Cass. 21096/2017).
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell’articolo 1414 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto perfezionata una datio in solutum senza accertare e dichiarare la simulazione relativa della compravendita immobiliare, pur essendo tale accertamento un antecedente logico imprescindibile della decisione. Si sostiene che, non essendo provata la simulazione relativa della vendita la societa’ risultava inadempiente, permanendo l’obbligo di pagamento del prezzo derivante dal contratto.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’articolo 1417 c.c. e articolo 2725 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, sostenendo che la prova che la vendita dissimulasse una datio in solutum doveva esser data per iscritto, non essendo ammissibile il ricorso alle testimonianze, l’impiego di presunzioni e la stessa confessione giudiziale, inidonea a supplire alla mancanza della forma scritta ad substantiam richiesta per la validita’ del negozio dissimulato.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver la sentenza pronunciato sulla domanda di rimborso delle spese processuali di primo e secondo grado, formulata nel giudizio di rinvio. La Corte di merito avrebbe – in particolare – disposto il pagamento delle spese di appello che la (OMISSIS) aveva gia’ corrisposto in ottemperanza alla sentenza del tribunale.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 1197 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, per aversi datio in solutum occorreva uno specifico accordo tra debitore e creditore in ordine alla diversa prestazione dovuta, accordo che non si era mai perfezionato tra le parti, come era ampiamente emerso dalle acquisizioni processuali.
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’articolo 1180 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito ritenuto che – con il trasferimento dell’immobile – la ricorrente avesse inteso estinguere un debito del marito, occorrendo una specifica manifestazione di volonta’ del solvens diretta a tale scopo, dichiarazione di cui non vi era alcuna prova, non essendo emerso che la (OMISSIS) fosse effettivamente consapevole degli ammanchi effettuati dal coniuge.
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
Il sesto motivo denuncia la violazione dell’articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo la ricorrente, le dichiarazioni dell’amministratore della Cooperativa non potevano avere valenza confessoria riguardo alle circostanze non favorevoli al confitente (ed in particolare riguardo al fatto che la (OMISSIS) si fosse resa disponibile ad estinguere il debito del marito e a trasferire, a tale scopo, una quota del proprio immobile, nonche’ in ordine alla circostanza che la Cooperativa avesse inteso accettare il trasferimento, rinunciando parzialmente al rimborso degli ammanchi di cassa), non essendo stati presi in considerazione gli elementi documentali (quali le risultanze del bilancio della societa’) che comprovavano la volonta’ della societa’ di acquistare la proprieta’ dell’immobile dietro versamento di un corrispettivo pecuniario.
Il settimo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la Corte abbia ritenuto dimostrata la sussistenza del debito del (OMISSIS), coniuge della ricorrente, sulla base di una dichiarazione, resa da quest’ultimo, in data 3.7.1995, non proveniente dalla ricorrente e quindi priva di valenza probatoria, essendo comunque confutata dalle risultanze del bilancio e dal fatto che il (OMISSIS) non operava sui conti della societa’.
3. Per ragioni di ordine logico deve valutarsi preliminarmente il secondo motivo di ricorso, che e’ fondato per le ragioni che seguono. La censura va anzitutto dichiarata ammissibile, poiche’ solleva critiche puntuali ed argomentate alla sentenza di appello riguardo alla possibilita’ – in diritto – di ritenere provata la simulazione relativa del contratto di vendita immobiliare sulla base delle dichiarazioni confessorie dell’amministratore della controricorrente, pur in assenza di requisiti formali, imposti a pena di nullita’, del contratto dissimulato.
3.1. Nel merito e’ indubbio che le parti avessero formalmente concluso un contratto di vendita immobiliare, fissando un prezzo complessivo di Lire 300.000.000.
L’atto conteneva una dichiarazione di quietanza che – secondo la (OMISSIS) – doveva reputarsi simulata, non avendo l’acquirente versato alcun corrispettivo.
La domanda di risoluzione, basata sul mancato pagamento del prezzo, era stata respinta sul rilievo che la quietanza, avendo valore confessorio, era impugnabile solo per violenza o errore di fatto, assunto che pero’ – come ha posto in luce la pronuncia di legittimita’ n. 23971/2013 – trascurava che la “confessione stragiudiziale”, contenuta nel rogito, era stata superata da “un’altra confessione” in qualche modo di segno opposto: quella resa dal legale rappresentante della Cooperativa (in sede d’interrogatorio formale) che aveva ammesso che non era stata corrisposta alla (OMISSIS) la somma menzionata nell’atto di compravendita, poiche’ il trasferimento era stato disposto in cambio dell’estinzione di taluni debiti del coniuge della venditrice.
Occorreva quindi valutare, nel successivo giudizio di rinvio, queste circostanze in modo unitario e globale (tenendo conto segnatamente, che il prezzo in realta’ non era stato mai corrisposto), al fine di potere stabilire se il mancato pagamento del prezzo configurasse o meno inadempimento contrattuale della Cooperativa oppure datio in solutum”.
La Corte distrettuale, stabilendo che le parti avevano inteso realizzare non lo scambio tra la proprieta’ ed un corrispettivo pecuniario, ma una datio in solutum e quindi un trasferimento con finalita’ solutoria (senza previsione di un corrispettivo pecuniario), non si e’ interrogato sulla possibilita’ di ritenere provata – e di conseguenza valida ed efficace tra le parti – tale fattispecie negoziale in base alle sole dichiarazioni confessorie dell’amministratore della cooperativa resistente.
E’ opportuno premettere che la “datio in solutum”, costituendo un contratto a titolo oneroso solutorio-liberatorio, che estingue l’obbligazione in modo satisfattivo, e’ assoggettata alla disciplina generale dei contratti, con la conseguenza che deve essere rispettata la forma che attiene alla natura della prestazione oggetto di dazione (Cass. 17810/2021, secondo cui e’ soggetto alla forma scritta ad substantiam anche il patto modificativo di un contratto di alienazione immobiliare con cui le parti abbiano sostituto ad un originario trasferimento immobiliare la consegna di somme di denaro; analogamente, nel senso che solo le modifiche dei contratti formali che non investano gli elementi essenziali del negozio, ma ad es. prevedano modifiche alle modalita’ di adempimento, non richiedano la formalizzazione scritta: Cass. 2268/1980; Cass. 5290/1982; Cass. 6990/1986; Cass. 13703/2005; Cass. 419/2006; 525/2020).
E’ altresi’ noto che l’articolo 1414 c.c., vuole che tra le parti non produca effetto il contratto simulato ma che abbia effetto il contratto dissimulato purche’ ne sussistano i requisiti di forma e di sostanza. Nella specie, quindi, essendo stato concepito un trasferimento immobiliare in funzione solutoria, la datio in solutum, quale negozio dissimulato, era sottoposto alla forma scritta a pena di invalidita’ (articolo 1350 c.c.).
Questa Corte ha piu’ volte affermato che, in tema di prova della simulazione di una compravendita immobiliare, la mancanza della controdichiarazione osta all’ammissibilita’ dell’interrogatorio formale, ove rivolto a dimostrare la simulazione relativa, giacche’ la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, non puo’ supplire al difetto dell’atto scritto, necessario per il contratto diverso da quello apparentemente voluto; viceversa, ove sia diretto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, l’interrogatorio formale e’ ammissibile, anche tra i contraenti, perche’, in tal caso, oggetto del mezzo di prova e’ l’inesistenza stessa della compravendita (Cass. 6262/2017; Cass. 4071/2008).
Piu’ in particolare, per il disposto dell’articolo 1417 c.c., le limitazioni di prova della simulazione per i contraenti concernono la prova per testimoni e quella per presunzioni (sempreche’ non si tratti di far valere l’illiceita’ del contratto dissimulato, nel qual caso la prova anzidetta e’ ammessa senza limiti).
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
L’anzidetta limitazione probatoria non osta, invece, all’ammissibilita’ dell’interrogatorio formale, in quanto diretto a provocare la confessione giudiziale del soggetto cui e’ deferito, ad eccezione del caso in cui si tratti di contratto per il quale sia richiesta la forma scritta “ad substantiam” (e sempre che si tratti simulazione relativa, poiche’ quella assoluta non incontra limiti di prova: Cass. 13584/1991; Cass. 954/1995; Cass. 3869/2004; Cass. 19435/2008; Cass. 10240/2007; Cass. 21822/2010).
La confessione era quindi utilizzabile per superare la dichiarazione di quietanza, ma non anche per ritenere provato il valido perfezionamento del negozio dissimulato, che, in quanto sottoposto alla forma scritta a pena di validita’, doveva risultare per iscritto, non potendo la confessione supplire alla carenza del requisito formale (Cass. 7861/1990; Cass. 13984/1991; Cass. 2906/2001; Cass. 4071/2008).
Ne’ si puo’ sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato, mancando la formalizzazione scritta di un elemento essenziale dello scambio (la controprestazione del trasferimento della proprieta’ immobiliare: sul punto Cass. s.u. 7246/2007).
Il giudice del rinvio, pur dovendo stabilire se le dichiarazioni confessorie dessero prova della sussistenza di un mero inadempimento o di una datio in solutum (cosi’ come stabilito dalla pronuncia di legittimita’ n. 23971/2013), nel vagliare tale alternativa, non poteva prescindere dall’osservanza dei limiti – operanti nel caso concreto – per la prova della simulazione relativa, ne’ trascurare la necessita’ che il contratto dissimulato risultasse per iscritto, essendo tale requisito imposto per la validita’.
Nessun giudicato sull’esistenza della simulazione poteva ritenersi formato nei precedenti gradi di merito, essendosi discusso – sia in primo grado che in appello – della simulazione della sola quietanza di pagamento e non dell’intero contratto di vendita, in quanto dissimulante una datio in solutum.
E’ inoltre inconferente l’eccezione sollevata a pag. 18 del controricorso, riguardo al fatto che la (OMISSIS), non avendo sollevato alcuna eccezione di inammissibilita’ della prova per testi volta a dimostrare che la ricorrente fosse consapevole della sottrazione di denaro effettuata dal coniuge, non potrebbe censurare in questa sede l’accertamento della simulazione del contratto effettuata dal giudice del rinvio.
Dallo stesso capitolo di prova trascritto in ricorso si evince che la prova testimoniale era finalizzata a provare solo che la (OMISSIS) fosse consapevole delle distrazioni di denaro poste in essere dal marito ai danni della societa’ resistente, mentre e’ indiscutibile che la simulazione relativa del contratto – in quanto dissimulante un datio in solutum – sia stata accertata sulla base delle sole dichiarazioni confessorie dell’amministratore della (OMISSIS) s.c.r.l., valutate nel loro complesso (cfr. sentenza, pag. 8), tale essendo anche il compito che la sentenza di legittimita’ aveva devoluto al giudice del rinvio.
Sussiste – per tali ragioni – l’errore denunciato.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta assorbimento di tutte le altre censure.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.
Simulazione relativa oggettiva e prova del contratto dissimulato
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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