Silenzio-inadempimento dell’Amministrazione

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 29 novembre 2019, n. 8160.

La massima estrapolata:

Non si può configurare un silenzio-inadempimento dell’Amministrazione nei confronti di un atto avente contenuto generale, il quale è indirizzato ad una pluralità indifferenziata di destinatari e non è destinato a produrre effetti differenziati nella sfera giuridica di singoli soggetti specificamente individuati.

Sentenza 29 novembre 2019, n. 8160

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1411 del 2019, proposto dal
Comune dell’Aquila, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Do. De Na., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ce. Gu. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ce. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sede dell’Aquila, sezione prima, n. 41 del 12 gennaio 2019, resa tra le parti, concernente l’adozione del piano comunale di classificazione acustica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ce. Gu. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per il Comune appellante, l’avvocato Fa. Co., su delega dell’avvocato Do. De Na., e, per gli appellati, l’avvocato Ce. Gu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I signori Ce. Gu. ed altri, residenti o operanti nel centro storico della città dell’Aquila, hanno proposto ricorso dinanzi al Tar per l’Abruzzo sul silenzio serbato dall’Amministrazione comunale sulla loro diffida del 13 maggio 2016 tesa ad ottenere l’adozione del piano comunale di classificazione acustica, ai sensi della legge n. 447/1995, della legge regionale dell’Abruzzo n. 23/2007 e delle direttive impartite con deliberazione della Giunta regionale 770/P del 14 novembre 2011.
2. Il Tar dell’Aquila con la sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso, riconoscendo ai ricorrenti una situazione differenziata, in quanto comunque presenti in prossimità dei luoghi interessati dalle emissioni acustiche, e ritenendo sussistente l’obbligo del Comune di dotarsi del piano di classificazione acustica anche in ragione dell’inutile decorso del termine per provvedere stabilito dall’art. 2 della citata legge regionale n. 23/2007 (dodici mesi).
3. Contro la predetta sentenza ha proposto appello il comune dell’Aquila, prospettando i seguenti motivi di censura.
3.1. Violazione dell’art. 73 c.p.a. Violazione dell’onere probatorio incombente sulla parte ai sensi dell’art. 2697 c.c. ed errata applicazione dell’art. 2 della legge regionale dell’Abruzzo n. 23/2007.
3.1.1. Il giudice di primo grado, per giustificare che il Comune fosse rimasto inadempiente rispetto all’adozione del piano comunale di classificazione acustica, ha richiamato la legge regionale n. 23/2007, il cui art. 2 prevede che la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, debba emanare i criteri per la classificazione acustica del territorio comunale secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 1, lett. a), c) e f), della legge n. 447/1995 e che a loro volta i Comuni, entro 12 mesi dall’approvazione dei criteri, debbano provvedere a suddividere il proprio territorio in zone acustiche omogenee.
3.1.2. Il Tar ha di conseguenza ritenuto che, essendo stati approvati dalla Giunta regionale i criteri con deliberazione n. 770/P del 14 novembre 2011, sussistesse l’obbligo di provvedere del Comune all’adozione del piano.
3.1.3. Parte appellante evidenzia, tuttavia, che tale conclusione risulterebbe maturata in assenza di un dato documentale essenziale, cioè la predetta deliberazione della Giunta regionale, con conseguente violazione dell’onere probatorio incombente sui ricorrenti originari ai sensi dell’art. 73 c.p.a.
3.2. Difetto dell’interesse a ricorrere. Violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 e dell’31 c.p.a. Inammissibilità dell’azione con riferimento ad atti di contenuto generale.
3.2.1. Il Tar ha ritenuto sussistente la legittimazione ad agire dei ricorrenti originari sulla base della lamentata situazione di inquinamento acustico nelle zone in cui gli stessi sono presenti.
3.2.2. L’Amministrazione appellante evidenzia in proposito che precisi limiti di rumorosità sono già indicati ex lege (es. D.M. 1° marzo 1991), mentre i piani di classificazione non soccorrono a tale specifico fine. Pertanto, la pretesa dell’adozione del piano di classificazione comunale non potrebbe soddisfare né l’interesse specifico, né corrisponde ad un qualche interesse degli appellati differenziato rispetto a quello di qualsiasi altro cittadino.
3.2.3. Il Tar erroneamente non avrebbe quindi considerato che il piano di classificazione acustica previsto dalla legge n. 447/1995 e dalle norme regionali correlate (legge regionale n. 23/2007) costituiva uno strumento di natura generale e regolamentare rispetto al quale i ricorrenti non avevano una posizione qualificata.
3.2.4. In ragione di tale natura, parte appellante sottolinea l’inammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento dell’Amministrazione. Ciò in quanto tale rimedio va strettamente circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari, e non per atti generali indirizzati ad una pluralità di interessati.
4. Gli appellati si sono costituiti in giudizio il 25 febbraio 2019, chiedendo il rigetto dell’appello. Ed hanno depositato un’ulteriore memoria il 9 settembre 2019.
5. Nella camera di consiglio del 15 marzo 2019, con ordinanza cautelare n. 1316/2019, è stata accolta l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, con la seguente motivazione “Considerata comunque la necessità di approfondire in sede di merito la questione relativa all’ammissibilità del rimedio contro il silenzio inadempimento per l’adozione di atti di natura regolamentare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza, 17 dicembre 2018, n. 7090 ed ordinanza del 1° marzo 2019, n. 1012)”.
6. La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 10 ottobre 2019.
7. L’appello è fondato per le seguenti ragioni.
8. Dirimente ai fini della decisione della presente controversia è quanto già evidenziato nella fase cautelare. La qualificazione dell’atto in relazione al quale gli appellanti hanno attivato il rimedio processuale del silenzio inadempimento, ai sensi dell’art. 31 c.p.a., si pone infatti come discrimine in ordine alla sussistenza di un interesse qualificato e differenziato e dunque all’ammissibilità dello stesso rimedio.
9. Nel caso di specie, non sembra esservi dubbio che il piano comunale di classificazione acustica previsto dalla legge n. 447/1995 e dalla legge regionale dell’Abruzzo n. 23/2007 abbia natura di atto generale, in quanto lo stesso contiene una disciplina di carattere indifferenziato relativa alla classificazione del territorio e dei relativi livelli sonori (cfr. art. 4, comma 1, lett. a), e art. 6, comma 1, lett. a), della legge n. 447/1995).
10. Ciò detto, non vi è dubbio che in linea generale il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione deve essere diretto ad accertare la violazione dell’obbligo della stessa di provvedere su un’istanza del privato volta a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere, ed esso risulta esperibile in presenza di un obbligo di provvedere nei confronti del richiedente rispetto al quale l’Amministrazione sia rimasta inerte. Di conseguenza, si può configurare un silenzio inadempimento da parte della stessa tutte le volte in cui l’Amministrazione viola l’obbligo di provvedere e a prescindere dal contenuto discrezionale o meno del provvedimento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 5529/2016).
11. In sostanza, la mancata emanazione del provvedimento finale intanto può assumere il valore di silenzio-inadempimento (oggetto dello speciale rito previsto dagli art. 31 e 117 c.p.a.) in quanto sussista un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione di competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, mediante lo svolgimento di un procedimento amministrativo volto all’adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico.
12. Pertanto, come nel caso di specie, non si può configurare un silenzio-inadempimento dell’Amministrazione nei confronti di un atto avente contenuto generale, il quale è indirizzato ad una pluralità indifferenziata di destinatari e non è destinato a produrre effetti differenziati nella sfera giuridica di singoli soggetti specificamente individuati (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, n. 6096/2017).
13. La giurisprudenza ha ulteriormente precisato che l’istituto sotteso all’art. 2 della legge n. 241/1990 (silenzio – inadempimento) e la possibile esperibilità del rimedio sul silenzio non può trovare applicazione allorquando non è configurabile un interesse qualificato del privato tale da poter rivendicare l’esistenza di un obbligo per l’ente di procedere all’adozione di atti a contenuto generale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 7090/2018 e n. 6048/2019).
14. Quanto poi all’eccezione delle parti appellate in ordine al fatto che il Comune non avrebbe formulato il rilievo sull’inammissibilità del ricorso nel giudizio di primo grado, va invece evidenziato che il profilo della carenza di interesse dei ricorrenti originari era stato comunque evocato sia nella sintetica costituzione dell’Amministrazione, sia nella sentenza.
15. In ogni caso, l’appellante può confutare tutte le argomentazioni poste a base della sentenza impugnata senza che ciò costituisca una violazione del c.d. divieto dei nova di cui all’art. 104, comma 1, c.p.a (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 3761/2019), considerato peraltro che i profili di inammissibilità più compiutamente sviluppati in appello rappresentano la necessaria conseguenza della già contestata legittimazione ad agire.
16. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza impugnata con conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado.
17. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere

 

 

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