Silenzio assenso in materia per il rilascio della concessione edilizia

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 24 gennaio 2020, n. 569.

La massima estrapolata:

Il silenzio assenso non può formarsi in assenza della documentazione completa richiesta dalle norme in materia per il rilascio della concessione edilizia, in quanto l’eventuale inerzia dell’Amministrazione nel provvedere non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di provvedimento espresso.

Sentenza 24 gennaio 2020, n. 569

Data udienza 19 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6227 del 2016, proposto dal Fallimento della Im. ’99 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ni. La., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Sa. Mo., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo (…);
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
i signori Ma. Pu. e Ma. Br., rappresentati e difesi dagli avvocati Va. Ca. e Al. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pa. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione II-quater n. 6701/2016, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Ni. La., Ma. Sa. Mo. e Al. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio (R.G. n. 3558/2016), la s.r.l. Im. ’99, in qualità di proprietaria del lotto S1 sito nel Comune di (omissis) alla Via (omissis) e distinto in catasto al foglio n. (omissis), mappale n. (omissis), chiedeva, ai sensi dell’art. 31 e 117 c.p.c., l’accertamento dell’obbligo del Comune di (omissis) di rilasciare, anche in formato cartaceo, il permesso a costruire (asseritamente) già formatosi per silenzio assenso sull’istanza di variante in corso d’opera inizialmente presentata in data 17 dicembre 2013 (prot. n. 0107061) dalla s.r.l. IR. (dante causa dell’odierna appellante in virtù di atto di compravendita del 2 aprile 2014) e in seguito reiterata dall’appellante, per il mutamento di destinazione d’uso da commerciale a residenziale con ampliamento di SUL (ex art. 3, comma 1, della l.r. Lazio n. 21/2009) di alcune unità immobiliari facenti parte di un edificio di sua proprietà .
2. Il T.a.r., con la sentenza n. 6701/2016, respingeva il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
1.1. Il Tribunale amministrativo infatti riteneva non configurabile alcuna illegittima inerzia del Comune di (omissis), non sussistendo “alcun obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione comunale, in relazione alla manifesta infondatezza della istanza tesa ad ottenere il rilascio di un documento cartaceo relativo ad un titolo edilizio per il quale non sussistevano i presupposti per il silenzio assenso”, atteso che “in assenza della conferenza di servizi, in alcun modo poteva decorrere il termine per la formazione del silenzio assenso di cui all’art. 20 comma 8 del d.p.r. 380 del 2001”.
Secondo il TAR, il termine di 90 giorni, fissato dall’art. 6, comma 2, della l.r. n. 21/2009 per indire la conferenza di servizi necessaria all’approvazione degli interventi di dimensioni superiori ai 500 mq, non è un termine perentorio e la decorrenza di esso senza che l’Amministrazione si attivi per l’indizione della conferenza decisoria non è idonea a far maturare il silenzio assenso sulla richiesta di permesso a costruire richiesto ai sensi del Piano Casa.
Infatti, l’art. 6, comma 2-bis, della l.r. n. 21/2009 dispone che il permesso a costruire debba essere rilasciato nei termini e con gli effetti di cui all’art. 20, commi 6 e 8, del d.P.R. n. 380/2001 “a decorrere dalla chiusura della conferenza di servizi”, in tal modo avendo recepito i principi nazionali sulla formazione del silenzio assenso soltanto in rapporto alla decorrenza del termine per la chiusura della conferenza di servizi, ma, non altrettanto, in relazione alla decorrenza del termine di 90 giorni previsto per l’indizione della medesima conferenza.
2. Con il ricorso in appello all’esame la originaria società ricorrente ha chiesto l’annullamento della citata sentenza, censurandola sotto i seguenti profili:
i) “Erroneità della motivazione in rapporto alla violazione dell’art. 20 del DPR n. 380/2001 nonché dell’art. 6 della L.R. n. 21/2009 – Violazione dell’art. 14 della legge n. 241/1990 – Violazione dell’art. 5 del DPR n. 380/2001 – Violazione e disapplicazione di tutti i principi discendenti dalla riforma della Pubblica Amministrazione avviata con legge n. 124/2015 e successivi Decreti legislativi – Violazione dell’art. 2 della legge n. 241/90”;
ii) “Errata motivazione in merito alla prevalenza della L.R. n. 21/2009 sulla disciplina generale relativa al silenzio assenso e contenuta nell’art. 20 della legge n. 241/1990 e nell’art. 20 del DPR n. 380/2001 – Violazione dell’art. 117 Cost. – Eventuale e subordinata questione di legittimità costituzionale”;
iii) “Omessa pronuncia sulla violazione da parte del Comune di (omissis) dell’art. 6, comma 2, della L.R. n. 21/2009 per mancata convocazione della conferenza di servizi nei termini ivi previsti”.
2.1. Si è costituito in giudizio, per resistere, il Comune di (omissis), il quale, con memoria, si è opposto all’appello e ne ha chiesto il rigetto.
2.2. In seguito alla sopravvenuta dichiarazione di fallimento della società appellante, avvenuta con sentenza n. 484 del 15 giugno 2017 del Tribunale di Roma, si è costituito in giudizio il fallimento della società Im. ’99 S.r.l., facendo proprie le difese già espresse dalla società .
2.3. L’Arch. Ma. Pu. ed il Sig. Ma. Br. hanno spiegato intervento ad adiuvandum dell’appellante. Invero, con atti di citazione notificati in data 4 settembre 2019, il fallimento dell’Im. 99 ha convenuto innanzi al Tribunale Civile di Roma sia il primo – nella sua qualità di progettista e direttore lavori – che il secondo – nella sua qualità di amministratore della Im. 99 al momento dei fatti di causa – per sentirli condannare, ex art. 2043 c.c. e 2055 c.c., al risarcimento del danno che essi avrebbero procurato al fallimento concorrendo a realizzare un’opera abusiva per assenza di idoneo permesso a costruire, sulla base del presupposto che “il silenzio assenso non si è mai formato, con la conseguenza che tutte le opere realizzate sono abusive e prive di valore commerciale”.
3. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 19 novembre 2019.
4. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
5. Il Collegio rileva preliminarmente in punto di fatto che:
a) in data 17 dicembre 2013 la s.r.l. IR. presentava al Comune di (omissis) una domanda di permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3-ter della legge regionale n. 21 dell’11 agosto 2009 (“Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale” – cd. Piano casa), per il cambio di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale con ampliamento dell’immobile, sito in via (omissis) s.n. c., identificato in catasto al foglio 29, mappale (omissis), in corso di realizzazione in base ai permessi n. 120 del 2006 e n. 28 del 2011;
b) in data 30 settembre 2014 la società Im. 99, dopo aver acquistato tale immobile con atto del 2 aprile 2014, depositava al Comune di (omissis) il contratto di compravendita e ulteriore documentazione relativa alla richiesta di permesso di costruire;
c) in data 12 dicembre 2014 il Comune di (omissis) chiedeva di rettificare il calcolo degli standard, sospendendo il termine di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001; tale richiesta veniva poi ribadita con nota del 7 gennaio 2015;
d) in data 20 gennaio 2015 la s.r.l. Im. 99 trasmetteva il nuovo elaborato grafico e in data 20 maggio 2015 il nuovo calcolo degli oneri;
e) in data 9 giugno 2015 con atto di diffida la società Im. 99 S.r.l. rappresentava al Comune di (omissis) l’avvenuta formazione del silenzio assenso sulla richiesta di permesso di costruire e richiedeva il rilascio del titolo edilizio in formato cartaceo;
f) in data 26 febbraio 2016 la società Im. 99 subiva il sequestro preventivo penale del cantiere, in quanto le veniva contestato di aver effettuato il mutamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, in assenza di idoneo permesso a costruire; il sequestro veniva convalidato dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri in data 3 marzo 2016;
g) in data 16 maggio 2016, per le medesime ragioni, il Comune adottava l’ordinanza ingiuntiva n. 9 di demolizione e riduzione in pristino, la quale veniva impugnata dalla società dinanzi al T.a.r. Lazio in autonomo giudizio.
6. Ciò premesso, va rilevato che, con il primo motivo di appello, il fallimento appellante sostiene l’illegittimità dell’inerzia della Amministrazione comunale, nonostante l’espressa previsione della l.r. n. 21/2009 la quale impone di convocare la conferenza di servizi entro 90 giorni.
L’appellante, peraltro, nega che la società Im. ’99 non abbia mai presentato domanda relativa all’indizione della conferenza di servizi e, quanto alla condotta del Comune, sottolinea come questo, oltre a non aver mai indetto la conferenza di servizi, non ha mai predisposto il proprio parere tecnico utile a tal fine, né si è mai pronunciato sull’improcedibilità dell’intervento edilizio proposto.
In senso contrario, il Comune rammenta come la giurisprudenza costantemente affermi che la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire postula che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità .
Con il secondo motivo di appello, il fallimento appellante lamenta l’erroneità della impugnata pronuncia laddove il primo giudice ha sostenuto la prevalenza della norma regionale sul Piano Casa rispetto alla disciplina generale del silenzio assenso contenuta in norme statali e di principio quali la legge n. 241/1990 e il d.P.R. n. 380/2001.
Peraltro, per il caso in cui non si ritenga, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, che la norma statale e di principio, che prevede la formazione del silenzio assenso in materia edilizia, non possa essere derogata e privata di portata applicativa da una legge regionale anche se di natura derogatoria ed eccezionale, l’appellante chiede che venga investita la Corte Costituzionale della questione di legittimità dell’art. 6, comma 2-bis, della l.r. n. 21/2009 nella parte in cui prevede che “il permesso di costruire deve essere rilasciato dal comune nei termini e con gli effetti di cui all’articolo 20, commi 6 e 8 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche a decorrere dalla chiusura della conferenza di servizi di cui al comma 2”, stante l’evidente contrasto con la normativa statale in materia di silenzio assenso contenuta nell’art. 20 della legge n. 241/1990 e nell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001 e, dunque, stante la violazione della riserva statale di determinare i principi fondamentali nell’ambito delle materie a legislazione concorrente (art. 117 Cost.).
Con una terza censura, sollevata in via subordinata, si chiede la riforma della sentenza di primo grado per mancata pronuncia in quanto il primo giudice “avrebbe dovuto almeno condannare il Comune di (omissis) a convocare detta conferenza di servizi, visto e considerato che, quanto meno rispetto a tale incombente, è innegabile l’inadempimento dell’Amministrazione che avrebbe dovuto procedere entro 90 giorni dal ricevimento dell’istanza del privato e che, invece, è rimasta del tutto silente”.
6.1. Le censure, che in quanto connesse devono essere trattate congiuntamente, non sono fondate.
6.2. Il Collegio, al riguardo, deve premettere sul piano normativo che:
a) ai sensi dell’art. 6, comma 2, della citata legge regionale n. 21 del 2009, gli interventi di cui all’articolo 3-ter della stessa legge con una superficie utile esistente superiore a 500 metri quadrati sono consentiti previa acquisizione del permesso di costruire, il cui ottenimento è subordinato all’esito di una apposita conferenza dei servizi ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 convocata entro novanta giorni dalla presentazione della domanda di permesso, con la partecipazione delle amministrazioni interessate dall’intervento;
b) ai sensi del comma 2-bis del medesimo articolo 6 (comma aggiunto dalla legge regionale n. 10 del 10 novembre 2014), il permesso di costruire deve essere rilasciato dal Comune nei termini e con gli effetti di cui all’articolo 20, commi 6 e 8 del d.P.R. n. 380/2001 a decorrere dalla chiusura della conferenza di servizi di cui al comma 2.
Dal combinato disposto discende pertanto che, per il rilascio del titolo edilizio de quo, il Comune è sottoposto, in primis, al termine di novanta giorni (decorrente dalla presentazione della domanda di permesso) per l’indizione dell’apposita conferenza dei servizi e, in secundis, ai termini di cui all’articolo 20, comma 6, del d.P.R. n. 380/2001 per l’adozione del provvedimento finale.
A differenza del primo termine, in ordine al quale la normativa nulla prevede per il caso dell’inerzia dell’Amministrazione in tal modo potendosi escludere la natura perentoria di esso, con riferimento al secondo caso viene fatto rinvio alla disciplina generale sul silenzio assenso in materia di permessi a costruire di cui all’articolo 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001. Pertanto in questo caso il legislatore attribuisce all’inerzia dell’Amministrazione il valore di provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata dal privato.
6.3. Al riguardo, va richiamata la costante giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2019, n. 113; conf. sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3317; sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1767) per la quale la formazione tacita dei provvedimenti amministrativi per silenzio assenso presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia presa in esame e sia intervenuta risposta dall’Amministrazione, ma la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista (ex plurimis, Cons. Stato, IV, 11 aprile 2014, n. 1767).
Invero, il silenzio assenso non può formarsi in assenza della documentazione completa richiesta dalle norme in materia per il rilascio della concessione edilizia, in quanto “l’eventuale inerzia dell’Amministrazione nel provvedere (…) non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di (un) provvedimento espresso” (Cons. Stato, sez. VI, 6 dicembre 2013, n. 5852; Sez. VI, 26 gennaio 2001, n. 249).
Il primo comma del citato art. 20, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, d’altra parte, prevede che la domanda di permesso di costruire sia accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie e alle norme relative all’efficienza energetica.
Del resto, il silenzio assenso costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, per cui esso non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l’attribuzione del bene della vita richiesto.
6.4. Ciò considerato, il Collegio rileva che, nel caso di specie, non sussistono i presupposti per ritenere formato il silenzio assenso, atteso che:
a) in primo luogo, il termine utile ai fini della formazione del silenzio assenso, come disciplinato dall’articolo 20, commi 6 e 8. del d.P.R. n. 380/2001 (a cui fa rinvio il citato art. 6, comma 2-bis, della l.r. n. 21/2009), risulta applicabile, per chiaro dettato normativo, solo a decorrere dalla conclusione della conferenza di servizi; ne consegue che la mancata indizione di quest’ultima rende di per sé inconcepibile l’attivazione del meccanismo del silenzio assenso mediante il decorso del relativo termine; del resto, la decisione se indire o meno la conferenza dei servizi risulta di esclusiva competenza dell’Amministrazione comunale, la quale – alla stregua del dettato normativo – non risulta al riguardo in alcun modo vincolata, al contrario potendo (e dovendo) preliminarmente esercitare una valutazione discrezionale in ordine alla generale fondatezza dell’istanza;
b) ad ogni modo, ai fini dell’eventuale formarsi del silenzio assenso, va rilevato che nella fattispecie non risultano presenti i presupposti per il rilascio del permesso, né di essi viene fornita idonea prova da parte dell’appellante. Invero, nulla viene dedotto da quest’ultimo in merito alla manifesta infondatezza dell’istanza rilevata dal Comune, che rappresenta il motivo principale per cui l’ente non ha indetto la conferenza di servizi. Pertanto, in assenza dei presupposti per il rilascio del permesso, in applicazione dei principi sopra menzionati, non sorge alcun obbligo per l’Amministrazione di provvedere nei confronti del richiedente.
6.5. Per tale ragione, si può prescindere in questa sede dall’esame del rapporto tra la citata legge regionale e la legge statale sul silenzio-assenso, così come non ha rilevanza per la risoluzione della controversia l’analisi della questione di legittimità costituzionale.
Invero, dall’eventuale applicazione della sola disciplina statale sul silenzio assenso non deriverebbe l’accoglimento dell’istanza (né, del resto, del presente appello), in ragione dell’imprescindibilità della sussistenza (e della relativa prova) dei presupposti per il rilascio del titolo edilizio.
6.6. Così come, in ordine alla terza censura (sollevata dall’appellante in via subordinata), l’insussistenza dei presupposti per il silenzio assenso rende superfluo ed ultroneo disporre l’eventuale condanna del Comune di (omissis) a convocare la conferenza di servizi, poiché, laddove in ipotesi questa si dovesse tenere, comunque non si giungerebbe alla formazione del provvedimento tacito.
Ad ogni modo, come già rilevato in primo grado, l’infondatezza del motivo discende anche dalla mancata proposizione di una specifica domanda da parte della società interessata finalizzata ad ottenere l’adempimento dell’obbligo di convocazione della conferenza dei servizi, essendosi essa limitata a presentare la richiesta per il rilascio del permesso a costruire e la relativa documentazione.
Alla luce di ciò non emerge alcun vizio di omessa pronuncia da parte del primo giudice.
7. L’appello, in definitiva, va respinto in quanto infondato.
8. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 6227/2016, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna in solido l’appellante e gli intervenienti – in solido tra loro – al pagamento in favore del Comune di (omissis) delle spese del presente grado di giudizio, nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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