Consiglio di Stato, Sentenza|12 luglio 2021| n. 5245.
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie.
L’accreditamento sanitario non si sottrae al preminente esercizio del potere autoritativo e conformativo della Pa, che si qualifica di natura concessoria ed assolve la funzione di ricondurre in un quadro di certezza il volume e la tipologia dell’attività del soggetto accreditato, il cui concorso con le strutture pubbliche nelle prestazioni di assistenza non avviene in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità, ma – comportando ricadute sulle risorse pubbliche – soggiace alla potestà di verifica sia tecnica che finanziaria della Regione ed a criteri di sostenibilità, nei limiti di spesa annuali. In tale sistema, in base alla vigente normativa, i rapporti tra il servizio sanitario e le strutture private accreditate sono regolati: da una fase, programmatica ed unilaterale, affidata alla Regione; da una fase contrattuale con le singole strutture, affidata alla Regione ed alle Ausl, in assenza della quale le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale non sono tenuti a corrispondere la remunerazione per le prestazioni erogate (articolo 8 quater, II, Dlgs n. 502/1992).
Sentenza|12 luglio 2021| n. 5245. Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
Data udienza 20 maggio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Servizio sanitario nazionale – Prestazioni sanitarie – Erogazione – Remunerazione – Aspettative dei singoli operatori – Art. 8 quater, comma 2, d.lgs. 30 novembre 1992 n. 502 – Applicazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9949 del 2020, proposto dalla Azienda Sanitaria Friuli Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…);
contro
la Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
della Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. De., con domicilio eletto presso lo studio Ufficio Rappresentanza della Regione Autonoma Friuli in Roma, piazza (…);
della Po. Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
sul ricorso numero di registro generale 815 del 2021, proposto dalla Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. De., con domicilio eletto presso lo studio Ufficio Rappresentanza della Regione Autonoma Friuli in Roma, piazza (…);
contro
la Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
dell’Azienda Sanitaria Friuli Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…);
della Po. Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
per la riforma,
per entrambi gli appelli nn. 9949/2020 e 815/2021,
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 413 del 2020, proposto dal Po. Sa. Gi. s.p.a. – Casa di cura privata per l’annullamento delle note regionali e aziendali in materia di spesa sanitaria in favore di cittadini provenienti da fuori Regione, con richiesta di condanna al pagamento delle relative prestazioni.
Visti gli appelli nn. 9949/2020 e 815/2021 e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Friuli Venezia Giulia nell’appello n. 9949/2020;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a. nell’appello n. 9949/2020;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Azienda Sanitaria Friuli Occidentale nell’appello n. 815/2021;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a. nell’appello n. 815/2021;
Visti gli appelli incidentali, depositati in entrambi i giudizi nn. 9949/2020 e 815/2021 dalla Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a.;
Visti i motivi riproposti in entrambi i giudizi nn. 9949/2020 e 815/2021 ex art. 101, comma 2, c.p.a. dalla Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a.;
Visti tutti gli atti delle cause nn. 9949/2020 e 815/2021;
Relatore nell’udienza del giorno 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti di entrambe le cause nn. 9949/2020 e 815/2021, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
FATTO
1. Il Po. Sa. Gi. s.p.a. (d’ora in poi, Policlinico) opera in regime di accreditamento con l’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 5 “Friuli occidentale”, per l’erogazione di prestazioni sanitarie di ricovero ospedaliero, di specialistica ambulatoriale, diagnostica strumentale e di laboratorio, ivi comprese quelle di alta specialità in favore di pazienti della Regione Friuli Venezia Giulia e di altre Regioni italiane.
Con ricorso proposto dinanzi al Tar Friuli Venezia Giulia ha impugnato il provvedimento del 18 settembre 2019 del dirigente della Regione Friuli Venezia Giulia, con il quale sono stati determinati per l’anno 2018 i tetti di spesa per le prestazioni di alta e bassa specialità rese nei confronti di cittadini di altre Regioni, nonchè l’atto consequenziale, adottato dall’Azienda Sanitaria n. 5, ed il successivo atto del 23 settembre 2019, adottato dal Commissario della stessa Azienda Sanitaria, con il quale è stata avvertita del superamento dei tetti di spesa assegnati. Con successivo atto di motivi aggiunti ha impugnato la nota della Regione Friuli Venezia Giulia, che ha ridefinito i tetti di spesa per l’anno 2018 mediante compensazioni tra le strutture accreditate che avevano realizzato risparmi di spesa.
Il tetto di spesa relativo all’anno 2018 aveva subito un abbassamento del 2% rispetto al tetto fissato per l’anno 2011 in considerazione della previsione recata dall’art. 15, comma 14, d.l. 6 luglio 2012, n. 95. Nel giudizio di primo grado il Policlinico ricorrente aveva chiesto la condanna al pagamento delle somme non erogate negli anni 2018 e 2019 rispettivamente Euro 1.897.561,23 (saldo 2018) ed Euro 1.479.446,40 (saldo fino al mese di luglio 2019).
A seguito della compensazione effettuata con il provvedimento regionale del 17 dicembre 2019 di rideterminazione del tetto era residuata, secondo la Casa di cura ricorrente, per l’annualità 2018, una cifra extra budget di Euro 221.123,00.
2. Si sono costituite in primo grado sia la Regione Friuli Venezia Giulia che la Azienda Sanitaria n. 5 Friuli Occidentale, che hanno preliminarmente eccepito in via il difetto di giurisdizione ed il difetto di legittimazione attiva; nel merito hanno chiesto il rigetto del ricorso.
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
3. Con la sentenza n. 413 del 30 novembre 2020 il TAR ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione, salvo che per la parte relativa alla domanda avanzata dalla Casa di cura ricorrente diretta ad ottenere il pagamento a saldo di somme rientranti nell’ambito del rapporto debito-credito con l’Azienda sanitaria. Ha altresì respinto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sostenendo che il Policlinico avesse una posizione differenziata e qualificata ad opporsi ad un tetto di spesa per le prestazioni erogate nell’anno 2018.
Nel merito, il Tar ha accolto i motivi con i quali il Policlinico aveva censurato la modifica retroattiva dell’atto di programmazione della spesa sanitaria derivante dall’accordo regionale con le Case di cura accreditate, affermando che ai sensi dell’art. 4, comma 2, dell’accordo triennale fra la Regione e le Case di cura private accreditate e dell’art. 15, comma 14, d.l. n. 95 del 2012, non sarebbero stati previsti vincoli di spesa per le prestazioni di alta specialità in favore di pazienti fuori Regione, non essendo tali prestazioni sottoposte a limitazioni di budget. L’art. 15, comma 14, d.l. n. 95 del 2012, dopo aver imposto il risparmio di spesa del 2%, consentiva alle Regioni di programmare l’acquisto di prestazioni ospedaliere di alta complessità in favore di cittadini residenti in Regioni diverse da quella di appartenenza, adottando nel contempo misure per garantire l’invarianza degli effetti finanziari, mediante la riduzione delle prestazioni non appropriate di bassa complessità . Ha aggiunto che: l’invarianza finanziaria avrebbe dovuto essere garantita senza agire sui tetti di spesa per tali particolari prestazioni, ma in modo diverso; le prestazioni per i pazienti fuori regione dovevano, inoltre, ritenersi meramente facoltative, mentre era obbligatoria l’invarianza finanziaria e, dunque, la possibilità di consentire tali prestazioni era condizionata al non aggravamento degli effetti finanziari salvaguardando l’affidamento delle case di cura; la riduzione, quindi, avrebbe potuto essere disposta ex ante e non ex post, in modo da salvaguardare il legittimo affidamento delle case di cura accreditate. Nel caso di specie l’applicazione retroattiva operata alla fine del 2019, per l’anno 2018, di un tetto di spesa anche per le prestazioni sanitarie di alta complessità sarebbe stata illegittima per violazione dell’affidamento e perché non prevista né dall’accordo regionale né dalla legge statale.
In relazione alle prestazioni di bassa complessità il Tar ha invece respinto la domanda rilevando che la cifra assegnata per tali prestazioni, pari ad Euro 7.280.005,00, corrisponde alla spesa storica del 2011 detratto il 2%, mentre la Casa di cura ha sforato tale tetto raggiungendo la cifra di Euro 9.025.234,16.
In definitiva il Tar ha quindi dichiarato il diritto della appellata ad ottenere il rimborso di Euro 221.123,00.
4. Avverso tale decisione hanno proposto appello principale sia la Regione Friuli Venezia Giulia (appello RG 815/2021) che la Azienda Sanitaria n. 5 Friuli Occidentale (appello RG 9949/2020) contestando i capi nei quali erano risultate soccombenti.
5. Il Po. Sa. Gi. si è costituito in entrambi gli appelli reiterando, ai sensi dlel’art. 101, comma 2, c.p.a., le censure proposte in primo grado e dichiarate assorbite dal TAR.
6. Il Po. Sa. Gi. ha proposto appello incidentale, di ana contenuto, in entrambi i giudizi, censurando i capi di sentenza nei quali era risultato soccombente.
7. Con ordinanza n. 556/2021 è stata accolta l’istanza cautelare proposta dall’Azienda Sanitaria Friuli Occidentale nel giudizio n. 9949/2020.
8. Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica a sostegno delle rispettive tesi.
9. All’udienza pubblica del 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, gli appelli n. 9949/2020 e n. 815/2021 sono stati trattenuti in decisione.
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio dispone la riunione degli appelli n. 9949/2020 e n. 815/2021, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
2. Gli appelli principali sono fondati e vanno, quindi, accolti.
Ritiene il Collegio di dover seguire l’ordine individuato nell’appello principale proposto dalla Regione Friuli Venezia Giulia (RG 9949/2020); l’appello RG 815/2021, fondato sulla base di un unico, articolato motivo di impugnazione, verrà esaminato congiuntamente all’appello regionale, attese le analoghe argomentazioni.
Prima di procedere alla disamina delle singole censure è opportuno fare alcune precisazioni, in fatto e in diritto, per circoscrivere la vicenda contenziosa.
In punto di fatto vale chiarire che, come emerge dagli atti di causa, in corso di esecuzione dell’Accordo annuale Azienda/Policlinico, la Regione, con nota 18 settembre 2019, n. 18068 (impugnata nel giudizio di primo grado), ha accertato che il Policlinico aveva sforato il tetto economico relativo all’attività di ricovero in attrazione extraregionale e ha richiamato, nel rispetto della normativa vigente, le soglie economiche all’interno delle quali le aziende di riferimento potevano remunerare l’attività delle case di cura che avevano sforato il tetto.
Per il Policlinico venivano fissati i seguenti tetti: alta specialità, Euro 5.573.859; bassa specialità, Euro 7.134.405, per un totale di Euro 12.708.264.
Conseguentemente l’Azienda, con nota 20 settembre 2019, n. 68704, ha comunicato al Policlinico gli importi riconosciuti per le prestazioni per assistiti fuori Regione (degenza) per l’anno 2018, evidenziando di aver remunerato Euro. 217.000,00 in eccedenza rispetto alla somma consentita.
Successivamente, con nota prot. n. 25083/P del 17 dicembre 2019 (impugnata con atto di motivi aggiunti nel giudizio di primo grado), è stato esplicitato che, tenuto conto del principio di invarianza degli effetti finanziari complessivi a livello di spesa regionale, i margini positivi generati dalle strutture che avevano erogato prestazioni in misura inferiore alle soglie previste dalla normativa in parola (pari a Euro 3.159.294,69) avevano consentito una compensazione proporzionale in favore delle altre strutture che, invece, tali soglie non avevano rispettato, e, per l’effetto, al Policlinico era stato riconosciuto per l’alta specialità il tetto di Euro 5.573.859.
In sintesi, con riferimento all’anno 2018, è stata registrata una discordanza tra le parti circa la situazione di dare/avere: la Casa di cura afferma di avere un credito di Euro 221.123,00 per prestazioni svolte extra budget nei confronti di pazienti fuori regione; secondo le Amministrazioni appellanti, invece, il Policlinico avrebbe ottenuto in eccedenza la somma di Euro 217.000,00 rispetto a quanto consentito.
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
In punto di diritto, vale ricordare che la finalità dell’accreditamento non è soddisfare gli scopi delle imprese che gestiscono strutture sanitarie private, bensì rispondere alle finalità di carattere pubblicistico connesse all’erogazione del servizio sanitario pubblico, tra le quali imposizione primaria appare il contenimento della spesa pubblica, mentre l’accentramento della programmazione a livello regionale è esigenza imposta direttamente dalla legge.
Come più volte chiarito dalla Sezione (23 agosto 2018, n. 5039; 3 febbraio 2016, n. 436), gli operatori privati accreditati non sono semplici fornitori di servizi, in un ambito puramente contrattualistico, sorretto da principi di massimo profitto e di totale deresponsabilizzazione circa il governo del settore, ma sono soggetti di un complesso sistema pubblico-privato qualificato dal raggiungimento di fini di pubblico interesse di particolare rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute, su cui gravano obblighi di partecipazione e cooperazione nella definizione della stessa pianificazione e programmazione della spesa sanitaria (Cons. St., sez. III, 29 luglio 2011, n. 4529; 14 giugno 2011, n. 3611; 13 aprile 2011, n. 2290).
Il sistema dell’accreditamento, dunque, non si sottrae al preminente esercizio del potere autoritativo e conformativo dell’amministrazione, che si qualifica di natura concessoria ed assolve la funzione di ricondurre in un quadro di certezza il volume e la tipologia dell’attività del soggetto accreditato, il cui concorso con le strutture pubbliche nelle prestazioni di assistenza non avviene in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità, ma – nella misura in cui comporta una ricaduta sulle risorse pubbliche – soggiace alla potestà di verifica sia tecnica che finanziaria della Regione ed a criteri di sostenibilità, nei limiti di spesa annuali (Cons. St., sez. III, 27 aprile 2015, n. 2143).
In tale sistema, in base alla vigente normativa, i rapporti tra il Servizio sanitario nazionale e le strutture private accreditate sono regolati: da una fase, programmatica ed unilaterale, affidata alla Regione; da una fase contrattuale con le singole strutture, affidata alla Regione ed alle A.U.S.L., in assenza della quale le Aziende e gli Enti del Servizio sanitario nazionale non sono tenuti a corrispondere la remunerazione per le prestazioni erogate (art. 8 quater, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502).
In particolare, la seconda di dette fasi trova la sua fonte normativa nell’art. 8 quinquies, d.lgs. n. 502 del 1992, che pone il rapporto di accreditamento su una base strettamente negoziale, sì che al di fuori del contratto la struttura accreditata non è obbligata ad erogare prestazioni agli assistiti del servizio sanitario regionale (Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5427); il contratto costituisce dunque il perimetro delle prestazioni erogabili, nel senso che non sono rimborsabili quelle fornite ma non coperte sia nella tipologia riconosciuta sia nel quantum finanziario stabilito.
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
A tale quadro normativo nazionale si affianca, per quanto più da vicino concerne la fattispecie all’esame del Collegio, quello della Regione Friuli Venezia Giulia che, con delibera di Giunta 13 gennaio 2017, ha approvato l’Accordo del 4 gennaio 2017, stipulato con le Associazioni rappresentative degli enti erogatori accreditati, avente ad oggetto le prestazioni sanitarie per conto del Servizio sanitario regionale da parte delle strutture accreditate per il triennio 2017-2019. Con precipuo riferimento alle prestazioni extraregionali ha previsto (art. 4, comma 2) “di fare riferimento all’erogato 2011 ridotto del 2% per l’attività di ricovero e del 3% per l’attività specialistica ambulatoriale; rimane senza vincoli di tetto la sola attività riguardante i ricoveri DRG di alta specialità “.
3. Ciò chiarito, e passando all’esame dei singoli motivi, con il primo motivo la Regione contesta il capo di sentenza con il quale il Tar ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione, inquadrando la controversia nella fattispecie prevista al comma 1, lett. c, dell’art. 133 c.p.a. e limitando la declaratoria di difetto di giurisdizione solo con riferimento agli aspetti di debito/credito derivanti dalla convenzione esistente tra le parti.
Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione, atteso che nel presente giudizio il Policlinico ha inteso, è vero, contestare la somma non rimborsata per prestazioni extraregionali perché eccedente il tetto di spesa, ma deducendo, con i motivi articolati nel ricorso di primo grado, l’illegittimità di un potere autoritativo che interverrebbe sul rapporto di accreditamento.
Sussiste quindi, almeno per via del legame indiretto, ma indissolubile e inseparabile con l’esercizio della funzione programmatoria in materia sanitaria e sull’assegnazione dei tetti di spesa, quale disciplinata dall’accordo sostitutivo ai sensi dell’art. 8-quinquies, comma 2, d.lgs. n. 502 del 1992 e dell’art. 11, l. n. 241 del 1990, la giurisdizione del giudice amministrativo sull’esercizio del relativo potere pubblicistico, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), c.p.a., in riferimento all’esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo, e comunque ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., non controvertendosi qui solo di mere indennità, canoni o altri corrispettivi.
Come è noto, infatti, se la controversia esula dal mero rapporto interno tra la pubblica amministrazione e il concessionario del servizio pubblico (dunque, la struttura accreditata) e coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione sull’intera economia del rapporto concessorio, ciò che, nel caso di specie, appare indiscutibile, il conflitto tra la pubblica amministrazione e il concessionario si struttura secondo il binomio potere/interesse e viene attratto nella sfera della giurisdizione del giudice amministrativo (Cass.civ., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23744).
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
Con il provvedimento impugnato avanti al Tar Friuli Venezia Giulia, l’Azienda sanitaria ha proprio inciso sull’intera economia del rapporto concessorio. Ne segue la correttezza della sentenza impugnata, che ha declinato la giurisdizione del giudice amministrativo limitatamente alla domanda avanzata dalla Casa di cura ricorrente diretta ad ottenere il pagamento a saldo di somme rientranti nell’ambito del rapporto debito-credito con l’Azienda sanitaria. Ne consegue la reiezione anche dell’ultima censura proposta nella memoria depositata dall’appellato Policlinico ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., con la quale si contesta la parziale declinatoria di giurisdizione contenuta nella sentenza n. 413 del 2020.
4. Può essere invece assorbita la seconda censura volta ad ottenere la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione attiva, atteso che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, lo stesso è infondato.
5. Il terzo motivo dell’appello principale proposto dalla Regione affronta il nucleo centrale della controversia con argomentazioni analoghe a quelle dedotte dalla Azienda Sanitaria Friuli Occidentale con il proprio appello (RG 9949/2020), articolato su un unico motivo di impugnazione.
Le due doglianze – che possono, quindi, essere esaminate congiuntamente – denunciano l’erroneità della decisione del Tar secondo cui la Regione avrebbe operato una modifica retroattiva emessa alla fine dell’anno 2019 dell’atto di programmazione della spesa sanitaria relativo all’anno 2018, ledendo l’affidamento creatosi in capo alla struttura sanitaria appellata poiché né la legge statale né l’Accordo regionale avrebbero previsto alcun tetto di spesa per le prestazioni di alta specialità eseguite nei confronti dei pazienti extraregionali.
La tesi del Tar non può essere condivisa.
L’art. 15, comma 14, d.l. n. 95 del 2012, nel testo modificato dall’art. 1, comma 574, lett. a) e b), della legge stabilità 2016 (l. n. 208 del 2015), ha previsto, a decorrere dall’anno 2016, la possibilità per le strutture accreditate di erogare assistenza ospedaliera di alta complessità a favore di cittadini residenti in Regioni diverse da quelle di appartenenza anche in deroga al limite previsto, fatto salvo l’obbligo di invarianza finanziaria assicurata dalla Regione con la speculare riduzione delle prestazioni intraregionali. L’invarianza finanziaria deve essere comunque garantita, in modo tale da raggiungere gli obiettivi posti dalle normative statali le quali, trattandosi di norme imperative, si inseriscono nei rapporti convenzionali conformandoli in senso anche modificativo a quanto precedentemente stabilito.
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In altri termini, ben può la struttura accreditata erogare le proprie prestazioni a soggetti provenienti da altre Regioni ma questo non può portare, in assenza di una programmazione, ad un incremento della spesa totale a carico della Regione con la quale ha stipulato l’accordo, dovendosi l’operatore economico mantenere nel limite di budget assegnatogli. Ove ciò non accada, legittimamente sono recuperate all’erario le somme correlate a prestazioni sanitarie che eccedono il limite massimo prefissato in forza del potere autoritativo di controllo pubblicistico della spesa sanitaria. Trattasi, dunque, di una modalità di riequilibrio a consuntivo ed eventuale, rispetto alla programmazione effettuata a monte, per la valutazione della quale valgono le medesime considerazioni in ordine alla necessità di tener conto in ambito sanitario della limitatezza delle risorse, pur nel doveroso rispetto della tutela della salute umana (Corte cost. 28 luglio 1995, n. 416; Cons. St., A.P., 2 maggio 2006, n. 8).
Né il giudice di primo grado può essere seguito allorché intravede un profilo di illegittimità dell’operato dell’Azienda sanitaria che, calcolando ex post l’extrabudget, avrebbe inciso sul legittimo affidamento del Policlinico il quale, con l’Accordo contrattuale stipulato il 29 giugno 2018 con la Azienda Ospedaliera per l’anno 2018 e con quello successivo per il 2019, aveva assunto l’impegno di rispettare il tetto economico fissato dalla norma in vigore.
Aggiungasi che costituisce principio ormai pacifico nella giurisprudenza del giudice amministrativo che il ritardo non può in ogni caso essere invocato dalle strutture accreditate al fine di reclamare maggiori remunerazioni, alla luce del chiaro disposto dell’art. 8 quater, comma 2, d.lgs. 30 novembre 1992 n. 502 in materia di accordi contrattuali, in mancanza dei quali le aspettative maturate dai singoli operatori non possono essere soddisfatte (Cons. St., sez. III, 1 marzo 2019, n. 1418).
La retroattività della determinazione della Asl non priva le strutture sanitarie private – che sono operatori professionali del settore – di punti di riferimento regolatori per lo svolgimento della propria attività .
Corollario obbligato di tale premessa è la legittimità dell’operato della Azienda Sanitaria, che ha rilevato che nel 2018 il Po. Sa. Gi. aveva sforato il tetto sia per l’alta specialità che per la bassa specialità : a fronte di un tetto complessivo massimo di Euro 9.620.806,00 ha fornito prestazioni per un importo di 14.823.459,16 con uno sfondamento di Euro 5.199.470,90 compensati per l’annualità 2018 dalla Regione per Euro 3.038,944.
In conclusione, il motivo degli appelli della Regione e della Azienda sanitaria, con riferimento alle prestazioni ad alta complessità, è fondato, in quanto le note regionali impugnate in primo grado non hanno introdotto retroattivamente nuovi tetti di spesa, ma si sono limitate a dare atto della soglia di spesa già determinata in applicazione dei tassativi parametri indicati dal d.l. n. 95 del 2012, dei quali gli operatori di settore – e dunque anche il Policlinico – erano o avrebbero dovuto essere pienamente a conoscenza.
6. Le argomentazioni spese sub 5 giustificano anche la fondatezza del motivo dell’appello dalla Regione Friuli Venezia Giulia, con il quale è stato contestato l’assunto del giudice di primo grado in ordine alla configurabilità di un principio di irretroattività della determinazione della spesa sanitaria.
7. I due appelli principali vanno accolti. Ciò comporta che la pretesa dell’appellata ad ottenere il pagamento della maggior somma di Euro 221.123,00 va rigettata in quanto diretta a vedersi riconoscere la remunerazione di prestazioni extra budget non compatibili con i limiti di spesa assegnati.
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8. Nel costituirsi nei due giudizi n. 9949/2020 e n. 815/2021 il Policlinico ha riproposto i motivi dedotti in primo grado con l’atto introduttivo del giudizio e nella via dei motivi aggiunti e non esaminati dal Tar.
La parabola argomentativa che ha indotto il Collegio ad accogliere gli appelli principali porta alla reiezione dei motivi riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., con la conseguenza che, per ragioni di sinteticità ex art. 3 c.p.a., sarà sufficiente per il Collegio richiamare tali ragioni.
Afferma in primo luogo il Policlinico che la riduzione del 2% va effettuata su tutto l’erogato 2011 e non solo su quella a bassa complessità .
L’assunto non è suscettibile di positiva valutazione atteso che, come correttamente affermato dalla Regione nella memoria difensiva, diversante opinando si innalzerebbe la base di calcolo del tetto di spesa per la bassa specialità, che verrebbe ad essere maggiormente remunerata, finendosi in tal modo per avere un tetto per la bassa specialità addirittura più favorevole di quello relativo al 2011.
9. Per le motivazioni spese dal Collegio nell’esaminare (e accogliere) gli appelli principali, devono essere respinti anche il secondo e terzo motivo dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (ed il terzo atto di motivi aggiunto) riproposti dal Policlinico, essendo corretta l’imposizione di prestazioni di alta specialità anche per il 2019 e della bassa specialità per il 2018, per assicurare il primario obiettivo dell’invarianza finanziaria e fermo quanto già chiarito sulla retroattività delle previsioni regionali e della azienda sanitaria e sulla mancanza della possibilità di riconoscere un legittimo affidamento in capo alle strutture accreditate.
10. Non è suscettibile di positiva valutazione neanche il quarto motivo dell’atto introduttivo del giudizio (riproposto con il quarto motivo dell’atto di motivi aggiunti) atteso che il tetto di spesa assegnato alla Casa di cura comportava ex se che i costi delle prestazioni extraregione andassero ad incidere sulla spesa per l’alta specialità mentre nessuna novità sulla regola di calcolo del 2% dell’erogato nel 2011 che, per le ragioni chiarite sub 9, andava effettuato sulla sola bassa specialità . Data la premessa, ne consegue che non è configurabile alcuna modifica unilaterale dell’Accordo sottoscritto dalla Regione con le Organizzazione rappresentative, a livello regionale, delle case di cura private.
11. Parimenti privo di pregio, per i principi che sorreggono la materia dell’accreditamento e nei precedenti punti ampiamente ricordati, è il quinto motivo dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (e il sesto atto di motivi aggiunti). Sul punto appare sufficiente ricordare ancora una volta – rinviando alle argomentazioni già ampiamente illustrate – come sia impensabile ipotizzare, per ragioni di finanza pubblica,la mancanza di un tetto alle spese ascrivibili alla alta specialità .
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
Come ampiamente chiarito, la peculiarità del rapporto di accreditamento, a metà strada tra concessione di servizio pubblico e abilitazione tecnica idoneativa, nell’ambito di un servizio pubblico essenziale obbediente non già a ragioni di mercato, ma a criteri di servizio pubblico di erogazione di prestazioni assistenziali remunerate a tariffa a carico dell’erario, lo riporta infatti all’esercizio del potere autoritativo e conformativo dell’amministrazione, che assolve la funzione di mantenere in un quadro di certezza il volume e la tipologia dell’attività del soggetto accreditato (Corte cost. 28 luglio 1995 n. 416; Cons. St., sez. III, 28 febbraio 2018, n. 1256; 29 luglio 2011, n. 4529).
Il problema dei tetti di spesa si inquadra, infatti, nell’indirizzo politico sanitario che ha qualificato la sanità privata come succedanea alla sanità pubblica con facoltà del cittadino di adire direttamente la prima e di ottenere servizi dalle relative strutture private collegate (accreditate) con il settore pubblico da un rapporto di sussidiarietà . In tale sistema, l’obbligo di provvedere attraverso le strutture sanitarie alla assistenza e cura di tutti gli utenti del servizio sanitario, va coniugato con le esigenze di natura finanziaria (limiti degli stanziamenti di bilancio), con la conseguenza che tanto la sanità pubblica che quella privata hanno un budget di spesa variabile che la A.S.L. non può sforare, al fine di salvaguardare gli interessi e il buon andamento della Pubblica amministrazione. I tetti di spesa coprono idealmente la costruzione e l’impianto della sanità che, in conseguenza, può funzionare ed essere un servizio per tutti. Non vige pertanto un principio di esatta alternanza tra sanità pubblica e/o privata a mera discrezione dell’utente ma, per converso, esiste la possibilità da parte dell’utente di rivolgersi sempre all’una o all’altra, eventualmente integrando il costo della prestazione, che non consente, in assenza di specifica indicazione normativa o programmatoria in tal senso, di epurare dagli aspetti contenutistici soggettivi della scelta l’analisi del dato relativo agli spostamenti territoriali (Cons. St., sez. II, 14 giugno 2021, n. 4625). Di qui l’incidenza, sul costo complessivo riconosciuto, anche delle spese fuori Regione.
12. E’, infine, infondata la prima censura dell’atto di motivi aggiunti, non essendo ravvisabile, per tutti i motivi esplicitatati, un difetto di motivazione nell’agire provvedimentale dell’Amministrazione.
13. L’appello incidentale depositato in entrambi gli appelli principale – riproponendo i motivi dedotti ex art. 101, comma 2, c.p.a., è infondato per le ragioni esplicitate nei punti precedenti, ai quali si rinvia alla luce del principio di sinteticità, ai quali doverosamente devono attenersi il Collegio giudicante e le parti.
14. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
15. Per tutte le ragioni sopra esposto, gli appelli principali proposti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dalla Azienda Sanitaria 2 Friuli Occidentale devono essere accolti. Devono invece essere respinti i motivi riproposti, in entrambi gli appelli, dal Policlinico ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. nonché l’appello incidentale, parimenti depositato in entrambi gli appelli.
La particolarità della vicenda contenziosa – che, seppure sottende principi granitici nella giurisprudenza del giudice amministrativo, ha coinvolto profili di indubbia complessità – giustifica la compensazione tra le parti delle due cause delle spese e degli onorari di entrambi i giudizi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sugli appelli nn. 9949/2020 e 815/2021, proposti il primo dalla Azienda Sanitaria Friuli Occidentale ed il secondo dalla Regione Friuli Venezia Giulia: a) li riunisce; b) accoglie nei sensi di cui in motivazione gli appelli principali proposti dalla Azienda Sanitaria Friuli Occidentale e dalla Regione Friuli Venezia Giulia; c) respinge i motivi riproposti, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., dalla Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a.; d) respinge l’appello incidentale, proposto in seno agli appelli principali nn. 9949/2020 e 815/2021, dalla Casa di cura privata Po. Sa. Gi. s.p.a..
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari di entrambi i giudizi nn. 9949/2020 e 815/2021.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Servizio sanitario nazionale e prestazioni sanitarie
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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