Servizio sanitario nazionale e accreditamento

Consiglio di Stato, Sentenza|6 luglio 2021| n. 5142.

Servizio sanitario nazionale e accreditamento.

Il sistema dell’accreditamento sanitario non si sottrae al preminente esercizio del potere autoritativo e conformativo della Pa, che si qualifica di natura concessoria ed assolve la funzione di ricondurre in un quadro di certezza il volume e la tipologia dell’attività del soggetto accreditato, il cui concorso con le strutture pubbliche nelle prestazioni di assistenza non avviene in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità, ma – nella misura in cui comporta una ricaduta sulle risorse pubbliche – soggiace alla potestà di verifica sia tecnica che finanziaria della Regione ed a criteri di sostenibilità, nei limiti di spesa annuali (articolo 8 quater, II, Dlgs n. 502/1992). La prestazione extra budget può e deve essere rifiutata giacché le strutture private accreditate non hanno l’obbligo di erogare prestazioni sanitarie, ancorché indifferibili ed urgenti: il fatto che esse contribuiscano alla realizzazione dell’interesse pubblico alla salute dei cittadini non oltrepassa il dato oggettivo dell’essere sottoposte al potere di direzione e controllo della Pa e dell’essere remunerate con risorse pubbliche.

Sentenza|6 luglio 2021| n. 5142. Servizio sanitario nazionale e accreditamento

Data udienza 17 giugno 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Servizio sanitario nazionale – Sanità privata – Accreditamento – Esercizio del potere autoritativo e conformativo – E’ possibile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9721 del 2020, 9721 del 2020, proposto dalla Ca. di Cu. Vi. de. So. – Hy. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. Di Pa. e Ka. Pa., con domicilio digitale come da Pec risultante da registri di Giustizia;
contro
l’Azienda sanitaria locale di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Va. Ca. e Em. To., con domicilio digitale come da Pec risultante da registri di Giustizia;
nei confronti
della Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Salerno, sez. II, 24 febbraio 2020, n. 268, concernente l’annullamento della nota del Commissario straordinario della Asl di Salerno, n. 246 del 22 aprile 2009, con la quale l’azienda sanitaria procedeva alla decurtazione di Euro 151.684,18, per esubero dei DRG (diagnosis-related group, ossia raggruppamenti omogenei di diagnosi) “ad alto rischio di inappropriatezza”, trattati in regime di ricovero ordinario in rapporto alle quote percentuali previste per i ricoveri in regime di day hospital.
Visto il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Asl di Salerno;
Vista la memoria depositata dalla Ca. di Cu. Vi. de. So. – Hy. s.p.a. in data 14 maggio 2021, di tenore pressocchè identico all’atto di appello;
Vista la memoria depositata dalla Asl di Salerno in data 10 giugno 2021;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore dell’udienza del giorno 17 giugno 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Consigliere Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale:

Servizio sanitario nazionale e accreditamento

FATTO

1. La Ca. di Cu. Vi. de. So. – Hy. s.p.a. è una struttura privata autorizzata, accreditata e contrattualizzata di cui si avvale il Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, ai sensi del d.lgs. n. 502 del 1992 per garantire i livelli essenziali di assistenza.
Ha impugnato (ricorso n. 1125 del 2009) innanzi al Tar Campania, sede staccata di Salerno, la nota del Commissario straordinario della Asl di Salerno prot. n. 246 del 22 aprile 2009, con la quale l’azienda sanitaria aveva proceduto alla decurtazione di Euro 151.684,18, per esubero dei DRG (diagnosis-related group, ossia raggruppamenti omogenei di diagnosi) “ad alto rischio di inappropriatezza”, trattati in regime di ricovero ordinario in rapporto alle quote percentuali previste per i ricoveri in day hospital (ossia riferiti alle prestazioni medico-diagnostiche e intesi quale modalità organizzativa di assistenza ospedaliera, nella quale il paziente rimane nella struttura solo il tempo necessario per accertamenti, esami o terapie e poi ritorna al proprio domicilio senza occupare un posto letto).
L’illegittimità del provvedimento sarebbe da ricondurre alla circostanza che la Asl non aveva adeguatamente motivato sull’inappropriatezza dei ricoveri in esubero limitandosi, di fatto, ad un mero riscontro aritmetico dell’eccedenza dei DRG rispetto ai limiti quantitativi fissati dalla Regione.
Il provvedimento, inoltre, era stato adottato oltre il termine perentorio di 120 giorni imposto dalla legge.
2. Con sentenza 24 febbraio 2020, n. 268, la sezione II del Tar Salerno ha respinto il ricorso.
3. La sentenza del Tar Salerno è stata impugnata con appello notificato in data 20 novembre 2020 e depositato il 14 dicembre.
4. Si è costituita in giudizio la Asl di Salerno, che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per la mancata notifica ad almeno un centro accreditato controinteressato, mentre nel merito ne ha sostenuto l’infondatezza.
5. La Regione Campania non si è costituita in giudizio.
6. All’udienza del 17 giugno 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’articolo 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

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DIRITTO

1. La vicenda contenziosa si incentra sul provvedimento del Commissario Straordinario della Asl di Salerno del 22 aprile 2009, con il quale, in applicazione delle delibere di Giunta regionale della Campania nn. 4847 del 2001 e 546 del 2007, era stata disposta, nei confronti della Ca. di Cu. Vi. de. So. – Hy. s.p.a., la decurtazione di Euro 151.684,18 per inappropriatezza nell’erogazione di alcune prestazioni sanitarie prestate nell’anno 2008, rispetto ai limiti di spesa contrattualmente previsti. In particolare, l’addebito mosso è legato allo sforamento delle percentuali di ricovero ordinario per le patologie suscettibili di trattamento in regime di Day Surgery e Day Hospital.
L’appello è infondato, e questo consente al Collegio di prescindere dall’esame della eccezione di inammissibilità, sollevata dalla Asl di Salerno per la mancata notifica ad almeno un centro accreditato controinteressato.
Al fine del decidere giova inquadrare la vicenda contenziosa richiamando i principi, costanti nella giurisprudenza della Sezione (3 febbraio 2016, n. 436), secondo cui il sistema dell’accreditamento non si sottrae al preminente esercizio del potere autoritativo e conformativo dell’Amministrazione, che si qualifica di natura concessoria ed assolve la funzione di ricondurre in un quadro di certezza il volume e la tipologia dell’attività del soggetto accreditato, il cui concorso con le strutture pubbliche nelle prestazioni di assistenza non avviene in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità, ma – nella misura in cui comporta una ricaduta sulle risorse pubbliche – soggiace alla potestà di verifica sia tecnica che finanziaria della Regione ed a criteri di sostenibilità, nei limiti di spesa annuali (Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2015, n. 2143).
In tale sistema, in base alla vigente normativa, i rapporti tra il Servizio sanitario nazionale e le strutture private accreditate sono regolati da una fase, programmatica ed unilaterale, affidata alla Regione, e da una fase contrattuale con le singole strutture, affidata alla Regione ed alle Asl, in assenza della quale le Aziende e gli Enti del Servizio sanitario nazionale non sono tenuti a corrispondere la remunerazione per le prestazioni erogate (art. 8 quater, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502).

 

Servizio sanitario nazionale e accreditamento

 

In particolare, l’accreditamento a strutture sanitarie private costituisce la cornice entro la quale è possibile riconoscere alla struttura stessa la remunerazione per le prestazioni rese, con la conseguenza che la verifica di appropriatezza, effettuata per liquidare l’attività espletata, non può che attenersi ai margini predefiniti entro i quali l’operatore privato è abilitato a svolgere la sua funzione e a porne i relativi oneri a carico del Servizio sanitario nazionale.
Corollario obbligato di tale premessa è che il rispetto di quanto stabilito, prima nel piano regionale e poi nelle singole convenzioni, assume carattere vincolante e il superamento dei limiti nelle stesse convenzioni indicato non è consentito alle Case di cura per non compromettere l’interesse pubblico al controllo della spesa sanitaria e alla corretta destinazione delle risorse disponibili (Cons. Stato, sez. III, 24 giugno 2019, n. 4312; 19 luglio 2011, n. 4359).
Ciò chiarito, e con precipuo riferimento alla vicenda contenziosa, il d.P.C.M. 29 novembre 2001, intitolato “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, aveva individuato come “inappropriati” i ricoveri effettuati in regime ordinario o in day hospital per casi che avrebbero potuto essere trattati in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minore impiego di risorse, contestualmente all’approvazione di un elenco allegato di 43 DRG “ad alto rischio di inappropriatezza”, affidando alle Regioni sia il compito di indicare un valore soglia di ammissibilità oltre il quale l’erogazione dei 43 DRG viene considerata inappropriata, sia quello di individuare eventualmente ulteriori DRG da sottoporre a soglia. Con delibera di Giunta n. 4847 del 25 ottobre 2002 la Regione Campania, recependo le proposte della apposita Commissione tecnica istituita con deliberazione n. 1082 del 2002, ha approvato le soglie di ammissibilità in ricovero ordinario relative ai DRG contenuti nell’allegato 2C del citato d.P.C.M. 29 novembre 2001, individuando ulteriori 14 DRG ad elevato rischio di inappropriatezza se erogati in regime ordinario.
Le enunciazioni di principio richiamate rivestono valenza generale, in quanto insite nella logica del sistema della remunerazione delle prestazioni rese in regime di accreditamento (Cons. Stato, sez. III, 19 luglio 2011, n. 4359).
2. Fatta questa premessa, e passando all’esame dei singoli motivi, è in primo luogo censurata la sentenza del Tar Salerno che ha ritenuto legittima la decurtazione operata dalla Asl di Salerno pur se si basa su un mero calcolo statistico, senza effettuare una verifica puntuale sulle prestazioni rese per accertare le effettive inappropriatezze.
Il motivo non é suscettibile di positiva valutazione.
Come chiarito nella sentenza del Tar Salerno, attraverso il metodo dell’inferenza statistica si ottengono conclusioni su un’intera popolazione in base ad un campione ed è possibile giungere in tempi rapidi al controllo dell’appropriatezza e liquidare alla struttura accreditata le spettanze riconosciute. E’, dunque, un metodo pensato anche a beneficio del privato erogatore del servizio, per evitare i tempi lunghi legati ad una verifica analitica sulle singole cartelle, ma rende necessaria la collaborazione della struttura stessa, che, coinvolta nel procedimento (come è accaduto nella specie con nota del 9 aprile 2009, n. 190), può dimostrare gli errori in cui è incorsa l’Azienda sanitaria.
Nella specie l’appellante censura la non correttezza dei dati che hanno portato a non riconoscere un importo di Euro 151.684,18 di prestazioni erogate nel 2008, ma non ha offerto alcuna prova in tal senso né in sede amministrativa, pur essendo stata invitata a partecipare al procedimento, né in sede giudiziaria, anche se aveva a disposizione le cartelle cliniche dei pazienti, attraverso le quali avrebbe potuto dimostrare l’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri in regime ordinario erogati oltre la soglia di ammissibilità prevista dal d.P.C.M. 29 novembre 2001 e dalle delibere di Giunta della Regione Campania del 2001 n. 6490 e del 2002 n. 4847, in rapporto alle quote percentuali previste per i ricoveri in regime di day hospital. L’appellante non ha dunque chiesto chiarimenti sulle ragioni delle riscontrate inappropriatezze né trasmesso precisazioni che potessero modificare le decisioni negative già prese, a comprova della mancanza di qualsivoglia utile apporto partecipativo.
Una siffatta impostazione della difesa delle proprie ragioni finisce per tradursi in una forma di “abuso del diritto”, perché si denuncia in giudizio un difetto istruttorio che, ove pure esistente (ma nella fattispecie non lo è ), avrebbe potuto essere colmato con la partecipazione al procedimento, che avrebbe consentito alla Casa di cura di chiedere spiegazioni ed argomentare sugli eventuali errori in cui l’Amministrazione sarebbe incorsa.
Aggiungasi che l’appellante non era nuova a siffatte verifiche, avendo già ricevuto, per il 2007, giudizi di inappropriatezza ed era dunque ben a conoscenza del modus operandi dell’Azienda sanitaria e dei limiti delle prestazioni da rendere, limiti che, con la stipula del contratto di accreditamento, ha di fatto accettato. Giova aggiungere, come più volte chiarito dalla Sezione (23 agosto 2018, n. 5039), che nella materia sanitaria, nella quale si deve raggiungere il difficile equilibrio tra l’erogazione delle prestazioni sanitarie alla popolazione richiedente e i limiti della finanza regionale, agli operatori privati che vogliono lavorare con la Regione si pone unicamente l’alternativa se accettare le condizioni derivanti da esigenze programmatorie e finanziarie pubbliche (e dunque il budget assegnato alla propria struttura e i limiti dettati per considerare “appropriate” le prestazioni) onde permanere nel campo della sanità pubblica ovvero collocarsi esclusivamente nel mercato della sanità privata.
In conclusione, nella specie logica e correttezza avrebbero voluto, per evitare che la contestazione sollevata assumesse carattere solo formale ma non anche sostanziale, che la Casa di cura dimostrasse gli errori in cui era incorsa l’Amministrazione, avendone la piena possibilità .
3. La mancata partecipazione al procedimento con l’inoltro delle prove che la società avrebbe potuto esibire per comprovare la non correttezza delle conclusioni alle quali era pervenuta l’Azienda sanitaria porta all’infondatezza anche del secondo motivo, atteso che l’errore in cui è incorso il Tar Salerno, nel richiamare fatti riferibili ad altra società (“T.”), è ininfluente, potendo le stesse argomentazioni erroneamente spese per la struttura “T.” riferirsi anche alla Ca. di cu. Vi. de. So..
4. Non è suscettibile di positiva valutazione neanche il terzo motivo, essendo assorbente il rilievo che l’appellante era già stata destinataria di verifiche sulla appropriatezza delle prestazioni e ben conosceva (o, comunque, avrebbe dovuto conoscere) i criteri seguiti dall’azienda sanitaria in sede di controlli sulla appropriatezza. Tale conclusione rende irrilevante che la inappropriatezza non sia stata accertata con cadenze mensili, per evitare che si radicasse nella società la certezza della legittimità del proprio operato, ed esonera altresì il Collegio dal verificare l’applicabilità del principio del legittimo affidamento nella materia degli accreditamenti e della remunerazione delle prestazioni sanitarie rese da una struttura privata.
5. Condivisibile è, poi, la conclusione del giudice di primo grado secondo cui non è proponibile un meccanismo di compensazione tra DRG che hanno conseguito risultati superiori alle soglie prefissate con quelli per i quali tali soglie non sono state rispettate, non avendo tale pretesa attorea alcuna copertura normativa o amministrativa.
6. Non è suscettibile di positiva valutazione l’affermazione secondo cui la Asl di Salerno avrebbe operato un taglio completo e non una decurtazione proporzionata, non essendo il riferimento contenuto nella nota n. 386 del 13 luglio 2009 da leggere nel senso prospettato dall’appellante.
Aggiungasi che nella memoria depositata, in data 10 giugno 2021, dall’Azienda sanitaria si afferma, richiamando la citata nota n. 386, di aver solo abbattuto le remunerazioni dei ricoveri ordinari sopra soglia, senza che l’appellante, nella memoria (identica all’atto di appello) abbia detto alcunchè per smentire tale assunto. In ogni caso – ed il rilievo è assorbente – avendo la Asl di fatto riconosciuto che le remunerazioni non dovevano essere integralmente decurtate ma solo abbattute, ove la liquidazione, alla Casa di cura, delle prestazioni non avesse tenuto conto di tale criterio, la società ben potrà intimare l’Amministrazione a pagare la differenza.
7. Infine, privo di pregio è il motivo relativo al mancato rispetto del termine di 120 giorni per operare la verifica, non avendo tale termine, come correttamente affermato dal giudice di primo grado, natura perentoria, con la conseguenza che l’amministrazione non perde il potere di effettuare i controlli anche dopo il centoventesimo giorno, purchè in un arco temporale tale da non ingenerare un affidamento che, come si è detto sub 4, nella specie non può dirsi maturato.
8. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
8. La complessità della vicenda conteziosa giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio nei confronti della Asl di Salerno; nulla per le spese nei confronti della regione Campania, non costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese e degli onorari del giudizio nei confronti della Asl di Salerno; nulla per le spese nei confronti della Regione Campania, non costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere

 

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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