Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 12 ottobre 2018, n. 46466.
La massima estrapolata:
In tema di sequestro preventivo di beni confiscabili a norma del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 sexies, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356, dalla accertata sproporzione tra guadagni (desumibili dal reddito dichiarato ai fini delle imposte) e patrimonio scatta una presunzione (iuris tantum) di illecita accumulazione patrimoniale che puo’ essere superata dall’interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacita’ reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato
Sentenza 12 ottobre 2018, n. 46466
Data udienza 11 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. TORNESI Daniela Rit – rel. Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS);
(OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 21/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa TORNESI DANIELA RITA;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. LIGNOLA FERDINANDO che conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento emesso in data 20 novembre 2017 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli disponeva, ai sensi dell’articolo 321 cod. proc. pen. e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies, il sequestro preventivo dell’azienda facente capo alla ditta ” (OMISSIS)” nella disponibilita’ di (OMISSIS), indagato del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74commesso in (OMISSIS) ed in territorio estero ((OMISSIS)) nel corso degli anni (OMISSIS), con condotta perdurante almeno sino al mese di (OMISSIS).
Il giudice di merito, dopo aver evidenziato la sussistenza, a suo carico, di gravi indizi di colpevolezza in ordine a tale delitto, sottolineava che la predetta ditta, avente ad oggetto la vendita di prodotti di panetteria, era stata acquistata dal (OMISSIS) il 10 novembre 2011 e denominata (OMISSIS) (con un solo punto vendita in (OMISSIS)) per il corrispettivo di Euro 60.000,00 (di cui Euro 48.000 per attrezzature, mobili arredi e impianti generici ed Euro 12.000 per avviamento commerciale) e, poi, venduta alla madre nel 2017 al prezzo di Euro 7.000 (con due punti vendita, in (OMISSIS)). L’articolo 4 del contratto di vendita stabiliva, tra l’altro, che i debiti pregressi e le perdite rimanevano a carico del cedente.
Quanto alla ricostruzione della sua situazione economica, veniva accertato che il (OMISSIS) aveva dichiarato, nel periodo 2010 – 2015, redditi con punta massima, nel 2010, pari ad Euro 18.737,00 e, punta minima, nel 2015 pari a Euro 1.091,00. Nel 2016 non aveva presentato la dichiarazione dei redditi. Anche i genitori con i quali conviveva non avevano dichiarato redditi di particolare rilievo e continuativo. A fronte di tali dati contabili risultava: l’acquisto di un immobile in (OMISSIS) nell’anno 2015 per Euro 17.000, rivenduto nello stesso anno; l’acquisto e la rivendita negli anni, di una serie di autovetture e di ciclomotori (ben 25); la stipulazione di un contratto di mutuo in data 27 aprile 2015 con la (OMISSIS) pari a Euro 87.500,00; l’effettuazione, da parte della (OMISSIS), di numerosi trasferimenti di capitale su conto corrente in (OMISSIS).
Il Giudice perveniva al convincimento che il reddito complessivo familiare non consentiva di giustificare tali movimentazioni finanziarie e che vi erano fondati motivi per ritenere che il (OMISSIS) si fosse affrettato ad intestare fittiziamente alla madre la predetta attivita’ commerciale, una volta venuto a conoscenza della pendenza di un procedimento penale nei suoi confronti, mentre in realta’ continuava ad esercitarla personalmente, per come era dato evincere dalla intercettazione ambientale n. (OMISSIS) del 18 luglio 2016.
2. Nel confermare il sequestro, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza emessa in data 21 dicembre 2017, ha ritenuto la sussistenza del fumus commissi delicti in relazione al reato contestato al (OMISSIS) rientrante nella previsione di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies nonche’ della sproporzione tra il valore dei beni e i redditi all’indagato costituente, a sua volta, presupposto di applicazione del sequestro ai sensi della citata disposizione.
3. (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, propongono ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza.
Deducono il vizio di violazione di legge e il vizio motivazionale in quanto, secondo la prospettazione accusatoria, la affiliazione del (OMISSIS) al sodalizio criminale sarebbe avvenuta nei mesi di luglio e agosto 2016 mentre l’acquisto dell’azienda risale all’anno 2011. Sostengono che la consulenza contabile acquisita agli atti chiarisce che sia l’originario acquisto del ramo di azienda nell’anno 2011 e il successivo ampliamento, nel 2014, con l’apertura del punto vendita in (OMISSIS), sono stati realizzati con l’utilizzo di provviste economiche di lecita provenienza. Lamentano che e’ stato immotivatamente posto in dubbio che il finanziamento ottenuto dalla Regione Campania, di Euro 25.000,00, consistente in un mutuo chirografario da restituire in anni cinque, sia stato utilizzato proprio per il predetto ampliamento commerciale.
Evidenziano che la cessione della ditta alla (OMISSIS), in data 30 settembre 2017, al prezzo convenuto e’ pienamente giustificata dalla enorme esposizione debitoria in cui versava all’epoca la ditta (Euro 55.000) ed e’ stata determinata dalla necessita’ di evitare l’aggressione dei beni aziendali da parte dei creditori e per consentire al (OMISSIS) di accedere alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, facendosi assumere presso la predetta ditta come dipendente del panificio.
3.1. Concludono chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
2. Si premette che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, Sentenza n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656): evenienza che, all’evidenza, non sussiste nel caso di specie, atteso che la motivazione del provvedimento impugnato non e’ in alcun modo qualificabile come meramente apparente.
Deve, pertanto, essere escluso che, a fronte della approfondita valutazione degli elementi reddituali di un nucleo familiare colpito da un provvedimento cautelare reale di sequestro preventivo funzionale alla confisca Decreto Legge n. 306 del 1992, ex articolo 12 sexies da parte del Tribunale del Riesame, in sede di ricorso per cassazione possano essere riproposti, sotto il profilo dell’omessa o mancante motivazione, questioni riguardanti l’accertamento della sproporzione ove il giudice del riesame abbia comunque compiuto una valutazione priva dei requisiti di arbitrarieta’ o incompletezza.
Quanto agli ulteriori presupposti, la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. Un. n. 920 del 17/12/2003, Rv. 22649), chiamata ad individuare le condizioni in base alle quali possa essere disposto, ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., comma 2, il sequestro preventivo dei beni confiscabili a norma del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 sexies, ha chiarito che, sotto il profilo del fumus, il giudice deve verificare se nel fatto attribuito all’indagato, in relazione alle concrete circostanze indicate dal Pubblico Ministero, sia astrattamente configurabile una delle ipotesi criminose previste dalla norma citata; sotto il profilo del periculum, coincidendo questo con la confiscabilita’ del bene, il giudice della cautela, al pari di quello del merito, non puo’ esimersi dal vagliare gli stessi aspetti che legittimano la definitiva confisca sia per quanto riguarda la sproporzione dei valori che per quanto attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza. Con l’avvertenza che, in sede cautelare, verra’ apprezzata la presenza di gravi indizi della sussistenza di queste condizioni posto che la prova piena e’ riservata al merito.
Inoltre, va rammentato che, in tema di sequestro preventivo di beni confiscabili a norma del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 sexies, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356, dalla accertata sproporzione tra guadagni (desumibili dal reddito dichiarato ai fini delle imposte) e patrimonio scatta una presunzione (iuris tantum) di illecita accumulazione patrimoniale che puo’ essere superata dall’interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacita’ reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato (Sez. 2, n. 29554 del 17/06/2015, Rv. 264147).
2.1. Orbene, nel caso in esame non ricorrono i vizi dedotti nel ricorso poiche’ il Tribunale del Riesame ha spiegato, con argomenti logici e persuasivi, i motivi per i quali vi e’ ragione di ritenere che il sequestro sia stato operato in presenza dei presupposti necessari e sufficienti per disporre la misura costituiti esclusivamente, oltre che dalla sussistenza di gravi indizi in ordine alla commissione di uno dei reati indicati dal citato articolo 12 sexies, dall’accertamento della esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato o i proventi della sua attivita’ economica e il valore economico di detti beni e dalla assenza di una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. Correttamente e’ stata effettuata una valutazione di sperequazione estesa anche ad anni antecedenti alla data di consumazione dei fatti ed e’ stato ritenuto irrilevante il requisito della funzionalita’ dei beni rispetto all’attivita’ illecita oggetto di contestazione.
Tale conclusione e’ conforme ai principi di diritto secondo cui la condanna per uno dei reati indicati nel Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 sexies, commi 1 e 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 comporta la confisca dei beni nella disponibilita’ del condannato allorche’, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito o i proventi dichiarati e il valore economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi.
Ed invero il legislatore, nell’individuare i reati dalla cui condanna discende la confiscabilita’ dei beni, non ha presupposto la derivazione di tali beni dall’episodio criminoso per cui la condanna e’ intervenuta ma ha correlato la confisca proprio alla sola condanna del soggetto che di tali beni dispone senza che siano necessari ulteriori accertamenti in ordine all’attitudine criminale. In altri termini, il giudice non deve ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili e il reato per cui ha pronunciato condanna e nemmeno tra quegli stessi beni e l’attivita’ criminosa del condannato. Vanno, dunque, confiscati i beni che non derivano necessariamente dal reato oggetto di accertamento ma che possono ritenersi ragionevolmente ricollegati all’azione e al livello di pericolosita’, anche patrimoniale, espresso dal soggetto condannato.
Ed ancora, nell’ordinanza impugnata sono diffusamente spiegate, con motivazione puntualmente correlata all’esame delle specifiche circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimita’, le ragioni per le quali le produzioni documentali prodotte dalla difesa non sono idonee a vincere la presunzione di illecita accumulazione frutto della accertata sproporzione.
Tale valutazione, compiutamente svolta, e’ priva di qualsiasi profilo di violazione di legge deducibile con il presente ricorso.
4. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.