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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 giugno 2015, n. 13225. La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto; sicchè grava sul soggetto danneggiato – come testualmente stabilito dall’art. 8 dpr cit. (trasfuso nell’art. 120 del cd. “codice del consumo”) – la prova del collegamento causale non già tra `prodotto’ e danno, bensì tra `difetto’ e danno; solo a seguito del raggiungimento di tale prova (avente pertanto ad oggetto la relazione ‘difetto-danno’ quale prerequisito normativo costituente al contempo limite e fondamento della responsabilità del produttore), viene a gravare sul produttore la dimostrazione (art.6 dpr cit.) della causa liberatoria insita nel fatto che i difetto riscontrato non esisteva quando egli ha posto il prodotto in circolazione, ovvero che all’epoca non era riconoscibile come tale a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche in materia; il danno riportato non prova di per sé, ex artt.5 dpr cit., né direttamente né indirettamente, il difetto né “la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto di per sé insufficiente per istituire la responsabilità del produttore, se non sia anche in concreto accertato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi in materia

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 26 giugno 2015, n. 13225 Svolgimento del giudizio Nell’aprile `95 V.S. – con i suoi familiari C.Z., L., T. e P. S. – conveniva in giudizio la Finterm spa, chiedendone la condanna, ai sensi del dpr n. 224 del 24 maggio 1988, al risarcimento dei danni da lui...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 giugno 2015, n. 13218. Ai fini del diritto al risarcimento del danno iure haereditatis, il convivente more uxorio del defunto a cui sia stata negata la qualità di erede universale si trova in posizione di conflitto di interessi rispetto agli eredi legittimi. Pertanto, è inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore

  Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  26 giugno 2015, n. 13218 Svolgimento del processo M.D., M.D.P. e G. P. – il primo nella qualità di convivente more uxorio e gli altri nella qualità di fratelli di E. P. – convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Monza, Sezione distaccata di Desio, la Clinica...

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Corte di Cassazione, sezione III, 30 giugno 2015, n.13312. La clausola compromissoria inserita nelle condizioni generali di un contratto di assicurazione che prevede un meccanismo di corresponsione dell’onorario degli arbitri (correlato al valore della causa, ma non in misura proporzionale) indipendente dall’esito della controversia, nel senso che ciascuna parte è tenuta al pagamento del compenso dell’arbitro da essa nominato e di metà di quello dovuto al terzo, a prescindere dalla circostanza che risulti vittoriosa o soccombente, è da considerarsi vessatoria, avuto riguardo alla causa e alle finalità del suddetto contratto, quando risulti limitativa del diritto dell’assicurato ad essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli del sinistro, esponendolo (soprattutto nelle controversie di modesto valore) all’esborso di rilevanti somme per gli onorali degli arbitri, non proporzionate a quelle riconosciutegli a titolo di risarcimento dei danni dedotti, e dissuadendo quindi dal ricorrere all’arbitrato, con conseguente favore per i comportamenti dilatori dell’assicuratore e pregiudizio per il diritto di difesa dell’assicurato

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 30 giugno 2015, n.13312 Motivi della decisione 4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la ‘violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c.’. La sentenza è errata laddove rileva che la società deduce la nullità della clausola che prevede un meccanismo...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 12 giugno 2015, n. 24870. L’art. 479 cod. pen. incrimina la falsità ideologica in atto pubblico descrivendo la fattispecie astratta e realizzando rinvio alle pene stabilite dall’art. 476, sicché non può dirsi indispensabile la contestazione espressa della aggravante di cui all’art. 476 co.2 cod. pen. lì dove la falsità ideologica riguardi un tipo di atto – indicato nella contestazione – che abbia la particolare attitudine probatoria richiesta da tale norma

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 12 giugno 2015, n. 24870 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GIORDANO Umberto – Presidente Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere Dott. BONITO Francesco Maria – Consigliere Dott. MAGI Raffaello – rel. Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 giugno 2015, n. 24772. La recidiva reiterata può essere riconosciuta dal giudice della cognizione anche se in precedenza l’interessato non è stato dichiarato recidivo semplice. Ai fini del computo del tempo di prescrizione del reato, il termine finale è, pertanto, correttamente aumentato di due terzi

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 11 giugno 2015, n. 24772 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente Dott. CAMMINO Matilde – Consigliere Dott. GALLO Domenico – Consigliere Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere Dott. RAGO...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 giugno 2015, n. 12871. L’art. 2226 cod. civ., che regola i diritti del committente per il caso di difformità e vizi dell’opera, non è applicabile al contratto di prestazione di opera professionale intellettuale; essa infatti ha per oggetto, pur quando si estrinsechi nell’istallazione di una protesi dentaria, la prestazione di un bene immateriale in relazione al quale non sono percepibili, come per i beni materiali, le difformità o i vizi eventualmente presenti, assumendo rilievo assorbente l’attività riservata al medico dentista di diagnosi della situazione del paziente, di scelta della terapia, di successiva applicazione della protesi e del controllo della stessa. Pertanto, non potendosi individuare un’entità materiale nell’opera del dentista, la protesi può considerarsi un’opera materiale ed autonoma solo in quanto oggetto della prestazione dell’odontotecnico.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 22 giugno 2015, n. 12871 Svolgimento del processo l. A.C. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Monza, Sezione distaccata di Desio, il dott. D.F., chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni conseguenti a sua negligenza professionale nell’esecuzione di una terapia odontoiatrica. Si costituì il dott. F.,...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 giugno 2015, n. 12923. In tema di responsabilità civile extracontrattuale, il nesso causale tra la condotta illecita ed il danno è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in base al quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta del quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione “ex ante” – del tutto inverosimili. Ne consegue che, ai fini della riconducibilità dell’evento dannoso ad un determinato fatto o comportamento, non è sufficiente che tra l’antecedente ed il dato consequenziale sussista un rapporto di sequenza temporale, essendo invece necessario che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza possibile, alla stregua di un calcolo di regolarità statistica, per cui l’evento appaia come una conseguenza non imprevedibile dell’antecedente

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 23 giugno 2015, n. 12923 Svolgimento del processo Il (omissis) è deceduto G.V. , a seguito di un incidente stradale provocato dall’automobile di T.M. , che ha tamponato il ciclomotore condotto dall’infortunato. La moglie del G. , L.D. , che era ricoverata in Ospedale per un tumore terminale...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 giugno 2015, n. 13116. La valutazione della genuina sussistenza del giustificato motivo oggettivo del licenziamento, determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva – disciplinato ex art. 3 l. n. 604/1966 – deve essere effettuata sulla base degli elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso, la cui motivazione deve trovare fondamento in circostanze realmente esistenti in quel momento e non svoltesi ormai da molto tempo.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 24 giugno 2015, n. 13116 Svolgimento del processo 1.— La sentenza attualmente impugnata, per quel che rileva in questa sede, respinge l’appello proposto da D.M. avverso la sentenza n. 15174/2007 del Tribunale di Roma, di rigetto del ricorso della lavoratrice, volto ad ottenere la dichiarazione di nullità del...