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La mancanza di concessione rilasciata dall’A.A.M.S. comporta l’impossibilità per l’operatore italiano o straniero di ottenere la licenza di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 T.U.L.P.S. ed ha, quale conseguenza, l’esercizio abusivo del gioco di scommesse, derivando da ciò che il soggetto, che riceve le scommesse e versa le vincite, pone in essere un’attività commerciale in forma organizzata soggetta ad imposizione fiscale. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 aprile 2016, n. 13706

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 6 aprile 2016, n. 13706 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GALLO Domenico – Presidente Dott. TADDEI Margheri – Consigliere Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere Dott. FILIPPINI S. – rel. Consigliere Dott. CARRELLI...

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In tema di danni determinati dall’esistenza di un cantiere stradale

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 22 aprile 2016, n. 17010 Ritenuto in fatto 1. Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Caltagirone, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.G. in ordine al reato ascrittogli con la formula “per non aver commesso il fatto”. 2. Il...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 21 aprile 2016, n. 16638. Sussiste assoluta autonomia e diversità ontologica tra le ipotesi sanzionatorie di cui all’art.222 C.d.S. di portata generale e riferibile alla commissione di un reato colposo di danno con violazione delle norme sulla circolazione stradale e la guida in stato di ebbrezza, aggravata dal fatto di avere provocato un incidente stradale con conseguente turbativa alla sicurezza della circolazione; entrambe tali ipotesi determinano l’applicazione della revoca della patente di guida in ragione del diverso, ma ugualmente penetrante profilo di danno alla persona, e di pericolo di pregiudizio alla circolazione che rispettivamente determinano, laddove il richiamo operato alI’art.222 C.d.S. dalla disposizione normativa dell’art.186 comma II bis, lungi da significare la necessità di una interpretazione congiunta delle due disposizioni, stà al contrario ad attestare la rispettiva autonomia e il differente ambito di applicazione delle due norme

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 21 aprile 2016, n. 16638 Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Verona con sentenza 22.9.2014 con motivazione contestuale aveva accolto la richiesta di F.G., cui aveva espresso il consenso il PM, di applicazione nei suoi confronti della pena di mesi quattro di arresto e di € 2.000...

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Deve considerarsi valida la notifica all’imputato eseguita mediante invio di messaggio di posta elettronica certificata al difensore, poiché il divieto di notificare a mezzo PEC all’imputato deve intendersi riferito alla persona fisica di quest’ultimo. Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 21 aprile 2016, n. 16622.

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 21 aprile 2016, n. 16622 Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Bologna, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente S.A. , con sentenza del 3 marzo 2015, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Forlì sez. dist. di Cesena emessa il 9.3.2012 appellata dall’imputato, escludeva il...

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In tema di elemento soggettivo del reato, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l’iter e l’esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell’agente; c) la durata e la ripetizione dell’azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; J) la probabilità di verificazione dell’evento; g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (cosiddetta prima formula di Frank). Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 21 aprile 2016, n. 16585.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 21 aprile 2016, n. 16585 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 21 maggio 2015 la Corte di assise di appello di Napoli confermava quella pronunciata il 17 luglio 2014, all’esito di giudizio abbreviato, dal GUP del tribunale della stessa sede a carico di M.L. , giudicato...

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In tema di violazioni edilizie costituenti reato, il committente deve identificarsi in colui che ha la materiale disponibilità del bene oggetto dell’intervento abusivo, anche senza esserne il proprietario o senza avere con lo stesso un rapporto giuridicamente qualificato; in altri termini, la paternità, esclusiva o in concorso con altri, dell’opera ben può essere attribuita anche a colui che, pur in assenza di titoli formali astrattamente legittimanti un potere decisionale, abbia, anche solo di fatto, la disponibilità del bene. Sicché, se con riguardo alla posizione di chi ricopra una veste già di per sé implicante la disponibilità formale del bene, la presunzione logica in tal modo derivante circa l’attribuibilità al medesimo dei lavori comporta, in capo all’accusa, un onere probatorio di minore portata perché in qualche modo coincidente con tale dato formale, con riguardo invece a chi tale qualifica formale non abbia, è necessario che sia fornita la prova degli elementi fattuali univocamente indicativi, in contrasto con l’apparente formale estraneità del soggetto, della disponibilità di fatto del bene coinvolto (nella fattispecie, dei fondo sul quale i manufatti sono stati edificati). Ed infatti, sia pure con riferimento alla situazione del coniuge mero comproprietario e non committente, si è affermato che la responsabilità per l’abuso edilizio può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria della compartecipazione, anche morale, alla realizzazione del manufatto, desumibili dalla presentazione della domanda di condono edilizio, dalla piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo, dall’interesse specifico ad edificare la nuova costruzione, dai rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, dalla presenza di quest’ultimo “in loco” e dallo svolgimento di attività di vigilanza nell’esecuzione dei lavori o dal regime patrimoniale dei coniugi. Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 aprile 2016, n. 16163.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 20 aprile 2016, n. 16163 Ritenuto in fatto 1. R.F.S. e C.A. hanno proposto distinti ricorsi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo di conferma della sentenza dei Tribunale di Agrigento di condanna per i reati di cui agli artt. 44 lett. b) dei d.P.R. n. 380...

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L’art. 275, comma 1-bis c.p.p. consente al giudice che emesso la sentenza di condanna di adottare una misura custodiale a carico dell’imputato anche a distanza di mesi dalla pronuncia di merito purché la motivazione dia conto dell’esistenza delle esigenze di cautela malgrado il tempo trascorso dalla commissione del fatto e a condizione che non affermi apoditticamente l’esistenza del pericolo di fuga in ragione della sola entità della pena inflitta. Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 6 aprile 2016, n. 13750.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 6 aprile 2016, n. 13750 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente Dott. CARCANO Domenico – Consigliere Dott. VILLONI Orlando – Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere Dott. SCALIA Laura...