Secondo il principio di autoresponsabilità della dichiarazione

Consiglio di Stato, Sentenza|25 gennaio 2021| n. 714.

Secondo il principio di autoresponsabilità della dichiarazione, vigente nel nostro ordinamento, ciascuno si assume le conseguenze degli eventuali errori commessi nell’effettuazione della stessa. Non può invocarsi nel caso di specie un obbligo dell’amministrazione di procedere al soccorso istruttorio, mancando qualsiasi elemento obiettivo e facilmente riconoscibile da cui l’amministrazione avrebbe potuto desumere un presunto errore dichiarativo.

Sentenza|25 gennaio 2021| n. 714

Data udienza 17 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Edilizia residenziale pubblica – Assegnazione – Graduatoria – Erronea attribuzione del punteggio – Lex specialis – Normativa regionale – Nucleo familiare – Residenza – Dimora abituale – Coabitazione – Stato di famiglia – Attestazione ISEE – Sfratto esecutivo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3072 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Ri., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), Commissione Provinciale Formazione Graduatorie Assegnazione Alloggi Erp Ambito Territoriale Prov. Campobasso, Iacp – Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Campobasso, non costituiti in giudizio;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato St. Sc., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cl. Pa. in Roma, via (…);
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, il Cons. Elena Quadri e uditi, pure da remoto, per le parti gli avvocati Ri. e Sc.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il sig. -OMISSIS- ha proposto appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise n. -OMISSIS-, che ha respinto il suo ricorso e i motivi aggiunti per l’annullamento della graduatoria per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica nel comune di (omissis), graduatoria nella quale era stato collocato al quarto posto con punti 3,5 a pari merito con altri tre partecipanti.
A sostegno dell’appello l’istante ha dedotto i seguenti motivi di gravame:
I) erronea attribuzione del punteggio inerente il reddito – violazione e falsa applicazione del bando – lettera a-1), della legge regionale n. 12/98 e ss.mm.ii., della legge regionale n. 17/2006 e della legge n. 457/78 – carenza di motivazione della sentenza – errata valutazione della documentazione – contraddittorietà ;
II) mancata attribuzione di un punto al sig. So. – violazione del bando di concorso – lettera b1.2), della legge regionale n. 12/98 e ss.mm.ii. e della legge n. 457/78 – incompleta ed erronea valutazione delle risultanze documentali;
III) erronea ed illegittima inclusione tra i soggetti partecipanti del sig. Bu. Io. Ad. – terzo classificato – violazione e falsa applicazione del bando – lettera j) e della legge regionale n. 12/98;
IV) illegittimità della procedura di sorteggio – violazione e falsa applicazione dei principi di trasparenza pubblicità e correttezza della pubblica amministrazione contraddittorietà ed insufficiente motivazione;
V) ipotetica compilazione delle domande ad opera del responsabile del servizio – violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90 – violazione dei principi di terziatà, trasparenza, correttezza ed imparzialità ;
VI) difetto di legittimazione del sindaco – carenza di motivazione della sentenza alla luce del complessivo comportamento tenuto dall’amministrazione.
Si è costituito per resistere all’appello il sig. -OMISSIS-.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza del 17 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erronea attribuzione del punteggio inerente il suo reddito.
Per l’appellante il primo aspetto da vagliare concernerebbe la corretta individuazione, alla luce della lex specialis e della normativa regionale, della nozione di “nucleo familiare”. A pagina 3 del bando della selezione, al punto 1, si stabilisce infatti che “per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dalla persona singola, dai coniugi e dai figli legittimi, naturali……. Fanno altresì parte del nucleo familiare, purchè conviventi gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al 3° grado e gli affini fino al 2° grado”. Analoga disposizione è contenuta nell’art. 24, comma 5, della legge regionale del Molise n. 17/2006, rubricato “Requisiti per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”, secondo cui “Ai fini della legge regionale 4 agosto 1998, n. 12 e successive modificazioni, per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dalla persona singola, dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi, dagli affiliati con loro conviventi e dai minori in affido. Fanno altresì parte del nucleo familiare, purché conviventi, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al 3° grado e gli affini fino al 2° grado”. Dal combinato disposto delle due norme e dal richiamo operato alla legge regionale n. 12 del 4 agosto 1998 (“Nuove norme per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni”) risulterebbe evidente che la nozione di nucleo familiare è ben determinata, atteso che lo stesso può essere composto anche dai fratelli, purchè conviventi (come nel caso di specie).
Secondo l’appellante, a differenza di quanto affermato nella sentenza appellata, l’esistenza di una coabitazione con un parente sarebbe stata attestata, in assenza di qualsivoglia smentita e/o eccezione ad opera delle controparti processuali, nella sua domanda di partecipazione, che costituisce una dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto notorio.
Inoltre, il concetto di convivenza non dovrebbe essere confuso con quello di residenza, tanto più in considerazione di quanto previsto dall’art. 43 del c.c. a mente del quale “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
Da ciò conseguirebbe il suo diritto ad un maggior punteggio.
Invero, non solo dovrebbe essergli riconosciuta una ulteriore detrazione di Euro 516.46 dal reddito complessivo, ma, dovrebbe essere aumentato anche il numero dei componenti che costituisce il divisore per l’individuazione del reddito pro capite di cui all’art. 21 legge n. 457/78, con il conseguente suo inserimento nel primo scaglione (“non superiore ad Euro 1.403,78”) e l’attribuzione di 1,5 punti anziché 1 (per essere stato illegittimamente inserito nel secondo scaglione “non superiore ad Euro 2.105,66”). Inoltre, stante l’esistenza di un convivente in rapporto di parentela gli spetterebbe un punteggio ulteriore, in quanto il suo nucleo familiare è composto da 6 elementi anziché da 5. Ne deriverebbe, ai sensi del punto a-6) delle condizioni soggettive del bando, la spettanza, per la composizione del nucleo familiare, di 3 punti e non di 2,5 punti, come riconosciuto in graduatoria.
Anche il solo riconoscimento di uno dei due profili sopra indicati sarebbe sufficiente a collocarlo al primo posto della graduatoria e conseguentemente a renderlo assegnatario dell’alloggio.
Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della mancata attribuzione di un punto in applicazione della previsione dal bando nella parte dedicata alle condizioni oggettive di cui alla lettera b-1.2), con disposizione mutuata dalla Tabella A allegata alla legge regionale n. 12/98 e diretta all’assegnazione di un punto nell’ipotesi di coabitazione con parenti. Il tutto con la precisazione che “la condizione del biennio non è richiesta quando la sistemazione precaria del precedente punto b-1) derivi (…) da provvedimento esecutivo di sfratto”. Egli sostiene che, in considerazione dello sfratto da lui subito, debitamente documentato con il ricorso introduttivo del giudizio, avrebbe avuto diritto all’assegnazione di quel punteggio proprio in virtù della dimostrata convivenza, da quel momento, con il nucleo familiare del fratello.
Le censure, da trattare congiuntamente, sono infondate.
Nella stessa domanda di partecipazione al bando l’appellante ha indicato solo 5 persone conviventi: oltre sé stesso, dichiarante, la moglie ed i tre figli, ma non il fratello: ciò del resto trova conferma dal certificato di stato di famiglia e dalla attestazione ISEE del dichiarante, versati in atti.
Tali elementi sono alla base delle conclusioni dell’amministrazione, secondo cui il nucleo familiare dell’appellante è composto da cinque persone, amministrazione che ha quindi correttamente attribuito al ricorrente punti 2,5 (0,5 x 5), senza considerare il fratello familiare convivente, in quanto non incluso tra i componenti del nucleo familiare.
Ciò, anche in considerazione del principio di autoresponsabilità della dichiarazione vigente nel nostro ordinamento, per il quale ciascuno si assume le conseguenze degli eventuali errori commessi nell’effettuazione della stessa (né può invocarsi nel caso di specie un obbligo dell’amministrazione di procedere al soccorso istruttorio, mancando qualsiasi elemento obiettivo e facilmente riconoscibile da cui l’amministrazione avrebbe potuto desumere un presunto errore dichiarativo).
D’altra parte se è vero che l’art. 2, comma 2, della legge regionale n. 12/1998 dispone che “per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al 3° grado, purché la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge” e che la lettera b-1.2) della Tabella “A” allegata al bando, prevede, quale criterio di attribuzione del punteggio, la “coabitazione nello stesso alloggio con altro o più nuclei familiari ciascuno composto da almeno due unità ; coabitazione con parenti punti 1; coabitazione con estranei punti 3”, con la precisazione che “la condizione del biennio non è richiesta quando la sistemazione precaria del precedente punto b-1) derivi da… provvedimento esecutivo di sfratto”, non può sottacersi che, avendo l’appellante indicato di essere in coabitazione con un parente dal 29 settembre 2017 (cfr. dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto notorio in data 17.01.2018, allegata alla domanda di partecipazione), non sussistevano le condizioni di grave disagio abitativo previste dalle suddette disposizioni, non essendo trascorsi i due anni di convivenza precedenti la data di pubblicazione del bando (16 gennaio 2018) necessari per poter considerare il parente convivente come componente del nucleo familiare e non essendo la coabitazione avvenuta con un diverso nucleo familiare composto da almeno 2 persone.
Riguardo, invece, alla condizione di sfratto esecutivo di cui lo stesso è stato destinatario, la stessa è stata allegata solo in sede giudiziale, e, di conseguenza, la commissione non poteva tenerne conto, non essendo stata la stessa introdotta nel corso del procedimento amministrativo.
Con il terzo motivo l’appellante lamenta la mancata esclusione dalla graduatoria del sig. -OMISSIS-, terzo classificato, titolare di un reddito familiare inidoneo a garantire l’eventuale mantenimento dell’alloggio e comunque in contrasto con la previsione disciplinare, situazione reddituale che non sarebbe stata oggetto, come pure necessario, di apposita valutazione e approfondimento: invero il predetto concorrente, a fronte di un nucleo familiare dichiarato di 4 componenti, era titolare di un reddito da lavoro dipendente pari ad Euro 320,00 annui, invece di quello minimo di euro 4.000.
Il motivo è infondato, atteso che il bando, all’art. 2, lettera j), dopo aver definito il requisito del reddito minimo vitale, prevede espressamente che “il limite minimo vitale di reddito di cui sopra non costituisce motivo di esclusione dalla partecipazione al bando di concorso, purché il richiedente dimostri i mezzi di sostentamento del proprio nucleo familiare. La Commissione competente alla formazione della graduatoria può assumere informazioni al riguardo presso gli Uffici Comunali di residenza e presso qualsiasi altro organismo ritenuto idoneo ai fini dell’accertamento”. Il suddetto limite minimo di reddito, pur dovendo essere oggetto di particolare attenzione da parte della Commissione, non costituiva, in ogni caso, motivo astratto di esclusione dalla partecipazione al bando di concorso.
Con la quarta censura l’appellante deduce l’illegittimità del sorteggio, che, per ragioni di trasparenza e pubblicità, avrebbe dovuto essere effettuato in seduta pubblica previo avviso pubblico.
Anche questa censura è infondata.
Invero, l’art. 10, comma 3, della legge della regione Molise n. 12/1998 si occupa della formazione della graduatoria definitiva dopo la pubblicazione di quella provvisoria e l’eventuale presentazione di opposizioni da parte degli interessati, prevedendo che “esaurito l’esame delle opposizioni, la Commissione forma la graduatoria definitiva entro i successivi 60 giorni, previa effettuazione dei sorteggi tra i concorrenti che abbiano conseguito lo stesso punteggio”.
La procedura di sorteggio è dunque espressamente e specificamente contemplata dalla legge regionale, che non prescrive alcuna particolare forma di pubblicità per il relativo svolgimento.
Con il quinto motivo l’appellante deduce, quale preteso motivo di illegittimità dei provvedimenti impugnati, la circostanza che le domande di partecipazione al bando per l’assegnazione degli alloggi in questione sarebbero state materialmente compilate, sia pur su richiesta e alla presenza dei concorrenti) da uno stesso funzionario comunale (per la obiettiva difficoltà dei concorrenti stessi di comprensione della modulistica e dei requisiti di partecipazione da dichiarare), il quale sarebbe stato poi lo stesso soggetto che avrebbe valutato le domande ai fini della compilazione della graduatoria, con macroscopica violazione del principio di imparzialità .
Il motivo è infondato, atteso che non solo non risulta provato in alcun modo che un funzionario del Comune si sia sostituito ai soggetti interessati nella predisposizione delle domande di partecipazione, per quanto in ogni caso la mera attività di supporto nella compilazione della domanda non costituisce elemento sintomatico della violazione dei principi di imparzialità e trasparenza, anche alla luce dei canoni di buona amministrazione e leale collaborazione procedimentale, tanto più che ancora una volta non vi è alcuna prova che quel funzionario (in realtà neanche individuato) abbia anche proceduto alla valutazione delle domande.
Con il sesto motivo l’appellante deduce l’incompetenza del Sindaco di (omissis) in ordine all’emanazione dell’atto di assegnazione dell’immobile, emesso ai sensi e per gli effetti dell’art. 50 TUEL.
La censura è infondata, in considerazione della sussistenza di una norma di legge che espressamente conferisce al Sindaco il potere di adottare i provvedimenti di assegnazione degli alloggi di ERP.
L’art. 14 della legge regionale n. 12/1998, richiamato nel provvedimento impugnato, prevede, infatti, al comma 1, che: “l’assegnazione degli alloggi degli aventi diritto in base all’ordine della graduatoria definitiva è effettuata dal Sindaco del Comune territorialmente competente”.
In conclusione l’appello va respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi, in considerazione della particolarità della materia, per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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