Se una delibera di aumento di capitale, ancorché annullabile, non è stata sospesa ed è stata eseguita

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 2 ottobre 2018, n. 23953.

La massima estrapolata:

Se una delibera di aumento di capitale, ancorché annullabile, non è stata sospesa ed è stata eseguita, il nuovo assetto delle partecipazioni è a sua volta legittimo come lo sono le successive deliberazioni, non potendo parlarsi di un effetto «a catena» sulla legittimità delle delibere in sequenza.

Ordinanza 2 ottobre 2018, n. 23953

Data udienza 19 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4177/2015 proposto da:
(OMISSIS) vedova (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1751/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 03/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1751/2014, pronunciata in giudizio promosso da (OMISSIS) e (OMISSIS) (il primo usufruttuario con diritto di voto, la seconda titolare di quote sociali), al fine di sentire dichiarare l’invalidita’ della deliberazione adottata dall’assemblea straordinaria della societa’ (OMISSIS) srl in data 4/11/2002, di aumento del capitale sociale, e’ stata confermata la decisione di primo grado che aveva respinto le domande attoree.
In particolare, la Corte distrettuale ha rilevato che l’annullamento, per vizi formali, della delibera pregressa di aumento del capitale sociale (da L. 900.000.000 a L. 1.600.000.000) del 12/8/1992 (in esito a giudizio definito con pronuncia di questa Corte n. 1034/2007), reiterata, peraltro, negli stessi termini con la successiva deliberazione societaria del 13/12/2007, non determinava la conseguenziale invalidita’ di quella successivamente adottata, avente ad oggetto ulteriore aumento di capitale (da Euro 832.000,00 ad Euro 1.333.000,00), ma solo profili di esecuzione, peraltro, nella specie, risolti, e che non vi era prova del fatto che la delibera impugnata fosse stata adottata, con abuso di potere e con l’obiettivo esclusivo di perseguire interessi personali dei soci di maggioranza.
Avverso la suddetta sentenza, (OMISSIS) ved. (OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS), propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della (OMISSIS) srl (che resiste con controricorso). Il P.G. ha depositato conclusioni scritte. La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione degli articoli 189 e 345 c.p.c., per non avere la Corte d’appello rilevato la tardivita’ ed inammissibilita’ della produzione, da parte della societa’ appellata, del verbale della successiva deliberazione dell’assemblea straordinaria del 31/12/2007 (con la quale era stato confermato l’aumento di capitale, deliberato con pregressa delibera del 2002, annullata all’esito di giudizio di cassazione), effettuata unitamente al deposito della memoria di replica ex articolo 190 c.p.c.; 2) con il secondo motivo, la violazione dell’articolo 2479 ter c.c., comma 3, nella parte in cui la Corte d’appello avrebbe omesso di fare applicazione dei principi in tema di nullita’ derivata di delibere assembleari; 3) con il terzo motivo, la violazione dell’articolo 2377 c.c., comma 8, richiamato dall’articolo 2479 ter c.c., comma 4 e articolo 2379 c.c., comma 4, avendo la Corte d’appello giustificato il rigetto del gravame con il fatto che a delibera dell’agosto 2002 sarebbe stata confermata da una delibera sostitutiva del 2007, al di fuori dei limiti fissati dall’articolo 2377 c.c..
2. La prima censura e’ inammissibile. Invero, la Corte d’appello non ha affermato di avere tratto il suo convincimento dal documento che sarebbe stato tardivamente prodotto, avendo adottato un ragionamento, di va’lenza risolutiva, che prescindeva dal fatto che, nel 2007, l’assemblea straordinaria dell’Ente avesse confermato l’aumento di capitale sociale pregresso.
4. Le successive censure, da esaminare congiuntamente in quanto connesse, sono infondate, fermo restando che il terzo motivo presenta anche profili di inammissibilita’, in quanto non risulta attinente alla ratio decidendi della sentenza impugnata.
Preliminarmente, quanto all’inammissibilita’, eccepita dalla controricorrente, per difetto di autosufficienza, deve osservarsi che nella stessa sentenza della Corte d’appello viene comunque affrontata la questione del nesso di interdipendenza tra una pluralita’ di delibere di aumento di capitale successivamente intervenute, avendo la Corte territoriale, nella parte narrativa, esposto che l’impugnazione della deliberazione del 2002 era anche fondata sulla nullita’ derivata, per essere stata adottata sul presupposto di altra precedente delibera, di aumento del capitale sociale, del 1992, “nulla”.
Ora, non sussiste la dedotta violazione dell’articolo 2379 ter c.c., non vertendosi in un’ipotesi di delibera di aumento di capitale nulla ex articolo 2379 c.c..
Deve, poi, osservarsi che il principio della nullita’ derivata, conseguente al collegamento tra le deliberazioni, quindi al contenuto delle stesse, e’ stato da questa Corte (Cass. 14932/2016), di recente, ritenuto comunque non idoneo a determinare la disapplicazione del regime di impugnabilita’ fissato normativamente dall’articolo 2379 ter c.c., dopo la riforma del 2003, essendo la previsione di limiti temporali di proponibilita’ dell’impugnazione delle delibere indicate, di cui all’articolo 2739 ter c.c., intesa “a portare “al massimo livello” l’esigenza di stabilita’ delle deliberazioni a protezione del mercato, per l’affidamento creatosi sulla consistenza del capitale e sulla circolazione delle azioni”, cosicche’ si e’ affermato il seguente principio di diritto: “L’azione intesa a far dichiarare la nullita’ della delibera di aumento del capitale, per la nullita’ della delibera di riduzione del capitale per perdite, nella specie dichiarata con statuizione coperta da giudicato interno, resta soggetta alla decadenza di cui all’articolo 2379 ter c.c., comma 1, non incidendo sul regime di proponibilita’ della domanda la natura derivata della nullita’”.
Inoltre, questa Corte, con sentenza n. 4946/2013, ha statuito che “l’annullabilita’ di una delibera di aumento del capitale sociale, laddove non ne sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 2378, terzo comma, cod. civ., non incide – ancorche’ ne possa derivare una modifica della composizione della maggioranza allorquando non sia stata seguita dall’integrale esercizio del diritto di opzione da parte dei vecchi soci – sulla validita’ delle successive deliberazioni adottate con la nuova maggioranza, poiche’ l’omessa adozione del provvedimento di sospensione rende legittimi gli atti esecutivi della prima deliberazione, resistendo, peraltro, tale legittimita’ anche al sopravvenire del suo annullamento, la cui efficacia, sebbene in linea di principio retroattiva, e’ pur sempre regolata dalla legge ed operante nei soli limiti da essa sanciti, tanto rivelandosi affatto coerente con le esigenze di certezza e stabilita’ sottese alla disciplina delle societa’ commerciali”. Questa Corte ha osservato che, seppure l’annullamento di un negozio ha in linea di principio effetto retroattivo, la retroattivita’ e’ pur sempre disciplinata dalla legge ed opera nei soli limiti da essa previsti, cosicche’, se una delibera di aumento del capitale sociale, ancorche’ annullabile, non e’ stata sospesa, e dunque e’ stata legittimante eseguita, il nuovo assetto delle partecipazioni risultante dalla sottoscrizione dell’aumento e’ a sua volta legittimo, e legittime sono, percio’, le successive deliberazioni assunte con la nuova maggioranza, non potendo parlarsi di un effetto “a catena” sulla legittimita’ delle delibere in sequenza, nel rispetto delle “esigenze di certezza e stabilita’ sottese alla disciplina delle societa’ commerciali (massimamente, peraltro, quanto ad aspetti, come l’aumento del capitale, rilevanti nei confronti dei terzi creditori), la gestione delle quali rischierebbe di essere paralizzata dal propagarsi degli effetti della illegittimita’ delle delibere assembleari oltre un certo segno, salva ovviamente la tutela risarcitoria dei diritti dei soci di minoranza”.
La decisione della Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi di diritto.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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