Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 15 novembre 2018, n. 51584.

La massima estrapolata:

In caso il gestore di un locale commetta un reato di disturbo alle persone suonando musica alta nelle ore notturne si può applicare alla fattispecie la scriminante della particolare tenuità del fatto, a patto che il comportamento sia stato unico e non venga ripetuto.

Sentenza 15 novembre 2018, n. 51584

Data udienza 18 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29/09/2017 del Tribunale di Sciacca;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DI NARDO Marilia, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio quanto all’applicabilita’ dell’articolo 131 bis cod. pen., l’inammissibilita’ nel resto;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Sciacca, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Sciacca condannava (OMISSIS) alla pena di 300 Euro di ammenda in relazione al reato di cui all’articolo 659 c.p., perche’, quale titolare del “(OMISSIS)”, abusando di strumenti sonori e, in particolare, delle casse acustiche installate presso il locale, diffondeva a notte inoltrata musica a volume assordante, tanto da poter essere udita anche notevolissima distanza, cosi’ disturbando il riposo delle persone. Fatto commesso il (OMISSIS). Il Tribunale, inoltre, mandava assolto l’imputato da identica imputazione contestata relativamente al 9 agosto 2013 perche’ il fatto non costituisce reato.
2. Avverso l’indicata sentenza l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone “appello”.
2.1. In primo luogo si censura la sentenza impugnata con argomentazioni “in punto di fatto” (p. 3-8), osservando che le violazioni amministrative elevate a carico del (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 68 t.u.l.p.s. sono state annullate dal giudice di pace di Ribera, e che i carabinieri, intervenuti presso il locale la sera del 9 agosto, non mossero alcuna contestazione a carico del ricorrente. Peraltro, si evidenzia che il fatto e’ stato commesso in occasione della “notte bianca”, nel corso della quale, come da ordinanze del Sindaco di (OMISSIS), si autorizzava l’utilizzo di effetti sonori fino alle ore 4.
2.2. In secondo luogo, con argomentazioni “in punto di diritto” (p. 8-12) si deduce l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato in esame, considerando che: a) l’asserito abuso di strumenti sonori sarebbe stato debitamente autorizzato e, in ogni caso, assumerebbe valore scriminate la consuetudine di festeggiare la “notte bianca” anche con musica ad alto volume; b) non sarebbe dimostrato l’evento di danno, non essendo provato il superamento della normale tollerabilita’ delle emissioni sonore che abbiano disturbato un numero indeterminato di persone. In ogni caso, secondo la prospettazione difensiva, l’eventuale superamento dei limiti di legge integrerebbe l’illecito amministrativo previsto dall’articolo 10, comma 2, l. n. 447 del 1995, applicabile in forza del principio di specialita’. Sotto un ultimo profilo, si lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilita’ ex articolo 131 bis c.p., esclusa dal Tribunale sulla base dell’erronea ritenuta sussistenza della “reiterazione della condotta”, che invece sarebbe circoscritta alla sola notte del 9 agosto, stante l’assoluzione dell’imputato per il fatto della sera precedente.
2.3. Infine, l’appellante passa in rassegna il “compendio probatorio”, articolando alcuni rilievi critici in relazione alla deposizione del m.llo (OMISSIS), che nel corso dell’esame dibattimentale avrebbe riferito una serie di inesattezze, e del teste Vinci, la cui deposizione non sarebbe attendibile, nonche’ dei testi della difesa, le cui dichiarazioni scagionerebbero l’imputato.
3. Con ordinanza resa il 19 aprile 2018, ritenuto che la sentenza appellata non rientra tra quelle per le quali e’ ammesso l’appello ai sensi dell’articolo 593 c.p.p., comma 3, la Corte di appello di Palermo disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte, a norma dell’articolo 568 c.p.p., comma 5.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In primo luogo va osservato che avverso l’impugnata sentenza, la quale ha inflitto la pena dell’ammenda, e’ esperibile solamente ricorso per cassazione, e tale deve qualificarsi, ai sensi dell’articolo 568 c.p.p., l’impugnazione proposta come appello, avendone i requisiti di forma e di sostanza.
Invero, l’istituto della conversione dell’impugnazione previsto dall’articolo 568 c.p.p., comma 5, ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini dell’impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Sez. 1, n. 2846 del 08/04/1999 – dep. 09/07/1999, Annibaldi R, Rv. 213835), cio’ che e’ ravvisabile nel caso di specie.
2. Cio’ premesso, il primo e il terzo motivo di ricorso, in cui si deducono questioni fattuali e che attengono alla valutazione dei risultati probatori, sono inammissibili perche’ fuoriescono dal perimetro assegnato al vaglio di legittimita’.
In ogni caso, si osserva che la sentenza impugnata ha logicamente motivato in ordine al giudizio di penale responsabilita’ dell’imputato, sulla base del fatto che l’intrattenimento musicale posto in essere nel locale dell’imputato nella notte tra il (OMISSIS), prolungatosi fino alle 2.25, era avvenuto in violazione dell’ordinanza sindacale n. 19 del 31 luglio 2013, la quale, per il periodo dal 15 luglio al 30 settembre di ogni anno, autorizzava l’attivita’ di intrattenimento musicale da parte dei titolari di esercizi pubblici ma “nel rispetto delle norme in materia di inquinamento acustico e dei limiti di emissione” fino alle ore 1, elevate sino alle ore 2 nel periodo dal 1 agosto sino al giorno della festivita’ del Santo Patrono, ossia il 10 agosto. Il Tribunale, inoltre, ha accertato, con giudizio fattuale logicamente motivato, che i rumori provocati dagli strumenti sonori utilizzati presso il locale gestito dall’imputato avevano prodotto un effettivo disturbo alla quiete pubblica.
3. Il secondo motivo e’ fondato in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti di cui all’articolo 131 bis c.p..
4. Le doglianze inerenti alla sussistenza del reato sono infondate.
Si osserva, preliminarmente, che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilita’ non deve essere necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, cio’ nondimeno accertare la diffusa capacita’ offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Orbene, nel caso in esame la prova del superamento della soglia della normale tollerabilita’ delle fonti sonore e’ stata desunta dal Tribunale da serie di deposizioni testimoniali, secondo cui la musica diffusa ad alto volume, nel cuore della notte in un orario notturno non (piu’) autorizzato, dal locale dell’imputato era percepibile a notevole distanza e aveva disturbato il riposo di un numero indeterminato di persone che abitavano nei paraggi. Si tratta di una valutazione fattuale, che, essendo logica e giuridicamente corretta, non e’ censurabile in questa sede.
5. E’ invece fondata, nei termini di seguito indicati, la censura relativa all’applicazione della causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131 bis cod. cod., negata dal Tribunale facendo leva sul principio secondo cui detta causa di non punibilita’ non puo’ essere dichiarata rispetto al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone in caso di reiterazione della condotta, in quanto si configura un’ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 48315 del 11/10/2016 – dep. 16/11/2016, Quaranta, Rv. 268498).
5.1. Orbene, nel caso in esame il Tribunale non ha fatto corretta applicazione del principio ora richiamato, in quanto non si e’ in presenza di una reiterazione della condotta illecita, considerando che l’imputato e’ stato assolto da analoga imputazione riferita al giorno precedente.
5.2. Va inoltre ricordato che la speciale causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131 bis c.p. – in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – e’ configurabile in relazione ad ogni fattispecie criminosa (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 266589), e, pertanto, anche ai reati di eventualmente permanenti, quale quello in esame (Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014 – dep. 25/02/2015, Calvarese, Rv. 262510).
In particolare, fermo restando il rispetto dei limiti edittali previsti dal comma 1 (ossia reati per i quali e’ prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta), la causa di non punibilita’ in esame e’ configurabile in presenza di un duplice condizione, essendo congiuntamente richieste la particolare tenuita’ dell’offesa e la non abitualita’ del comportamento. Il primo dei due requisiti richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalita’ della condotta e dell’esiguita’ del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133 c.p., cui segue, in caso di vaglio positivo e dunque nella sola ipotesi in cui si sia ritenuta la speciale tenuita’ dell’offesa, la verifica della non abitualita’ del comportamento che il legislatore esclude nel caso in cui l’autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso piu’ reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuita’, nonche’ nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuita’ del fatto richiede una valutazione complessa che prenda in esame tutte le peculiarita’ della fattispecie concreta riferite alla condotta in termini di possibile disvalore e non solo di quelle che attengono all’entita’ dell’aggressione del bene giuridico protetto che comunque ricorre senza distinzione tra reati di danni e reati di pericolo.
Per quanto concerne il requisito della non abitualita’ della condotta, la causa di esclusione della punibilita’ non trova applicazione, ai sensi dell’articolo 131 bis c.p., comma 3, qualora l’imputato abbia commesso piu’ reati della stessa indole ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi.
5.3. Orbene, con riguardo al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, punito dall’articolo 659 c.p., comma 1, che rientra nella categoria dei reati eventualmente permanenti, ai fini del’applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., il giudice deve valutare la durata e il grado di intensita’ del disturbo, cio’ che rileva con riferimento non gia’ al requisito della non abitualita’ della condotta, che e’ unica, quanto alla qualificazione del fatto come di “lieve entita’”, rispetto alla quale assumono rilevanza la protrazione nel tempo della condotta illecita e l’intensita’ degli effetti dalla stessa provocati.
Si tratta di un giudizio fattuale che e’ riservato al giudice di merito. La sentenza deve percio’ essere annullata con rinvio per nuovo esame, dovendo il Tribunale valutare se, esclusa l’abitualita’ del comportamento, la condotta tenuta dall’imputato, in relazione alla durata e agli effetti dalla stessa causati, possa o meno definirsi di “lieve entita’”.
Va peraltro ribadito il principio, a cui la Corte intende dare continuita’, secondo cui nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto, il giudice di rinvio non puo’ dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015 – dep. 22/12/2015, Sarli, Rv. 265434; Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016 – dep. 18/07/2016, Mazzoccoli e altro, Rv. 267590), stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilita’ dell’imputato (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015 – dep. 22/09/2015, Ferraiuolo e altro, Rv. 264796).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilita’ dell’articolo 131 bis c.p., e rinvia al Tribunale di Sciacca per nuovo giudizio sul punto. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Avv. Renato D’Isa

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