Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4260.
La massima estrapolata:
In tema di società di persone, nel caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio la prova in ordine al valore della quota spettante al medesimo grava sulla società, disponendo essa delle fonti documentali contabili in base alle quali poter procedere alla determinazione della situazione patrimoniale utilizzabile a questo fine. Ne consegue che, ove il rapporto sociale si estingua nei confronti di un socio, è compito degli amministratori, in ciò obbligati dal combinato disposto degli artt. 2261 e 2289 cod. civ., quello di rendere il conto della gestione al fine di consentire la formazione, in nome e per conto della società, di una situazione patrimoniale straordinaria aggiornata ai fini dell’assolvimento dell’onere della società di provare il valore della quota.
La valutazione della quota del socio d’opera uscente da una società di persone, pur se sia da effettuarsi con metodo equitativo, non può prescindere dalla redazione della situazione patrimoniale della società al momento dello scioglimento del rapporto tra il socio e la società. Inoltre, l’onere di provare il valore della quota del socio uscente incombe agli amministratori della società.
Ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4260
Data udienza 8 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L.G.C. – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4148/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo Studio Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) S.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1219/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 10/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 08/11/2019 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS), nella sua qualita’ di socio occulto della s.n.c. (OMISSIS), per conto della quale aveva prestato la propria attivita’ di socio d’opera dal 1990 al 1997 allorche’, di fronte al rifiuto degli altri soci di formalizzare il rapporto anche nei suoi confronti, aveva abbandonato l’attivita’ sociale – qualita’ gia’ riconosciuta con sentenza passata in giudicato – impugna per cassazione, sulla base di cinque motivi di ricorso – ai quali non hanno inteso replicare la societa’ ed i soci della medesima pure intimati – la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Catania, dando atto che la societa’ non aveva ottemperato all’ordine di esibizione della documentazione contabile, ha proceduto a liquidare la quota spettante al ricorrente, in assenza di altri elementi di prova, non forniti dal ricorrente stesso, in via equitativa, determinandola nella somma di Euro 10.000,00 e nel contempo liquidando le spese di giudizio di primo grado e compensando quelle del giudizio d’appello.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Con il primo motivo di ricorso il (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2289 c.c., poiche’ il decidente del grado, annotando che il ricorrente non aveva fornito ulteriori elementi di prova in grado di suffragare il giudizio in ordine alla valutazione della quota liquidanda, avrebbe erroneamente onerato esso ricorrente della prova al riguardo, quantunque nel caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio la prova in ordine alla valore della quota spettante al medesimo incomba sulla societa’, disponendo essa delle fonti documentali contabili in base alle quali poter procedere alla determinazione della situazione patrimoniale utilizzabile a questo fine.
3. Il motivo e’ fondato.
E’ principio stabilmente invalso nella giurisprudenza di questa Corte – a cui il collegio intende dare continuita’ -, affermatosi con particolare riferimento all’ipotesi della morte del socio, ma estensibile a tutte le ipotesi in cui in una societa’ di persone abbia luogo lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, che “l’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una societa’ di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in societa’, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della societa’, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si e’ verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento” (Cass., Sez. II, 19/04/2001, n. 5809). Allorche’ il rapporto sociale si estingua nei confronti di un socio e’ percio’ compito degli amministratori, in cio’ obbligati dal combinato disposto degli articoli 2261 e 2289 c.c., quello di rendere il conto della gestione al fine di consentire la formazione, in nome e per conto della societa’, di una situazione patrimoniale straordinaria aggiornata ai fini dell’assolvimento dell’onere della societa’ di provare il valore della quota (Cass., Sez. I, 16/01/2009, n. 1036).
Erra dunque palesemente il decidente del grado che, a fronte dell’inerzia della societa’, resasi inosservante anche dell’ordine di esibizione dei documenti utili a consentire di determinare il valore della quota, affermando che “ulteriori elementi di prova… non sono stati forniti dal (OMISSIS)”, abbia ritenuto che l’onere di provare la situazione patrimoniale della societa’ in funzione della determinazione della quota spettante al socio uscente debba far carico al medesimo, quantunque egli, per non essere piu’ parte della compagine sociale sia impedito di accedere alla contabilita’ della societa’, che resta invece nella disponibilita’ dei soci superstiti e che per questo sono essi tenuti a provare il valore della quota in liquidazione.
Onde per questo capo l’impugnata decisione, in accoglimento del motivo, va conseguentemente cassata.
4. Con il secondo motivo di ricorso il (OMISSIS) si duole poi sempre della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2289 c.c., poiche’ il decidente del grado avrebbe proceduto a determinare il predetto valore assumendo a base della valutazione equitativa della quota sociale non la situazione patrimoniale come prescritto dalla norma bensi’ l’utile d’esercizio relativo all’anno 1995.
5. Il motivo, argomentato sull’evidente presupposto che la Corte abbia in cio’ tratto convincimento dalla deposizione del teste (OMISSIS) che aveva dichiarato che la societa’ aveva maturato utili per circa 50/60 milioni annui sino al 1995, mentre aveva accumulato perdite negli anni successivi, e’ fondato e va pertanto accolto.
E pur vero che nel caso che ne occupa la materia sia regolata, in considerazione della particolare natura della prestazione d’opera, di per se variabile, perche’, tra l’altro, legata a fattori personali destinati a modificarsi nel tempo (Cass., Sez. I, 2/08/1995, n. 8468), da un criterio equitativo, di talche’ la sua adozione si imponga non solo quando si tratta di determinarne la partecipazione agli utili e alle perdite ai sensi dell’articolo 2263 c.c., ma anche quando si tratta di procedere alla determinazione della quota spettante al medesimo in sede di liquidazione; donde il principio che “il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dall’articolo 2263 c.c., comma 2, per il socio che ha conferito la propria opera, vale anche all’atto dello scioglimento della societa’ limitatamente al socio predetto per la determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi. Pertanto, se nel contratto sociale sia riconosciuta, ai soci che conferiscono soltanto il loro lavoro, parita’ di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto criterio deve seguirsi anche all’atto dello scioglimento del rapporto sociale nella liquidazione della quota al socio uscente. Se, viceversa, manchi una tale determinazione convenzionale, il valore della quota gia’ spettante al socio conferente la propria opera e’, ai fini della sua liquidazione, fissato dal giudice secondo equita’, assumendo a base la situazione patrimoniale della societa’ nel giorno in cui si e’ verificato lo scioglimento” (Cass., Sez. I, 20/03/2001. n. 3980). E tuttavia anche in tal caso non si dubita che, implicando la partecipazione ad una societa’ di persone in qualita’ di socio d’opera, senza cioe’ conferimento di beni e con un apporto di attivita’ di lavoro, non soltanto un diritto alla distribuzione degli utili, “ma anche un diritto, in caso di scioglimento del rapporto sociale, ad una liquidazione della quota proporzionata alla partecipazione ai guadagni (articolo 2289 c.c.), in relazione agli incrementi patrimoniali conseguiti dalla societa’” (Cass., Sez. I, 18/10/1985, n. 5126), il giudice, investito della relativa domanda, nel procedere lungo il sentiero dell’equita’ possa deflettere dal chiaro criterio fissato dalla legge e possa prescindere dal determinare, pure secondo equita’, la quota spettante al socio d’opera in uscita dalla societa’ dalla “situazione patrimoniale della societa’ nel giorno in cui si verifica lo scioglimento” (articolo 2289 c.c., comma 2).
Ne discende percio’ che, pur potendo determinare il valore della quota in modo equitativo – ovvero facendo confluire nel proprio giudizio elementi che si riannodano alla particolare natura della prestazione resa dal socio d’opera – la valutazione del giudice, onde risultare conforme a diritto e non sconfinare nell’arbitrio, deve pur sempre muovere da un presupposto obbligato ed ineludibile costituito dalla situazione patrimoniale della societa’ al momento dello scioglimento; ovvero dovra’ muovere da un documento – che, allorche’ non si renda disponibile per iniziativa dei soci, potra’ essere predisposto senz’altro a mezzo di CTU in cui, in difetto di idoneo apporto documentale, potra’ essere utilizzato ogni utile elemento di valutazione – da cui possa emergere l’effettiva consistenza patrimoniale della societa’ al momento dello scioglimento.
E di tutta evidenza che la decisione impugnata non si allinea in parte qua al principio di diritto enunciato e che per questo motivo merita quindi di essere cassata.
6. Il terzo motivo, a mezzo del quale si eccepisce, tra l’altro la nullita’ della sentenza per violazione dell’obbligo motivazionale, nonche’ per omesso esame di un fatto decisivo, segnatamente in relazione alle circostanze evidenziate in sede istruttoria dal ricorrente ai fini di orientare utilmente il giudizio equitativo, resta conseguentemente assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
7. Vanno quindi accolti i primi due motivi di ricorso, mentre va assorbito il terzo. Cassata nei limiti anzidetti la decisione impugnata la causa va rinviata al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Catania che, in altra composizione, provvedera’ pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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