Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 marzo 2022| n. 9735.
Ai fini della risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento della prestazione, l’indagine circa la gravità della inadempienza deve tenere conto del valore, determinabile mediante il criterio di proporzionalità, della parte dell’obbligazione non adempiuta rispetto al tutto, nonché considerare se, per effetto dell’inadempimento, si sia verificata, ai danni della controparte, una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale
Ordinanza|25 marzo 2022| n. 9735. Risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento
Data udienza 24 novembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Lodo arbitrale – Appalto – Impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relativa al merito della controversia se espressamente disposta dalle parti o dalla legge – Intimazione ad adempiere e decorso del termine ivi indicato – Obbligo di valutazione da parte del Giudice della gravità di inadempimento – Criterio della proporzionalità – Vizio di motivazione – Sussistenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 4228/2016 promosso da:
(OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5512/2015 della Corte di appello di Roma, depositata il 06/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza camerale del 24/11/2021 dal Consigliere Dott. ELEONORA REGGIANI.
Risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 5512/2015, depositata il 06710/2015, la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’impugnazione del lodo arbitrale, con il quale era stata dichiarata la risoluzione per grave inadempimento della committente del contratto di appalto stipulato dall’ (OMISSIS) (di seguito anche (OMISSIS)) con la (OMISSIS) s.r.l., in qualita’ di appaltatore, avete ad oggetto l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria e restauro di un edificio, con conseguente condanna dell’Ente al risarcimento dei danni subiti dall’impresa – determinati nella misura corrispondente alla meta’ degli importi accertati dal CTU, in ragione della ritenuta concorrente responsabilita’ nel cagionare il ritardo nell’esecuzione dei lavori – e al pagamento delle residue somme spettanti per le opere eseguite, calcolate al prezzo di mercato, con gli interessi e la rivalutazione.
Avverso tale sentenza, l'(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, mentre l’appaltatore si e’ difeso con controricorso, depositando in data 09/11/2021 memoria illustrativa delle proprie difese.
Risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 48, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, in relazione agli articoli 1454 e 1455 c.c., nonche’ la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere la Corte di appello respinto l’impugnazione del lodo, nella parte in cui aveva dichiarato risolto di diritto il contratto di appalto ex articolo 1454 c.c., con una motivazione apparente in ordine alla valutazione di gravita’ dell’inadempimento della committente, che pure avrebbe dovuto essere effettuata.
Con il secondo motivo di ricorso e’ dedotta la nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per omessa motivazione (in quanto meramente apparente) in ordine alla quantificazione del compenso spettante all’appaltatore per i lavori eseguiti, calcolato in base al prezzo di mercato, pari al doppio del prezzo contrattualmente convenuto.
Con il terzo motivo di ricorso e’ dedotta la nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per omessa motivazione (in quanto meramente apparente) sull’attribuzione della pari responsabilita’ delle parti nell’anomalo andamento dell’appalto, mediante il recepimento acritico delle conclusioni del CTU, ritenute illogiche.
2. La controricorrente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilita’ del primo motivo di ricorso, ritenendo che con esso la controparte avesse inteso richiedere al giudice di legittimita’ una valutazione di fatto, non consentita neppure in sede d’impugnazione del lodo.
L’eccezione e’ infondata per i motivi che vengono di seguito evidenziati.
2.1. Com’e’ noto, l’articolo 829 c.p.c., ammette l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, se espressamente disposta dalle parti o prevista dalla legge.
Risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento
Nel caso di specie, opera il Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 48, comma 1, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, ove e’ espressamente stabilito che “Nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi il lodo e’ impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullita’, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”.
Questa Corte, con orientamento condiviso, ha reiteratamente affermato che la denuncia di nullita’ del lodo arbitrale, per inosservanza delle regole di diritto in iudicando, e’ ammissibile solo se circoscritta entro i medesimi confini della violazione di legge opponibile con il ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) (tra le altre, v. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 16559 del 31/07/2020 e, con riferimento alla disciplina previgente, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 21802 del 11/10/2006).
Ove, pertanto, siano invocati errores in iudicando degli arbitri, la Corte di merito, investita dell’impugnazione del lodo, si pone nella stessa posizione del giudice di legittimita’ nel valutare l’intervenuta violazione delle norme di diritto sostanziale che governano la fattispecie.
2.2. In tale ottica, deve subito rilevarsi che l’intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere di cui all’articolo 1454 c.c. e l’inutile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessita’, prevista dall’articolo 1455 c.c., dell’accertamento giudiziale della gravita’ dell’inadempimento stesso, da porre in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine ed alla permanenza (o meno) dell’interesse all’esecuzione della prestazione (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 18696 del 04/09/2014).
Ovviamente, la valutazione della gravita’ dell’inadempimento costituisce una questione di fatto, la cui valutazione e’ rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 12182 del 22/06/2020), risultando insindacabile in sede di legittimita’, ove sia sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6401 del 30/03/2015).
In numerose pronunce, questa Corte ha spiegato la portata dell’articolo 1455 c.c., secondo il quale “il contratto non si puo’ risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”, al fine di verificare la sussistenza o meno della violazione di tale articolo nelle decisioni impugnate.
In particolare, ha affermato che si deve tenere conto sia dell’elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell’economia generale del contratto sia degli aspetti soggettivi rilevabili, tramite un’indagine unitaria che attenga al comportamento del debitore e all’interesse del creditore all’esatto e tempestivo adempimento (cosi’ Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9314 del 18/04/2007; sulla valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi, v. da ultimo Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 8220 del 24/03/2021; sull’interesse del creditore alla prosecuzione del contratto, v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 8212 del 27/04/2020 e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4022 del 20/02/2018).
Risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento
Ove, poi, si tratti, come nella specie, di parziale o inesatto adempimento della prestazione, l’indagine circa la gravita’ dell’inadempienza, ai fini della risoluzione, deve tenere conto del valore, determinabile mediante il criterio di proporzionalita’, della parte dell’obbligazione non adempiuta rispetto al tutto, considerando anche se, per effetto dell’inadempimento, si sia verificata ai danni della controparte una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale (cosi’ Cass., Sez. 2, Sentenza n. 15052 del 11/06/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Sentenza n. 24003 del 27/12/2004).
2.3. In generale, le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, riguardanti l’unica censura di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma che regola il caso concreto; b) quello relativo all’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata.
Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata.
Il vizio di falsa applicazione di legge consiste o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perche’ la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non e’ idonea a regolarla, o nei trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra, invece, nell’ambito applicativo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che e’ esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta percio’ al sindacato di legittimita’.
Ricorre, in altri termini, la violazione di legge ogni volta in cui vi sia un vizio nell’individuazione o nell’attribuzione di significato ad una disposizione normativa. Ricorre invece la falsa applicazione qualora l’errore si sia annidato nella individuazione della esatta portata precettiva della norma, che il giudice di merito abbia applicato ad una fattispecie non corrispondente a quella descritta nella norma stessa. Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge.
Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione delll’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cosi’ Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
2.4. Nel caso di specie, parte ricorrente ha riportato il contenuto del lodo nella parte di interesse, ove il collegio arbitrale, richiamando la CTU espletata, ha ritenuto che l’inadempimento dell’ente alla diffida integrasse i requisiti previsti dall’articolo 1455 c.c., perche’ – e questo e’ l’aspetto rilevante – la mancata consegna da parte della committenza delle indicazioni progettuali relative alle linee impiantistiche nell’area cortilizia aveva reso impossibile l’ultimazione dei lavori (p. 21 del ricorso).
Dall’esposizione contenuta nel ricorso per cassazione ed anche dal contenuto della sentenza impugnata, il committente risulta avere impugnato tale statuizione per violazione degli articoli 1454 e 1455 c.c., deducendo anche il vizio di motivazione con riferimento al combinato disposto dell’articolo 823 c.p.c., n. 5) e articolo 829 c.p.c., n. 5).
In particolare, l'(OMISSIS), che ha affermato la pretestuosita’ della diffida ad essa inviata, ha censurato la statuizione impugnata – che, come sopra evidenziato, ha ritenuto grave l’inadempimento della committente – poiche’ l’omessa consegna degli elaborati progettuali per le lavorazioni impiantistiche da effettuare nel cortile aveva impedito l’ultimazione dei lavori – evidenziando che il collegio arbitrale aveva omesso di valutare tale mancanza nella generale economia del contratto, ove le opere di impiantistica costituivano una minima parte del lavoro commissionato, per il resto quasi interamente eseguito (e pagato), tant’e’ che le opere che l’impresa aveva ritenuto di non poter portare a termine senza le indicazioni progettuali erano, poi, state eseguite da un’altra ditta senza eccessive difficolta’ e per un modesto compenso (p. 21-23 del ricorso per cassazione e p. 4 e 5 della sentenza impugnata).
A parte il riferimento ad elementi di fatto, che senza dubbio non puo’ essere oggetto di esame in questa sede, e’ evidente che la censura si incentra sulla ritenuta errata riconduzione dell’inadempimento in questione alla nozione di grave inadempimento, come inteso dall’articolo 1455 c.c..
La materia del contendere si incentra, in sintesi, sul se sia sufficiente l’isolata considerazione in ordine alla impossibilita’ di portare avanti i lavori in cortile, per la mancanza degli elaborati progettuali, ai fini della configurazione dell’importanza dell’inadempimento ai sensi dell’articolo 1455 c.c., come sopra interpretato dalla giurisprudenza di legittimita’, ovvero se tale valutazione sia in contrasto con il significato di tale disposizione, perche’, come evidenziato dal ricorrente, tale comportamento avrebbe dovuto essere esaminato nel quadro dell’intero programma negoziale considerando anche lo stato di avanzamento dei lavori.
Deve pertanto escludersi che la censura, nei termini appena evidenziati, attenga al merito della vertenza, incentrandosi invece sulla sussunzione della fattispecie concreta accertata a quella astratta prevista dalla norma.
3. Il primo motivo, oltre ad essere ammissibile, risulta anche fondato.
Nella sentenza impugnata si legge che “la valutazione della condotta delle parti nella esecuzione del contratto di appalto con riferimento agli articoli 1454 e 1455 c.c., da parte del Collegio arbitrale non e’ viziata da erronee prospettazioni in fatto e che gli obiettivi elementi (per lo piu’ di natura documentale) versati agli atti del procedimento arbitrale sono stati debitamente presi in considerazione e trasfusi in una motivazione nella quale sono con tutta evidenza enucleabili tanto le ragioni per le quali sono state assunte le impugnate decisioni quanto il procedimento logico seguito per pervenire alle stesse. Poiche’ quindi non si ravvisano nell’accoglimento della domanda di cui al quesito n. 1 di (OMISSIS) s.r.l. formali violazioni ne’ delle regole di diritto (articoli 1454 c 1455 c.c.) applicabili al merito della controversia ne’, tanto meno, di quelle procedurali (articolo 823 c.p.c., n. 5) e articolo 829 c.p.c., n. 5)), la dedotta nullita’ del lodo in ordine a tale capo della decisione e’ insussistente. Ne’ la mera enunciazione di un’erronea valutazione dei criteri di valutazione della portata di inadempimento puo’ portare a diversa determinazione in quanto le valutazioni discrezionali di merito del Collegio arbitrale non possono formare oggetto dell’esame in fase rescindente dell’impugnazione quando tali valutazioni sono, come nel caso di specie, assistite da compiuta motivazione esente da vizi sul piano logico e che abbia tenuto conto degli elementi di fatto e di diritto rilevanti in relazione alla normativa applicabile.” (p. 5 della sentenza impugnata).
Non e’ condivisibile quest’ultima osservazione, poiche’, come e’ stato appena evidenziato, occorre distinguere la contestazione dell’accertamento in fatto operata dagli arbitri dalla contestazione della riconduzione dei fatti accertati alla norma che dovrebbe disciplinarli, perche’, mentre la prima, in sede di impugnazione del lodo, non puo’ essere oggetto di sindacato, la seconda si’.
E, contrariamente a quanto genericamente affermato dalla Corte di merito, la censura operata da parte ricorrente alla sussunzione della fattispecie concreta a quella descritta dalla norma e’ anche fondata.
Come sopra evidenziato, la valutazione di gravita’ dell’inadempimento richiede un accertamento che inserisca il comportamento nel contesto negoziale in cui e’ tenuto e nello svolgimento del rapporto, perche’ solo in questo modo e’ possibile verificare la persistenza di un interesse dell’altra parte alla prestazione.
Il fatto considerato dal collegio arbitrale, e cioe’ l’impossibilita’ di portare a termine i lavori a causa della mancanza degli elaborati progettuali, non dice nulla in ordine alla gravita’ o meno dell’inadempimento della committenza, ma consente solo di ritenere che la mancata ultimazione dei lavori deriva da un evento non imputabile all’appaltatore ma al committente.
Per comprendere se tale inadempimento fosse stato tale da giustificare la risoluzione del contratto, avrebbero dovuto essere esaminate le prestazioni previste nell’intero contratto, considerando la rilevanza dell’inadempimento e delle sue conseguenze nell’intera economia dello stesso, tenuto conto anche dei lavori gia’ portati a termine, per comprendere se tale inadempimento e’ stato tale da far perdere ogni interesse dell’appaltatore alla prosecuzione del contratto.
4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli altri, che devono ritenersi assorbiti.
5. In conclusione, in accoglimento del primo, motivo, assorbiti gli altri, la sentenza deve essere cassata con rinvio, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte;
accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, con conseguente rinvio della causa, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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