Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 1 luglio 2020, n. 13261.
La massima estrapolata:
Nel nostro ordinamento non c’è spazio per il risarcimento del danno “da perdita della vita”, non essendo sostenibile che un diritto sorga nello stesso momento in cui cessa di esistere colui che dovrebbe esserne titolare, di conseguenza la morte d’una persona può costituire un danno non patrimoniale per chi le sopravvive e non per chi viene a mancare.
Ordinanza 1 luglio 2020, n. 13261
Data udienza 30 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Sinistro stradale – Risarcimento danni – Danno da perdita della vita – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7775-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1696/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2010 (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Venezia la societa’ (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito mutera’ ragione sociale in ” (OMISSIS) s.p.a.”; d’ora innanzi, ovunque ricorrente, ” (OMISSIS)”), esponendo che:
-) era padre di (OMISSIS);
-) il 4.4.2002 il proprio figlio, all’epoca quindicenne, perse la vita in conseguenza di un sinistro stradale, avvenuto mentre il ragazzo era trasportato su un veicolo a motore di proprieta’ del padre e condotto dalla madre, (OMISSIS), anch’essa deceduta nell’occasione.
Chiese pertanto la condanna della societa’ convenuta al risarcimento del danno patito iure proprio e jure hereditario in conseguenza del tragico evento. Tra gli altri danni, per quanto in questa sede ancora rileva, l’attore domando’ il risarcimento del danno non patrimoniale patito dalla vittima primaria, ed il cui credito risarcitorio era stato a lui trasmesso jure hereditario.
2. Tale ultima domanda venne rigettata dal Tribunale di Venezia, sezione di San Dona’ di Piave, con sentenza 28.11.2014 n. 2566. La Corte d’appello di Venezia con sentenza 25.8.2017 n. 1696 rigetto’, su questo punto, il gravame proposto da (OMISSIS).
Ritenne la Corte d’appello che (OMISSIS) era purtroppo deceduto pochissimo tempo dopo il sinistro; che non vi era contezza che in tale periodo di tempo fosse stato cosciente, e che pertanto potesse avere acquisito e trasmesso al padre un credito risarcitorio.
3. Ricorre per cassazione avverso tale sentenza (OMISSIS), con ricorso fondato su due motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, congiuntamente, sia il vizio di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; sia quello di nullita’ della sentenza; sia la violazione degli articoli 2043 e 2059 c.c., nonche’ degli articoli 2, 3, 32 Cost..
Nella illustrazione del motivo si sostiene:
-) che l’attore aveva chiesto, sia in primo grado che in appello, la condanna dell’assicuratore al risarcimento del danno patito da (OMISSIS) in conseguenza della perdita del diritto alla vita, ed il cui credito risarcitorio si era trasmesso jure hereditario all’odierno attore; e che nondimeno la Corte d’appello aveva trascurato di pronunciarsi su tale domanda;
-) che, in ogni caso, la Corte d’appello nell’escludere la sussistenza del danno jure hereditatis avrebbe disatteso i principi stabiliti dalla sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014 di questa corte;
-) che, ancora, la Corte d’appello ha errato nel negare che la vittima primaria avesse acquisito, e trasmesso al padre jure hereditario, il diritto al risarcimento del danno morale, patito nell’intervallo fra le lesioni e la morte; deduce che tale danno va risarcito a prescindere dall’esistenza di una lesione della salute, e che il relativo risarcimento e’ dovuto anche nel caso in cui la vittima primaria sia trascorsa dall’infortunio alla morte in stato di incoscienza (invoca, al riguardo, le sentenze di questa Corte n. 1716 del 7 febbraio 2012, e n. 13.530 dell’11 giugno 2009).
1.1. Il motivo e’ infondato in tutti i profili in cui si articola.
Nella parte in cui lamenta il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno da lesione del diritto alla vita patito dalla vittima primaria, e da questa trasmesso jure hereditario all’odierno ricorrente, il motivo e’ in primo luogo inammissibile, giacche’ tale domanda non risulta formulata nel primo grado di giudizio.
In secondo luogo il motivo e’ infondato perche’ la Corte d’appello, richiamando (a p. 6, decimo rigo, della motivazione) la decisione pronunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 15350 del 22/07/2015, ha per cio’ solo mostrato di recepirne e condividerne l’insegnamento, ovvero che non e’ risarcibile nel nostro ordinamento il danno “da perdita della vita”, poiche’ non e’ sostenibile che un diritto sorga nello stesso momento in cui si estingua chi dovrebbe esserne titolare.
In terzo luogo, e risolutivamente, anche a volere ritenere – in ipotesi – che il richiamo contenuto nella sentenza impugnata alla decisione con cui le Sezioni Unite di questa Corte hanno negato la risarcibilita’ del c.d. “danno da perdita della vita” sia stato talmente generico da non assolvere l’onere della motivazione, resterebbe il fatto che la suddetta pretesa, se fosse stata esaminata nel merito si sarebbe dovuta comunque rigettare. Dal punto di vista del diritto civile, infatti, la morte d’una persona puo’ costituire un danno non patrimoniale per chi le sopravvive, e non per chi viene a mancare: e la diversa opinione sostenuta nella isolata decisione invocata dal ricorrente (Cass. 23.1.2014 n. 1361), come accennato, non puo’ essere piu’ condivisa dopo la pronuncia delle Sezioni Unite sopra ricordata, per l’appunto intervenute a comporre il contrasto.
Sicche’, anche a supporre che la sentenza impugnata sia effettivamente incorsa in una omessa pronuncia, dovrebbe comunque trovare applicazione il principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non puo’ mai condurre alla cassazione della sentenza impugnata, quando la questione non esaminata dalla sentenza d’appello era comunque infondata in punto di diritto, sicche’ la cassazione della sentenza con rinvio non potrebbe mai condurre ad una decisione diversa (Sez. 5 -, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017, Rv. 644892 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5729 del 11/04/2012, Rv. 622281 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 2313 del 01/02/2010, Rv. 611365 – 01).
1.3. Nella parte, infine, in cui il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto necessario, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale patito dalla vittima primaria tra le lesioni e la morte, lo stato di coscienza della vittima, il motivo e’ parimenti infondato, alla luce dei principi gia’ affermati da questa Corte nell’ampia motivazione dell’ordinanza pronunciata da Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 32372 del 13.12.2018, a cui in questa sede si puo’ fare rinvio.
2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto assorbita, invece di esaminarla, la questione relativa alla estinzione per confusione del credito risarcitorio a lui spettante jure haereditario.
2.1. Il motivo e’ inammissibile per difetto di interesse, dal momento che, avendo la Corte d’appello escluso che la vittima primaria avesse acquisito e trasmesso al padre un credito risarcitorio, diviene irrilevante stabilire se nel caso di specie operasse il principio dell’estinzione dell’obbligazione per confusione. D’un credito inesistente, infatti, e’ vano discorrere se possa estinguersi: tanto per confusione, quanto per qualsiasi altra causa.
3. Le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 7.400, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014 n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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